la
terza internet
di Franco Carlini, tratto da "Divergenze
Digitali", manifestolibri, 2002
Lo scenario possibile della Terza Internet lo si puo' immaginare
cosi': non gia' mezzo miliardo di persone collegate alla rete
attraverso i loro computer di casa e d'ufficio, ma un miliardo
o due, cui aggiungere 10 o 100 miliardi di minuscoli apparati
disseminati per case, auto, treni e strade, tutti dotati di
indirizzo Internet e tutti in comunicazione tra di loro, per
coordinarsi anche senza bisogno degli umani. Dunque un'infrastruttura
che riveste il mondo utilizzando le virtu' dell'internet di
una volta (semplicita' e standardizzazione) per dilatarsi a
vera rete globale dei servizi e dei commerci digitali, con molte
raffinatezze e complicazioni in piu'.
Apparentemente una rete unica, ma di fatto una molteplicita'
di reti e sottoreti non tutte ugualmente collegate, ne'
ugualmente accessibili.
La dimensione dei tubi trasmissivi andra' adeguata alla bisogna:
banda larga, anzi larghissima, mettendo a frutto le molte tecniche
disponibili oggi per ottenerla (fibbre, wireless, cavo) e le
nuove che stanno emergendo: non un milione di bit al secondo,
ma 100 milioni.
In questa visione il personal computer - pur senza sparire
- passa inevitabilmente in secondo piano e diventa solo uno
degli apparati con cui essere in rete; per molte persone non
sara' mai quello principale perche' il ruolo centrale verra'
invece assunto dagli apparati mobili da portarsi appresso ed
addosso per ogni dove, ibridi di incroci dei vecchi telefoni
cellulari e delle vecchie agende elettroniche palmari. In casa,
viceversa, si immagina una vera e propria rete locale con un
hub nel ruolo di perno smistatoredei bit verso tutti gli apparecchi,
tra i quali troneggia e riconquista centralita' la televisione,
nella fattispecie la "iTv", nel senso di "interattiva"
oltre che digitale. Certo che sarebbe una grande rivoluzione
mettere un vero oggetto interattivo e bidirezionale in mano
alle persone (a miliardi di persone in tutto il mondo), ma si
puo' star certi che non avverra'. Troppo pericoloso e troppo
poco profittevole. Il modello di consumo che si delinea per
la Terza Internet, non e' dunque quello di una rete di relazioni
dilatata e democratizzata a scala mondo, ma quello di una televisione
da cento milioni di canali, se possibile tutti a pagamento:
broadcasting dal centro alla periferia, con l'aggiunta di una
interattivita' limitata, quella minima e indispensabile perche'
lo spettatore diventi pagante. Che poi sia "appagato"
sembra importare di meno.
Pagare per comprare cosa? L'Internet Uno e Due hanno fatto
giustizia di un'illusione, quella dello shopping elettronico
come grande occasione di affari. Non e' andata cosi' bene per
molti motivi che qualsiasi analista del mercato che non fosse
cieco avrebbe potuto spiegare alla famiglia Benetton e al finanziere
Bernard Arnauld quando decisero di sperperare molti miliardi
in avventure disastrose come il sito di abbigliamento di lusso
Boo.com (fallito nella primavera del 2000, dopo sei mesi di
vita tutta champagne e colori). Le tradizionali vendite dirette
per corrispondenza negli Stati Uniti si aggirano attorno al
15% del totale, il che vuol dire un bel giro di affari, ma comunque
minoritario. E' su questo 15% che i commerci elettronici possono
cimentarsi, un po' erodendolo ed un po' allargandolo. Risultera'
certo utile farsi recapitare i pelati e la carta igenica senza
andare all'ipermercato il sabato mattina; ma molti continueranno
a divertirsi nel salire in macchina con la famiglia ed il cane
per una giornata nelle cittadelle dello shopping. Si apprezzera'
assai la possibilita' di ricevere a casa un libro straniero
in due giorni, ma contemporaneamente si continuera' a sfogliare
i volumi di carta nelle librerie fisiche. Uso misto insomma
e non gia' sostituzione. Molto piu' difficile, invece, che le
vendite possano riguardare in maniera significativa i generi
di lusso ad alto contenuto sensoriale: i vestiti si toccano
e persino si annusano; la prova in camerino e' un rito ed un
gioco che nessun manichino virtuale dotato delle nostre misure
puo' sostituire (anche questa e' stata tentata, come e' ovvio
senza successo). All'origine di tanti fraintendimenti (e fallimenti)
c'e' stata una grave ed imperdonabile dimenticanza, che l'uomo
e la donna sono fatti di carne ed ossa, prima che di occhi e
mouse, e che questo costituisce insieme un limite ed un pregio.
In ogni caso e' una condizione ineliminabile. La quale si accompagna
ad un altro dato di fatto, tipico al massimo livello della nostra
specie: l'essere animali sociali che trovano gusto nelle relazioni
anche frivole con i consimili, magari per andare a fare il giro
dei negozi insieme alle amiche spettegolando. Scandalizza? Sbagliato:
la chiacchiera giocosa senza fini strettamente utilitaristici
e' attivita' fondamentale degli umani ed una delle poche che
da soddisfazione.
E allora che cosa vendere? La risposta dei vecchi e nuovi monopolisti
che sulla rete contano di dilatare il proprio controllo, e'
univoca: si venderanno sopratutto beni immateriali che magari
sono dispendiosi da creare la prima volta (si pensi ad un film
animato) ma la cui duplicazione e distribuzione e' praticamente
a costo zero, senza nessuna complicata organizzazione logistica;
per restare nell'esempio dei film basti ricordare che la stampa
delle pellicole ed il loro invio per il mondo puo' valere anche
il 20-30% del costo totale di una produzione, mentre attraverso
un internet veloce quella montagna di bit adeguatamente compressi
puo' piovere dal cielo nell'antenna parabolica di ogni sala
cinematografica, cosi' come nel megaschermo di casa di ogni
singolo acquirente; si delinea in questo caso un mercato dei
film senza piu' film (la parola inglese vuol dire pellicola)
e forse senza nemmeno dischi digitali tipo DVD, un supporto
cosi' nuovo eppure transitorio.
Dunque contenuti multimediali per l'intrattenimento ed un po'
di informazioni, ma anche "servizi web", ovvero la
possibilita' di fare in rete transizioni ed affari (dalla prenotazione
di un posto al concerto al controllo remoto del funzionamento
della lavapiatti); infine software in affitto pagato in abbonamento
o a consumo, proprio come avviene con l'acqua del rubinetto.
Tutto cio' non e' innocuo ne facile, ma la strategia e' chiara
e non e' piu' vero il luogo comune secondo cui le grandi della
musica, della televisione e del cinema sarebbero soltanto delle
forze della conservazione, incapaci di cavalcare il nuovo. Sta
succedendo il contrario: alla Disney come alla Microsoft, per
non dire alla Time Warner, hanno letto con attenzione sia il
libro di Nicholas Negroponte che quello di Jeremy Rifkin e ne
hanno tratto le loro conseguenze. Dal primo hanno appreso, se
pure con un po' di ritardo, che era inevitabile e ormai in atto
il passaggio dai beni fisici - gli atomi - a quelli immateriali
- i bits. Dal secondo che allora e di conseguenza, non era piu'
il possesso la cosa da vendere ma l'accesso. L'accoppiata dei
due delinea un futuro pessimo su cui fin'ora non si e' riflettuto
abbastanza ma che corre veloce, specialmente nel settore della
musica: non si acquista un disco, ma si compra il diritto ad
ascoltarlo, via rete, per un numero limitato di volte, dopo
di che sara' necessario pagarlo di nuovo. Lo stesso potrebbe
avvenire coi testi, per i film, per ogni altro contenuto fatto
di soli bit.
Ufficialmente (e ipocritamente) questo viene fatto in nome
della difesa dei diritti dell'autore, che richierebbe di essere
deprivato dei legittimi incassi per l'eccessiva facilita' con
cui le sue opere possono essere duplicate e diffuse. Ma e' vero
l'opposto: sotto i nostri occhi disattenti e' gia' in atto una
dilatazione del copyright (e dei brevetti) il cui scopo e' di
rendere eterna la riscossione dei diritti, non gia' a vantaggio
degli autori, ma a unico beneficio degli intermediari. Mai come
oggi i diritti degli editori di musica e di film sono stati
cosi' tutelati da leggi e sentenze, e ancor piu' lo saranno
incorporando tecnologie di controllo nei bit e negli apparati
destinati a leggerli, si che le nostre casse acustiche o il
nostro computer rimarranno inattivi se il file loro sottoposto
non conterra' il giusto codice. E poiche' il tutto avverra'
sempre di piu' in rete, lo stesso codice provvedera' a segnalare
all'intermediario chi, quando e come ha letto quei bit, arricchendo
gli archivi dei profili utente senza alcun riguardo per la privacy.
Per realizzare pienamente questo incubo (che pero' e' uno splendido
sogno per i monopolisti della rete) sara' anche necessario eliminare
definitivamente ogni possibilita' di navigazione e accesso anonimo
in rete, rafforzando i controlli e gli apparati di ascolto -
magari con la scusa del terrorismo islamico o della pirateria,
o ancora della protezione dei pargoli dalle porcherie e dai
molestatori.
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