nasce 
                  il centro sociale autogestito  
                  ex-stamperia a modena
                
                Nella notte i compagni e le compagne del Cam 
                  (collettivo autonomo modenese) hanno occupato uno stabile abbandonato 
                  di proprietà comunale nella città emiliana; uno 
                  spazio liberato da restituire alla città e a quanti vorranno 
                  farlo vivere, da oggi e per i tempi che verranno. Un'occupazione 
                  che nasce da un bisogno profondo: quello di riprendersi tempi 
                  e spazi dentro una città che, come molte altre , non 
                  ha altro da offire oltre il tempo vuoto del consumo e dell'apatia, 
                  addobbata alla sua periferia da uno squallido Cpt. 
                  Uno spazio per ri-progettare iniziativa politica e sociale, 
                  senza delegare a nessuno tempi, modi e rappresentanza. 
                Lo spazio è già formalmente sotto 
                  sgombero, anche se non ancora operativo data l'assenza del sindaco, 
                  fuori città per impegni. L'amministrazione fa sapere 
                  di essere disponibile a una trattativa, adducendo che lo stabile 
                  sarebbe destinato a edilizia popolare. Gli occupanti fanno sapere 
                  che sono pronti ad abbandonare l'edificio solo di fronte a prove 
                  chiare di edilizia popolare. 
                  L'ottenimento di uno spazio da autogestire è l'obiettivo 
                  minimo su cui nasce la necessità-progetto dell'occupazione, 
                  obiettivo da cui le compagne e i compagni non sono dispost* 
                  a retrocedere. 
                  
                Il comunicato dell'occupazione: 
                Centro Sociale Occupato Autogestito 
                  Ex-Stamperia 
                Il centro sociale occupato autogestito ex-stamperia 
                  vuole essere uno spazio autonomo aperto alla città, largamente 
                  attraversato da precari, lavoratori e studenti. 
                Viviamo in una società in cui si restringono 
                  continuamente le libertà personali, di espressione e 
                  di movimento di tutte e tutti, una società che fa della 
                  guerra globale e permanente il suo principale strumento di regolamentazione 
                  e sopravvivenza. Le campagne politiche e mediatiche sulla sicurezza 
                  vogliono normalizzare l'odio e la repressione nei confronti 
                  del diverso, chiunque esso sia: migranti, ultras, lavavetri, 
                  writers, sono di volta in volta indicati come fonte di degrado 
                  e criminalità, vengono dipinti come il male assoluto 
                  di una società che già da anni è impegnata 
                  a crearsi attorno un imbarbarimento di rapporti sociali e culturali 
                  senza precedenti (pensiamo ai recenti rastrellamenti razzisti 
                  verso i rom, alla caccia alle trans e alle prostitute di Roma, 
                  all'omicidio fascista di Verona). 
                Nelle nostre città in cui la solitudine 
                  e l'estrema atomizzazione producono mondi sociali in cui non 
                  si comunica e ambienti comuni in cui regna il consumo e il bisogno 
                  individuale e non la solidarietà, questi meccanismi stanno 
                  causando un annullamento soggettivo per quanto riguarda la capacità 
                  di comprendere quale sia il nemico reale e quindi riconoscersi 
                  come classe, quella degli oppressi, degli sfruttati, potendo 
                  quindi agire come entità collettiva in lotta in grado 
                  davvero di potere modificare in maniera netta e radicale la 
                  realtà sociale circostante. Stiamo vivendo un periodo 
                  storico in cui l'insicurezza , quella vera, che permea l'esistente, 
                  è quella causata dalla mancanza di possibilità 
                  è di avere un futuro decente: dove ogni giorno si muore 
                  sul lavoro, dove la precarietà e la mancanza di prospettive 
                  sul lavoro come nella vita sono un dato di fatto, dove anche 
                  la casa non è più una certezza. Il centro sociale 
                  vuole essere uno strumento per normalizzare, al contrario, le 
                  lotte contro le ingiustizie sociali, per il reddito ed il diritto 
                  alla casa; vuole essere luogo di produzione culturale, luogo 
                  di espressione di potenzialità creative solitamente represse, 
                  luogo in cui si sviluppi socialità libera e non mercificata. 
                  Il centro sociale nasce dall'esperienza del C.ollettivo A.utonomo 
                  M.odenese, da anni impegnato nelle lotte al fianco dei migranti, 
                  contro lo sfruttamento del lavoro salariato, contro la precarietà 
                  e l'imperialismo; tematiche che porteremo ancora avanti con 
                  nuova e dirompente forza, aprendo per un fronte di intervento 
                  più ampio e sociale che parla di riappropriazione, di 
                  soddisfacimento di bisogni e desideri, di riscoperta e determinazione 
                  dei tempi di vita di ognuno/a di noi: vogliamo diventare punto 
                  di riferimento e rifugio per tutti coloro che sono in fuga dall'ipocrita 
                  cultura padronale, divenendo luogo in cui sia possibile esprimere 
                  le proprie conoscenze e sperimentare i propri interessi. Di 
                  fronte ad una riproduzione nel sociale di quei modelli amministrativi 
                  che cercano solo repressione e controllo, costruiamo insieme, 
                  dal basso, una reale alternativa sociale che si basi sulla libertà 
                  di espressione e di esistenza, sull'attenzione e il rispetto 
                  per i bisogni e i desideri di tutti e sulla creazione di uno 
                  spazio e di un tempo fondato sull'autonomia, l'autogestione 
                  e l'autorganizzazione come risposta alla volontà di dominio 
                  dei padroni che vorrebbero gestire al nostro posto le nostre 
                  vite. 
                COLLETTIVO AUTONOMO MODENESE 
                  
                  
                aggiornamento:
                Con un atto repressivo l'amministrazione modenese 
                  ha deciso di chiudere l'appena nata esperienza dell'ex-stamperia 
                  occupata. 
                  Lo sgombero è cominciato con un blitz della DIGOS che 
                  con 20 agenti ha cercato di entrare nello spazio da un ingresso 
                  laterale. Il blitz è stato immediatamente bloccato dai 
                  cordoni dei compagni che dopo un fronteggiamento sono riusciti 
                  a ricacciare gli agenti.  
                  Poco dopo sono arrivati 4 camionette e 4 defender con decine 
                  di celerini con caschi e manganelli che hanno invaso lo spazio 
                  costringendo tutti gli occupanti ad uscire chiudendo di nuovo 
                  uno spazio che si voleva restituire alla città con molteplici 
                  progetti. 
                 
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