Alexander Berkman
(1870-1936)
Nasce in Russia, durante un periodo rivoluzionario, e fu influenzato moltissimo da suo zio,
Maxim, che fu esiliato poi in Siberia per attività rivoluzionaria. Berkman fu espulso dalla scuola, e si unì ad altri studenti che leggevano materiale nichiliste. Berkman decise di emigrare in America nel 1888, e prese parte attiva del movimento anarchico. Erano i tempi quando migliaia di europei andavano a cercare fortuna in America, ed il movimento anarchico e sindacale erano ancora abbastanza debole. Nel 1892, Berkman aveva ventidue anni. A Pittsburgh, quando il direttore della compagnia Carnegie che produceva acciaio, Henry Frick, si scontrò con il sindacato, sul rinnovo dei contratti del lavoro, decise di licenziare tutti gli operai. Ci fu uno sciopero generale, ma Frick ingaggiò dei poliziotti privati, e al secondo mese di sciopero, undici scioperanti furono uccisi da questi poliziotti. Berkman partì per Pittsburgh con l’intento di uccidere
Frick. Il tentativo fallì e fu condannato a 22 anni di carcere. Fu rilasciato dopo 14 anni, molte dei quali in isolamento, e ci mise alcuni anni per recuperare completamente. Diventò uno delle figure principale nella lotta contro la prima guerra mondiale, e per questo fu arrestato ed incarcerato per altri 2 anni. Nel 1919 fu deportato all’Unione Sovietica con Emma Goldman ed altri rivoluzionari. Passò due anni in URSS per poi andare in Germania e poi la Francia. Scrisse “The Bolshevik myth” , che parlava della rivoluzione ancora viva in URSS e del massacro dei marinai di Kronstadt da parte dei bolscevichi. Anche se rimasse una figura importante dell’anarchismo europea, quando pubblico “ABC of anarchism” nel 1929, la povertà, il carcere e le molestie delle autorità, lo avevano invecchiato precocemente. Berkman passò molti anni in carcere o in esilio, ma quando godeva di attimi di libertà,dimostrava di essere uno scrittore prodigioso. Ammalato e con poche forze rimaste, Berkman si tolse la vita, qualche settimana prima della rivoluzione spagnola.
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