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l'opposizione alla guerra non si processa

Il 20 marzo 2003 ha avuto inizio la guerra di aggressione contro l’Iraq, scatenata dall’amministrazione USA per costruire un nuovo ordine mondiale con gli obiettivi di controllare direttamente le risorse petrolifere mediorientali e rispondere con una sorta di keynesismo di guerra ad una pesante recessione economica, una guerra legittimata con la menzogna alla quale successivamente ha partecipato il nostro paese in sfregio all’articolo 11 della costituzione “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” dimostrando una volta ancora la sua completa subalternita' alle pratiche di dominio imperialiste. L’invasione dell’Iraq ha portato alla morte di un milione di irakeni; da quella guerra infausta ed infame, promossa -come il colonialismo di fine ‘800 - con il pretesto della guerra per la civilta' , hanno avuto luogo le torture di Abu Ghraib, lo sterminio con le bombe al fosforo di Falluja, i campi di concentramento a Guantanamo e nei paesi satelliti, le extraordinary rendition cioè i rapimenti, le sparizioni e le torture diffuse (in Italia il caso di Abu Omar), il Patriot act e la sospensione dello stato di diritto. Quella guerra è servita a legittimare una sorta di stato di emergenza permanente, in cui la riduzione del conflitto sociale e dell’antagonismo politico in problemi di ordine pubblico sono state le risposte del potere per tentare di annichilire quell’eterogeneo movimento antisistema che ha messo in crisi le logiche e le pratiche di dominio e di controllo.

Il 20 marzo 2003 decine di migliaia di lavoratori aderirono allo sciopero generale indetto dal sindacalismo di base ed autorganizzato contro la guerra. Il 20 marzo 2003 migliaia di compagni, esponenti della societa' civile e delle associazioni e tantissimi cittadini invasero la Stazione Centrale di Bologna, entrandoci in corteo, violando il blocco della polizia, bloccando la circolazione dei treni.
Il 20 marzo 2003 gli Stati Uniti di G.W.Bush attaccarono l’Iraq bombardando Bassora, Bagdad, il sud ed il nord, caserme dell’esercito e tantissime piazze e vie abitate da semplici cittadini, magari oppositori del regime.
Il 20 marzo 2003 nessun giornalista embedded o esperto militare ebbe il coraggio di parlare di bombe intelligenti, di raccontare la menzogna della separazione degli obiettivi civili da quelli militari: la guerra giusta esime dal doversi giustificare dei cosiddetti effetti collaterali, dei bombardamenti ciechi, anche sulle Redazioni televisive, sulle piazze dei mercati, sugli ospedali, e delle centinaia di migliaia di morti. La guerra di Bush è andata bene anche se le armi di distruzione di massa non ci sono mai state. La cosiddetta guerra giusta, unilaterale e globale liberò, come primo territorio, quello dei pozzi petroliferi assegnandone la gestione alla EXXON, BP e all’ENI.
Milioni di persone nel mondo hanno disertato la guerra globale, l’hanno ostacolata, sabotata, denunciata svelandone i nessi oscuri, le cose non dette, gli obbiettivi di disegno di un nuovo modello di governance unilaterale. Nessuno ora parla più delle ragioni della guerra globale, tutti rifiutano il modello unilaterale di comando americano, lo stesso esercito della willing coalition sta progettando il disimpegno dall’Iraq. Se questo è possibile è grazie a chi si è opposto qui come sul fronte di combattimento.

Tra le migliaia di cittadini indignati che hanno invaso la stazione di Bologna, la Procura della Repubblica di Bologna ha individuato 47 compagni e compagne che verranno processati il prossimo 15 maggio perché ritenuti arbitrariamente e unilateralmente responsabili di quella iniziativa. Noi, imputati e reti che oggi come allora siamo disertori della guerra, non accettiamo che una lotta determinata e collettiva venga risolta individualizzandone le responsabilita' civili e penali. Nella nostra citta' migliaia di persone dimostrarono l’assoluta nimicita' alla guerra partecipando ai molti cortei, ai dibattititi, firmando appelli e lettere di protesta, scioperando ed esponendo ai balconi della proprie abitazioni le bandiere della Pace, valore strategico e universale ora più che mai.
Un movimento che ha scritto segmenti di nuove resistenze, che nella sua capacita' di essere bastone nelle ruote della macchina bellica ha trovato la sua contiguita' alle resistenze globali. Come il 10 Maggio 2004, quando il tentativo dell'ambasciatore della Gran Bretagna di visitare la John Hopkins, trovò di fronte a sé la capacita' dei movimenti di opporsi a questa presenza simbolo e sintomo della guerra permanente. Come per la grande partecipazione data alla giornata del 9 Giugno 2007 a Roma, dove i movimenti hanno saputo fare un passo in più per ricordare a Bush la sua “indesiderabilita' ”. Questi gli strumenti e le pratiche che la nostra resistenza ha affinato, questo il nostro irrinunciabile patrimonio di esperienze collettive che non accettiamo venga oggi riscritto nelle aule giudiziarie.

Noi, imputati e reti, ci rivolgiamo a tutti questi compagni di strada proponendo di ritrovarci e di organizzare con una iniziativa di mobilitazione il 14 maggio la migliore difesa per i 47 imputati e per rilanciare l’iniziativa politica contro la guerra, sul suo fronte di combattimento iracheno, afghano, palestinese e ovunque essa si eserciti, e sul suo fronte interno nel quale le trincee sono i Centri di Permanenza Temporanea, gli assetti ordinativi ed autoritari del securitarismo, e l’applicazione di dispositivi monetari nelle politiche economiche e di precarizzazione delle vite. Un terreno di conflitto che è necessariamente anche culturale, laddove una delle vetrine più illustri delle letterature europee come il Salone del Libro di Torino decide di invitare uno stato genocida e d'apartheid come quello israeliano come suo ospite d'onore. E questo proprio nel 60° anniversario della Nakba, dell'inizio della “catastrofe” per il popolo palestinese data dall'occupazione militare dei suoi territori. Per questo la nostra vicinanza alle resistenze globali passa inevitabilmente dall'appoggio alla lotta per l'autodeterminazione del popolo palestinese, così come di quello iracheno o afgano.

La guerra è cambiata, sta cambiando e ri-organizzando ed è ancora tremendamente reale e presente, qui come a Bagdad e a Kabul. Essa è anche una straordinaria occasione di business nel locale, come dimostrato dal recente annuncio della vittoria dell’appalto per la costruzione della base Dal Molin da parte della ravennate Cooperativa Muratori e Cementisti in partnership con la bolognese Consorzio Cooperative Costruzioni. Due cooperative di Legacoop, fortissimamente cresciute, anche con i business della TAV o con nuovi progetti globali, che hanno rotto definitivamente gli indugi e che hanno detto che pecunia non olet, anche per i Democratici emiliano- romagnoli. Due cooperative i cui piani di crescita ci indicano chiaramente come la nuova fase della guerra non sara' più americana e unilaterale, ma sara' agita e condivisa globalmente, con le isole di comando e governance distribuite e con i flussi di denaro ripartiti in maniera bipartisan. Anche per questo dobbiamo socializzare dibattito e analisi e attualizzare l’iniziativa tra tutti coloro i quali pensano che se Bush era il problema Obama/ Clinton o Brown non sono la soluzione.

Per reclamare la non processabilita' per tutti i compagni e le compagne accusati di reati connessi alle resistenza alla guerra globale invitiamo tutte le realta' a discutere e costruire insieme l’iniziativa di mobilitazione del 14 maggio, giorno precedente all’udienza contro le/i 47 compagne e compagni

 

Assemblea cittadina Martedì 6 maggio ore 20.45 Sala del Baraccano, via Santo Stefano 119


All'incontro interverranno compagni del Presidio permanente No Dal Molin e del Comitato Free Palestine

 

Prime adesioni: Cs Tpo; XM24; Vag 61; Lab. Crash; L. 57; Cobas; Sinistra Critica; C.U.A.; Aut_Off; Circolo Berneri, Lazzaretto Autogestito

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