E' venuto a mancare un ragazzo operaio di 31 anni, padre di una bambina e
marito di una ragazza incinta di 4 mesi, fratello di un nostro compagno.
Morto, ucciso dal lavoro senza sicurezza, da orari insopportabili, dalla
fretta di finire lavori e guadagnare milioni sulla pelle di chi lavora,
ingrassando le tasche dei padroni.
Ci stringiamo alla famiglia di Antonio, rimaniamo muti e continueremo
l'impegno contro questo sistema di sfruttamento che reputa chi lavora come
carne da macello e come numeri da sostituire.
CIAO MICHELE
tutto il collettivo RIOTERS77
E' accaduto a Civitavecchia dove si lavora con turni anche di 24 ore per
riconvertire la vecchia centrale a carbone. Causa della morte un tubo
caduto
da un'altezza di circa 70 metri che ha colpito alla testa Michele
Cozzolino Lascia una giovane figlia e la moglie incinta. L'azienda avvia
una inchiesta interna.
Michele morto a 31 anni nel cantiere Enel
ucciso dalla fretta
e dalla logica del profitto
di Stefano Bocconetti
L'ha ucciso la fretta. No, non la sua. Anzi, lui camminava lentamente,
tranquillamente. Come può farlo chi «stacca» dal cantiere e va a mensa.
Dopo molte ore di lavoro. Per una pausa, prima di fare molte altre ore di
lavoro. Quante? Non te lo dice nessuno perché lì, a Torre Valdaliga Nord,
a due passi da Civitavecchia nessuno - tantomeno il sindacato - sa dirti
nulla. Neanche quanti operai ci siano, nè quanti siano nelle stesse
condizioni di Michele.
Messi sotto contratto da un arcipelago di ditte appaltatrici che vanno,
vengono, scompaiono.
Michele non aveva fretta. Stava camminando nel piazzale, nell'enorme
piazzale al centro della vecchia centrale che molte centinaia di persone -
quante? esattamente non lo sa nessuno - stanno trasformando perché
funzioni a "carbone". Stava incamminandosi verso la mensa. Una baracca,
poco più, adibita alla pausa pranzo. S'era avviato da solo. Quando da
un'impalcatura, altissima, è caduto un tubo. Di quelli che si usano per i
ponteggi. Ponteggi che sta costruendo un'altra ditta. Di cui nessuno sa il
nome.
Un tubo neanche tanto grande e pesante, più o meno due chili. Solo che è
caduto da un'altezza di settanta metri. Quando è arrivato a terra, aveva
il "peso" di una moto. Michele forse ha visto quel proiettile arrivare dal
cielo. Ma non ha fatto in tempo a scansarsi. E' morto schiacciato, è morto
sul colpo.
Ucciso dalla fretta. Non dalla sua. Ucciso dalla fretta dei tanti che
vogliono ridurre i tempi per arrivare a far entrare in funzione la
centrale a carbone entro il prossimo anno. Una data che non è prevista da
nessuna parte. Nè in una legge, nè in un provvedimento. E' una data però
che tutti hanno imparato a conoscere: l'ha stabilita l'Enel. Perché prima
si concludono i lavori e meglio è per lei. Tante, troppe sono le
opposizioni alla riconversione di questa centrale. Le persone che vivono
nella zona, riunite nel comitato No Coke, qualche amministrazione
comunale. Non quella di Civitavecchia che, invece, sostiene la
riconversione.
L'Enel vuole fare presto. Prestissimo, vuole precedere gli eventuali
blocchi. Del resto, può contare su influenti alleati. Fin dentro il
governo. Del resto, la scelta per il carbone - lo chiamano pulito visto
che le sue polveri sottili provocano solo asma, disturbi alla tiroide e
una crescita esponenziali di tumori - è sostenuta anche da questo governo.
Da un governo di centro-sinistra. E' sostenuta da ministri che contano. A
cominciare da Bersani.
L'Enel ha fretta, allora, vuole addirittura recuperare il tempo perduto.
Gli ultimi giorni di blocco dei lavori sono quelli imposti dalla querelle
giudiziaria sulla costruzione del molo. Del gigantesco molo dove navi
altrettanto gigantesche porteranno tonnellate di carbone. Non era chiaro
se il decreto governativo, quello che tutti chiamano sblocca-carbone, si
occupasse delle opere di sostegno alle centrali. In mancanza di certezze,
la Regione aveva bloccato i lavori del porto. Prima il Tar e poi il
Consiglio di Stato hanno invece distribuito la ragione a metà: gli scavi
in mare sono potuti riprendere. Ma solo per costruire tanti metri cubi di
molo. Se si dovesse superare quella misura, occorrerà un nuovo permesso.
In ogni caso, i cantieri si sono fermati. E allora all'Enel non è rimasto
che accelerare tutto. Al porto e alla centrale. Così decine e decine,
forse centinaia di piccole aziende, hanno preso in subappalto i lavori di
trasformazione. Aziende che lavorano su turni anche per 24 ore. Aziende
che lavorano negli stessi settori, contemporaneamente. Cosa che la legge
proibirebbe. Aziende che devono correre, devono finire tutto entro il
2008. Come vuole l'Enel.
E nessuno è più in grado di controllare nulla. Il sindacato da solo non ce
la fa, non ce la può fare. Perché la controparte non è più solo
un'impresa. Sono centinaia di microimprese. Non ce la fa, è stato
sconfitto. Perché qui, quando furono sospesi i lavori per il molo, gli
operai delle ditte appaltatrici senza salario scesero in piazza. Marciando
«contro» le popolazioni, contro gli ecologisti, contro chi vorrebbe
impedire che questo pezzo di costa diventi un inferno di polveri.
Così, nessuno sa nulla. E così Michele Cozzolino, 31 anni, è morto. Da
solo, in una pausa del suo turno. A casa, lo aspettava la figlia, piccola,
e la moglie. Di nuovo incinta. I suoi compagni di lavoro stanno discutendo
su come aiutarli. Qualcuno ha anche provato a dire che forse basterebbe
scrivere una mappa delle aziende che lavorano nel cantiere per rendere
questa centrale un po' più sicura. Almeno un po'. A qualche chilometro da
qui, Napolitano, nelle stesse ore stava denunciando l'assurdità di un
mondo dove chi lavora rischia la vita. Ma alla centrale, all'Enel vigono
altre leggi. La fretta. |