quando
una vita vale quanto una caramella…
Un Mars, un Twix, o una manciata di gomme e caramelle sfuse,
vale bene la vita di uno sporco negro. Lo sanno tutti che il
valore della vita di un africano, di un europeo dell'est, di
un brasiliano o di un filippino ha lo stesso valore di quanto
il padrone lo paga per un'ora di lavoro: 7 euro, 5 euro, spesso
2 euro… insomma una manciata di caramelle. Loro, i negri
da ammazzare, possono anche sfoggiare il pantalone Nike, il
berretto Lacoste, il cellulare Nokia, e tutto l'armadio delle
multinazionali dei bianchi ma tanto sempre negri restano e la
loro vita, per un italiano doc, vale quanto un ciuingam amerikano.
Come una gomma, la si scarta lentamente, la si mastica, si succhia
tutto lo zucchero e l'aroma e poi la si sputa a terra o per
bonton la si incarta di nuovo e la si getta nel cestino, cosi'
la divisione etnica del mercato del lavoro italiano: si compra
a poco prezzo la vita di un uomo, se ne preleva tutto, ma dico
proprio tutto, dall'energia dei muscoli fino alla gioia di vivere,
dalle speranze fino alla dignità e poi o lo si deporta
nel suo paese d'origine, o lo si fa morire in ospedale senza
un'assistenza sanitaria pubblica adeguata, o come da qualche
tempo a questa parte, lo si sputa a terra, come un ciuingum
amerikano, in un pozza di sangue.
Abdul ieri mattina è stato ammazzato così, con
questa leggerezza, con la stessa disinvoltura con cui si sputa
una gomma. Per un furto di dolciumi ha pagato con la vita, perchè
in Italia la sua vita vale quanto una caramella… Era da
anni che la coscienza di questa infame verità era presente
nella società italiana, ma latente nel perbenismo catto-comunista
dei primi anni Novanta restava nel segreto, nell'intimo dei
bravi padri di famiglia, una sorta di vergogna impediva che
questa verità divenisse gesto pubblico e formasse il
discorso dell'opinione pubblica, ancora l'ultra-individualismo
del neoliberismo in Italia non era riuscito a staccare l'ultima
crosta della coscienza sociale di una classe in via di polverizzazione.
C'è voluto un lento lavoro, l'introduzione delle leggi
per la precarietà lavorativa, l'abolizione dell'articolo
18 e tutte le riforme del mercato del lavoro per preparare la
svolta. Per decretarne l'avvenuto compimento si dovevano organizzare
i primi riti di massa, si doveva firmare il cambiamento, lo
si doveva celebrare: c'era bisogno quindi di eventi che forzassero
l'immaginario per legittimare l'entrata feroce del neoliberismo
in Italia.
Così la risposta e la particolare strategia repressiva
di piazza ai moti di Genova, l'omicidio di Dax, il rumeno incendiato
dal padrone e poi i pogrom di Napoli fino ad arrivare a ieri
mattina, passando per le lame fasciste; tutti questi eventi
sono manifestazioni pubbliche del potere esercitato dal blocco
razzista-conservatore ormai consolidatosi da un decennio a questa
parte in Italia. Le contraddizioni interne al mercato del lavoro
ormai radicalmente etnicizzato e verticalizzato possono essere
gestite soltanto da una politica ultra-securitaria e razzista
che attraverso la repressione istituzionale e il razzismo sociale
può controllare il pezzo della catena di comando, che
per la parte capitalista, è la più debole, ma
per la parte di classe proletaria la più forte: il lavoro
migrante. Le sanguisughe della confindustria per continuare
ad ingrassarsi fino a sbottare hanno bisogno che la forza lavoro
migrante sia ridotta al silenzio e ben disciplinata, dove non
ci arrivano i cpt e le deportazioni, ci arrivano le lame e le
spranghe.
L'omicidio di Abdul ad opera di quelle bestie bianche assume
nel contesto italiano attuale un significato inedito, un'odiosa
novità: per la prima volta viene ucciso da dei razzisti
italiani, un italiano di colore. Chissà se Abdul è
mai stato nel paese di origine del padre, chissà se poteva
parlare la stessa lingua dei cugini, chissà se lo voleva…
chissà se in questa società di merda era riuscito
a costruirsi un gruppo di amici, in cui era Abdul e basta, senza
che il pedigree facesse la differenza, di sicuro la dichiarazione
della sorella ci aiuta a capire meglio quando ci dice: "per
la prima volta ci siamo accorti di essere negri!". E crediamo
che da oggi tanti ragazzi italiani dal colore un po' più
scuro o chiaro se ne sono accorti di essere diversi… fin
tanto da morirci.
I figli della prima generazione dei lavoratori migranti che
oggi hanno intorno ai 20 anni, con l'omocidio di ieri hanno
capito dove sta tirando il vento in Italia, quello stesso paese
che il padre aveva sognato, che lo aveva spinto ad emigrare
adesso li respinge, dicendogli che la loro vita vale quanto
una gomma da masticare. Il terrorismo di classe contro questi
giovani proletari figli dell'immigrazione da oggi ha preso la
direzione dell'attacco diretto. Non più i nomi distorti
all'anagrafe, le perquisizioni e i "favorisca i documenti
prego", forse i tempi di queste sottili e quotidiane discriminazioni
sono finite, ora per tenere a bada e disciplinare questo pezzo
di proletariato le sanguisughe hanno anche bisogno della spranga.
Di fronte a questo scenario c'è da chiedersi e indagare
su quali forme di resistenza sociale, di insubordinazione e
conflitto il lavoro operaio sta già mettendo in campo
per contrastare e battere l'avanzata conservatrice. Di sicuro
oggi abbiamo l'urgenza di ripensare complessivamente la pratica
e il discorso antirazzista da troppo tempo "delegato"
al sindacato o al gestom romantico.
Laboratorio Occupato Crash! - Bologna
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