in
merito all'appello contro il machismo
L'appello contro il machismo, firmato da alcune compagne antisessiste,
e'
un intervento politico chiaramente pretestuoso e gravemente
mistificatore,
dalla ricostruzione soggettivissima dei fatti fino al chiaro
e mal celato
obiettivo politico, e non possiamo che riconoscere in quel testo
l'interesse a voler contribuire a inquinare quello spazio comune
che ci
permette di respirare insieme, di co-spirare. A Bologna da qualche
tempo le
cose vanno cosi': c'e' chi non trovando altro da fare attacca
percorsi di
lotta e conflitto costruiti in anni di militanza collettiva
e passione
rivoluzionaria, per poi, usufruendo dell'anonimato di indymedia
e facendone
un uso decisamente improprio, voler passare da povera vittima
indifesa ed
innocente, c'e' chi calunnia e dispensa illazioni in nome di
valori che
dovrebbero essere oggetto di ben altro discorso e c'e' chi di
questi eventi
ne approfitta per attaccare realtà sociali. Sgomberiamo
subito l'ordine
del ragionamento da un discorso che a quanto pare tanto attizza
e fomenta
le autrici dell'appello contro il machismo: le nostre pratiche
e la nostra
identita' non sono materia di processi, siano essi fatti consapevolmente
da
giudici togati, magistrati e giornalisti, siano essi svolti
da ingenui e
pericolosi tribunali di movimento. Non ne avete la legittimita'
sia voi
quanto lo stato. Le nostre pratiche e i nostri discorsi sono
oggetto di
verifica e critica continua ma nella quotidiana prassi militante
e sul
piano dei percorsi del conflitto, che insieme a tanti compagni
e compagne a
Bologna, in Italia e nel mondo portiamo avanti. Abbiamo voluto
fare questa
breve premessa per rispondere al reale intento che il comunicato
in
questione si proponeva e abbiamo cosi' subito liberato il discorso
dal
maldestro e spregiudicato tentativo di processare l'improcessabile.
Le
scuse per quel grave e casuale incidente, e ripetiamo tanto
grave quanto
casuale, durante la gazzarra di sabato 5 luglio erano arrivate
dopo 20
secondi, e dopo 5 minuti dal compagno stesso. Ed ora visto che
non vi siete
sentite soddisfatte, (certo dovevate avere il pretesto per aprire
il
processo), eccole qua, anche nero su bianco! SCUSA! E ora ci
aspettiamo,
però, che diate ragione della frase che rimanda alla
notorietà del
compagno come picchiatore di compagne. Vogliamo le date e i
luoghi,
altrimenti vogliamo delle scuse pubbliche per delle accuse infamanti
e
diffamatorie contro un compagno da anni attivo e sempre presente
nelle
lotte! Quindi, ufficializzate le scuse e disvelato il reale
intento
dell'appello pensiamo che sia il momento di confrontarci su
un tema
centrale, su un nodo del conflitto che coinvolge soggettivita'
poltiche e
sociali, la questione dei corpi, del loro controllo, della loro
repressione
e quindi del sessismo e dei comportamenti culturali e sociali
ad esso
legati. Vogliamo farlo consapevoli di aggiungere un discorso
su un terreno
da troppo tempo quasi desertico, ancora troppo povero a cui
neanche le
compagne antisessiste hanno voluto contribuire, visto che nel
loro appello
di cosa sia il sessismo e il machismo non c'e' traccia.
Vogliamo tutto! Il ragionamento per noi parte da qui, da questo
semplice,
evidente, breve slogan che da decenni fa l'eco nella storia
della rivolta e
dell'appropriazione di migliaia di sfruttati proletari, operai
e precari.
Vogliamo tutto! e' il nostro slogan contro il machismo, il sessismo,
il
razzismo, il fascismo! Vogliamo tutto! e' il nostro programma
minimo di
lotta contro il Capitale e le sue ideologie! Abbiamo imparato
questo nei
percorsi di appropriazione diretta, nelle lotte dei precari
e delle
precarie contro il caro vita, per la gratuita' dei trasporti,
dei saperi,
della comunicazione, nella rivendicazione del diritto alla casa
e nel poter
scegliere in quale luogo progettare la propria vita in un mondo
senza
frontiere. Lo abbiamo imparato dal e nell'ALTRO MOVIMENTO OPERAIO,
quando
non c'e' piu' lotta per il lavoro e lo scambio di lavoro come
valore, ma
lotta per i bisogni e i desideri, per il consumo del sovrappiu',
e lotta
per l'abbondanza e la soddisfazione. E' in questa socialita'
di conflitto e
riappropriazione che le culture maschiliste, sessiste, omofobiche,
e poi la
chiesa, la famiglia e la patria vengono messe in crisi, vengono
fatte
tremare e poi crollare lasciando lo spazio al linguaggio nuovo
e
rivoluzionario della socialita' liberata, dove l'aurora di Nietzsche
trasforma e concretizza la liberazione sociale di Marx nell'autonomia
del
corpo, della sessualita', dell'omosessualita', dei bisogni e
dei desideri.
Questa cultura e' LA CULTURA DELL'AUTONOMIA DI CLASSE e' il
linguaggio
creativo e antagonista che lega le azioni dirette degli operai
nella
germania di Weimar al vogliamo tutto dell'appropriazione delle
classe
italiana negli anni '70, e' il linguaggio dell'ontologia del
dare che batte
l'ontologia dell'avere nelle banlieus parigine e nella rivolta
di los
angeles dei primi anni 90. E' un "linguaggio schizzofrenico"
che
decostruisce e fa breccia dell'ideologia capitalistica "del
normale", e' un
linguaggio che lotta su lotta si e' arricchito di nuove parole
e pezzi di
discorso fino a farci dire grazie al movimento femminsta degli
anni '70 che
la versione antropomorfica dell'ideologia del capitale e' maschio,
e poi
con la nascita del secondo movimento omosessuale internazionale
che e'
maschio ed etero e ancora con i movimenti sociali degli afro-americani
negli usa e con i movimenti rivoluzionari del sud del mondo
che il capitale
e' un maschio etero bianco. Praticare e arricchire questo linguaggio
vuol
dire oggi per i precari sapersi riconoscere come uomo negato,
come gay
negato, come rom negato, come clandestino negato, ... vuol dire
oggi per le
precarie sapersi riconoscere come donna negata, come lesbica
negata, come
rom negata, come clandestina negata, ... .
E' in questo percorso di autocoscienza di classe che si fonda
la nostra
pratica antisessista, antirazzista e antifascista come continuo
assalto
all'ideologia capitalista che si auto-presenta come naturale.
Slegare il
dato biologico-naturale dal politico questa e' la pratica di
trasformazione
antropologica in senso rivoluzionario: vogliamo divenire tutto
cio' che il
capitale ci presenta come differente, anomalo, secondario, rimosso
certi
che "la vita della specie umana sta la". Questa e'
la nostra pratica
antisessista e questa e' la ricchezza che cogliamo nei percorsi
di lotta e
liberazione. Per queste ragioni non possiamo che collocare la
questione del
machismo su un piano ben differente del discorso: il machismo
infatti e' un
valore estetico e lo si batte con le lotte e la conflittualita'
e con le
culture e le trasformazioni antropologiche che esse producono.
Di certo il
machismo per essere efficaciemente battuto non deve essere individuato
e
decostruito da un livello di discorso proprio della critica
d'arte, o
peggio come sembra apparire da certi appelli, da critici di
moda.
L'antimachismo non e' questione di fiocchi e fiocchetti siano
essi rosa o
celesti. No, l'antimachismo per essere una pratica conflittuale
e'
collocato su tutto un altro ordine del discorso. Crediamo che
in questa
fase di grave arretramento dei percorsi di liberazione internazionali
e con
la relativa avanzata della barbarie della guerra infinita il
machismo
affiori sulla superficie estetica e al tempo stesso atrocemente
concreta
del corpo sociale attraverso una cultura che permette e legittima
di usare
ad esempio delle pratiche affettive e sessuali come strumenti
di
umiliazione e tortura e ci riferiamo alla soldatessa a stelle
e strisce che
nelle carceri irakene da macha esemplare trasformava un gesto
di amore
nell'incubo di una tortura per gli uomini li incarcerati. Quella
soldatessa
e le altre centinaia di soldatesse sparse per il mondo, strumenti
del
machismo nell'era della guerra infinita, le abbiamo combattute
nelle
manifestazioni di massa contro la guerra, le abbiamo combattute
quando ci
siamo coperti il volto e fatto barricate per impedire ad ambasciatori
della
nato di parlare qui a Bologna, e le combattiamo quotidianamente
nel felice
lavoro di resistenza sociale e di azione diretta e radicale
contro questo
sistema barbaro. E' su questo terreno che il "macho globale"
soffoca, si
estingue, incalzato dalla critica reale e dal fare altra societa'
dei
precari e delle precarie in lotta. Esso soffoca e si estingue
anche quando
dismessa la divisa da marines si traveste da cavagliere! Dai
movimenti
femministi e dal movimento GLBT abbiamo infatti imparato che
non c'e'
discontinuita' tra aggressione e protezione, ma anzi la protezione
diventa
quel medium sociale e culturale che lega l'aggressore allo sfruttato,
proteggere in senso capitalistico significa mantenere le condizioni
necessarie allo sfruttamento dell'aggredito. Per queste ragioni,
per questo
eccezionale portato di saperi che i movimenti trascorsi ci hanno
dato
pensiamo che il macho travestito da cavagliere deve essere oggetto
di
critica e conflitto quanto lo e' quando veste i panni della
soldatessa
yankie. Essere antisessisti e' quindi saper riconoscere quanto
sia grave
connetere il dato biologico (presunto naturale) al politico,
lo hanno fatto
i nazisti con la razza e lo fanno i maschilisti con il genere,
ma lo fanno
anche certi discorsi in salsa terzo mondista, certi discorsi
sessisti e
cavallereschi che ci dicono che la donna e' portatrice di pace
in quanto
tale, o che la donna è debole in quanto tale. Non e'
cosi'!
Il soggetto Donna della seconda fase del femminismo mondiale
(anni 70) ha
fatto perno sulla necesità della riappropriazione dell'aggressività
e
della forza, ma ha anche inserito i temi della cura di sé,
del corpo e
degli altri come necessità di qualsiasi comune rivoluzionaria
come
patrimonio da far circolare tra compagne e compagni. Usciti
dal contenitore
Donna che tanto necessariamente ha avuto la sua funzione, oggi
accettare
che si ritorni all'idea del femminile-innocuo, docile e "da
difendere"
significa negare la responsabilità a tutte quelle compagne
che con la
propria pratica quotidiana hanno lottato per prendere centri
sociali negli
anni 90, hanno attaccato frontalmente il capitale a Seattle,
a Genova, e
combattuto contro le guerre del XXI secolo. Sentire come inessenziale
il
dato biologico-culturale è di per sé togliere
terreno ad una gerarchia
dei generi! La donna e'debole (come i migranti, i precari, i
gay, etc etc
etc) solo quando non lotta!!! Il paternalismo e' duro a morire,
ancora oggi
c'e' chi pensa che il discorso del femminile sia il discorso
debole della
subalternità, del lavoro domestico, della famiglia, quando
invece il
discorso del femminile e' il discorso forte della riappropriazione
e della
liberazione del corpo dagli apparati di controllo e repressione
fascisti,
clericali e sessisti, siano questi sotto la forma di infami
stupratori o di
bravi padri di famiglia. Considerare la donna un essere da proteggere
o un
oggetto per i propri istinti bestiali sono atteggiamenti sessisti
figli
dello stesso piano di ragionamento: quello che pretende di vedere
la donna
come un oggetto, sia esso oggetto di protezione o di violenza.
La donna è
diventata soggetto di lotta anche mettendo in gioco il proprio
corpo,
decidendo autonomamente di correre rischi e rifiutando che i
limiti del suo
agire siano posti da preti, giudici e fantomatici protettori
della sua
incolumità o da chiunque altro se non lei stessa.
L'antisessismo e' quindi un valore e uno strumento etico che
si evolve
nelle e moltiplica le lotte, e' un'altra stella che ci guida
nella notte di
questo terribile esistente, e' un frammento di critica sociale,
politica e
culturale che nella periferia di Bologna ha trovato un nuovo
spazio dove
ri-costruirsi. Come compagni e compagne del Laboratorio Crash!
siamo stati,
siamo e sareme sempre in prima fila nel battere le contraddizioni
che si
esercitano nei nostri territori, dal nichilismo della cultura
dello sballo
e dell'eroina fino alla violenza delle strade silenziose e sgomberate
dalla
nostra socialità dove ora si fa sempre piu' forte la
presenza di fascisti,
omofobi e sessisti. La nostra esperienza di occupazione ci dice
che oggi
sono proprio gli spazi autonomi e liberati i luoghi dove continuare
a
sperimentare e far crescere quella cultura, quella contro-cultura
a cui
facevamo riferimento all'inizio di questo testo, e' quella la
cultura
contro la nuova barbarie nell'era della guerra infinita, e'
quella la
cultura che non cesseremo mai di evolvere e di difendere da
qualsiasi
aggressione e tentativo di repressione, sia esso agito dallo
stato o da
chiunque altro suo degno compare, e statene certi che lo faremo
come lo
abbiamo sempre fatto con il sorriso dell'appropriazione diretta
e il pugno
chiuso del conflitto!
Laboratorio Occupato CRASH! |