a bologna, capitale del decreto amato,
si muore di emarginazione
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Bologna, 20 novembre 2007 - Un incendio, probabilmente causato da un corto circuito elettrico sembra essere la causa materiale del rogo che ieri mattina all'alba ha ucciso il piccolo Florin Draghici di 4 anni. Viveva con la sua famiglia, venuta in Italia dalla Romania, in una baracca a ridosso della massicciata dell'autostrada, nei pressi dell'aeroporto Marconi, una costruzione di fortuna di mattoni, assi di legno e lamiere.
Una tragedia prevedibile, al contrario di ciò che si è affrettato a dichiarare il sindaco Sergio Cofferati, conseguenza diretta di una situazione di abbandono a cui nessuno ha voluto dare una risposta nonostante la famiglia avesse già contattato più volte gli assistenti sociali.
Mentre il mondo politico si affretta ad esprimere cordoglio e frasi di circostanza, gli investimenti per gli interventi sociali a Bologna vengono schiacciati a fronte di quelli destinati alle misure di ordine pubblico.
Dati di questi giorni vedono Bologna capitale dell'applicazione del decreto Amato con 43 espulsioni di cittadini comunitari su 177, un dato che si discosta di molto da quello delle altre città. Un dato che rispecchia l'utilizzo strumentale del decreto più che a reali problemi di ordine pubblico, basti pensare che i dati che arrivano da una metropoli come Milano parlano di 7 espulsioni.
Questo clima di presunta pericolosità sociale ha come diretta conseguenza una situazione di emarginazione, di crescente precarietà di coloro che possono essere soggetti a questi provvedimenti, in quanto vittime di una costante ricattabilità. Una ricattabilità che obbliga moltissime persone a vivere in condizioni di degrado e ad accettare qualsiasi tipo di lavoro, anche a chiamata e senza garanzie, come il padre di Florin, operaio edile in nero, poiché l'alternativa è l'allontanamento dai confini italiani. |