Canti anarchici

 

 

Ballata per la morte dell’anarchico Pinelli

 

Quella sera a Milano era caldo

ma che caldo che caldo faceva

brigadiere apri un po’ la finestra

una spinta e Pinelli va giù

 

Sior questore io ve l’ho già detto

vi ripeto che sono innocente

anarchia non vuol dire bombe

ma uguaglianza nella libertà

 

Poche storie confessa Pinelli

c’è il tuo amico Valpreda ha parlato

lui è l’autore di questo attentato

ed il complice certo sei tu

 

Impossibile grida Pinelli

un  compagno non può averlo fatto

e l’autore di questo delitto

fra i padroni bisogna cercar

 

Stai attento indiziato Pinelli

questa stanza è già piena di fumo

se tu insisti apriam la finestra

quattro piani son duri da far

 

Quella sera a Milano era caldo

ma  che caldo che caldo faceva

brigadiere apri un po’ la finestra

una spinta e Pinelli va giù

 

C’è una bara e tremila compagni

stringevamo le nostre bandiere

quella sera l’abbiamo giurato

non finisce di certo così

 

Calabresi e tu Guida assassini

se un compagno avete ammazzato

per coprire una strage di stato

questa lotta non si fermerà

 

Quella sera...

 

 

Improvvisata a Milano durante le esequie di Giuseppe Pinelli sul modulo della canzone a Bava Beccaris (Alle grida strazianti e dolenti...), viene eseguita anche su altri moduli popolari (noi abbiamo indicato quello dei cantastorie toscani).

 

 

 

 

E a te Pietro Valpreda

 

Batton le sette e mezza la mattina

vien quattro sbirri a visitar le celle

chi batte all’inferriate e chi alle porte

chi ascolta il grido delle sentinelle

 

E a te Pietro Valpreda t’hanno rinchiuso

che da due anni sei dentro innocente

giustizia dei borghesi non ha recluso

quelli che rei lo sono veramente

 

Sia maledetto chi inventò le chiavi

chi inventò le galere e i tribunali

e che imprigiona sempre gli innocenti

perché difende i veri criminali

 

 

La canzone originale è un lamento carcerario toscano, attualizzato in occasione dell’inizio del processo per la strage di  Milano.

 

 

 

 

 

Giustizia di classe

 

La nostra giustizia è giustizia di classe

serve a tener sotto i piedi le masse

giustizia di classe vuol dir dei padroni

vuol dire che è fatta per farci star buoni

 

Se rubi due mele perché vuoi mangiare

due anni nessuno ti potrà levare

però suor Pagliuca che ammazza i bambini

la mandano assolta con tutti gli inchini

 

Borghese può fare le bombe al tritolo

tanto è sicuro di prendere il volo

se chiede lavoro un disoccupato

finisce diritto al commissariato

 

Pinelli gridava son bombe di destra

e l’hanno buttato dalla finestra

e subito dopo a chi l’ha ammazzato

con la promozione gli onori gli hanno dato

 

Sicché torna il conto Valpreda sta dentro

invece Almirante sta là in parlamento

con i suoi voti lo sanno anche i cani

rafforza il potere dei democristiani

 

Con i suoi voti s’è alzato il quoziente

s’è eletto Leone come presidente

la Costituzione sarà antifascista

però in Parlamento ci siede un nazista

 

E mentre Valpreda sta chiuso in galera

gira Almirante in camicia nera

massacratore di partigiani

è la vergogna degli Italiani

 

Le bombe a Milano son sedici bare

e chi è responsabile deve pagare

perciò chiediamo da questo istante

fuori Valpreda dentro Almirante

 

 

Queste strofette sono state scritte da L. Settimelli per il Canzoniere internazionale che mise in scena uno spettacolo di canti anarchici in concomitanza con l’inizio del processo per la strage di Milano alle Assise di Roma (febbraio 1972). La musica è quella degli Stornelli pisani.

 

 

 

 

Povero Pinelli

 

Povero Pinelli

te l’hanno fatta brutta

e la tua vita

te l’han tutta distrutta

 

         Anonimo e innocente

         amavi l’anarchia

         e per questo t’hanno preso

         e t’han portato via

 

In una cella oscura

ti hanno interrogato

e poi dal quarto piano

ti hanno suicidato

 

         E mentre che cadevi

         avevano paura

         che tu gridassi forte

         mi ha ucciso la Questura

 

Già morto nel cortile

la bocca ti han bendato

poi dopo in tribunale

ti hanno archiviato

 

         Vigliacchi sono

         gliela farem pagare

         anarchico Pinelli

         ti sapremo vendicare

 

 

 

Elaborata dal Canzoniere veneto sull’aria della Canta di Matteotti,  della quale ripete la struttura fondamentale: “Povero Matteotti/ te l’hanno fatta brutta, ecc.”. E’ entrata nel repertorio di Giovanna Marini, la quale vi ha aggiunto questa strofa:

 

 

I veri assassini

han la camicia nera

anarchico Valpreda

fuori dalla galera    

 

 

 

 

Lamento per la morte di Giuseppe Pinelli

 

E persiru la testa

e non sannu cosa dire

la corda gruppa gruppa

è morto senza colpa

 

E lo chianginu l’amici

gli scontenti e gli infelici

e lo piangi la moglieri

li compagni ferrovieri

   

Che innocente lo infamari

gli inquirenti di Milano

 

Per tre giorni e per tre notti

interrogato ai ferricorti

tra fumate e cosi storti

nella morsa lu stringeru

 

E che fumu intra la notti

li pensieri s’annebbiaru

era chiusa la finestra

poi aperta la lasciaru

 

Era quasi mezzanotti

e a’ finestra c’è la morti

 

Parlato: “E chi fici la morti?

L’aspittò fuori la corti a Giuseppe

o entrò dalla balcunata entro

la stanza affumicata

e annebbiò li sentimenti

dell’esperti inquirenti?”

 

Era quasi mezzanotti

e caddi nella corti

e strisciò lu cornicioni

che era sotto a lu balconi

 

Era morto sull’istanti

steso a terra malamenti

ma pareva fossi morto

un istante precedenti...

 

 

 

 

Valpreda è innocente

 

La verità del dodici dicembre

l’han scritta sopra i muri i proletari

gli anarchici non c’entrano per niente

Valpreda sta in carcere innocente

 

Lo stato dei borghesi sfruttatori

dei poliziotti e dei ricattatori

che Pinelli hanno assassinato

ora dovrà essere processato

 

La strage è stata fatta dallo stato

per colpire il proletariato

ma non ci stancheremo di lottare

finché questo sistema salterà

 

Uniamoci compagni e con la forza

immensa della gente proletaria

buttiamo il sistema a gambe all’aria

facciamo una nuova società

 

Le armi e le divise del sistema

roba da museo un dì sarà

amore fratellanza libertà

questa sarà la nuova umanità

 

 

 

 

Figli dell'officina

 

Figli dell’officina

O figli della terra

Già l’ora si avvicina

Della più giusta guerra.

 

La guerra proletaria

Guerra senza frontiere

Innalzeremo al vento

Bandiere rosse e nere.

 

Avanti siam ribelli

Fieri vendicator

Un mondo di fratelli

Di pace e di lavor.

 

Dai monti e dalle valli

Giù giù scendiamo in fretta

Con questa man dai calli

Noi la farem vendetta.

 

Del popolo gli arditi

Noi siamo I fior più puri

Fiori non appassiti

Dal lezzo dei tuguri.

 

Avanti siam ribelli

Fieri vendicator

Un mondo di fratelli

Di pace e di lavor.

 

Noi salutiam la morte

Bella e vendicatrice

Che schiuderà le porte

A un’era più felice.

 

Ai morti ci stringiamo

E senza impallidire

Per l’Anarchia pugnamo

O vincere o morire.

 

Avanti siam ribelli

Fieri vendicator

 

 

 

 

Amore ribelle (Pietro Gori)

 

All'amor tuo fanciulla

Altro amor io preferìa

E' un ideal l'amante mia

A cui detti braccio e cor.

 

Il mio cuore aborre e sfida

I potenti della terra

Il mio braccio muove guerra

Al codardo e all'oppressor.

 

Perché amiamo l'uguaglianza

Ci han chiamati malfattori

Ma noi siam lavoratori

Che padroni non vogliam.

 

Dei ribelli sventoliamo

Le bandiere insanguinate

E innalziam le barricate

Per la vera libertà.

 

Se tu vuoi fanciulla cara

Noi lassù combatteremo

E nel dì che vinceremo

Braccio e cor ti donerò.

 

 

 

 

Inno dei Malfattori (Attilio Panizza)

 

Ai gridi ed ai lamenti

Di noi plebe tradita

La lega dei potenti

Si scosse impaurita

E prenci e magistrati

Gridaron coi signori

Che siam degli arrabbiati

Dei rudi malfattori.

 

Folli non siam né tristi

Né bruti né birbanti

Ma siam degli anarchisti

Pel bene militanti

Al giusto al ver mirando

Strugger cerchiam gli errori

Perciò ci han messo al bando

Col dirci malfattori.

 

Deh t’affretta a sorgere

O sol dell’avvenir

Vivere vogliam liberi

Non vogliam più servir.

 

Noi del lavor siam figli

E col lavor concordi

Sfuggir vogliam gli artigli

Dei vil padroni ingordi

Che il pane han trafugato

A noi lavoratori

E poscia han proclamato

Che siam dei malfattori.

 

Natura comun madre

A niun nega I suoi frutti

E caste ingorde e ladre

Ruban quel ch’è di tutti

Che in comun si viva

Si goda e si lavori

Tal è l’aspettativa

Che abbiam noi malfattori.

 

Deh t’affretta a sorgere

O sol dell’avvenir

Vivere vogliam liberi

Non vogliam più servir.

 

Chi sparge l’impostura

Avvolto in nera veste

Chi nega la natura

Sfuggiam come la peste

Sprezziam gli dei del cielo

E I falsi loro cultori

Del ver squarciamo il velo

Perciò siam malfattori.

 

Amor ritiene uniti

Gli affetti naturali

E non domanda riti

Né lacci coniugali

Noi dai profan mercati

Distor vogliam gli amori

E sindaci e curati

Ci chiaman malfattori

 

Deh t’affretta a sorgere

O sol dell’avvenir

Vivere vogliam liberi

Non vogliam più servir.

 

Divise hanno con frodi

Città popoli e terre

Da ciò gli ingiusti odi

Che generan le guerre

Noi che seguendo il vero

Gridiamo a tutti I cori

Che patria è il mondo intero

Ci chiaman malfattori.

 

La chiesa e lo stato

L’ingorda borghesia

Contendono al creato

Di libertà la via

Ma presto i dì verranno

Che papa re e signori

Coi birri loro cadranno

Per man dei malfattori.

 

Allor vedremo sorgere

Il sol dell’avvenir

In pace potrem vivere

                              In libertà gioir.

 

 

 

 

Inno della rivolta (Luigi Molinari)

 

Nel fosco fin del secolo morente

Sull'orizzonte cupo e desolato

Già spunta l'alba minacciosamente

Del dì fatato.

 

Urlan l'odio la fame ed il dolore

Da mille e mille facce ischeletrite

Ed urla col suo schianto redentore

La dinamite.

 

Siam pronti e dal selciato d'ogni via

Spettri macàbri del momento estremo

Sul labbro il nome santo d'Anarchia

Insorgeremo.

 

Per le vittime tutte invendicate

Là nel fragor dell'epico rimbombo

Compenseremo sulle barricate

Piombo con piombo.

 

E noi cadremo in un fulgor di gloria

Schiudendo all'avvenir novella via

Dal sangue spunterà la nova istoria

 

 

 

 

Dai monti di Sarzana



Momenti di passione,
giornate di dolore.
Ti scrivo cara mamma,
domani c'è l'azione
e la brigata nera
noi la farem morir.

Dai monti di Sarzana
un dì discenderemo
all'erta partigiani
del battaglion "Lucetti";

Il battaglion "Lucetti"
son libertari e nulla più
coraggio e sempre
avanti,
la morte e nulla più.

Bombardano i cannoni
e fischia la mitraglia
sventola l'anarchica
bandiera
al grido di battaglia.

Più forte sarà il grido
che salirà lassù
fedeli a Pietro Gori
noi scenderemo giù.

 

 

15 Settembre 1945
Muore ad Ischia sotto un bombardamento tedesco Gino Lucetti, da poco
liberato dopo 17 anni di carcere per il tentato omicidio di Mussolini (ottobre '26).

 

 

 

Dimmi bel giovane


Dimmi bel giovane,
onesto e biondo:
dimmi la patria
tua qual'è

Adoro il popolo
la mia patria è il mondo
il pensier libero
è la mia fe'

La casa è di chi l'abita
è un vile chi lo ignora,
il tempo è dei filosofi
il tempo è dei filosofi

La casa è di chi l'abita
è un vile chi lo ignora,
il tempo è dei filosofi
la terra di chi la lavora.

Addio mia bella
casetta addio,
madre amatissima e genitor

Io pugno intrepido
per la Comune
come Leonida
saprò morir

 

18 marzo-28maggio 1871

Dopo pesanti sconfitte nella guerra contro la Prussia e sotto la pressione
operaria il governo repubblicano fugge da Parigi: il ppolo parigino si da un
nuovo governo rivoluzionario: la Comune
Il canto è tratto dalla poesia Esame di ammissione del volontario alla comne
di parigi di Francesco Bertelli

 

 

 

 

Il canto della foresta


L'eco delle foreste
delle città insorte al nostro grido
or di vendetta, si, ora di morte
liberiamoci dal nemico.

All'erta compagni dall'animo forte
a noi non ci turbino il dolore e la morte
all'erta compagni, faremo l'unione
evviva evviva la rivoluzione.

Ti lascio Italia, terra di ladri
coi miei compagni vado in esilio
e tutti uniti a lavorare
e formeremo la colonia sociale.


E tu borghese, ne paghi il fio
tutto precipita, re, patria e dio
e l'anarchia forte e gloriosa
e vittoriosa trionferà.

Sì, sì trionferà la nostra causa
e noi godremo dei diritti sociali,
saremo liberi, saremo uguali,
la nostra idea trionferà.

 

20 febbraio 1890

Giovanni rossi "Cardias" parte con un gruppo di compagni alla volta del
Brasile dove fonderà, nel Paranà, una "colonia socialista anarchica
sperimentale": la "Colonia Cecilia". Ispirato all'episodio della partenza è
il canto che segue, conosciuto anche con il nome di: "La colonia Cecilia"

 

 

 

 

L'interrogatorio di Caserio

 

Entra la corte

esamina il Caserio

e gli domanda

se si era pentito.

 

«Cinque minuti

m'avessero dato

un altro presidente

avrei ammazzato».

 

Lo conoscete voi

questo pugnale?

«Si lo conosco

ci ha il manico arrotondo

nel cuore di Carnot

l'ho penetrato a fondo».

 

Li conoscete voi

vostri compagni?

«Sì li conosco

io son dell'anarchia

Caserio fa i' fornaio

e non la spia».

 

 

 

 

 

Addio Lugano bella

 

Addio, Lugano Bella,
o dolce terra pia,
scacciati senza colpa,
gli anarchici van via.
E partono cantando
con la speranza in cuor.

Ed è per voi sfruttati
per voi lavoratori
che siamo ammanettati
al par dei malfattori.
Eppur la nostra idea
non è che idea d'amor.

Anonimi compagni,
amici che restate,
le verità sociali
da forti propagate
E' queta la vendetta
che noi vi domandiam.

Ma tu che ci discacci
con una vil menzogna
repubblica borghese
un dì ne avrai vergogna!
Ed oggi t'accusiamo
in faccia all'avvenir.

Banditi senza trega
andrem di terra i terra
a predicar la pace
ed a bandir la guerra.
La pace dgli oppressi
la guerra agli oppressor.

Elvezia, il tuo governo
schiavo d'altrui si rende
di un popolo gagliardo
le tradizioni offende.
E insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell.

Addio cari compagni,
amici luganesi,
addio, bianche di neve,
montagne ticinesi.
I cavalieri erranti
son trascinati al Nord.

 

In seguito all'attentato di caserio, sotto la falsa accusa di esserne
l'istigatore, Pietro Gori è costretto a fuggire in Svizzera.
Nel 1895 la repubblicana Svizzera decide di espellere la coloniadi
internazionalisti anarchici. Durante la breve prigionia Gori scrive questo
canto che verrà cantato per la prima volta alla stazione mentre gli
internazionalisti venivano fatti salire sul treno che li avrebbe portati al
confine.

 

 

 

 

Il popolo degli arditi

 

Siam del popolo gli arditi
contadini ed operai,
non c'è sbirro, non c'è fascio
che ci possa piegar mai
e con le camicie nere
un sol facsio noi faremo
sulla piazza del paese
un bel fuoco accenderemo.

Ci dissero ma cosa potermo fare
con gente dalla mente tanto confusa
e che non avrà letto probabilmente
neppure il terzo libro del capitale.
Portammo il silenzio nelle galere
perchè chi stava fuori si preparasse
e in mezzo alla tepesta ricostruisse
un fronte proletario contro il facsismo.

Ci siam ritrovati sulle montagne
e questa volta nostra fu la vittoria;
ecco quello che mostra la nostra storia:
se noi siam divisi vince il padrone

 

 

22 giugno 1921
Nascono ufficialmente a Roma gli "Arditi del popolo": reduci dalla Grande
Guerra e dall'impresa fiumana, furono la prima formazione che contrappose al dilagante squadrismo fascista l'azione diretta armata, al fianco delle
organizzazioni proletarie.

 

 

 

 

Sacco e Vanzetti

 

Sta tutt'o munno sane arrevutate
pe'Sacco e pe' Vanzette cundannate
e chi vigliaccamente l'ha infamate
ma n'or' e pace nun ha da truva'.

'A tutt'e part'arrivano
proteste 'n quantità
facenn'appello cercano
de farl'aggrazia'.

Dopo sett'ann'e pena carcerate
fra vita e morte chista sventurate
mo' ca 'a cundanna l'hanno confermate
non c'è sta mezzo pe' pote' salva'.

Sul'o governatore
giustizia la po ffa
si Dio ce 'o mmette 'ncore
'a grazia le farra'.

So' state senza core tutte quante
pure 'e giurate ma che 'nfam' e gente
Non senten'e ragione e' chi è nnucente
chesta nun è giustizia, è infamità.

Sti sfurtunate chiagnene
su' rassegnate già
e dint'o core aspettano
ca Dio l'ha da salva'.

 

 

23 agosto 1927
Nel carcere di Charleston vengono uccisi sulla sedia elettrica Nicola Sacco
e Bartolomeo Vanzetti accusati di omicio ingiustamente: la loro vicenda è
uno dei simboli più drammatici delle lacerazioni della "democratica" società
americana e i loro nomi uno dei simboli più tragici fra le vittime
dell'ingiustizia.

 

 

 

 

Sbarre


Non urlerò
non darò modo di dare un senso alla loro azioni
non parlerò
non li pregherò di darmi ancora una speranza
una stanza buia con una sedia
una luce che cerca nel mio cervello
risposte che non voglio dare
la testa che esplode ma non il cuore
giornate buie passate dentro
senza sapere cos'è il tempo
rumori sordi di oppressione
sbarre annodate intorno al cuore. 

 

 

 

Inno individualista

 


Prima di morir sul fango della via, 
imiteremo Bresci e Ravachol; 
chi stende a te la mano, o borghesia, 
è un uomo indegno di guardare il sol. 

Le macchine stridenti dilaniano i pezzenti 
e pallide e piangenti stan le spose ognor, 
restano i campi incolti e i minator sepolti 
e gli operai travolti da omicidio ognor. 

E a chi non soccombe si schiudan le tombe, 
s'apprestin le bombe, s'affili il pugnal. 
È l'azione l'ideal! 

Francia all'erta, sulla ghigliottina, 
tronca il capo a chi punirla vuol; 
Spagna vil garrotta ed assassina; 
fucila Italia chi tremar non suol. 

In America impiccati, in Africa sgozzati, 
in Spagna torturati a Montjuich ognor; 
ma la razza trista del signor teppista 
l'individualista sa colpir ancor. 

E a chi non soccombe si schiudan le tombe, 
s'apprestin le bombe, s'affili il pugnal. 
È l'azione l'ideal! 

Finché siam gregge, è giusto che ci sia 
cricca social per leggi decretar; 
finché non splende il sol dell'anarchia 
vedremo sempre il popol trucidar. 

Sbirri, inorridite, se la dinamite 
voi scrosciare udite contro l'oppressor; 
abbiamo contro tutti, sbirri e farabutti, 
e uno contro tutti noi li sperderem. 

E a chi non soccombe si schiudan le tombe, 
s'apprestin le bombe, s'affili il pugnal. 
È l'azione l'ideal! 



Di autore anonimo e di datazione incerta, l'inno individualista è un dei canti più popolari della tradizione anarchica. Qualche nota: Ravachol è lo pseudonimo di Francesco Augusto Koeningstein, anarchico individualista giustiziato in Francia nel 1892. Montjuich, presso Barcellona, il luogo dove, il 13 ottobre 1909, fu fucilato Francisco Ferrer, apostolo dell'educazione libertaria. 

 

 

 

Battan l'otto




Battan l'otto ma saranno le nove, 
i miei figlioli ma son digiuni ancora, 
ma viva il coraggio, ma chi lo sa portare: 
infame società, dacci mangiare. 

Viva il coraggio, ma chi lo sa portare, 
l'anarchia la lo difenderebbe, 
ma viva il coraggio, ma chi lo sa portare: 
i miei bambini han fame, chiedono pane. 

Anch'io da socialista mi voglio vestire, 
bello gli è i' rosso, rosse son le bandiere; 
ma verrà qui' giorno della rivoluzione, 
infame società, dovrai pagare. 

Verrà qui' giorno della rivoluzione, 
verrà qui' giorno che la dovrai pagare, 
ma verrà qui' giorno della rossa bandiera: 
infame società, dovrai pagare. 

Bella è la vita, più bello gli è l'onore, 
amo mia moglie e la famiglia mia, 
ma viva i' coraggio, ma chi lo sa portare: 
infame società, dacci mangiare. 

Dei socialisti è pieno le galere, 
bada governo, infame maltrattore! 
Ma verrà qui' giorno della rivoluzione, 
infame società, dovrai pagare. 

 

Canzone raccolta da Caterina Bueno a San Giovanni Valdarno (Arezzo) nel 1965 che si riferisce probabilmente agli scioperi del 1907 delle acciaierie di Terni.

 

 

 

 

E verrà il dì che innalzerem le barricate

 

 

Prona la fronte sotto il peso del lavoro

piegato a corda è lo scudiscio del potere

purchè la gioia dia a chi vive nell'oro

senza dimani il lavorator morente.

 

Siam nel dolore di un schiavitù tiranna

uniti insieme da sacramental promessa

sulla terra del duol, tutti pronti a morir

alla luce del sol.

 

In questa notte

di tenebre secolari

il nero drappo

sventola su un carro di fuoco

 

e redentrice

una marcia, sian proletari

l'anarchica gloria

per la nuova umanità.

 

E verrà il dì che innalzerem le barricate

e tu borghese salirai alla ghigliottina

per quanto fosti sordo alle stremate

grida di chi morìa nell'officina

 

pei nostri figli fino all'ultimo momento

contro te vile borghesia combatteremo

su da forti pugnam

per la lotta final

l'Anarchia salutiam.

 

In questa notte

di tenebre secolari

il nero drappo

sventola su un carro di fuoco

 

e redentrice

una marcia, sian proletari

l'anarchica gloria

per la nuova umanità.

 

E verrà il dì che innalzerem le barricate

e tu borghese salirai alla ghigliottina

per quanto fosti sordo alle stremate

grida di chi morìa nell'officina

 

pei nostri figli fino all'ultimo momento

contro te vile borghesia combatteremo

su da forti pugnam

per la lotta final

l'Anarchia salutiam.

 

 

Testi e musica di "Vitasia", inciso da Paola Nicolazzi sul retro del disco per Marini edito dalle edizioni del Gallo, a cura del Comitato per la Libertà di Giovanni Marini.

 

 

 

Il galeone 

 

 

Siamo la ciurma anemica

d'una galera infame

su cui ratta la morte

miete per lenta fame.

 

Mai orizzonti limpidi

schiude la nostra aurora

e sulla tolda squallida

urla la scolta ognora.

 

I nostri dì si involano

fra fetide carene

siam magri smunti schiavi

stretti in ferro catene.

 

Sorge sul mar la luna

ruotan le stelle in cielo

ma sulle nostre luci

steso è un funereo velo.

 

Torme di schiavi adusti

chini a gemer sul remo

spezziam queste catene

o chini a remar morremo!

 

Cos'è gementi schiavi

questo remar remare?

Meglio morir tra i flutti

sul biancheggiar del mare.

 

Remiam finché la nave

si schianti sui frangenti

alte le rossonere

fra il sibilar dei venti!

 

E sia pietosa coltrice

l'onda spumosa e ria

ma sorga un dì sui martiri

il sol dell'anarchia.

 

Su schiavi all'armi all'armi!

L'onda gorgoglia e sale

tuoni baleni e fulmini

sul galeon fatale.

 

Su schiavi all'armi all'armi!

Pugnam col braccio forte!

Giuriam giuriam giustizia!

O libertà o morte!

 

Giuriam giuriam giustizia!

O libertà o morte!

 

 

 

Liberiamo Marini



Te ne andavi coi compagni 
A parlare di anarchia 
Ed avevano paura 
I fascisti e la questura. 

Minacce e aggressioni 
Ne hai subite tante 
Dalle squadre assassine 
Del boia Almirante. 

Ti dissero: "Marini 
Devi stare attento; 
Se continui ad indagare 
Noi te la farem pagare". 

Ma tu sei andato avanti 
Per scoprire i mandanti 
Delle stragi dello stato 
Contro il proletariato. 

E anche quella sera, 
Mentre tu tornavi a casa, 
Hai cercato di fermare 
Chi ti voleva assassinare. 

Ma Falvella ha insistito 
Col coltello nella mano 
E insieme ad Alfinito 
Ti hanno poi aggredito. 

Ma tu ti sei difeso 
Dalla vile aggressione 
E il fascista ha pagato 
La sua provocazione. 

Difendersi dai fascisti 
No, non è reato: 
Compagno Marini, 
Sarai liberato! 

In nome di Mario Lupo 
E di Franco Serantini, 
Noi oggi gridiamo: 
Liberiamo Marini! 

 

 

Il 7 luglio 1972 lo squadrista Falvella, insieme a un gruppo di altri fascisti, aggredisce l'anarchico Giovanni Marini a Salerno. Nella colluttazione lo squadrista riceve una coltellata di troppo e muore. Liberare dal carcere Giovanni Marini - che è stato, fra l'altro, uno dei dirigenti del movimento di lotta fra i carcerati - fu considerato un impegno prioritario degli antifascisti italiani. La canzone è stata scritta nel 1974 dal Canzoniere di Salerno. 

 

 

 

 

Se nasce l'anarchia

 



Se nasce l'anarchia 
Un bel pranzo s'ha da fa', 
Tutto vitello e manzo 
Se duvimo da magna'. 

Un frittarel di monache, 
Preti e frati spezzati, 
L'ossa de 'sti maiali 
Ai cani s'ha da da'. 

Le chiese son botteghe, 
I preti son mercanti, 
Vendono madonne e santi, 
A noi ce se credono 
vecchi poveri e ignoranti. 

 



"L'unico canto anarchico trovato nella zona dei Castelli romani" lo definisce Sandro Portelli, che l'ha raccolto a Velletri. Testo pubblicato in un opuscolo del Canzoniere del Lazio.

 

 

 

Sorgiamo



Schiavo secolar, paria del servaggio, 
che alla fine ognor ti forza l'oppressor; 
la sorte lieta sta nel tuo coraggio, 
non più mendicanti, non più sfruttator! 

Il pingue fannullon, non vuol capir ragion, 
gavazza col sudor, frutto del tuo lavor: 
morte ai ladron! non vogliam più padron, 
perché non han pietà dell'umanità! 

Sorgiamo, sorgiam, sorgiamo! 
Orsù lavorator, che spunta già l'albor, 
il diritto affermiamo all'esistenza 
e nell'avvenir il sole risplenderà d'indipendenza! 

Se uniti noi sarem, da forti pugnerem, 
la vile tirannia disperderem; 
corriamo ad espugnare i troni e gli altar 
pel grande ideal dell'Anarchia! 

Il politicante che promette ognora 
è un vile menzogner, mai sazio di poter; 
leggi sopra leggi ei ti die' finora 
sol per affamarti e farti massacrar! 

Giura fede al re, non si cura di te, 
spergiuro e mentitor è uomo senza onor; 
ministri e senator, deputati e signor, 
crudeli son con noi, dell'orgia son gli eroi. 

Sorgiamo, sorgiam, sorgiamo! 
Orsù lavorator, che spunta già l'albor, 
il diritto affermiamo all'esistenza 
e nell'avvenir il sole risplenderà d'indipendenza! 

Popolo oppresso da quest'orda infame 
vano è il tuo ciarlar: impugna, orsù! l'acciar! 
Vittima sei sempre delle inique brame 
dei mistificator, che ti dicon malfattor! 

Non devi più servir, non devi più soffrir! 
E' questo l'ideal, lo scopo tuo final! 
Per te sarà l'onor, la gioia, lo splendor, 
se da oggi in poi combatterai con noi! 

Sorgiamo, sorgiam, sorgiamo! 
Orsù lavorator, che spunta già l'albor, 
il diritto affermiamo all'esistenza 
e nell'avvenir il sole risplenderà d'indipendenza! 

 

 

 

 

 

Les Anarchistes (Léo Ferré)



Y'en a pas un sur cent et pourtant ils existent 
La plupart Espagnols allez savoir pourquoi 
Faut croire qu'en Espagne on ne les comprend pas 
Les anarchistes 
Ils ont tout ramassé 
Des beignes et des pavés 
Ils ont gueulé si fort 
Qu'ils peuv'nt gueuler encor 
Ils ont le coeur devant 
Et leurs rêves au mitan 
Et puis l'âme toute rongée 
Par des foutues idées 
Y'en a pas un sur cent et pourtant ils existent 
La plupart fils de rien ou bien fils de si peu 
Qu'on ne les voit jamais que lorsqu'on a peur d'eux 
Les anarchistes 
Ils sont morts cent dix fois 
Pour que dalle et pourquoi ? 
Avec l'amour au poing 
Sur la table ou sur rien 
Avec l'air entêté 
Qui fait le sang versé 
Ils ont frappé si fort 
Qu'ils peuv'nt frapper encor 
Y'en a pas un sur cent et pourtant ils existent 
Et s'il faut commencer par les coups d' pied au cul 
Faudrait pas oublier qu' ça descend dans la rue 
Les anarchistes 
Ils ont un drapeau noir 
En berne sur l'Espoir 
Et la mélancolie 
Pour traîner dans la vie 
Des couteaux pour trancher 
Le pain de l'Amitié 
Et des armes rouillées 
Pour ne pas oublier 
Qu'y'en a pas un sur cent et qu' pourtant ils existent 
Et qu'ils se tiennent bien bras dessus bras dessous 
Joyeux et c'est pour ça qu'ils sont toujours debout 
Les anarchistes 


Gli anarchici 

Non son l'uno per cento ma credetemi esistono
In gran parte spagnoli chi lo sa mai perché
Penseresti che in Spagna proprio non li capiscano
Sono gli anarchici
 
Han raccolto già tutto
Di insulti e battute
E più hanno gridato
Più hanno ancora fiato
Hanno chiuso nel petto
Un sogno disperato
E le anime corrose
Da idee favolose
 
Non son l'uno per cento ma credetemi esistono
Figli di troppo poco o di origine oscura
Non li si vede mai che quando fan paura
Sono gli anarchici
 
Mille volte son morti
Come è indifferente
Con l'amore nel pugno
Per troppo o per niente
Han gettato testardi
La vita alla malora
Ma hanno tanto colpito
Che colpiranno ancora
 
Non son l'uno per cento ma credetemi esistono
e se dai calci in culo c'è da incominciare
Chi è che scende per strada non lo dimenticare
Sono gli anarchici
 
Hanno bandiere nere
Sulla loro Speranza
E la malinconia
Per compagna di danza
Coltelli per tagliare
Il pane dell'Amicizia
E del sangue pulito
Per lavar la sporcizia
 
Non son l'uno per cento ma credetemi esistono
Stretti l'uno con l'altro e se in loro non credi
Li puoi sbattere in terra ma sono sempre in piedi
Sono gli anarchici