GIUSEPPE PINELLI
La mostra è stata ricavata da articoli e immagini tratte da A-rivista anarchica, mentre Una finestra sulla storia è opera della Scintilla autogestita di Modena.
La storia si è fatta lunga, la polvere del tempo cade, ma basta una scrollatina che tutto torna crudo e violento come se fosse successo ieri.
UNA FINESTRA SULLA STORIA Il 1968 e il 1969 sono anni dove la contestazione operaia e studentesca sembra portare a grandi cambiamenti.Tra il gennaio e il dicembre 1969 vengono compiuti 145 attentati quasi tutti di matrice fascista. Il 25 aprile 1969 gli anarchici sono accusati e poi assolti di vari attentati alla fiera di Milano. Un anarchico di nome Braschi viene invitato durante un interrogatorio dal commissario Calabresi a buttarsi dalla finestra. Il 12 dicembre 1969 a Milano nella sede della banca nazionale dell'agricoltura in piazza Fontana alle 16,37 scoppia una bomba che causa la morte di 16 persone e il ferimento di altre 88.Nella stessa ora a Roma scoppiano altre bombe. Infine nella banca Commerciale di Milano viene trovata una borsa contenente una bomba che in tutta fretta, viene fatta esplodere eliminando una prova preziosa per le indagini.Immediatamente, a dimostrazione di un disegno già preordinato le indagini senza alcun indizio seguono la pista anarchica. Il commissario Luigi Calabresi già alle 19,30 ( 3 ore dopo la strage) ferma alcuni anarchici davanti al circolo di via Scaldasole. Nella notte del 12/12/1969 sono illegalmente fermate circa 84 persone quasi tutte anarchiche, tra cui Giuseppe Pinelli. Il lunedi 15/12 viene arrestato con l'accusa di starge Pietro Valpreda, anarchico. Dopo più di tre anni di galera, innocente sarà completamente assolto. I giornali partono con una campagna stampa di calunnia e denigrazioni sposando le tesi della questura. La sera del 15 dopo 3 giorni di continui interrogatori muore, volando dalla questura del 4° piano della questura, Giuseppe Pinelli. Aldo Palumbo, cronista dell'Unità, mentre cammina sul piazzale della questura sente un tonfo poi altri 2 ed è un corpo che cade dall'alto, che batte sul primo cornicione del muro, rimbalza su quello sottostante e infine si schianta al suoloper metà sul selciato del cortile per metà sulla terra soffice dell'aiuola. Nella stanza dell'interrogatorio sono presenti il commissario Luigi Calabresi, i brigadieri Panessa, Mucilli, Mainardi, Caracutta e il tenente dei carabinieri Lograno che saranno tutti per 'meriti' elevati di grado. Il questore Marcello Guida, nel 1942 uomo di fiducia di Mussolini e direttore del confino politico di Ventotene, già 20 minuti dopo, dichiara che il Pinelli si è suicidato e che il suicidio è una ammisione di colpevolezza perché "l'alibi era crollato". Nel primo mese vengono fornite 3 versioni contrastanti di come sarebbe venuto il suicidio. Gli anarchici accusano subito la polizia di assassinio e i fascisti e lo stato di essere gli autori delle stargi. Parte una campagna di controinformazione con assemblee, cortei, libri,fino ad arrivare ad un processo allo stato. Si scopre che a mezzanotte meno due secondi (2 minuti e 2 secondi prima della caduta di Pinelli) venne chiamata l'autoambulanza. La stanza dell'interrogatorio larga m.3,56x4,40 e contenenti vari armadi e scrivania ela presenza di 6 persone rende impossibile uno scatto di Pinelli verso la finestra. La stranezza che la finestar fosse aperta trattandosi di dicembre e di notte. Pinelli cade scivolando lungo i cornicioni. Non si è dato quindi nessuno slancio. Egli cade senza un grido e senza portare le mani a protezione della testa, come se fosse già inanimato. Nononstante questo il 3 maggio 1970 il caso per lo stato è chiuso: il procuratore Gaizzi archivia la morte di Pinelli come "Morte accidentale". Nel giugno 1971 nel processo contro Calabresi accusato dal giornale 'Lotta continua' di essere responsabile di omicidio viene riesumata la salma di Pinelli. Sul collo viene riscontrata una ecchimosi di cm 6x3 presumibilmente provocata da un colpo di karaté (metodo usato dalla polizia) sicuramente precedente alla caduta.Vengono fatte prove con un manichino che escludono completamente il suicidio. Nell'ottobre 1975 il processo si conclude senza né suicidio né omicidio ma con l'allucinante verdetto di malore attivo. Il Pinelli secondo la giustizia si sarebbe sentito male e avvicinatosi alla finestar con attorno 6 persone sarebbe inavvertitamente scivolato. Cosa impossibile perchè il baricentro della sua altezza(1,67 m) era inferiore all'altezza della ringhiera (97 cm).In pochi credono a quella sentenza il 16-12-77 con un corteo i democratici e dli antifascisti milanesi portano per ricordare Pinelli una lapide in piazza Fontana dove si trova tuttora Dopo 20anni, il 16 maggio 89 a Modena gli anarchici si ritrovano in piazza con una rappresentazione teatrale per non dimenticare. Per aver distribuito durante la manifestazione un volantino che ricorda l'assassinio di Pinelli 2 anarchici vengono denunciati per oltraggio all'onore del corpo della polizia di stato.
L'articolo che segue è tratto da A-Rivista anarchica
Dall'infanzia nel popolare quartiere Ticinese alla partecipazione quale giovanissima staffetta alla Resistenza. L'impegno nel movimento anarchico, il lavoro nelle ferrovie, la costruzione di una famiglia, l'entusiasmo nella propaganda anarchica e nella solidarietà con le vittime della repressione. Avrebbe 60 anni: era nato nel popolare quartiere di Porta Ticinese
nel 1928. Sarebbe nonno: una delle sue adorate figlie è già
mamma,anche l'altra è già sposata. Ma la storia, si sa, non si può
mai scrivere al condizionale. Tanto meno con i "se". Il Circolo seconda casa Nel '63 si unisce ai giovani anarchici della gioventù Libertaria,
due anni dopo è tra i fondatori del circolo "Sacco e Vanzetti"
- finalmente una sede anarchica, dopo che per un decennio i compagni
erano costretti a chiedere ospitalità ai repubblicani o ad altri. Nel
'68, dopo che lo sfratto costringe alla chiusura il "Sacco e
Vanzetti", il 1° maggio (pochi giorni prima che scoppi il Maggio)
si inaugura un nuovo circolo, in piazzale Lugano 31, a pochi metri dal
Ponte della Ghisolfa. Ma questa volta era diverso Negli ultimi mesi della sua vita, poi, Pino è particolarmente
coinvolto dalle attività connesse con gli arresti dei vari anarchici
accusati delle bombe esplose il 25 aprile '69 a Milano, alla stazione
centrale ed alla fiera campionaria. Ai compagni detenuti a san Vittore
(saranno poi assolti nel giugno '71), dopo aver trascorso - alcuni di
loro- 26 mesi di carcere) Pinelli assicura l'invio di soldi raccolti tra
compagni ed amici, fa arrivare pacchi di cibo, vestiario e libri che lui
stesso porta alla portineria del carcere. Nell'ambito della appena
costituita Crocenera Anarchica, si impegna nella costruzione di una rete
di solidarietà e di controinformazione, che possa servire anche in
altri casi simili. Paolo Finzi
Originariamente apparsa sul primo numero di "Linea d'ombra" ( e successivamente pubblicata nell'antologia "L'ospite ingrato"),questa testimonianza dello scrittore Franco Fortini rende l'atmosfera di quel freddo pomeriggio milanese di ventanni fa. E sottolinea motivi e riflessioni che vanno ben oltre una cerimonia funebre. L'altra mattina ho attraversato il centro mentre da uffici e
fabbriche la gente convergeva in piazza del Duomo per i funerali degli
assassinati. Mi è parso di non aver mai veduto una scena simile. Tra
via Manzoni e Santa Margherita i portoni versavano gruppi fitti di
impiegati che uscivano e si dirigevano verso la Galleria e il Duomo.
Pareva si stesse muovendo tutta la città. I negozi si chiudevano, le
banche abbassavano le saracinesche. Arrivavano a migliaia gli operai
della zona Nord, infagottati nelle tute che celavano panni di casa;
aggrondati in viso. Il freddo era molto duro, umido. Non ho voluto
restare sulla piazza. Quando ho raggiunto Largo Cairoli fra la folla che
si accalcava sui marciapiedi, ho visto passare tre o quattro furgoni
funebri, diretti al nodo delle autostrade. Seri ma non tesi Ho percorso in auto i viali verso il ponte della Ghisolfa. C'era
molto traffico, è l'iltimo sabato prima di Natale. Dopo via Bodio,
sulla discesa del ponte che si prolunga verso occidente con un lungo
nastro sopraelevato di cemento m'è venuto addosso, accecandomi, il sole
già basso, al tramonto, rosso tutto faville. Riconescevo la Milano
futurista, espressionista anarchica, degli anni Dieci. Un lungo momento Intanto sopravveniva altra gente. Guardavano verso la cassa,in fondo
alla trincea. Dall'altra parte del fossato ho rivisto la testa candida
di Giovanni.Scivolando sulla fanghiglia, facendomi largo tra i
fotografi, anch'io sono arrivato sul ciglio della fossa. Le bandiere
nere si abbassavano. Un giovane con una corta barba ha detto con voce
tranquilla alcune parole: "Pinelli è stato assassinato. Addio,
Pino. Non dimenticheremo né te né quelli che ti hanno ucciso". Il gelo del cimitero Viviamo nelle paure di una identità irrigidita, di una fedeltà che retrocede a superstizione : questa può essere una delle facce del decadentismo. Le superstizioni sanno addobbare magicamente il dolore e la sconfitta. Il gelo del cimitero, la pietà dei canti stonati, delle bandiere sulla fossa ingiusta, la sera di noi gravati dal senso di un capitolo di storia che si chiude, di un triste futuro di persecuzione e di silenzi: tutto questo è stupenda scena della fedeltà, armonia della ripetizione: ma è anche inganno e conforto. Veniamo via che è buio fitto. Vittorio Sereni, Marco Forti e Giovanni Raboni camminano con me sulla ghiaia del vialetto. Ci sorpassano coppie di giovani, nelle loro vesti militaresche, il braccio di lui intorno alla spalla di lei, carichi -così immagino- di rancore e amore. Che cosa sarà di loro? Non so come ma ho la certezza che con la strage di pochi giorni fa, l'orrendo coro dei giornali e questo assassinio del Pinelli, è davvero finita un'età, cominciata ai primi del decennio. E' possibile il silenzio degli uomini dell'opinione, i difensori dello stato di diritto? Sì, è possibile. La paura è veloce. Lo dico e i vicini sono della mia stessa opinione. Chissà che cosa ci porta il domani. L'alone di luce della città è davanti a noi in fondo a viale Certosa e a Corso Sempione, oltre il Castello. Ci salutiamo, ci stringiamo le sciarpe al collo, ci separiamo, andiamo in cerca delle nostre auto sul piazzale Franco Fortini Bibliografia
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