Le influenze dei processi di globalizzazione sulle trasformazioni sociali nelle società avanzate Cos'è la globalizzazione ? Oggi tutti parlano di globalizzazione ma quanti sono in grado di cogliere a pieno il significato di questo termine di gran moda è difficile dirlo. L' unica cosa certa è che ognuno lo interpreta come un processo inarrestabile che coinvolge l' intero pianeta, ma solo pochi si accorgono che presenta molti più aspetti di quanto comunemente non si pensi. Le analisi della globalizzazione si propongono quindi di mettere in luce che con questo concetto vanno compresi “non tanto e non solo la crescita e l' accellerazione degli scambi che travalicano i confini degli Stati, dallo sviluppo delle imprese multinazionali alla internazionalizzazione dei beni e dei servizi fino alle transazioni finanziarie; bensì tutto il complesso delle conseguenze che nascono dall' interdipendenza tra le trasformazioni del quadro economico, il sistema socio demografico e le istituzioni della politica”. Tutti i cambiamenti che hanno investito l' umanità in questo secolo possono essere riassunti nell' espressione compressione spazio-temporale. I progressi tecnologici nel mondo dell' informazione e della comunicazione hanno permesso una straordinaria riduzione delle distanze in termini di tempo e di spazio: singoli attori sociali o gruppi, sia pure collocati agli estremi confini della terra, e perfino eventi accaduti in lontanissimi luoghi sconosciuti, entrano in contatto e interagiscono, dando vita a conseguenze globali. All' origine dei processi di globalizzazione è comunque preminente la dimensione economica a causa soprattutto del “ribaltamento” del rapporto di forza tra economia e politica. La globalizzazione dei mercati finanziari sancisce la supremazia delle forze di mercato sulle scelte politiche e ed economiche degli Stati nazionali: i più importanti mercati borsistici e finanziari sono in grado di spostare in pochi minuti ingentissime quantità di denaro, talvolta di molto superiori al bilancio di uno Stato. I capitali globali sono ormai in grado di imporre le proprie leggi all' intero pianeta e nella totalità degli aspetti della vita, “sia pure solo in ragione del fatto che possono sottrarre alla società risorse materiali (capitali, tasse, posti di lavoro)”. Gli Stati non hanno abbastanza risorse o libertà di manovra per sopportare la pressione dell' economia mondiale per il semplice motivo che un attimo è sufficiente a far crollare le imprese e gli Stati stessi: una volta distrutta la sua base materiale e annullata la sua sovranità allo Stato-nazione non rimane che diventare l' amministratore degli affari delle multinazionali e garantire la loro sicurezza. La crescente mobilità, reale e virtuale, acquisita da coloro che possiedono i capitali è emblematica della nuova divaricazione tra economia e politica, tra potere e obblighi sociali. I rappresentanti delle imprese che agiscono globalmente hanno la possibilità, e la sfruttano a pieno, di sottrarsi ad ogni vincolo e ad ogni dovere di contribuire al perpetuarsi della società civile. Con il concetto di “subpolitica” si sottolinea “l' opportunità di azioni e potere, al di là del sistema politico, senza mutamenti legislativi o discussioni parlamentari, accresciutasi per le imprese che agiscono nel quadro della società mondiale”. Questo avviene concretamente nell' esportazione dei posti di lavoro dove i costi e le condizioni sono più convenienti, nel produrre e distribuire in luoghi diversi del mondo per avere le migliori condizioni fiscali, nel vivere nei paesaggi più belli ma pagando le tasse dove più conviene. I protagonisti della crescita economica minano l' autorità dello Stato pretendendo le sue prestazioni ma rifiutandogli le tasse; in questo modo “i ricchi diventano contribuenti virtuali e seppelliscono in modo legale, ma illegittimo,il bene comune democratico al quale pure si appellano”. Tutto ciò avviene nella cornice di una globalità irreversibile, di una società mondiale in cui le garanzie di ordine territorial-statale e le regole di una politica legittimata dal pubblico consenso perdono il loro carattere vincolante. Quanto più i rapporti tra gli attori transnazionali si rafforzano e si intrecciano tanto più viene messa in discussione l' autorita degli Stati, per cui si assiste ad una politicizzazione della società mondiale attraverso un depotenziamento della politica nazional-statale. L' insieme di queste trasformazioni si manifesta in sostanza in un indebolimento della solidarietà collettiva, comunque essa sia intesa. “Il nesso tra globalizzazione e solidarietà è persino banale: l' accrescimento delle esigenze di competitività e di flessibilità delle imprese, dei mercati finanziari, del lavoro, delle tecnologie, entrano in conflitto con la conservazione dei principi di solidarietà che danno forma e sostanza al contratto sociale sul quale è fondato lo stato sociale del dopoguerra”. La prima ragione è che i meccanismi di protezione sociale dipendono dalla direzione delle scelte politiche dei singoli Stati nella distribuzione delle risorse, ma l' autonomia della sfera politica non è più possibile dal momento in cui i paesi sono economicamente interdipendenti. Il benessere di una nazione non è più regolabile solo sulla base di un confronto tra le parti sociali interno ai singoli paesi, ma dipende piuttosto dalla loro capacità competitiva e dal loro peso nella scena internazionale. Un ulteriore questione che evidenzia il legame tra la globalizzazione e la solidarietà consiste nell' aumento della flessibilità dei fattori economici. La dislocazione dei capitali e delle iniziative produttive nelle aree del sud del mondo dove risultano più redditizie, in ragione del più basso costo del lavoro e dei più bassi livelli di protezione sociale, accresce sia l' instabilità che l' insicurezza dell' occupazione di segmenti più o meno ampi di popolazione, poichè distrugge il lavoro all' interno dei paesi d' origine nei settori esposti alla concorrenza. Di conseguenza, nonostante la crescita della ricchezza prodotta dall' aumento degli scambi, la povertà e la disegualianze all' interno di questi paesi tendono ad ampliarsi per l' aumento della disoccupazione, e quindi degli squilibri di reddito in assenza di un qualche sistema di “welfare”. Globalizzazione, demografia e società Il processo di globalizzazione, come già ricordato, non si presenta sotto un unico aspetto: nelle società occidentali, in particolare, è legato profondamente ai mutamenti nella struttura sociale. Tra questi, prima di tutti, il cambiamento demografico che si esprime da un lato attraverso un crescente invecchiamento della popolazione e dall'altro nel declino dei tassi di fecondità. A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta il tasso di fecondità totale è sceso, in tutti i paesi occidentali, in modo tale da non garantire più il ricambio della popolazione da generazione a generazione. Dall' altra parte, i progressi scientifici e la crescita del benessere complessivo hanno determinato un progressivo incremento delle probabilità di sopravvivenza dando luogo ad un allungamento della durata media della vita. E' evidente che, nell' ipotesi dell' assenza di immigrazione, queste condizioni porterebbero, nel lungo periodo, ad un calo netto della popolazione complessiva. Il problema che si sta delineando è soprattutto che l' invecchiamento demografico, combinandosi con le conseguenze prodotte dalla globalizzazione dei mercati, riduce progressivamente le possibilità di funzionamento dello Stato sociale. Nell' arco degli ultimi decenni le regole che governavano la distribuzione di risorse tra persone attive e inattive sono state completamente stravolte: la direzione dei trasferimenti ha cambiato segno ed è ora orientata dai giovani agli anziani. Tutto questo ha enormi conseguenze sulla struttura sociale ma anche e soprattutto sulla dimensione culturale della società. L' interazione tra globalizzazione e trasformazione demografica porta, quindi, da un lato l' erosione della possibilità di impiego dei soggetti più deboli e non qualificati che incrementa lo squilibrio sociale del sistema, dall' altro la difficoltà crescente dei giovani per entrare nel mercato del lavoro e la riduzione dell' ammontare complessivo delle risorse destinate alle generazioni future. Il cambiamento radicale che ha coinvolto il mercato occupazionale in Italia negli ultimi trent' anni è dovuto al passaggio dalla società industriale a quella post-industriale. La ristrutturazione del settore produttivo e l' espansione del settore dei servizi hanno determinato la nascita di nuovi strati sociali all' interno del ceto medio. L' introduzione nel settore industriale delle nuove tecnologie dell' automazione, dell' informazione e della comunicazione che necessitano una sempre maggiore flessibilità dell' organizzazione del lavoro, portano ad un progressivo restringimento della classe operaia a favore dei nuovi ceti rappresentati da tecnici, impiegati, operai altamente specializzati. A questo si accompagna la nascita del ceto medio impiegatizio e degli operai legati ai servizi e l' emergere della nuova oligarchia finanziaria che fa riferimento alla classe imprenditoriale. Questo processo è di portata tale da rimettere in discussione le precedenti gerarchie sociali; esso tende a creare un contesto in cui non ci sono classi, status, nè parametri universalistici di riconoscimento, individuali o collettivi, non ci sono regole che valgono per tutti e che tutti conoscono. “La stessa percezione soggettiva dell' ordine sociale finisce per essere rimessa in discussione”. Rimangono o crescono le disegualianze e gli squilibri tipici della struttura sociale moderna ma viene a mancare quell' identificazione tra occupazione e classe sociale che forniva alla persone una identità da tutti riconosciuta. Venendo a mancare quel senso di appartenenza collettiva che aveva dato vita alle rivendicazioni tipiche della classe operaia, diventa più problematica una ricomposizione globale degli interessi in campo che possa portare ad un' effettiva riorganizzazione in senso solidaristico della struttura sociale. Il mutamento culturale Gli effetti dei mutamenti fin qui considerati, saldandosi insieme, costituiscono una spinta potente verso la globalizzazione non solo nella sua dimensione politica ed economica ma anche culturale. La globalizzazione, infatti, gioca un ruolo non secondario nel portare avanti mutamenti socio-culturali innescati dalla modernizzazione, “omogeneizzando le culture, sfumando le specificità, universalizzando le appartenenze, dissociando l' individuo dalle sue solidarietà sociali primarie ed offrendogli in cambio la partecipazione ad entità sociali più ampie, diffuse e potenti, così da aumentare significativamente i gradi di libertà del singolo attore sociale nella scelta dei propri ambiti relazionali “. La maggire libertà è pagata, secondo molti sociologi, con quella che viene chiamata da Durkheim “anomia”, cioè “una condizione in cui sono assenti o carenti i valori, le norme, i legami sociali che consentono all' individuo di interpretare adeguatamente la realtà che lo circonda e di dare un senso e un orientamento alla propria vita”. Il credere che oggi gli uomini possano incontrarsi semplicemente in quanto uomini senza tenere conto delle loro specifiche identità, porta ad uno svuotamento della loro cultura e ad una partecipazione all' organizzazione della società solo come soggetti del sistema globale di produzione e consumo delle merci, che è l' unico che pare avere un significato universale. Ma quanto detto fin' ora è solo una delle faccie della medaglia perchè, se il concetto di globalizzazione allude in prima istanza a processi di integrazione globale tra le diverse aree geografiche, società e culture che si tradurrebbero nel tempo in un unica entità, è altrettanto vero che la percezione che comunemente abbiamo dell' ambiente umano che ci circonda è tutt' altra: quella di un insieme di gruppi differenziati ed estranei in quanto caratterizzati da diverse radici etniche, culturali e religiose. “Questa impressione è corroborata dal continuo insorgere di atteggiamenti di tipo rivendicativo e spesso violenti, da parte di diversi gruppi sociali, orientati all' affermazione della propria diversità culturale”. Il rilancio dei localismi, dei nazionalismi e in generale di tutti i fenomeni di difesa intransigente del proprio sistema di valori va interpretato come una reazione alla spinta verso l' omologazione, come sintomo di una situazione cosciente di precarietà e debolezza. Il mutamento socio-culturale presenta, quindi, tendenze contaddittorie nello sviluppo della società globale. Coesistono, infatti, da un lato, un incipiente processo di globalizzazione culturale, che si traduce nella progressiva omogeneizzazione delle diversità culturali con il modello occidentale capitalistico; dall' altro, l' impegno volontario e costante di molti gruppi umani a salvaguardare la propria specifica identità culturale. “E non va inoltre dimenticato che sono gli stessi successi nel cammino verso un unica cultura globale che alimentano ampiamente le reazioni degli oppositori, dei difensori della diversità, anch' essi parte del processo di globalizzazione “. La dialettica tra globale e locale rappresenta solo l' aspetto più generale degli effetti della globalizzazione sulla cultura contemporanea: una lunga serie di trasformazioni sta incessantemente investendo ogni ambito della vita nelle società avanzate. Le nuove tecnologie della comunicazione e dell' informazione hanno determinato, attraverso la compressione spazio-temporale, un aumento della complessità della società industriale, intesa come una sovrapposizione di diversi assetti politici, economici ma soprattutto culturali che ha effetti diretti sulla convivenza sociale. Pur mantenendosi vive le differenze, cresce l' interazione tra modelli culturali eterogenei per cui si parla di pluralismo culturale e pluricollocazione degli individui che spesso portano, da una parte a tensioni tra i gruppi e all' emergere dei localismi e dall' altra alla difficoltà per gli uomini a definire la propria identià sociale. “Questo tipo di differenziazione culturale mostra aspetti contraddittori che possono dar luogo a commistioni di tradizione e modernità, di individualismo e solidarismo, di valori autorealizzativi e altruistici”. A questo si aggiunge l' indebolimento di una spiegazione univoca ed esaustiva della realtà e la caduta delle tensioni ideologiche collettive, in seguito al crollo del blocco dell' Est, che hanno portato un ulteriore disgregazione e frammentazione dei valori. Venendo a mancare una fonte unitaria di produzione di senso e moltiplicandosi gli orientamenti si aprono nuove possibilità nelle scelte materiali e nelle relazioni personali che spingono gli uomini a liberarsi dai vincoli delle tradizioni e delle necessità. La molteplicità delle alternative crea però un divario tra quelle che sono le aspettative o le pretese e le effettive possibilità di realizzarle: per quanto a tutti venga richiesto di vivere nella società globale siamo ben lontani dal garantire ad ognuno l'opportunità di farlo. Da qui nasce un senso di provvisorietà che pervade tutti gli ambiti della vita: enfasi sul presente, incertezza verso un futuro indeterminabile sono il risultato del rapporto contraddittorio tra attese medie di benessere e opportunità offerte per raggiungerlo. Flessibilità diventa la parola d' ordine non solo nell'economia ma coinvolge pure i modelli di comportamento e gli orientamenti di valori: lavoro, vita affettiva, consumi, formazione sono tutte vissute come scelte reversibili. L' obbiettivo finale di ciascun individuo è l' autorealizzazione, la soddisfazione personale, che viene sempre di più percepita come un diritto ma che porta con sé tutte le patologie legate al suo mancato raggiungimento: ansia, depressione, comportamenti devianti. L' esasperazione del processo di individualizzazione, la crescente soggettività hanno come conseguenza non solo la crisi di alcuni ambiti partecipativi, per cui diventano importanti gli aspetti strettamente personali della vita a scapito dell' impegno pubblico, ma anche una trasformazione dei rapporti sociali. La rivoluzione nel sistema della comunicazione e dell'informazione insieme al desiderio di autoaffermazione, intesa come partecipazione alla cultura globale, hanno fatto si che il mondo dell' uomo sia andato oltre lo spazio immediato delle relazioni in cui una persona è coinvolta fisicamente fino a raggiungere l' intero pianeta. La dipendenza dalle modalità di comunicazione del sistema porta facilmente ad una subordinazione dell' apprendimento e della comunicazione nati dall' esperienza diretta e dalle relazioni quotidiane, che si accompagna ad uno sfilacciamento progressivo dei rapporti sociali reali. La separazione del tempo e dello spazio comporta il declino delle interazioni faccia a faccia, ossia di concrete e durevoli relazioni interpersonali, così come del radicamento dell' attività umana nei contesti locali a vantaggio di relazioni indirette, impersonali. Anthony Giddens ha coniato il termine “disembedding” per identificare queste relazioni che avvengono in condizioni di lontananza e contemporaneità, intendendo sottolineare “l' enuclearsi dei rapporti sociali dai contesti locali di interazione e il loro ristrutturarsi attraverso archi di spazio- tempo indefiniti”. Lo sradicamento crea quindi un nuovo tipo di comunità slegata dal luogo e dalla compresenza fisica tra le persone i cui tratti sono stati identificati da diversi autori che hanno dato vita principalmente a tre visioni. La prima idea è che “le relazioni a distanza,disancorate dal riferimento a un contesto e territorio specifici, rese possibili dai nuovi mezzi di comunicazione elettronici, non siano meno significative di quelle basate sulla compresenza fisica tra le persone “. L' elemento costitutivo dell' ambiente sociale diventa l' informazione e le nuove tecniche di comunicazione, eliminando lo spazio e il tempo, creano nuove possibilità di vicinanza e nuove forme di convolgimento in quello che McLuhan chiama “villaggio globale”. La natura di questo tipo di relazioni resta però ambigua, perchè se i mezzi di comunicazione di massa sono in grado di portare una sensibilizzazione collettiva su singoli eventi o tematiche che travalicano i confini delle nazioni, è difficile pensare che le nuove tecnologie possano ricreare tra estranei quelle condizioni di stabilità e fiducia reciproca che sono tipiche delle relazioni comunitarie. Un secondo tipo di risposta alla domanda sulla natura delle nuove comunità globali si limita ad identificare le forme di interazione legate ai nuovi mezzi di comunicazione con particolare attenzione per le reti telematiche. “Le interazioni in rete sono state descritte come relazioni comunitarie e solidaristiche, capaci di creare forti legami affettivi di tipo egualitario, indifferenti alle gerarchie sociali e allo status che normalmente influenzano la vita sociale “. Per dimostrare l' esistenza di legami interpersonali forti e del carattere collettivo del gruppo che si ritrova in rete vengono riportati alcuni tratti caratteristici di questo tipo di interazione: l' esistenza di uno spazio digitale definito dai partecipanti, la creazione di un magazzino di informazioni che funziona da memoria collettiva del gruppo, la condivisione di regole di comportamento rispettate dai partecipanti, la produzione e codificazione di forme espressive ad hoc per comunicare stati d' animo e sentimenti e per creare quindi un' identià comune. La terza visione identifica l' emergere di nuove relazioni comunitarie a livello locale, basate però non su legami tradizionali di etnia o parentela, ma sulla somilianza degli stili di vita, ossia sul fatto di avere le stesse possibilità di vita e lo stessi tipo di informazioni. Queste tre analisi trascurano però due problemi importanti: il primo riguarda la sottovalutazione delle appartenenze tradizionali che sono alla base del concetto classico di comunità cioè i legami familiari, i rapporti di vicinato, le amicizie, “che vengono viste solo o come residui della società premoderna o come reazioni psicologiche al processo di sradicamento”. Non si coglie invece che questi legami particolari sono ancora saldamente presenti e diffusi nel tessuto sociale delle società avanzate, ma hanno semplicemente modificato il loro ruolo in base alla complessità dei nuovi assetti politico-economici. Il secondo problema riguarda il presunto carattere egualitario e cooperativo delle nuove relazioni comunitarie. L' accesso alla nuove tecnlogie richiede capacità formali, competenze e disponibilità economiche e di tempo che di per sè operano una selezione rigida dei partecipanti per non parlare della precarietà, fluidità e rischi opportunistici delle relazioni digitali, che si basano sull' anonimato. “Inoltre la comunità cosmopolita del villaggio globale non solo richiede la padronanza di molteplici capacità, ma - a dispetto della visione utopica di una molteplicità di culture che convivono pacificamente e paritariamente- non è incolore in quanto è legata a specifici modelli culturali occidentali”. 4. I valori I mutamenti culturali fin qui evidenziati si accompagnano ad una serie di trasformazioni negli orientamenti dei valori e nei mezzi di trasmissione di questi ultimi. I valori possono essere definiti come le cose importanti nella vita, ricche di significato perchè orientative delle scelte fondamentali di vita dell' individuo. Dalle ricerche condotte in Europa e negli Stati Uniti si può evidenziare, a partire dagli anni Settanta, un intreccio tra gli insiemi di valori tradizionali e quelli nati in seguito alla modernizzazione: da una parte restano, pur con delle modificazioni, i punti di riferimento classici come famiglia, religione, lavoro dall' altra emergono i cosiddetti valori post-materialistici come l' esigenza di autorealizzazione, di appartenenza, di difesa della propria cultura. A ciò si aggiunge domanda crescente di interazione sociale, dovuta alla consapevolezza di vivere in un contesto globale e all' interesse per ciò che succede nel mondo, a cui fa seguito una risposta solidale nei confronti delle sofferenze degli altri. L' analisi dei valori deve inoltre tenere conto delle diverse combinazioni dei parametri “materiali” di tipo economico, di status, di sicurezza e dei parametri “qualitativi” di tipo espressivo e partecipativo che si presentano insieme soprattutto nelle fasce giovanili e interessano più che altro le propensioni e le scelte personali dei soggetti. Il lavoro costituisce ,oggi, un ottimo esempio di quanto appena detto: se da un lato mantiene il suo ruolo di garante della sicurezza economica o del benessere e, soprattutto in Italia, vengono avversate le politiche di flessibilità a favore del posto fisso, dall' altro viene visto, sempre di più, semplicemente come un luogo di autoaffermazione e cresce l' esigenza ,in particolare nei giovani, di ottenere un lavoro adatto alla propria qualifica e alla proprie attitudini. Lo stesso vale per la religione che viene vissuta in chiave maggiormente individuale determinando un crescente divario tra la fede e le istituzioni ecclesiastiche, dimostrata anche da un calo dell' affluenza alle funzioni religiose; a questo si contrappone però il moltiplicarsi di gruppi e attività con riferimenti organici alle chiese che forniscono l' occasione per rendere operativi quei valori di solidarietà e carità generalmente condivisi ma non necessariamente legati ad un' esperienza religiosa. Ma il punto di riferimento fondamentale degli individui che vivono la società globale resta la famiglia, nonostante i profondi cambiamenti che l' hanno investita nel corso degli ultimi decenni. Dal punto di vista strutturale si assiste al passaggio dalla famiglia estesa alla famiglia nucleare che significa non solo una riduzione delle dimensioni e delle generazioni presenti al suo interno ma anche una diversità nella composizione delle singole famiglie che si accompagna con la crisi dell' istituzione matrimoniale. Il calo dei matrimoni a favore delle convivenze, la crescita delle separazioni e dei divorzi a cui segue l' aumento delle famiglie con un solo genitore o delle famiglie ricostituite, il calo complessivo delle nascite e l' aumento delle nascite al di fuori del matrimonio sono fenomeni che portano inevitabilmente a dei profondi mutamenti della natura stessa della famiglia e del matrimonio: quest' ultimo non indica più il passaggio simbolico dall' adolescenza all' età adulta, non è più l' evento che legittima l' accesso alla vita sessuale, come è stato fino all' inizio degli anni Sessanta, nè il fondamento necessario della famiglia e della procreazione. Inoltre nel corso della propria vita ciascun uomo può, oggi, vivere una molteplicità di esperienze familiari; per questo la crisi della famiglia non significa la dissoluzione delle relazioni affettive ma semplicemente le sue profonde trasformazioni. Anche in passato esisteva una pluralità di forme di famiglia, ma esse avevano un significato diverso da quello che hanno assunto ora. La morte precoce di uno dei coniugi e l' emigrazione di massa davano origine ad un gran numero di famiglie con un solo genitore o formate da una sola persona e di famiglie ricostituite ma l' instabilità della famiglia era dovuta a eventi ineluttabili o involontari che non mettevano in discussione il matrimonio come istituzione. Nella società contemporanea instabilità e pluralità delle famiglie derivano da una scelta volontaria dei soggetti coinvolti ed espimono in misura crescente il rifiuto del matrimonio. Oggi che il matrimonio d' amore ha preso il posto di quello combinato, i valori tradizionali si sono indeboliti e le aspettative di felicità della coppia sono molto aumentate, l' unione coniugale si rompe più facilmente quando il sentimento viene meno. La molteplicità dei modelli familiari esprime dunque il pluralismo culturale della società di oggi, cioè i diversi modi di dare significato all' esistenza e di concepire la felicità individuale e di coppia, per cui l' autorealizzazione del singolo può diventare prioritaria rispetto a quella dell' unità familiare. Sotto un altro punto di vista, a tutto ciò si può aggiungere che in una società sempre più complessa e differenziata il benessere materiale e non degli individui non è più assicurato soltanto dalla famiglia, come avveniva un tempo, ma da una molteplicità di altre istituzioni e ambiti di vita, per cui l' identità personale e sociale dell' individuo dipende meno di un tempo dal matrimonio e dalla famiglia e più che nel passato dal lavoro e da altre sfere della vita. Sempre più ridotto appare, quindi, il ruolo della famiglia come attore principale della socializzazione dei giovani che vengono influenzati maggiormente dai media o dai coetanei tanto da formare una cultura relativamente autonoma rispetto a quella della generazione dei genitori. Il processo di socializzazione è influenzato anche da una composizione più eterogenea delle famiglie stesse dal punto di vista dello status o del ceto sociale di provenienza, per cui al loro interno possono convivere orientamenti culturali talvolta contradditori. A questo si aggiunge anche un cambiamento delle relazioni all' interno del nucleo familiare: quelle della coppia diventano più flessibili e quelle tra genitori e figli più democratiche. In seguito al movimento femminista e alla progressiva emancipazione della donna si assiste all' estensione della presenza delle donne nel mondo del lavoro e ad una ridefinizione della tradizionale divisione dei ruoli e della supremazia maschile. Il ritratto della famiglia contemporanea fin qui disegnato presenta contorni contraddittori e incerti. Si accentua la crisi del matrimonio e si diffondono modi di vita di coppia diversi da quella coniugale, c'è un progressivo allontanamento tra le generazioni dal punto di vista culturale, ma la famiglia rimane un valore essenziale, prioritario rispetto a qualsiasi altro, per gli adulti e per i giovani come risulta da tutte le più recenti inchieste. Le conseguenze sociali innescate dai processi di globalizzazione precarietà, insicurezza, disoccupazione, fragilità dei legami sociali, esclusione, fanno si che la forza dei legami familiari giochi un ruolo sempre più rilevante nella vita dell' individuo. Oggi l' autonomia individuale e la libertà di scelta comportano dei costi e dei rischi: l' aumento dell' instabilità coniugale e di coppia, i conflitti e le sofferenze affettive e psicologiche degli adulti ma soprattutto dei bambini di fronte ad una rottura familiare, il venir meno del sostegno e dell' appoggio di un coniuge e della sua rete familiare, il declassamento sociale, il rischio di povertà delle famiglie con un solo genitore o delle persone anziane sole. Le indagini sulla famiglia e sulla povertà mostrano che l' isolamento e la fragilità dei legami sono determinanti nei percorsi di emarginazione ed esclusione sociale. La permanenza sempre più a lungo dei giovani nella casa dei genitori esprime allo stesso tempo l' indebolimento delle funzioni di sicurezza garantite dagli spazi pubblici e il rafforzamento dei contesti tradizionali di aiuto e solidarietà, nonchè il rinvio delle responsabilità adulte e la difficoltà di portare avanti progetti coerenti di vita che sono tratti tipici della cultura giovanile di oggi. D' altra parte anche i più elevati livelli di povertà della popolazione anziana risultano associati ad una maggior debolezza del tessuto familiare. Le trasformazioni nella città 1.Globalizzazione e città “Le trasformazioni messe in moto dal decollo di sofisticate tecnologie di comunicazione e di informazione stanno delineando un nuovo modello di organizzazione sociale che ridefinisce, a livello mondiale, i diversi sistemi nazionali, regionali e di mercato, alterando, al contempo, la realtà spaziale, sociale ed economica della città”. I mutamenti connessi alla divisione internazionale del lavoro e alla mobilità del capitale che si muove su scala globale, determinano un cambiamento nei punti di riferimento territoriale dei fenomeni urbani e nei rapporti tra le diverse scale locale, regionale, mondiale. L' integrazione di aree di mercato differenti in un unico universo e l' instaurarsi di nuove connessioni politiche e culturali portano con sè una tendenza all' omogeneizzazione a cui contemporaneamente si contrappone una crescente frammentazione che provoca nella città un ridimensionamento delle relazioni di inclusione ed esclusione. Diversamente dal passato, la città non ruota più intorno a comuni stili di vita ma riflette “una accentuata frammentazione e pluralizzazione delle identità collettive in ambiti diversi e in reciproco conflitto”. Progresso o declino, centralità o marginalità si alternano nel caratterizzare le città di oggi. Alcune riescono a sfruttare a pieno le nuove logiche di sviluppo economico e acquisiscono un ruolo di prestigio all' interno del sistema mondiale, altre che non sono in grado di arrestare il deterioramento che le investe, non riescono a mantenere la loro competitività; per cui, accanto alla depressione urbana emergono consistenti disegualianze sociali che contribuiscono ad aggravare la situazione. La città, nel compito non facile di adattare le condizioni spaziali locali alle esigenze della globalizzazione economica e politica, va così incontro ad una lunga serie di problemi sociali che sono ampliamente esemplificati dall' instabilità delle politiche urbane. Il progetto di modernizzazione antepone spesso, nell' ambito di una logica basata sulla competitività, la crescita economica, che si traduce in un rafforzamento del livello degli investimenti e un miglioramento delle infrastrutture locali, all' attuazione di politiche finalizzate alla risoluzione di problemi sociali che nascono dai fenomeni di deprivazione e di squilibrio nella distribuzione del reddito. Il nuovo assetto dell' economia globale, cioè un' economia che agisce unitariamente in tempo reale su scala planetaria, determina una riduzione dell' autorità degli stati nazionali e di conseguenza muta il rapporto tra i centri urbani e i tradizionali condizionamenti territoriali. Tenendo presenti anche l' intensificazione delle comunicazioni globali e delle migrazioni internazionali, sul piano culturale si assiste alla nascita di nuovi flussi culturali mondiali, di nuovi significati e identità, di valori e interessi che appaiono svincolati dai contesti locali che li hanno prodotti. Dal punto di vista economico, mentre le multinazionali sviluppano le loro strategie di potere nel sistema mondiale, cambiano le gerarchie urbane e si attiva un processo concorrenziale tra le città per conservare o attirare verso di sè i capitali. Il rapporto tra la città e il sistema economico non è più legato all' organizzazione della struttura industriale nel territorio urbano ma dipende sempre di più dalla sua capacità di integrazione nell' economia mondiale sulla base della qualità della forza lavoro e della specializzazione dei servizi. Le città sono quindi stimolate, non solo ad accrescere il loro potenziale, ma anche ad intensificare i collegamenti con altre città al fine di creare un rapporto di cooperazione tra centri ubicati in ogni parte del mondo, poichè le città che più delle altre sono coinvolte in attività economiche innovative e globalizzanti sono oggi quelle che occupano le posizioni più elevate nella gerarchia economica e sociale mondiale. Il rovescio della medaglia è che la crescente interdipendenza tra aree diverse del pianeta, la preminenza di scelte che seguono gli interessi del capitale internazionale, le continue modifiche nell' organizzazione della produzione per creare un mercato sempre più competitivo, mettono in secondo piano i differenti interessi della società locale e determinano un indebolimento della coesione sociale. “All' interno della città la gestione del potere, della produzione, della cultura è espressione dell' intersecarsi di strategie e poltiche che superano i confini strettamente municipali, mostrandosi inclini ad assumere una dimensione internazionale”. 2.Sviluppo urbano e struttura sociale I principali processi economici avviati a partire dagli anni Ottanta, decentralizzazione e riconcentrazione, hanno dato vita a nuove forme di sviluppo urbano. Le grandi aree metropolitane non ricoprono più il ruolo di centri di crescita economica e demografica che è passato alle piccole città situate nelle zone tradizionalmente meno industrializzate, per una serie di fattori legati non solo alle nuove tecnologie dell' informazione su cui si basa l' odierna economia. La crescita complessiva del benessere a cui si accompagnano un nuovo modello abitativo incentrato sulla proprietà e l' uso crescente del mezzo di trasporto privato, originano l' esigenza di vivere in uno spazio urbano con una qualità ambientale più elevata. Si evitano in questo modo i problemi delle grosse metropoli senza dover rinunciare ai vantaggi offerti dall' ambiente urbano dal punto di vista delle infrastrutture, dei servizi, della comunicazione, della cultura e delle opportunità lavorative; tutto ciò grazie all' infittirsi delle relazioni e delle interdipendenze funzionali tra sistemi urbani che accompagna la deconcentrazione e che permette un tasso di crescita più elevato per le piccole e medie città che si trovano nelle aree regionali più dotate di vie di comunicazione, opportunità di mobilità e integrazione produttiva intersettoriale. Anche le aree metropolitane che fanno parte della rete globale sono state però oggetto di un processo rigenerativo che viene definito “riconcentrazione”. Questo termine si riferisce ad una serie di trasformazioni dello spazio urbano che stanno alla base del rilancio economico della città, attraverso la rilocalizzazione al suo inte,rno delle funzioni strategiche nei settori della ricerca, della conoscenza tecnica,delle attività finanziarie, delle professioni di ordine elevato. I quartieri centrali attraggono nuovamente le attività direttive, specializzate a cui solo una ristretta elitè, qualificata e mobile, ha la possibilità di accedere e che promuovono i processi di sviluppo assicurando un' elevata integrazione del tessuto urbano nell' economia mondiale. La riconcentrazione nel centro della città delle funzioni in grado di esercitare un ruolo importante nel modellare la realtà circostante confermano l' immagine della città come soggetto attivo, non solo nell' ambito strettamente economico ma anche culturale, e accrescono l' attenzione verso le istituzioni del governo urbano che devono dimostrare le loro capacità nell' incrementare le possibilità di sviluppo e valorizzare quegli aspetti della vita della città che contribuiscono a potenziare le qualità ambientali e lo standard di vita. La crescita di potere del governo locale si riflette principalmente sulla figura del sindaco che assume, nelle grandi città, un' importanza fondamentale. Il suo ruolo è molto complesso dal momento che egli deve essere assieme un politico e un amministratore ma anche un impresario poichè l' offerta di eventi culturali e di spettacolo è una delle basi per il rilancio della città. Il sindaco diventa “una sorta di patron sempre presente nella vita della città, agente di aggregazione del senso di appartenenza e identità, interprete di tutti i bisogni”, anche se a volte quetso ruolo di protagonista è eccessivo rispetto alle reali capacità di intervento dell' istituzione municipale, alle sue competenze legittime e alle risorse disponibili. Il risultato di tutti questi processi non si esprime, però, sempre in un maggior benessere economico e socioculturale per tutti gli strati sociali e nascono invece nuovi squilibri, nuove disegualianze, nuove logiche di esclusione sociale alla cui base sta un mercato del lavoro che è divenuto duale in seguito all' erosione delle occupazioni intermedie. I mutamenti economici che hanno determinato lo sviluppo delle città sono legati soprattutto al settore dei servizi che richiede capacità tecnico-manageriali, livelli di istruzione e competenze professonalli elevate, non possedute in egual misura da tutti gli strati sociali. Il nuovo panorama urbano si presenta quindi caratterizzato da un lato dalle figure professionali di “prestigio” che rappresentano le attività produttive sofisticate e complesse, l' alta finanza, il mercato immobiliare, dall' altro dalla “ città marginale, in cui persistono rapporti di produzione pre-capitalistici (artigianato, piccla edilizia, basso terziario, commercio ambulante abusivo)” e dove crescono nuovi settori fluttuanti del lavoro manuale legati al commercio, all' artigianato, alla ristorazione o attività economiche di tipo informale dovute alla complessità e alla difficoltà di funzionamento del sistema urbano. Ad un estremo si collocano gli strati sociali direzionali e professionali che con il loro stile di vita e di consumo influiscono notevolmente sulla configurazione sociale della città; all' altro, i lavoratori occupati nel settore marginale dei servizi, rappresentati molto spesso da un porzione non trascurabile di immigrati che si adattano ad occupazioni precarie e mal pagate, che sconfinano facilmente sul versante dell' economia illecita e criminale. I mutamenti nell' industria e nei servizi hanno dato origine ad una nuova composizione sociale della città che si basa sulla polarizzazione dei redditi, degli standard di lavoro e della precarietà dell' occupazione tra i vari gruppi del nuovo mercato del lavoro. Questo ha contribuito ad ampliare tutti i fenomeni di segregazione sociale, aumentando il solco che divide le famiglie benestanti da quelle che, essendo escluse dai settori occupazionali trainanti, si ritrovano in una situazione di deprivazione assoluta o relativa. La riconcentrazione della città fa emergere una nuova elitè sociale composta da figure che vanno dalla borghesia degli affari alla classe politica, dagli uomini dell' informazione agli intellettuali, che “si legittima nella misura in cui riesce a mediare tra interessi contrapposti di gruppi e categorie diverse al suo interno e disporre di risorse di tipo politico”, utilizabili anche fuori dei confini locali o nazionali. Ma la maggioranza della popolazione residente nelle città fa parte del ceto medio,”quelli che fanno la ricchezza della città, sotto il profilo della produzione e del consumo”. Il ceto medio adotta forme di vita che molto spesso si rifanno ad una realtà confezionata in modo commerciale, capace di soddisfare le esigenze della cosiddetta cultura di massa. Un esempio è costituito dai lavoratori del settore pubblico che nel priodo di prosperità dello stato sociale hanno ottenuto buone occupazioni che gli hanno permesso di incrementare il loro reddito attraverso una partecipazione al welfare senza che però ne dovessero sostenere i costi. Oggi, con la crisi dello stato sociale e la crescita della pressione fiscale, si ritrovano in una posizione critica, aggravata dall' insufficenza delle loro risorse culturali, per cui guardano con invidia e voglia di imitazione alle elitè e con timore alla popolazione marginale che riflette un loro possibile futuro. La popolazione marginale è costituita dai “vecchi” e “nuovi” poveri che si ritrovano separati dal resto della popolazione per un insieme di fattori di deprivazione (istruzione, lavoro, rappresentanza politica, segregazione etnica) e che si vanno a concentrare nelle aree più povere e degradate delle città. Una parte di questi “premono ai confini dei ceti medi per entrare nella cittadella fortificata delle garanzie, cercando di emergere dalla economia informale, dalla precarietà occupazionale, dal degrado”; altri si abbandonano all' emarginazione dalla vita urbana. 3.Identità e cultura La città è sempre stata luogo di incontro tra individui e gruppi diversi, e quindi di mondi sociali eterogenei, e con lo sviluppo delle metropoli moderne le occasioni di incontro e di confronto tra le culture differenti si sono moltiplicate. La “pluralizzazione di mondi della vita” è però un processo ambivalente perchè se da una parte legittima la coesione di culture spesso opposte, dall'altra la crescita del relativismo culturale fa si che i sistemi di preferenze e le identità si indeboliscano e diventino solo combinazioni di tratti culturali privi di radici. Il processo di frantumazione dell' identità urbana si sviluppa anche per l' indebolimento della corrispondenza tra gli interessi territoriali dell' economia e quelli della società locale a causa della globalizzazione. Pur potendo liberamente scegliere tra un universo di opzioni di vita, di fatto, l' esistenza degli individui è condizionata dalle decisioni politiche e di mercato di organismi che operano al di fuori delle possibilità di controllo dei cittadini stessi. La città, travolta dai processi economici globali e da immagini e significati planetari, non è più in grado di trasmettere identità e senso di appartenenza ai suoi abitanti che non ritrovano in essa un contesto di identificazione comunitaria. Lo spazio urbano non è più luogo di incontro tra estranei ma esprime indifferenza e isolamento ed è caratterizzato dalla competitività, dallo sfruttamento reciproco, dall' importanza crescente di denaro e potere, dal soddisfacimento ad ogni costo di bisogni artificiali. La circolazione delle informazioni veicolate dai media e dall' industria dell' immagine fa emergere i segni del benessere diffuso e di una cultura che tende “ad omogeneizzare i diversi ceti sociali e i diversi luoghi del territorio in nome dei consumi. E' per questo che nell' immaginario collettivo la città metropolitana assume le caratteristiche di un supermercato globale in cui si espone di tutto e in cui tutti i desideri sono appagabili”. I simboli connessi al consumo influenzano così i modelli di comportamento dei residenti che non si basano più sui valori tipici di una comunità e sul senso di appartenenza ma su una serie di piccole soddisfazioni di bisogni mutevoli che creano atteggiamenti incostanti, apatici, deresponsabilizzati. Se da un lato la città sembra un luogo di autorealizzazione per la libertà dei vincoli sociali e le occasioni diverse per costruire il proprio stile di vita che offre, dall'altro acquista i caratteri di un ambiente che sottopone l' individuo all' isolamento, alla mancanza di solidarietà, all' insicurezza favorendo atteggiamenti che dimostrano povertà socioculturale e processi di emarginazione. “L' anonimato e la crisi di relazioni interpersonali sono tra i fenomeni più vistosi del deterioramento della qualità della vita urbana”: mai come oggi si vive a contatto con i propri simili e mai come oggi si percepisce un senso di solitudine ed estraneità nei confronti degli altri. Questo fa si che venga a mancare una comune mentalità, o gerarchia di bisogni, fondata su valori condivisi: il deterioramento di una cultura urbana è conseguenza di quei fenomeni che hanno “atomizzato la vita della città”. Denatalità e crisi della famiglia hanno indebolito i canali tradizionali di trasmissione dei valori e di socializzazione a favore di un ruolo sempre più pervasivo della cultura di massa. Le migrazioni verso le grandi città, prima dalle campagne e oggi dai paesi sottosviluppati, hanno determinato una frattura tra la cultura dell' elitè dei nativi, che si sono rinchiusi in sè stessi, e quella dei nuovi venuti, costretti ad insediarsi nelle periferie senza alcuna possibilità di partecipare attivamente alla vita della città. L' unico elemento che sembra assumere un ruolo socializzante in questo contesto è la cultura di massa che, essendo percepita come universalizzante, viene da tutti passivamente accettata e va a colmare i vuoti lasciati dagli altri agenti della socializzazione famiglia, scuola, vicinato contribuendo ad allargare l' anonimato e la crisi relazionale. Inoltre la comunicazione di massa si presenta come l' opinione di tutti anche se è costruita su bisogni individuali e sugli interessi solo di coloro che “sono funzionali al sistema”, venendo a creare una falsa immagine sociale. I modelli culturali offerti dalla TV vengono assimilati in modo acritico, andando il più delle volte a confermare opinini preesistenti e rendendo il dialogo o superfluo o impossibile tra persone con idee diverse. La città, solcata da flussi omnidirezionali, denota una graduale perdita della sua specificità, caratterizzata una volta dalla presenza di relazioni sociali regolari e uniformi,connesse a forme di vicinanza spaziale e solidarietà, e sembra ridursi esclusivamente ad un insieme di oggetti, strutture e di individui isolati che si muovono seguendo i flussi del consumo e dello spettacolo. Il legame tra la città e i suoi abitanti dipende, quindi, in gran parte dall' immagine che di essa emerge dai media, che sono in grado di proiettarla anche oltre i suoi confini: l' orgoglio cittadino sorge quando essa diventa “oggetto di desiderio, di riferimento, di confronto, quando produce e trasmette mode e tendenze per milioni di individui che non vi abitano e non vi lavorano” ma si sentono in qualche modo condizionati dalla sua esistenza. Sotto questo profilo diventa importante per la città progettare al suo interno degli spazi che riflettano immagini ricche di significato e di stimoli tali da suscitare interesse nei visitatori ma anche negli stessi abitanti. Per questo tutte le città cercano di ricostruire la propria immagine ristrutturando luoghi artistici fin' ora trascurati, musei, gallerie, teatri, ripristinando vecchie tradizioni folkloristiche o feste popolari, moltiplicando le occasioni di intrattenimento, creando i cosiddetti eventi per attirare turisti. La produzione di eventi, siano essi culturali, sportivi, religiosi o semplicemente ricreativi, al di là delle diverse finalità strategiche che ne stanno all' origine, determina effetti significativi sul piano sociale. Innanzitutto un miglioramento della qualità della vita urbana, attraverso la rigeneazione del tessuto insediativo delle aree centrali, l' incremento del turismo, l' acquisizione da parte degli abitanti di un senso di appartenenza e orgoglio cittadino che si traduce in una maggior cura degli spazi della città e nella crescita del potenziale relazionale degli abitanti. Il sentimento comune di identità si rafforza specialmente per quei gruppi che sono in grado di interagire con gli eventi: per questo vengono talvolta organizzati per raggiungere i gruppi marginali e offrirgli la possibilità di uscire dall' isolamento, oppure per verificare l' effettiva disponibilità di questi gruppi all' integrazione. La produzione di eventi diventa un investimento proficuo per le città non solo dal punto di vista economico ma anche perchè distogli l' attenzione dai problemi srutturali la cui risoluzione richiede scelte politiche difficili e tempi troppo lunghi. Inoltre l' organizzazione di eventi festosi “può riaggregare spazi e recuperarli, può definire intorno a consumi collettivi nuove identità e nuove alleanze sociali”, anche se queste nuove forme di aggregazione sono transitorie e destinate a sciogliersi e ricomporsi a seconda della situazione e degli interessi delle persone coinvolte che vivono prevalentemente in condizioni di instabilità e precarietà. Le ristrutturazioni degli spazi collegati alla produzione di eventi e alla visione della città come luogo di consumo, caratterizzano sempre di più la città, sviluppando sentimenti di appartenenza ma nello stesso tempo paura di espropriazione, provocando negli abitanti orgoglio ma anche stress e risentimento. Le opere di ristrutturazione nei centri urbani sembrano rivolte esclusivamente a sollecitare il piacere dell' acquisto nei ceti più abbienti: mentre attraggono una specifica fascia sociale, ne respingono un' altra ritenuta inutile per la rendita dei capitali investiti. Non tutti hanno la possibilità di accedere a questi spazi e adottare stili di vita incentrati sul consumo, per cui i miglioramenti nelle aree centrali della città finiscono col favorire la dislocazione dei cittadini a basso reddito nelle zone periferiche in cui si vanno a concentrare i più acuti problemi sociali. Per coloro che occupano i gradini più bassi della scala sociale, l' ingente offerta di beni di consumo, a cui di fatto non possono accedere, suscita sentimenti di esclusione e repulsione: l' essere tagliati fuori dagli spazi urbani provoca comportamenti aggressivi che si manifestano nella crescente criminalità. 4. Problemi e paure Da quanto detto fin' ora emergono soltanto una parte delle contraddizioni che caratterizzano lo spazio urbano; la città metropolitana riproduce infatti, rendendoli ancora più visibili, i grossi problemi del mondo contemporaneo: sovraffollamento, degrado ambientale,criminalità dilagante, commistione tra affari e politica, conflitti etnico-culturali, persistenza di forme di estrema povertà. L' esplosione demografica diventa un fenomeno critico soprattutto nelle metropoli del Terzo mondo perchè si contrappone all' insufficiente sviluppo della base produttiva, delle abitazioni e dei servizi determinando la presenza di grandi masse di persone che vivono ai limiti della sopravvivenza ai margini della città. Nel mondo occidentale la crescita ha subito un rallentamento ma i problemi di congestione all' interno delle città rimangono a causa dei flussi di persone che vi penetrano ogni giorno, pur non abitandoci; basti pensare ai lavoratori pendolari, ai consumatori occasionali di beni e servizi urbani, ai turisti che si appropriano degli spazi e aumentano il traffico degli areoporti, delle stazioni, delle metropolitane oltre a quello automobilistico. La sovrappopolazione “ha sconvolto l' equilibrio dei rapporti uomo-natura creando uno stato di crisi ecologica” che investe non solo l' ambiente ma l' uomo stesso. Molte ricerche condotte negli Stati Uniti dimostrano che al crescere delle dimensioni, dell' importanza e della densità dei centri urbani, aumentano gli elementi che possono essere definiti di patologia sociale come furti, morti accidentali, timore di uscire di casa, tensione psicologica che provoca disadattamento; a cui si aggiunge una maggir differenziazione delle aree sociali urbane che porta alla crescita dell' isolamento, delle culture devianti e della criminalità in generale. Per quanto riguarda il rischi ambientale, il sovraffollamento a cui segue una maggior congestione del traffico, un maggior consumo di energia per far funzionare le tecnologie necessarie alla vita quotidiana, una diminuzione degli spazi verdi a cui si contrappone l' intensificazione dell' edilizia, l' accumulo dei rifiuti il cui smaltimento è sempre più problematico, fa si che la città metrpolitana sia il luogo dove sono più acute le emegenze della questione ecologica. Un' altra grande “paura urbana” è rappresentata dall' incremento della violenza e della criminalità che determina una serie di conseguenze riguardo all' organizzazione degli insediamenti, delle abitazioni, dei percorsi urbani, dei tempi e modi di uso della città. La violenza criminale nelle metropoli assume prevalentemente tre connotazioni: quella legata a determinati segmenti del territorio urbano che risultano inaccessibili non solo per i semplici cittadini ma anche per le forze di polizia che vi penetrano solo occasionalmente. C'è poi la violenza diffusa casualmente sul territorio fatta di scippi, furti, risse compiuti da individui apparentemente insospettabili, che è quella che , per la sua imprevidibilità, colpisce di più l' immaginario collettivo indebolendo il sentimento di sicurezza dei cittadini. Infine nelle grandi città si insedia, in forme complesse ed efficienti, la criminalità organizzata che può dar luogo a fenomeni di corruzione politico- amministrativa, interferendoo nel mondo degli affari e delle scelte politiche ed economiche degli organismi statali o internazionali. Ma il problema forse più grande, e allo stesso tempo meno percepito dalle masse ,è quello dell' emarginazione sociale legato alla povertà. Da una parte la città, producendo promesse e aspettative, attrae i soggetti poveri o a rischio provenienti prevalentemente dai paesi sottosviluppati, ma le sue risorse di ospitalità, alloggi, lavoro, accettazione delle diversità e integrazione sono insufficienti. Dall' altra la città stessa crea povertà per effetto dei cambiamenti della struttura produttiva, della riduzione delle politiche di assistenza, della questione abitativa, della presenza di minoranze etniche prive delle risorse per accedere al mercato del lavoro. Nella metropoli l' individuo che dispone di risorse limitate non è in grado di interagire con gli altri per migliorare la propria condizione perchè sono più forti gli ostacoli per accedere a beni e servizi strategici e sono più deboli le reti di solidarietà. La povertà viene quindi isolata nei quartieri urbani dove il degrado fisico si associa a quello sociale e diventa luogo di accoglienza per i nuovi poveri. “La povertà alimenta così il grande fiume della esclusione sociale pur in una società aperta per definizione com'è quella urbana”.
Qualcosa
in più --------------------> |