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     Errico Malatesta (14/12/1853 - 22/7/1932)


Nato da una famiglia della borghesia agraria a Santa Maria Capua Vetere, giovanissimo repubblicano, nel 1871 approdò all’internazionalismo anarchico. Il suo impegno congiunto a quello di Cafiero, Bakunin e Costa fece sì che il socialismo, in Italia, nascesse anarchico.


Promosse i moti insurrezionali di Bologna nel 1874 e del Matese nel 1877. Nel 1879 fu costretto a lasciare l’Italia per evitare la prigione, e trascorse dieci anni in America Latina nei quali organizzò il movimento anarchico locale e si recò in Patagonia insieme ad altri compagni alla ricerca dell’oro per finanziare il movimento. Tra il 1890 ed il 1897, cercò di portare il movimento anarchico italiano sul terreno dell’organizzazione. Dopo i moti del 1898, fu arrestato e confinato a Lampedusa.


Di qui fuggì in Tunisia, Inghilterra e Stati Uniti, per poi tornare a Londra, dove rimase sino al 1913. Partecipò al congresso internazionale anarchico ad Amsterdam nel 1907. In Italia, nel 1914, fu tra i principali promotori della settimana rossa, conclusasi negativamente la quale fu costretto ad un nuovo esilio in Inghilterra. Nel 1919, tornò clandestinamente in Italia, partecipò al biennio rosso, e nel 1920 fondò e diresse il quotidiano anarchico Umanità Nova (50.000 copie di tiratura). Nello stesso anno promosse l’organiz-zazione dell’Unione Anarchica Italiana (UAI) con più di trentamila iscritti.

 

L’avvento al potere di Mussolini frenò ma non spezzò la sua attività: Umanità Nova costretta a chiudere nel 1922, la sua redazione devastata, Malatesta fondò una nuova rivista, quindicinale, dal carattere culturale e teorico per sfuggire alla censura fascista, Pensiero e Volontà. Tra il 1926 ed il 1932, dopo la chiusura forzata di questa rivista, Malatesta fu costretto agli arresti domiciliari, con due poliziotti giorno e notte fuori dalla sua porta, pronti ad arrestare chiunque andasse a fargli visita.

 

Muore a Roma nel 1932. I suoi funerali si svolsero, per volere delle autorità in forma privata e il suo feretro fu accompagnato al cimitero da un plotone di carabinieri. Per mesi alcuni poliziotti sorvegliarono la sua tomba, impedendo a chiunque di avvicinarsi.