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crash vs precarieta'

La precarieta' sembra non conoscere frontiere, permea ogni settore dell'economia e ogni fase della vita, si diffonde in maniera globale.

I nostri redditi, i nostri servizi sociali di base e condizioni di lavoro sono sotto attacco. Dappertutto. Perche'?

Noi siamo convinti che il centro del processo di accumulazione neoliberista consista nello sfruttamento del lavoro flessibile e precario di giovani, donne, migranti ed anche dei dipendenti precarizzati dai ritmi e ricatti da capi e capetti sul lavoro.

La forza del potere oggi costituito sul proletariato e' fondamentalmente dato dallo smisurato grado di ricattabilita' economica e sociale che ci lega al rapporto economico servile che ci comanda, a prescindere dal fatto che svolgiamo un'attivita' retribuita o no.

Cio' vale anche nei fondamentali servizi di riproduzione e di distribuzione.

La scuola e l'universita' sono immaginate come luoghi di formazione per precari, con degli schemi adeguati ad un mercato del lavoro iper-flessibile, senza certezze e dignita'.

Ma questa concezione del lavoro da parte del Capitale non e' che un lato della precarieta'.

Lo stato sociale si converte in stato-impresa, che considera come centrale la logica di mercato, la protezione e l'accrescimento del profitto, mutando i diritti sociali in elemosina e controllo sociale.

Oggi pare che i problemi siano sanita', previdenza e istruzione pubblica, e non il fatto che la malattia, il sapere e la vecchiaia vengano sfruttate ai fini del profitto.

Certo che come proletari continuiamo a pagarle le tasse (per esempio i contributi inps a carico dei lavoratori con la legge Biagi aumentano). Ma lo stato con i nostri soldi non ci da con questa parte del nostro salario case e servizi sociali, ma fa guerre imperialiste, installa le telecamere per controllarci, ci reprime con la polizia.

Cio' vale per tutti e in tutto il mondo.

Ma per qualcuno al ricatto economico si somma quello legato al non avere diritti. Il sistema dei permessi di soggiorno legati ai contratti di lavoro, all'obbligo di avere una casa in regola ed abitabile e al non avere precedenti penali avviato dalla legge Bossi-Fini per i migranti, e' il vero e proprio schema globale della precarieta' e del controllo, concatenata in questo caso al razzismo e alla logica di una guerra che e' economica, sociale e militare.

La precarieta' si fa quindi anche insicurezza esistenziale. E' l'affitto che ci costringe a privazioni e sacrifici, il carovita che ci diminuisce la spesa nel carrello, la pensione che non basta e che costringe a rivolgerci agli strozzini.

Precarieta' e' anche lo Stato di guerra globale che viviamo, che in nome della lotta al terrorismo massacra le popolazioni, sopprime i diritti e ristruttura territori e metropoli in base alla legge del terrore e dell'esclusione.

E' un sistema sociale che spezza ogni tipo di solidarieta', che fa diventare le relazioni sociali e le necessita' di assistenza e cura dei meri servizi da comprare sul mercato, separandoci dagli altri e in solitudine con i nostri problemi e i nostri bisogni, sempre in procinto di precipitare oltre il confine della poverta'.

Effettivamente, la precarizzazione delle relazioni lavorative associata con alti indici di disoccupazione si accordano per disciplinare anche i lavoratori occupati, imporre una propensione alla diminuzione salariale e fare a pezzi ogni minimo potere sociale rimasto nelle mani di chi lavora.

In questo modo l'efficacia degli effetti disciplinanti si estende anche ai settori della popolazione che hanno ancora un impiego "stabile".

Ma tutto questo non deve farci pensare in termini di inclusione ed esclusione. L'escluso sarebbe cosi', il modo soggettivo di conformarsi a quella forma binaria - esclusiva ma inclusiva - che organizza la vita a partire dai bisogni di un singolo soggetto di necessita', sottomesso solo ad un patimento continuo.

Dobbiamo distruggere questa barriera. Perche' quello che si pensa come escluso e' in realta' gia' incluso. Ha gia' un luogo nei dibattiti del potere, nelle analisi sociologiche degli esperti, nelle schede dei ministeri sociali e della polizia, nei piani dei partiti e nelle organizzazioni per la carita'.

I precari, allora, piu' che essere esclusi e poveri, devono ricavare la loro potenza, la loro dignita' ed orgoglio insorgendo, tramite l'insubordinazione, la resistenza, la creazione di socialita' altra.

Reclamando case e servizi, e mettendo in pratica nel sociale l'obiettivo, la riappropriazione, cosi come praticando nei luoghi di lavoro la protesta e la ribellione, nell'istante in cui ci organizziamo e lottiamo, ci apriamo la strada per lottare contro la fabbrica sociale nella sua interezza.

La nostra radicalita' deve essere nel lavoro di base, e' il pensare i nostri ruoli nella esperienza di lotta, nella capacita' di trasformare le relazioni sociali.

 

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