Perchè il futuro non ha bisogno di noi
di Bill Joy
pubblicato su Wired aprile
2000
(trad. Tactical Media Crew)
Le nostre più potenti tecnologie del 21' secolo - scienze robotiche, ingegneria genetica e nanotecnologia - minacciano di far degli umani una specie a rischio
(Bill Joy, cofondatore e caposcienziato di Sun Microsystems, e' stato dirigente della commissione presidenziale sul futuro della ricerca IT, ed è coautore delle specifiche del liguaggio Java. Si può leggere anche del suo lavoro su: "Jini pervasive computing technology" in Wired 6.08. )
Dal momento che sono stato coinvolto nella
creazione di nuove tecnologie, la loro dimensione etica mi ha preoccupato, ma è
stato solamente nell'autunno del 1998 che sono diventato ansiosamente
consapevole di quanto grandi siano i pericoli che ci si propongono nel 21'
secolo. Posso dar inizio del mio sconforto al giorno in cui ho incontrato Ray
Kurtzweil, il meritatamente famoso inventore della prima macchina per leggere,
per ciechi, ed altre cose stupefacenti.
Ray ed io eravamo entrambi oratori
alla conferenza George Gilder's Telecosm, e lo incontrai per caso nel bar
dell'hotel dopo che le nostre sessioni erano finite. Ero seduto con John Searle,
un filosofo dell'Università di Berkley che studia la percezione. Mentre
parlavamo, Ray si avvicino e incomincio la conversazione, il soggetto , quello
che a tutt'oggi mi perseguita.
Mentre avevo sentito già tali discorsi, avevo sempre pensato che i robot senzienti appartenessero al dominio della fantascienza. Ma ora, da qualcuno che rispettavo, stavo ascoltando la forte argomentazione che erano una possibilità a breve termine. Ero sconcertato, specialmente conoscendo la provata abilità di Ray di immaginare e creare il futuro. Sapevo già che le nuove tecnologie come l'ingeneria genetica e la nanotecnologia ci stavano dando il potere di rifare il mondo, ma un realistico ed imminente scenario di robot intelligenti mi ha stupito.
E' facile rimanere spossati da tali innovazioni. Sentiamo dalle notizie quasi
tutti i giorni di qualche progresso tecnologico o scientifico. Tuttavia questa
non era una predizione consueta. Nel bar del hotel, Ray mi diede una prestampa
del suo prossimo libro "The Age of Spiritual Machines", che delineava l'utopia
che prevedeva - una era in cui gli umani, diventando un tuttuno con la
tecnologia robotica, si avvicinavano all'immortalità. Leggendolo, il mio senso
di sconforto si intensificò; ero sicuro che stava capendo i pericoli, capendo la
probabilità di un esito negativo lungo questo cammino.
Mi son trovato molto
turbato da un passaggio che delinea uno scenario distopico.
Se alle macchine è permesso di prendere le proprie decisioni, non possiamo fare alcuna congettura sul risultato, perchè sarà impossibile indovinare come tali macchine potranno comportarsi. Noi indichiamo soltanto come il destino della razza umana sarà alla mercè delle macchine. Si potrebbe obiettare affermando che la razza umana non sarebbe mai così stolta da consegnare tutto il potere alle macchine. Ma non stiamo altresì suggerendo che gli umani volontariamente consegnerebbero il potere alle macchine o che le macchine di proposito si impossesserebbero del potere. Quello che suggeriamo, è che la razza umana possa facilmente lasciarsi scivolare verso una posizione di totale dipendenza dalle macchine per cui non possa avere alternativa che accettare tutte le decisioni prese dalle macchine. Visto che la società ed i suoi problemi diventano sempre più complicati, e le macchine sempre più intelligenti, le persone lasceranno che le macchine prendano sempre più le decisioni per loro, semplicemente perchè decisioni fatte dalle macchine porteranno migliori risultati che quelle fatte dagli esseri umani. Si arriverà prima o poi ad uno stadio in cui le decisioni da prendere per mantenere il sistema saranno così complicate che gli esseri umani non saranno in grado di farle in modo intelligente. A quel punto le macchine avranno effettivamente il controllo. Le persone non saranno semplicemente in grado di spegnere le macchine, perchè ne saranno così dipendenti da far risultare lo spegnimento un suicidio.
D'altra parte è possibile che il controllo umano sulle macchine possa essere conservato. In questo caso l'uomo medio potrà avere controllo su alcune sue macchine private, come la sua macchina o il suo pc, ma il controllo dei grandi sistemi sarà nelle mani di una piccola élite - così com'è oggi, ma con due differenze. Per il miglioramento della tecniche, l'élite avrà un controllo maggiore sulle masse; e visto che il lavoro umano non sarà più necessario, le masse saranno superflue, un inutile fardello per il sistema. Se l'élite fosse spietata, allora potrebbero semplicemnte decidere di sterminare la massa dell'umanità. Se fosse compassionevole allora potrebbero utilizzare la propaganda, o altre tecniche psicologiche o biologiche per diminuire il tasso di nascita fino a che la massa si estingua, lascinado il mondo all'élite. Oppure, se l'élite consiste di liberali dal cuore tenero, potrebbero decidere di interpretare la parte del buon pastore nei confronti del resto del mondo. Saranno accorti che le necessità fisiche di ognuno siano soddisfatte, provvederanno a che tutti i bambini crescano in un ambiente fisicamente e psicologicamente igienico, che ognuno abbia un qualsiasi hobby per intrattenerlo, e che chiunque possa sentirsi insoddisfatto possa intrapprendere una “terapia” per curare il suo “problema”. Certamente la vita sarà così priva di scopo che le persone dovranno essere psicologicamente o biologicamente progettate per rimuovere il proprio bisogno per il processo di potere o di subliminare la loro ricerca di potere in qualche innocuo hobby. Questi esseri umani progettati potrebbero essere felici in tale società, ma non saranno certamente liberi. Saranno stati ridotti allo stato di animali domestici.(1)
Nel libro, non scopri fino a che non giri pagina che l'autore di questo
passaggio è Theodore Kaczynski - l'Unabomber. Non sono un difensore di
Kaczynski. Le sue bombe hanno ucciso tre persone durante la sua campagna
diciasettennale di terrore ed ha ferito molti altri. Una delle sue bombe ha
ferito gravemente il mio amico David Gelernter, uno dei più brillanti e
visionari scienziati informatici del nostro tempo. Come molti dei miei colleghi,
ho sentito di poter essere il prossimo bersaglio dell'Unabomber.
Le gesta di
Kaczynski erano a mio avviso omicide e criminalmente folli. Lui è chiaramente un
luddista, ma la semplice affermazione di questo non rigetta il suo discorso;
benché mi sia difficile da accettare, ho visto dei meriti sui ragionamenti di
questo singolo passaggio. Mi sono sentito costretto a confrontarmici.
La visione distopica di Kaczynski descrive consequenze involontarie, un problema ben noto con la progettazione ed uso della tecnologia, ed uno che è chiaramente relazionato alla legge di Murphy - “Se c'é qualcosa che può andare storto, lo andrà”.(In realtà, questa è la legge di Finagle, che in se stessa dimostra che Finagle aveva ragione). Il nostro abuso di antibiotici ha portato a quello che è forse il più grande problema fino ad ora: l'emergere di batteri molto più pericoloso e resistente agli antibiotici. Simili cose sono successe quando si è tentato di eliminare i moschito portatori di malaria con il DDT, facendoli acquisire una resistenza al DDT; parassiti malarici similarmente acquisiscono geni multi-medicine-resistenti.(2)
La causa di tante sorprese sembra chiara: I sistemi coinvolti sono complessi, coinvolgendo interazione e reazione tra le molte parti. Qualsiasi cambiamento a questo sistema produrrà effetti a cascata che sono difficili da prevedere; questo è specialmente vero quando sono coinvolte azioni umane.
Ho incominciato a mostrare ad amici l'estratto di Kaczynski da The Age of Spiritual Machines; davo loro il libro di Kurzweil, lasciandoli leggere il passo, e poi osservavo la loro reazione appena scoprivano chi l'aveva scritto. Più o meno nello stesso periodo, ho trovato il libro di Hans Moravec Robot: Mere Machine to Transcendent Mind. Moravec è uno dei leader nella ricerca robotica, e fu fondatore di uno dei più grandi programmi di ricerca sulla robotica alla Carnegie Mellon University. Robot mi diede altro materiale da provare sui miei amici - materiale sorprendentemente sostenitore delle teorie di Kaczynski. Ad esempio:
In un mercato completamente libero, robot superiori sicuramente colpirebbero
gli umani come i placentali Nord Americani colpirono i marsupiali Sud Americani
(e come gli umani hanno colpito innumerevoli specie). Le industrie robotiche
entrerebbero in competizione tra di loro fortemente per interesse, energia e
spazio, incidentalmente portando il loro prezzo oltre le possibilità umane.
Incapaci di permettersi tali necessità della vita, gli umani biologici sarebbero
schiacciati via dall'esistenza.
C'è probabilmente ancora possibilità di
respiro, giacchè non viviamo in un mercato completamente libero. I governi
forzano comportamenti non atti al mercato, specialmente con l'accumulo delle
tasse. Applicandolo con giudizio, la coercizione governativa potrebbe sostenere
un alto stile di vita per le popolazioni umane frutto del lavoro dei robot per
forse un lungo tempo.
Continua a focalizzare su come il nostro lavoro per
il 21'secolo sarà di “assicurare la continua cooperazione dalle industrie
robotiche” formulando leggi che decretino che essi siano “buoni”,(3) e a
descrivere quanto seriamente pericoloso possa essere un umano “una volta
trasformato in un robot super intelligente senza limiti”. L'opinione di Moravec
è che prima o poi i robot ci succederanno - che gli umani evidentemente si
affacciano all'estinzione.
Decisi che era ora di parlare al mio amico Danny Hillis. Danny divenne famoso
come cofondatore della Thinking machines corporation, che costruì un super
computer parallelo molto potente. Nonostante il mio attuale incarico di "Chief
Scientist" - Capo scienziato - alla Sun Microsystems, sono più un'architteto di
computer che uno scienziato, e rispetto molto il sapere sull'informazione e
sulle scienze fisiche di Danny più che quello di qualunque altra persona. Danny
è anche un futurista altamente considerato, che pensa a lungo raggio - quattro
anni fa incominciò la Fondazione Long Now, che sta costruendo un orologio
progettato per durare 10000 anni con la volontà di attrarre l'attenzione sulla
pietosa corta durata di attenzione della nostra società.
Quindi sono andato
a Los Angeles con il chiaro intento di cenare con Danny e sua moglie, Paty. Ho
fatto la mia ormai familiare routine facendo trottare le mie idee ed i passaggi
che trovavo così fastidiosi. La risposta di Danny - mirata specificatamente allo
scenario, di Kurzweil, di umani che si fondono con i robot - venne rapidamente e
mi stupì alquanto. Disse, semplicemente, che i cambiamenti sarebbero avvenuti
gradualmente e che ci saremmo abituati.
Ma credo che ero del tutto stupito.
Avevo visto una citazione di Danny nel libro di Kurzweil la quale diceva, “amo
il mio corpo come chiunque altro ma se posso essere 200 con un corpo di
silicone, mi va bene”. Sembrava che lui fosse in pace con questo processo e con
i rischi annessi, mentre io no.
Parlando e pensando su Kurzweil, Kaczynski e Moravec, improvisamente mi sono
ricordato di un romanzo che avevo letto quasi più di venti anni fa - The White
Plague, di Frank Herbert - nel quale un biologo molecolare impazzisce per
l'insensato omicidio della sua famiglia. Per vendicarsi costruisce e dissemina
una piaga altamente contagiosa che uccide in maniera vasta ma selettiva. (Siamo
fortunati che Kaczynski era un matematico e non un biologo molecolare). Mi era
venuto alla mente anche i Borg di Star Trek, un misto di creature in parte
biologiche ed in parte robotiche con un forte senso distruttivo. Disastri da
“Borg” sono il soggetto per eccellenza della fantascienza, quindi per quale
motivo non mi ero preocupato prima per tali distopie robotiche? Perchè altre
persone non erano turbate da questi scenari da incubo?
Parte della risposta
sicuramente è nella nostra attitudine verso il nuovo - nella nostra tendenza
all'instantanea familiarità e accettazione acritica. Abituati a vivere con ormai
scoperte scientifiche di routine, dobbiamo ancora arrivare al fatto che le
tecnologie del 21' secolo, robotica, ingegneria genetica e nanotecnologia,
pongono una nuova minaccia rispetto alle tecnologie venute prima.
Specificamente, Robot, organismi progettati e nanobots condividono lo stesso
pericolo: possono auto-replicarsi. Una bomba è fatta esplodere una volta sola -
ma un bot può diventare molti e velocemente essere incontrollabile.
Molto del mio lavoro negli ultimi 25 anni è stato mirato al computer
networking, dove il mandare e ricevere messaggi crea l'opportunità per la
replicazione incontrollabile. Tuttavia mentre la replicazione in un computer o
in una rete di computer può essere un danno, al peggio disabilita una macchina o
la rete o un servizio di rete. L'incontrollata auto-replicazione in queste
tecnologie più moderne incorre in un rischio maggiore: il rischio di un danno
sostanziale nel mondo fisico.
Ciascuna di queste tecnologie offrono una
promessa non detta: la visione di vicina immortalità che Kurzweil vede nei suoi
sogni robotici ci porta avanti; l'ingegneria genetica presto potrebbe portare
trattamenti, se non cure complete, per la maggioranza delle epidemie; e la
nanotecnologia e la nanomedicina possono indirizzarsi ad ancora più malattie.
Insieme potrebbero in maniera significativa aumentare la nostra soglia di vita e
migliorare la qualità della nostra vita. Tuttavia, con ciascuna di queste
tecnologie una sequenza di piccoli, individualmente sensibili passi in avanti
portano ad un accumulo di enorme potere ed in concomitanza quindi ad un grande
pericolo.
Qual'era la differenza nel 20' secolo? Certamente le tecnologie
dietro le armi per la distruzione di massa (Weapons of Mass Destruction, WMD) -
nucleare, biologica e chimica (NBC) - erano potenti e le armi una minaccia
enorme. Ma costruire armi nucleari richiedeva, almeno per un periodo, accesso a
entrambi rari - ed in effetti non disponibili - materiali primari ed
informazioni altamente protette; i programmi per armi biologiche e chimiche
anche tendevano ad aver bisogno di attività su grande scala.
Le tecnologie del 21' secolo - genetica, nanotecnologia, robotica (GNR) -
sono così potenti che possono proliferare una intera nuova classe di incidenti e
abusi. Ancora più pericoloso, per la prima volta, questi incidenti ed abusi sono
largamente alla portata di individui o piccoli gruppi. Non richiederanno grosse
infrastrutture o materiali primari. Il solo sapere ne permetterà l'uso.
Così
abbiamo la possibilità non solo di armi per la distruzione di massa ma anche del
sapere'abilitato alla distruzione di massa (Knowledge-enabled Mass Destruction,
KMD), e questa distruttività enormemente amplificata dal potere della
auto-replicazione.
Credo non sia affatto un'esagerazione l'affermare che
siamo sulla soglia per l'ulteriore perfezionamento del male, un male le quali
possibilità si aprono ben al di là delle armi di distruzione di massa lasciate
alle nazioni-stato, verso un sorprendente e terribile conferimento di potere di
individualità estreme.
Niente nel modo in cui sono stato coinvolto con i computer faceva presagire
che avrei dovuto confrontarmi con tali questioni.
La mia vita è stata guidata
da una profonda necessità di fare domande e trovare risposte. Quando avevo 3
anni, già leggevo, quindi mio padre mi portò alle scuole elementari, dove sedevo
sulle gambe del preside e gli leggevo una storia. Ho incominciato scuola presto,
più tardi ho saltato un anno, e mi sono rifugiato nei libri - ero
incredibilmente motivato ad imparare. Facevo molte domande, spesso conducendo
gli adulti a distrarsi.
Da adolescente ero molto interessato alla scienza ed
alla tecnologia. Volevo diventare un operatore di “baracchini” ma non avevo i
soldi per le attrezzature. I baracchini erano l'internet dell'epoca:
assuefazione e vita solitaria. Ma tralasciando l'aspetto monetario, mia madre si
impuntò perchè io non lo diventassi, ero già abbastanza asociale. Forse non ho
avuto delle strette amicizie, ma ero pieno di idee. Per le superiori avevo già
scoperto i grandi scrittori di Fantascienza. Ricordo specialmente il libro di
Heinlein Have Spacesuit Will Travel e I, Robot di Asimov con le sue tre leggi
della robotica. Ero incantato dalle descrizioni dei viaggi spaziali e desideravo
avere un telescopio per osservare le stelle; visto che non avevo i soldi per
comprarne o costruirne uno, presi dei libri dalla biblioteca per almeno leggere
come costrurli. Mi confortavo con la mia immaginazione.
I giovedì sera i miei
andavano al bowling, e noi ragazzi rimanevamo a casa. Era la notte di Star Strek, l'originale di Gene
Roddenberry, mi meravigliava tanto. Accettai la
nozione che gli esseri umani avevano un futuro nello spazio, tipo West, con
grandi eroi ed avventure. La visione di Roddenberry riguardo al futuro era di un
forte senso morale, impersonificato nel Direttivo Primario: non interferire
nello svilluppo di civilizzazioni tecnologicamente inferiori. Questo mi
affascinava, “etici” esseri umani, e non robot, dominavano il futuro, ed ho
fatto del sogno di Roddenberry parte del mio.
Ho brillato in matematica alle
superiori, e quando sono andato all'università del Michigan come studente
undergraduate di ingegneria, ho preso la carriera di matematica avanzata.
Risolvere problemi matematici era un tipo di confronto eccitante, ma quando ho
scoperto i computer, ho trovato qualcosa di molto più interessante: una macchina
in cui potevi immettere un programma che tentasse di risolvere un problema, per
il quale, dopo, la macchina ti avrebbe dato una soluzione. Il computer aveva una
chiara nozione di corretto ed incorretto, di vero e falso. Le mie idee erano
giuste ? La macchina me lo poteva dire. Questo era molto seduttivo.
Ero stato
abbastanza fortunato di trovare lavoro programmando i primi supercomputer e
scoprire la sorprendente capacità di queste grandi macchine di simulare
numericamente progetti complessi.
Quando frequentavo la graduate school alla
Università di Berkeley, incominciai a rimanere alzato fino a tardi, spesso tutta
la notte, inventando nuovi mondi dentro le macchine, risolvendo problemi,
scrivendo il codice che lottava per non essere scritto.
Nel romanzo biografico di Irving Stone su Michelangelo, The Agony and the
Ecstasy, Stone descrive vividamente come Michelangelo liberava le statue dalla
pietra, “rompendo l'incantesimo di marmo”, modellando dalle immagini della sua
mente. (4) Nei miei momenti di maggiore estasi, il software nel computer
emergeva nello stesso modo. Una volta che l'avevo immaginato, sentivo che era
tutto già nella macchina, in attesa di essere liberato. Rimanere in piedi tutta
la notte sembrava un prezzo veramente modico per liberarlo - per rendere
concrete le idee.
Dopo qualche anno alla Berkeley, incominciai a distribuire
alcuni dei software di mia creazione - un sistema istruzionale in Pascal,
utilità Unix ed un editor di testo chiamato "VI" (che è, con mio stupore, ancora
largamente usato dopo 20 anni) - da altri che avevano simili PDP-11 e VAX
minicomputers. Queste avventure software ad un certo punto confluirono nel
sistema Unix della Berkeley, che divenne un mio personale “disastroso successo”
- talmente tanta gente lo voleva, che non ho finito la mia laurea. Invece
ottenni un lavoro per la Darpa mettendo il Berkeley Unix in Internet
aggiustandolo per essere solido ed inoltre in modo che potesse far girare grosse
applicazioni di ricerca. Questo è stato tutto un gran divertimento e
soddisfazione, e francamente non vedevo alcun robot né qui né ovunque
vicino.
Ancora, agli inizi degli anni 80, stavo in alto mare. Le
distribuzioni di Unix avevano molto successo ed il mio piccolo progetto presto
aveva denaro e collaboratori, ma il problema alla Berkeley non erano i soldi ma
lo spazio, non c'era posto per l'aiuto di cui il progetto aveva bisogno, per
cui, quando gli altri fondatori della Sun Microsystems apparvero, mi fiondai per
unirmi a loro. Alla Sun, le lunghe ore si protrassero fino ai primi giorni delle
worksations e dei personal computers, ed avevo gioito della partecipazione nella
crezione di processori avanzati e di tecnologie per Internet quali Java e Jini.
Da tutto ciò, confido che sia chiaro che non sono un
luddista. Il mio
lavoro ha avuto molto più impatto di quello sperato ed è stato utilizzato molto
di più di quanto ragionevolmente mi aspettavo. Ho ancora passato gli ultimi 20
anni a capire come rendere i computer affidabili quanto io mi aspetto che essi
lo siano (e non sono ancora così) e a come renderli semplici da usare (un
obiettivo ancora relativamente meno raggiunto).
Nonostante un po' di
progresso, i problemi che rimangono sembrano ancora più
scoraggianti.
Tuttavia mentre ero consapevole dei dilemmi morali riguardo
alle consequenze tecnologiche in campi come la ricerca sulle armi, non mi
aspettavo di dover confrontare tali dilemmi nel mio campo, o almeno non così
presto.
Forse è sempre difficile vedere l'impatto grande quando sei coinvolto
nel vortice più piccolo proprio del cambiamento. Sembra una comune colpa di
scienziati e tecnologicisti di non capire le consequenze delle proprie
invenzioni mentre siamo rapiti dalla scoperta; siamo stati guidati per molto
tempo dall' estremo desiderio di sapere, che è la natura della ricerca
scientifica, non fermandoci a notare che tecnologie più nuove e potenti possono
prendere vita propria.
E' da molto che ho realizzato che la information technology non fa i suoi
passi più grandi grazie agli scienziati di computer, agli architetti di computer
o agli ingegneri elettronici, ma ai fisici. I fisici Stephen Wolfram e Brosl
Hasslacher mi introdussero, nei primi anni 80, alla teoria del caos ed ai
sistemi non lineari. Negli anni 90, ho appreso dei sistemi complessi dalle
conversazioni con Danny Hill, il biologo Stuart Kauffman, il nobel per la fisica
Murray Gell-Mann, ed altri. Recentemente, Hasslacher e l'ingegnere elettronico e
fisico Mark Reed mi hanno introdotto alle incredibili possibilità
dell'elettronica molecolare.
Nel mio lavoro, come co-disegnatore di 3
architetture di microprocessori - SPARC, picoJava e MAJC - e come disegnatore
delle successive implementazioni, ho avuto modo di avere una profonda
dimestichezza ed in prima persona della legge di Moore. Per decine di anni, la
legge di Moore ha correttamente previsto il tasso di miglioramento della
tecnologia a semiconduzione. Fino all'anno scorso, ho pensato che il raggio di
avanzamenti previsto dalla legge di Moore potesse continuare fino al 2010 circa,
quando alcuni limiti fisici saranno stati raggiunti. Non mi era affato ovvio che
una nuova tecnologia sarebbe arrivata per permettere il tranquillo progresso dei
risultati.
Ma dato il recente rapido e radicale progresso nell'elettronica
molecolare - dove atomi e molecole individuali rimpiazzano transistor disegnati
litograficamente - e nelle relazionate tecnologie nanoscalari, dovremmo essere
in grado di arrivare o di superare il tasso di progresso della legge di Moore
per altri 30 anni.
E' verosimile che per il 2030 saremo in grado di
costruire, in quantità, macchine un milione di volte più potenti dei personal
computer di oggi - sufficiente per implementare i sogni di Kurzweil o Moravec.
Visto che questo enorme potere computeristico si combina con il progresso
della fisica sulla manipolazione e il profondo sapere sulla genetica, si sta
liberando un potere immenso di trasformazione. Queste combinazioni danno la
possibilità di ridisegnare il mondo, in meglio o in peggio: i processi di
replicazione e di evoluzione che fino adesso erano confinati al mondo naturale
stanno per diventare dominio degli sforzi umani.
Nel progettare i software e
i microprocessori, non ho mai avuto la sensazione che stavo disegnando una
macchina intelligente. Il software sono l'hardware sono così fragili e le
capacità per una macchina di "pensare" sono così chiaramente assente che, anche
come possibilità, questo è sempre sembrato molto lontano nel futuro.
Ma ora,
calcolando il livello del potere computeristico umano, in una prospettiva di
circa 30 anni, una nuova idea si propone: che io stia lavorando per creare
strumenti che permetteranno la costruzione di tecnologie che possono sostituire
la nostra specie. Come mi sento per questo? Molto a disagio. Avendo faticato per
tutta la carriera a costruire sistemi e software affidabili, mi sembra più che
probabile che il futuro non si risolverà così bene come alcune persone possono
immaginare. La mia personale esperienza mi suggerisce che tendiamo a
sopravvalutare le nostre abilità di progettazione.
Dato l'incredibile potere
di queste nuove tecnologie, non dovremmo chiederci come coesistere al meglio con
loro? E se la nostra stessa estinzione è un probabilmente o anche possibile,
effetto del nostro sviluppo tecnologico, non dovremmo procedere con grande
prudenza?
Il sogno della robotica è, prima di tutto, che macchine intelligenti possano
lavorare al posto nostro, permettendoci vite lussuose, ridandoci l'Eden.
Tuttavia, George Dyson nella sua storia concernente tali idee, "Darwin Among the
machine", ci avverte: "Nel gioco della vita e l'evoluzione ci sono tre
giocatori: gli esseri umani, la natura, e le macchine. Sono fermamente dalla
parte della natura. Ma la natura, sospetto, è dalla parte delle macchine". Come
abbiamo visto, Moravec concorda, nel credere che sia probabile che non
sopravviveremo allo scontro con la specie superiore dei robots.
Quanto presto
potrebbe essere costruito un robot intelligente? Stando agli sviluppi
tecnologici sembra che questo sia possibile entro il 2030. E una volta creato il
robot intelligente, il passo per la specie Robot è breve, perchè un robot
intelligente possa fare copie evolute di se stesso.
Un secondo sogno di
robotica è che gradualmente ci rimpiazzeremo con la nostra tecnologia robotica,
e scaricando le nostre coscienze raggiungendo quasi l'immortalità; è questo
processo a cui Danny Hillis pensa che gradualmente ci abitueremo e che Ray
Kurzweil elegantemente descrive nel suo libro "The Age of Spiritual Machines".
(Stiamo cominciando a vedere intimazioni di questo nell'impianto di apparecchi
computerizzati nel corpo umano, come illustrato nella copertina di Wired 8.02).
Ma se noi siamo scaricati nella nostra tecnologia, quali sono le possibilità
che da li in poi rimarremo noi stessi o addirittura umani? A me sembra molto più
probabile che l'esistenza robotica non possa essere in nessun senso come quella
umana a noi comprensibile, che i robot non sarebbero in nessun senso i nostri
figli, e che su questo percorso la nostra umanità possa essere
perduta.
L'ingegneria genetica promette di rivoluzionare l'agricoltura
incrementando la produzione del raccolto riducendo l'uso dei pesticidi; creando
decine di migliaia di nuove specie di batteri ,piante, virus, e animali;
sostituendo la procreazione o complementandola, con la clonazione; producendo
cure per molte malattie, aumentando la nostra longevità e qualità della vita; e
molto, molto di più. Adesso sappiamo con certezza che questi profondi
cambiamenti nelle scienze biologiche sono imminenti e contrasteranno tutte le
nostre nozioni sul senso della vita.
Tecnologie come la clonazione umana
hanno alzato in particolare la nostra coscienza dei profondi problemi etici e
morali. Se, per esempio, dovessimo ricostruire noi stessi in alcune specie
separate e ineguali usando il potere dell'ingegneria genetica, allora potrebbe
essere minacciata l'idea di uguaglianza che è la vera pietra miliare della
nostra democrazia.
Dato il potere incredibile dell'ingegneria genetica, non
ci sorprende che ci siano problemi di sicurezza significativi nel suo uso. Il
mio amico Amory Lovins ha recentemente coscritto, insieme con Hunter Lovins, un
editoriale che fornisce una visione ecologica di alcuni di questi pericoli.
Tra le preoccupazioni: "che la nuova botanica allinea lo sviluppo delle
piante con il loro successo economico e non evolutivo".
(vedi "A Tale of Two
Botanies," page 247.)
La lunga carriera di Amory è stata focalizzata su
l'efficacia dell'energia e risorse accettando una visione di "sistema-intero"
per sistemi di fattura umana; tale visione a "sistema-intero" spesso trova
semplici e perspicaci soluzioni per problemi altrimenti apparentemente
difficili, ed è applicato anche qui utilmente.
Dopo aver letto gli editoriali
di Lovins, ho visto un articolo (op-ed) di Gregg Easterbrook sul New York Times
(19 novembre 1999) dei raccolti manipolati geneticamente, titolato: " Cibo per
il futuro: Un giorno il riso avrà in se la vitamina A. A meno che non vincano i
luddisti".
Sono luddisti Amory e Hunter Lovins? Certamente no, credo che saremmo tutti
d'accordo che il riso, con la suainnata vitamina A, è probabilmente una buona
cosa, se sviluppato con la dovuta cura e rispetto per i probabili pericoli nel
muovere i geni attraverso le barriere delle specie.
La coscienza dei pericoli
inerenti all'ingegneria genetica sta cominciando a crescere, come riflette
l'editoriale di Lovins. L'opinione pubblica è cosciente e preoccupata sul cibo
geneticamente modificato, e sembra che respingere la nozione che a tali cibi
possa essere permesso di essere non etichettati.
Ma la tecnologia dell'ingegneria genetica è già molto avanti. Come fanno
notare Lovins, l'USDA ha già approvato circa 50 raccolte geneticamente
modificate per distribuzione illimitata; più di metà dei semi di soia del mondo
e un terzo del granturco ora contiene geni provenienti da altre forme di
vita.
Mentre ci sono importanti questioni qui, la mia principale
preoccupazione riguardo l'ingegneria genetica è ristretta: che da il potere - o
militare, accidentale, o in un deliberato atto terroristico - a creare un "Piaga
Bianca".
Le molte meraviglie della nanotecnologia furono per la prima volta immaginata
dal fisico nobel Richard Feyman in un discorso che dette nel 1959,
successivamente pubblicato sotto il titolo "There's Plenty of Room at the
Bottom."
Il libro che mi colpì molto, verso la metà degli anni '80, fu
"Engines of Creation" di Eric Drexler, dove descrive magnificamente come la
manipolazione a livello atomico possa creare un futuro utopico di abbondanza,
dove quasi ogni cosa possa essere prodotta a basso costo, e quasi ogni tipo di
immaginabile infezione o problema fisico possa essere risolto usando la
nanotecnologia e l'intelligenza artificiale.
Un libro successivo, "Unbounding the Future: The Nanotechnology Revolution", che Drexler coscrissse, immagina alcuni dei cambiamenti che potrebbero avvenire in un mondo dove avremmo "assemblatori" a livello molecolare. Gli assemblatori potrebbero rendere possibile a un incredibile basso-costo cure per il cancro a energia solare e cure per un comune raffreddore attraverso l'ampliamento del sistema immunitario umano, essenzialmente completare la pulizia dell'ambiente, creare incredibili economici supercomputer tascabili - infatti, qualsiasi prodotto potrebbe essere fabbricato dagli assemblatori ad un costo non maggiore di quello del legno - rendere viaggi spaziali più accessibili che i viaggi transoceanici di oggi, e ripristinare le specie estinte.
Ricordo di aver avuto una buona impressione della nanotecnologia dopo aver letto "Engines of Creation". Da tecnologico, mi ha dato un senso di calma - ovvero, la nanotecnologia ci dimostrava che incredibili progressi erano possibili, e di fatto forse inevitabili. Se la nanotecnologia era il nostro futuro, allora non mi sentivo costretto a risolvere così tanti problemi nel presente. Avrei raggiunto in tempo il futuro utopico di Dexler; a quel punto potevo godere al meglio la vita "qui e ora". Non aveva senso, data la sua visione, di rimanere in piedi tutta la notte, tutto il tempo.
La visione di Drexler portava anche molto divertimento. Occasionalmente mi
ritrovavo a descrivere le meravigle della nanotecnologia ad altri che non ne
avevano sentito parlare. Dopo averli stuzzicati con tutte le cose che aveva
descritto Drexler, gli assegnavo di mio dei compiti per casa: "Usate la
nanotecnologia per creare un vampiro; per punti extra, create anche
l'antitodo".
Con queste meraviglie divennero chiari anche i pericoli, di cui
io ero acutamente cosciente. Come dissi alla conferenza di nanotecnologie nel
1989, "Non possiamo solamente fare la nostra scienza e non preoccuparci dei
problemi etici".(5) Ma la mia seguente conversazione con i fisici mi convinse
che la nanotecnologia non poteva nemmeno funzionare - o, perlomeno non avrebbe
funzionato in tempi brevi. Di li a poco, mi trasferii in Colorado, per uno
lavoraccio che avevo iniziato, e il centro del mio lavoro si spostò sul software
per Internet, specificatamente su le idee che divennero Java e Jini. Poi, la
scorsa estate, Brosl Hasslacher mi disse che l'elettronica molecolare nanoscala
era ora realizzabile. Questa fu una nuova notizia, almeno per me, e penso anche
per molte altre persone - e ha cambiato radicalmente la mia opinione sulla
nanotecnologia. Mi portò indietro alla "Engines of Creation". Rileggendo il
lavoro di Drexler dopo più di 10 anni, fui sconcertato nel rendermi conto come
fosse piccolo il ricordo della sua lunga sezione chiamata "Dangers and Hopes",
"pericoli e speranze" inclusa una discussione di come le nanotecnologie possono
diventare "macchine per la distruzione". Infatti, nella mia rilettura di questo
materiale oggi, sono stupito di quanto naive sembrassero alcune proposte di
difesa di Drexler, e di quanto più grandi giudico adesso essere i pericoli
piuttosto di come li giudicava allora. (Avendo anticipato e descritto molti
problemi tecnici e politici della nanotecnologia, Drexler iniziò al Foresight
Institute negli anni '80 per "aiutare a preparare la società per anticipate
tecnologie avanzate" - più importante, la nanotecnologia).
Rendere possibile
un rapido progresso di assemblare sembra abbastanza probabile entro i prossimi
20 anni. L'elettronica molecolare - il nuovo sotto campo delle nanotecnologia
dove molecole singole sono elementi di circuito - potrebbero maturare
rapidamente e diventare enormemente lucrative entro questa decade, causando ampi
incrementi di investimento in tutte le nanotecnologie.
Sfortunatamente, come con le tecnologie nucleari, è di gran lunga più facile creare utilizzi distruttivi che costruttivi per le nanotecnologie. Le nanotecnologie hanno chiari usi militari e terrorostici, e non c'è bisogno di essere suicidi per utilizzare un apparecchio nanotecnologicamente di massima distruzione - tali apparecchi possono essere costruiti per essere selettivamente distruttivi, colpendo, per esempio, solamente una certa area geografica o un gruppo di persone che sono geneticamente distinti.
Un'immediata conseguenza del Faustiano affare nell'ottenere il grande potere della nanotecnologia è che corriamo un grave rischio - il rischio che potremmo distruggere la biosfera dalla quale tutta la vita dipende.
Tra intenditori di nanotecnologie, queste minacce sono diventate note come
"gray goo problem". Sebbene masse di replicatori incontrollati non debbano
essere ne grigi o appiccicosi, il termine "gray goo" enfatizza che i replicatori
capaci di cancellare la vita potrebbero essere meno coinvolgenti che una singola
specie di erbacce. Potrebbero essere superiori in un senso evolutivo, ma questo
non vuol dire che siano preziosi.
La minaccia "gray goo" rende perfettamente
chiara una cosa: non possiamo permetterci certi tipi i di incidenti con
assemblatori replicanti. "Gray goo" potrebbe sicuramente essere una fine
deprimente della nostra avventura umana sulla terra, molto peggio del fuoco o
del ghiaccio, o di un arginabile semplice incidente di laboratorio. (6)oops
E' sopratutto il potere di autoreplicazione distruttiva in genetica, nonotecnologia e robotica (GNR) che dovrebbero fermarci. L'auto-replicazione è il Modus Operandi dell'ingegneria genetica, che usa il meccanismo delle cellule per replicare le proprie architetture, e il primario pericolo sottostante al "gray goo" in nanotecnologia. Storie di robots "run-amuk" (che corrono qua e la presi da una pazzia sanguinaria) come i Borg, replicando o mutando per sfuggire alle limitazioni etiche imposte dai loro creatori, sono ben affermate nei nostri libri e film di fantascienza. E' anche possibile che l'auto-replicazione possa essere più necessaria di quanto pensiamo, e quindi più difficile - o anche impossibile - da controllare. Un recente articolo di Stuart Kauffman in "Nature", titolato "Self-Replication: Even Peptides Do It" trattava la scoperta che 32-peptidi-amino-acidi possono "autocatalizzare la propria sintesi". Non sappiamo come questa abilità possa diffondersi, ma Kauffman nota che ciò può far supporre "un percorso verso sistemi molecolari di auto-riproduzione sulla base molto più estesa del principio di accoppiamento di Watson-Crick. (7)
In verità, abbiamo avuto nelle mani per anni chiare ammonizioni dei pericoli inerenti alle vaste conoscenze delle tecnologie GNR - delle possibilità di conoscenza che permettessero da sole distruzioni di massa. Ma questi ammonimenti non sono stati ampiamente pubblicizzati; le discussioni pubbliche sono state chiaramente inadeguate. Non c'è alcun profitto nella pubblicizzazione dei pericoli.
Le tecnologie nucleari, biologiche e chimiche (NBC) usate nelle armi di
distruzione di massa del 20esimo secolo furono e sono in gran parte militari,
sviluppate e costruite nei laboratori statali. In netto contrasto le tecnologie
GNR del 21° secolo hanno un chiaro utilizzo commerciale e le stanno sviluppando
quasi esclusivamente le imprese private. In questa epoca della trionfante
commercializzazione, la tecnologia - con la scienza come sua aiutante sta
consegnando una serie di invenzioni quasi magiche che sono le più fenomenalmente
lucrative mai viste. Siamo aggressivamente inseguiti dalle promesse di queste
nuove tecnologie dentro l'attuale indiscusso sistema del capitalismo globale e
dei suoi numerosi incentivi finanziari e pressioni competitive.
Questo è
il primo momento nella storia del nostro pianeta in cui qualsiasi specie, a
causa della propria azione volontaria, è diventata pericolosa per se stessa -
tanto quanto ad un grande numero di altri.
Potrebbe essere una progressione familiare, trapelata in molti mondi - un
pianeta, di nuova formazione, che placidamente si evolve intorno alla sua
stella; la vita si forma lentamente; una processione caleidoscopica di creature
si evolve; l'intelligenza emerge e, almeno fino ad un certo punto, conferisce un
enorme valore di sopravvivenza; e allora la tecnologia è inventata.
Viene in
mente che ci sono cose come leggi della natura, le quali possono essere svelate
dagli esperimenti, e che la conoscenza di queste leggi può essere fatta sia per
salvare e per prendere vita, sia su scale sconosciute. La scienza, lo
riconoscono, concede immensi poteri. In un attimo essi creano dispositivi per
l'alterazione del mondo. Alcune civiltà planetarie vedono il loro percorso,
pongono limiti su ciò che si può e non si deve fare, e passano con sicurezza
tempi pericolosi. Altri, non così fortunati o prudenti, periscono.
Questi era Carl Sagan, scrivendo nel 1994, in "Pale Blue Dot", un libro che descrive la sua visione del futuro umano nello spazio. Solo adesso mi sto rendendo conto come fosse profonda la sua intuizione, e come dolorosamente sento e sentirò la mancanza, della sua voce. Per tutta la sua eloquenza, il contributo di Sagan non fu meno di un semplice buon senso - un attributo che, assieme all'umiltà, sembrano mancare in molti dei difensori principali delle tecnologie del 21esimo secolo.
Ricordo durante la mia infanzia che mia nonna era fortemente contro l'abuso
degli antibiotici. Aveva lavorato fino a prima della I Guerra Mondiale come
infermiera e aveva il buon senso di pensare che prendere gli antibiotici, a meno
che non fosse stato assolutamente necessario, facesse male.
Non che fosse una
nemica del progresso. Aveva visto talmente tanto progresso in quasi 70 anni di
carriera infermieristica; mio nonno, un diabetico, ha beneficiato moltissimo
delle cure avanzate che diventavano disponibili durante la sua vita. Ma lei,
così come molte altre persone equilibrate, penserebbe che sia di grande
arroganza, ora, progettare una "specie di rimpiazzo" robotico, mentre abbiamo
così tanti problemi a far funzionare cose relativamente semplici, e abbiamo così
tante difficoltà a gestire - o addirittura a capire - noi stessi.
Ho realizzato ora che lei aveva una consapevolezza sulla natura dell'ordine della vita, e sulla necessità di vivere e convivere con questo ordine. Con questo rispetto diviene necessario un'umiltà che siamo manchevoli, al nostro pericolo. La visione "di buon senso", impregnata in questo rispetto, è spesso giusta, in anticipo alla dimostrazione scientifica. La chiara fragilità ed inefficienza dei sistemi umani che abbiamo costruito dovrebbe dare a tutti noi una pausa; la fragilità dei sistemi sui quali ho lavorato certamente mi rende umile.
Avremmo dovuto imparare una lezione dalla fabbricazione della prima bomba atomica e dal risultato della corsa agli armamenti. Non facemmo bene allora, e il parallelismo della situazione corrente è preoccupante.
Lo sforzo per costruire la prima bomba atomica fu condotta dal brillante fisico J. Robert Oppenheimer. Oppenheimer non era evidentemente interessato nella politica ma diventò dolorosamente consapevole di ciò che egli percepiva come una minaccia grave alla civiltà occidentale a partire dal Terzo Reich, una minaccia sicuramente grave a causa della possibilità che Hitler potesse ottenere armamenti nucleari. Stimolato da questa preoccupazione, portò le sue caratteristiche di forte intelletto, passione per la fisica, e di leadership carismatica a Los Alamos e condusse un rapido e fruttuoso sforzo con l'incredibile unione di grandi menti per inventare velocemente la bomba.
Ciò che sorprende è come questi sforzi siano
continuati così naturalmente dopo che era stato rimosso l'iniziale impeto.
In
una riunione poco dopo il V-E Day con alcuni fisici che sentivano che forse gli
sforzi dovevano essere finiti, Oppenheimer insistette per continuare. La sua
dichiarata ragione sembrava un po' strana: non era per la paura di molte vittime
dovute ad una invasione del Giappone, ma perché le Nazioni Unite, che da li a
poco sarebbero state costituite, dovevano avere una pre-conoscenza delle armi
atomiche. Una ragione più probabile per cui il progetto continuò è dovuta al
momentum che lo costituì - il primo test atomico, Trinity, era quasi a portata
di mano.
Sappiamo che preparando questo primo test atomico i fisici
procedettero nonostante un gran numero di possibili pericoli. Inizialmente erano
preoccupati, basandosi su un calcolo di Edward Teller, che un'esplosione atomica
poteva incendiare l'atmosfera. Un calcolo rivisto, ridusse il pericolo di
distruzione del mondo ad un terzo di un milione di possibilità. (Teller dice che
più tardi era in grado di smentire completamente la prospettiva di combustione
atmosferica). Oppenheimer, benchè fosse abbastanza preoccupato per i risultati
di Trinity dispose per una possibile evacuazione della parte Sudovest dello
Stato del New Mexico. E, naturalmente, c'era il chiaro pericolo di un inizio
alla corsa di armi nucleari.
Entro un mese dal primo test di successo, 2
bombe atomiche distrussero Hiroshima e Nagasaki. Alcuni scienziati suggerirono
che le bombe dovevano essere semplicemente dimostrate, piuttosto che buttate
sulle città giapponesi - dicendo che questo avrebbe migliorato la possibilità di
controllo delle armi dopo la guerra - ma senza alcun esito.
Con la tragedia
di Pearl Harbor ancora fresco nelle menti americane, sarebbe stato molto
difficile per il presidente Truman di ordinare una dimostrazione di armi
piuttosto che usarle come ha fatto - il desiderio di finire velocemente la
guerra e salvare le vite che sarebbero state perse in un'invasione del Giappone
era molto forte. Ma, la sovrastante verità venuta era probabilmente molto
semplice: Come disse il fisico Freeman Dyson più tardi: "La ragione per cui è
stata buttata fu che nessuno ebbe il coraggio o la previsione di dire no".
E' importante rendersi conto come erano attoniti i fisici in seguito al
bombardamento di Hiroshima, il 6 Agosto del 1945. Essi descrissero una serie di
onde di emozioni: prima un senso di soddisfazione che la bomba aveva funzionato,
poi l'orrore per tutta la gente che era stata uccisa, e ancora un convincente
sentimento che per nessuna ragione un'altra bomba doveva essere buttata. Ma
naturalmente un'altra bomba fu lanciata, su Nagasaky, solo tre giorni dopo il
bombardamento di Hiroshima.
Nel novembre del 1945, tre mesi dopo il
bombardamento atomico, Oppenheimer si pose fermamente dietro la posizione
scientifica, dicendo: "Non è possibile essere uno scienziato senza credere che
il sapere del mondo, e il potere che gli conferisce, è cosa di intrinseco valore
per l'umanità, e che lo stai usando per aiutare l'espansione della conoscenza e
sei disposto ad accettarne le conseguenze".
Oppenheimer cominciò a lavorare, con altri, al rapporto Acheson-Lilienthal,
il quale, come disse Richard Rhodes in un suo recente libro, " Visions of
Technology" - "Trovata una via per prevenire la corsa all'armamento nucleare
clandestino senza risultare ai governi armati mondiali"; il loro suggerimento
era di rinuncia del lavoro sulle armi nucleari per gli stati - nazione ad una
agenzia Internazionale.
Questa proposta condusse al Progetto Baruch, il
quale fu sottomesso alle Nazioni Unite nel giugno del 1946 ma mai adottato
(forse perché, come suggeriva Rhodes, Bernard Baruch aveva "insistito nel
seppellire il progetto di sanzioni convenzionali", per cui inevitabilmente
rovinandolo, anche se sarebbe stato "quasi certamente rigettato in ogni caso
dalla Russia Stalinista"). Altri sforzi per favorire passi intelligenti verso
l'internazionalizzazione del potere nucleare per prevenire una corsa agli
armamenti si condussero in contrasto sia con la politica statunitense e
l'interna diffidenza, o sospetto dei Sovietici. L'opportunità di sfuggire alla
corsa alle armi fu persa, e molto velocemente.
Due anni più tardi, nel 1948,
Oppenheimer sembrava aver raggiunto un altro stato nel suo pensiero, dicendo:
"In uno strano crudo senso che nessuna volgarità, nessun humor, nessuna
dichiarazione può estinguere, i fisici hanno conosciuto il peccato; e questo è
un sapere che non possono perdere".
Nel 1949, i Sovietici esplosero una bomba atomica. Dal 1955, sia gli USA che
Unione Sovietica, testarono bombe all'idrogeno adatte al rifornimento aereo. E
così iniziò la corsa alle armi nucleari.
Circa 20 anni fa, nel documentario
"The Day After Trinity", Freeman Dyson riassunse le posizioni scientifiche che
ci portarono al precipizio nucleare.
"Io stesso l'ho sentito. Lo splendore
delle armi nucleari. E' irresistibile, se vieni a loro come scienziato. Sentirlo
che è li, nelle tue mani, sentire questa energia che irrora le stelle,
lasciandogli fare la tua preghiera.
Di fare questi miracoli, di alzare
milioni di tonnellate di pietre verso il cielo. E qualcosa che da alla gente
un'illusione di un illimitato potere, ed è, in alcun modo, responsabile di tutti
i nostri guai - questo, che potreste chiamare arroganza tecnicistica, che
soggioga le persone quando realizzano cosa possono fare con le loro menti.(8)
Oggi, come allora, siamo creatori di nuove tecnologie e stelle del futuro immaginato, guidati - questa volta da grandi ricompense finanziarie e competizioni globali - nonostante i chiari pericoli, difficilmente valutando come possa essere provare a vivere in un mondo che è il realistico risultato di ciò che stiamo creando e immaginando.
Nel 1947, The Bulletin of the Atomic Scientists cominciò a mettere il
Doomsday Clock (l'orologio del giorno del giudizio) sulla sua copertina.
Per
oltre 50 anni, ha dimostrato una valutazione dei pericoli relativi al nucleare
che abbiamo di fronte, riflettendo le mutevoli condizioni internazionali. Le
lancette dell'orologio sono state mosse 15 volte e oggi, a nove minuti a
mezzanotte, riflettono il continuo e reale pericolo delle armi nucleari. La
recente aggiunta dell'India e del Pakistan alla lista dei detentori del potere
nucleare ha aumentato la minaccia di fallimento dell'obiettivo di
nonproliferazione, e questo pericolo era apparso muovendo le lancette più vicino
alla mezzanotte nel 1998.
Ai giorni nostri, quanti pericoli abbiamo di
fronte, non solo dagli armamenti nucleari, ma da tutte queste tecnologie? Quanto
è alto il rischio di estinzione?
Il filosofo Jhon Leslie ha studiato queste domande e ha concluso che il rischio di estinzione umana è almeno il 30% (9), mentre Ray Kurzweil crede che abbiamo "una migliore opportunità di farcela, con l'obiezione per cui è sempre stato accusato di essere ottimista. Non solo queste previsioni non sono incoraggianti ma non includono neanche la possibilità di alcuni orrendi risultati vicini all'estinzione.
Confrontati con tali asserzioni alcune persone serie suggeriscono di
andarsene dalla terra al più presto possibile. Colonizzeremo la galassia
utilizzando le sonde? di Von Neumann che passano da sistema stellare a sistema
stellare. Per questo passo saranno necessari 5 miliardi di anni da ora (o al più
presto se il nostro sistema solare sarà disastrosamente colpito dall'imminente
collisione della nostra galassia con la galassia di Andromeda nei prossimi 3
miliardi di anni. Ma se prendiamo per buona la parola di Kurzweil e Moravec ciò
potrebbe essere necessario per la metà di questo secolo.
Quali sono qui le
implicazioni morali?
Se dobbiamo andarcene dalla terra così presto affinchè
sopravviva la nostra specie, chi accetterà la responsabilità per il destino di
coloro (alla fine quasi tutti noi) che saranno lasciati indietro?
Anche se ci
sparpagliamo nelle stelle, non è probabile che ci porteremo i nostri problemi
con noi o che più tardi ci raggiungeranno? Il destino della nostra specie sulla
terra o il destino sulle galassie sembrano inestricabilmente
congiunti.
Un'altra idea è di innalzare una serie di scudi per difendersi
contro ciascuna delle tecnologie pericolose. L'Iniziativa di Difesa Strategica,
proposta dall'Amministrazione Reagan, fu un tentativo di progettare uno scudo
contro la minaccia di un attacco nucleare da parte dell'Unione Sovietica. Ma
come osservò Arthur C. Clarke, interessato a trattare sul progetto: "Benchè
fosse possibile, una immensa spesa per costruire sistemi di difesa locale che
avrebbero lasciato passare "solo" una piccola percentuale di missili balistici,
la più sollecitata idea di un ombrello nazionale era
assurda-senza-senso.
Luis Alvarez, forse il più grande fisico sperimentale di
questo secolo, mi fece notare che i difensori di questi schemi erano "tipi molto
chiari con un senso non comune".
Clarke continuava: "Guardando dentro la mia
sfera di cristallo spesso nebulosa, sospetto che una totale difesa potrebbe
infatti essere possibile tra più o meno un secolo. Ma la tecnologia in questione
produrrebbe, come un effetto collaterale, armi così terribili che nessuno
perderebbe tempo con qualcosa come missili balistici primitivi". (10)
In "Engines of Creation", Eric Drexler propose che noi avremmo costruito uno scudo di difesa attivo nanotecnologico - una forma di sistema immunitario per la biosfera - per difendersi contro i pericolosi replicatori di ogni tipo che possono sfuggire dai laboratori o essere creati con malintenzione. Ma lo stesso scudo proposto sarebbe estremamente pericoloso - niente potrebbe impedirgli sviluppare problema autoimmuni e di attaccare la stessa biosfera. (11)
Simili difficoltà concernono la costruzione di scudi contro l'ingegneria
genetica e la robotica. Queste tecnologie sono troppo potenti per crearsi uno
scudo in tempo necessario.
Anche se fosse possibile implementare scudi di
difesa, gli effetti collaterali del loro sviluppo sarebbero tanto pericolosi
quanto le tecnologie da cui ci vogliamo difendere.
Tutte queste possibilità
sono indesiderabili o irrealizzabili o entrambi. L'unica alternativa realistica
che io vedo è la rinuncia: limitare lo sviluppo delle tecnologie che sono troppo
pericolose, limitando la nostra aspirazione a certi tipi di conoscenza.
Si,
lo so, il sapere è buono, visto che è la ricerca di nuove verità. Noi stiamo
cercando la conoscenza da tempi antichi. Aristotele apriva la sua "Metafisica"
con una semplice espressione: "Tutti gli uomini per loro natura desiderano
sapere". Abbiamo come principio fondamentale nella nostra società, concordato a
lungo sul valore dell'accesso libero all'informazione e riconosciuto quali
problemi sorgono col tentativo di limitare l'accesso alla conoscenza ed il suo
sviluppo.
Negli ultimi tempi, siamo arrivati ad onorare il sapere
scientifico.
Ma nonostante i forti precedenti storici, se l'accesso allo
sviluppo illimitato della conoscenza d'ora in avanti ci pone tutti in serio
pericolo di estinzione, allora il buon senso richiede che rivediamo di nuovo le
nostre basi, convinzioni a lungo sostenute. Era Nietzsche ad ammonirci, alla fine del 19esimo secolo, non solo che
Dio era morto ma che "la fiducia nella scienza, che tuttavia esiste
innegabilmente, non può avere le sue origini da un calcolo di utilità; deve
essere stata originata a prescindere dal fatto che l'inutilità e la pericolosità
della volonta di "verità" "verità ad ogni prezzo" gli sia provata
costantemente". Questo successivo pericolo con cui adesso ci imbattiamo
completamente - le conseguenze della nostra ricerca di verità. La verità che la
scienza ricerca può certamente essere considerata un sostituto pericoloso di Dio
se è possibile che ci conduca alla nostra estinzione.
Se potessimo
concordare, come specie, che cosa volessimo, dove vogliamo arrivare, e perché,
allora il nostro futuro sarebbe molto meno pericoloso - allora potremmo capire
che cosa possiamo e vorremmo abbandonare. Altrimenti possiamo facilmente
immaginare la corsa agli armamenti sulle tecnologie GNR, così come è successo
con le tecnologie NBC nel 20esimo secolo. Questo è forse il rischio più grande,
una volta iniziata tale corsa, è molto difficile terminarla.
Questa volta -
a differenza del Progetto di Manhattan - non siamo in guerra, di fronte ad un
implacabile nemico che minaccia la nostra civiltà; siamo guidati, invece, dalle
nostre abitudini, i nostri desideri, il nostro sistema economico, e la nostra
necessità competitiva di sapere.
Credo che tutti desideriamo che il nostro
destino sia determinato dai nostri valori collettivi, etici e morali. Se
avessimo acquistato più saggezza collettiva nelle passate migliaia di anni,
allora un dialogo verso questo fine sarebbe molto più pratico, e l'incredibile
potere che stiamo per scatenare non sarebbe poi così preoccupante.
Uno tenderebbe a pensare che tale dialogo sarebbe condotto dal nostro istinto
di auto conservazione.
Gli individui chiaramente hanno questo desiderio,
però come specie il nostro comportamento sembra non essere a nostro favore.
Confrontandoci con la minaccia nucleare, spesso abbiamo parlato in modo
disonesto-sleale incrementando enormemente i rischi. Se questo era politicamente
motivato, o perche abbiamo preferito non pensarci, o perché quando di fronte a
tali minacce abbiamo agito irrazionalmente per la paura, io non lo so, comunque
non è un buon presagio.
Il nuovo vaso di Pandora di genetica, nanotecnologia,
e robotica è quasi aperto, però non lo abbiamo notato. Le idee non possono
essere ricacciate nel vaso; a differenza dell'uranio o il plutonio, non devono
essere minate o raffinate, e possono essere liberamente copiati. Una volta
fuori, sono fuori. Churchill fece notare, in un suo famoso complimento "di
sinistra", che il popolo americano e i loro leaders "invariabilmente fanno la
cosa giusta, dopo che hanno esaminato ogni altra alternativa". In questo caso
tuttavia, dobbiamo agire previdentemente, visto che fare la cosa giusta in
ultima istanza potrebbe significare perdere la possibilità di fare qualsiasi
cosa.
Come ha detto Thoreau, "Non viaggiamo sulle rotaie; sono le rotaie che
viaggiano su di noi;" e questo è ciò che dobbiamo combattere, nel nostro tempo.
La questione invece è:
Chi deve essere il dominatore? Sopravviveremo alle
nostre tecnologie?
Siamo spinti avanti in questo nuovo secolo senza nessun piano, nessun
controllo, senza freni. Siamo già andati troppo in la' per cambiare
direzione?
Io non credo, ma non stiamo ancora provando, e l'ultima
possibilità per affermare il controllo - il punto di infallibilità - si avvicina
velocemente. Abbiamo i nostri primi robot domestici, come pure tecniche di
ingegneria genetica commercialmente disponibile, e le nostre tecniche nanoscale
stanno progredendo rapidamente.
Mentre lo sviluppo di queste tecnologie procede attraverso un grande numero
di passi, non è dovuto che - come è successo nel Progetto Manhattan e nel Test
Trinity - l'ultimo passo nel dimostrare la validità di una tecnologia sia grande
e difficile. La rottura verso l'auto-replicazione selvaggia della robotica,
l'ingegneria genetica, o la nanotecnologia potrebbe arrivare all'improvviso,
ravvivando la sorpresa che sentimmo quando venimmo a conoscenza per la prima
volta della clonazione dei mammiferi.
E ancora credo che non abbiamo una base
forte e solida per sperare. I nostri tentativi di trattare con le armi di
distruzione di massa nell'ultimo secolo sono un brillante esempio di rinuncia
che ci fa riflettere: l'abbandono unilaterale statunitense, incondizionato, di
sviluppo di armi biologiche.
Questa rinuncia emerse una volta realizzato, che
mentre sarebbe stato un sforzo enorme creare queste terribili armi, avrebbero
potuto da li in poi facilmente essere duplicate e cadere nelle mani di nazioni
nemiche o gruppi terroristici.
La chiara conclusione fu che avremmo creato
ulteriori minacce comprando queste armi, e che sarebbe stato più sicuro non
comprarle. Abbiamo sussunto il nostro abbandono delle armi chimiche e biologiche
nel 1972 con la Convenzione delle Armi Biologiche (BWC) e nel 1993 con la
Convenzione delle Armi Chimiche (CWC). (12)
Per quanto riguarda la continua minaccia delle armi nucleari, con cui abbiamo
vissuto ormai per circa più di 50 anni, il rifiuto del senato Statunitense del
Comprehensive Test Ban Treaty chiarisce che l'abbandono delle armi nucleari non
sarà politicamente facile. Ma abbiamo solo una opportunità, con la fine della
guerra fredda, di contrastare una corsa alle armi multipolare.
In base agli
abbandoni della BWC e CWC, il successo dell'abolizione di armi nucleari potrebbe
aiutarci a costruire l'abitudine ad abbandonare tecnologie pericolose.
(Attualmente, disfacendosi di tutte, tranne 100 armi nucleari, mondialmente -
all'incirca l'intero potere distruttivo della II Guerra Mondiale - potremmo
eliminare il pericolo di estinzione). (13)
Verificarne l'abbandono sarebbe un problema difficile, ma non irrisolvibile. Siamo fortunati ad aver già fatto parecchio lavoro importante nel contesto di BWC ed altri accordi. Il nostro principale compito sarà di applicare questo alle tecnologie che sono naturlamente molto più commerciali che militari. Il bisogno sostanziale è della trasparenza giacchè la difficoltà di verifica è direttamente proporzionale alla difficoltà di distinzione tra attività legittime e le restanti.
Francamente credo che la situazione nel 1945 era più facile di quella con cui
ci confrontiamo ora: le tecnologie nucleari erano ragionevolmente separabili tra
uso commerciale e militare, e il monitoraggio era facilitato dalla stessa natura
dei test atomici e dalla facilità con cui poteva essere misurata la
radio-attività.
La ricerca su applicativi militari poteva essere condotta in
laboratori nazionali come Los Alamos, con i risultati mantenuti segreti al più
lungo possibile.
Le tecnologie GNR non si dividono chiaramente in utilizzo
commerciale o militare; dato il ,loro potenziale nel mercato è difficile
immaginarne l'acquisto nei soli laboratori statali. Con la loro diffusa
richiesta commerciale, costringere alla rinuncia richiederà un regime di
verifica simile a quello per le armi biologiche ma ad una livello senza
precedenti. Questo inevitabilmente aumenterà la tensione tra la nostra privacy
ed il desiderio di informazioni proprietarie, e la necessità di verifica per
proteggerci tutti.
Senza dubbio incontreremo una forte resistenza a questa
perdita di privacy e libertà di azione.
La verifica della rinuncia di certe tecnologie GNR dovrà avvenire nel
cyberspazio quanto nel mondo fisico. Il punto critico sarà di creare la
necessaria trasparenza in mondo di informazioni di proprietà, presumibilmente
provvedendo a nuove forme di protezione sulla proprietà
intellettuale.
Verificare la messa a norma richiederà che gli scienziati e
gli ingegneri, adottino un forte codice di condotta etica, richiamando il
giuramento di Ippocrate, avranno il coraggio imporsi quando necessario anche ad
un alto rischio personale.
Questo risponderebbe alla chiamata - 50 anni dopo
Hiroshima - del Premio Nobel Hans Bethe, uno dei più anziani membri viventi del
Manhattan Project, che dice "cessate il lavoro, desistete dal creare,
sviluppare, migliorare e produrre armi nucleari o altre armi con la potenzialità
di distruzione di massa".
Nel 21° secolo ciò richiede vigilanza,
responsabilità personale da parte di coloro che lavorerebbero sia con tecnologie
NBC e GNR per evitare l'imlementazione di armi di distruzione di massa e la
distruzione di massa abilitata dal sapere.
Thoreau diceva anche che saremmo "ricchi in proporzione al numero di cose di
cui possiamo fare a meno" Ognuno di noi cerca la felicità, ma sembrerebbe
opportuno chiederci se dobbiamo rischiare così tanto, la totale distruzione, per
acquisire ancora più sapere e più cose; il buon senso dice che c'è un limite
alle nostre necessità materiali e che alcuni saperi sono troppo pericolosi
quindi meglio dimenticati.
Non dovremmo nemmeno ricercare una vicina
immortalità senza considerarne i costi, senza considerare il commisurato
incremento del rischio di estinzione . L'immortalità, mentre forse è originale,
non è certamente il solo possibile sogno utopico.
Recentemente ho avuto la
fortuna di incontrare lo stimato autore Jacques Attali, di cui il libro "Lignes
d'horizons" (Millennium, nella traduzione in inglese) ha aiutato a ispirare
l'approccio Java e Jini dell'arrivo dei computer pervasivi, come descritti
precedentemente in questa rivista. Nel suo nuovo libro "Fraternites", Attali
descrive come i nostri sogni di utopia siano cambiati nel
tempo:
"All'alba delle società, gli uomini videro il loro passaggio sulla
terra come niente di più che un labirinto di dolore, alla fine della quale vi è
posta una porta che conduce, attraverso la loro morte, alla compagnia degli Dei
e dell'eternità. Con i giudei e poi con i greci, alcuni uomini osarono liberarsi
dai comandamenti teologici e sognarono di una Città ideale dove sarebbe
prosperata la libertà. Altri, notando lo sviluppo della società mercato,
capirono che la libertà di qualcuno avrebbe potuto recare l'alienazione di
altri, e cercarono l'Eguaglianza".
Jacques mi aiutò a capire come questi tre diversi obiettivi utopici esistono
con molta tensione nelle nostre società di oggi. Poi prosegue descrivendo la
quarta utopia, Fraternità, di cui il fondamento è l'altruismo. Fraternità da
sola è associata a felicità individuale con la felicità di altri, fornendo la
promessa di autosostentamento.
Questo ha cristallizzato il mio problema con
il sogno di Kurzweil. Un approccio tecnologico all'eternità - una vicina
immortalità attraverso la robotica - potrebbe non essere l'utopia più
desiderabile, e la sua aspirazione porta chiari pericoli. Forse dovremmo
riconsiderare le nostre scelte utopiche.
Dove possiamo cercare una nuova
etica di base per situare il nostro percorso? Ho trovato le idee incluse nel
libro "Ethics for the new Millenium", del Dalai Lama, molto utili. Mentre è
molto conosciuto, ma poco ascoltato, il Dalai Lama dice che la cosa più
importante è per noi condurre la nostra vita con amore e compassione per gli
altri, e che le nostre società hanno bisogno di sviluppare una nozione più forte
di responsabilità universale e della nostra interdipendenza; egli propone uno
standard di condotta eticamente positiva per individui e società che sembrano
consonanti con l'utopia di Fraternità di Attali.
Il Dalai Lama continua
argomentando che dobbiamo capire cos'è che fa felice la gente, e ammette la
forte evidenza che né il progresso materiale nè l'aspirazione del potere di
conoscenza è la chiave - che ci sono limiti a quello che la scienza e
l'aspirazione scentifica da sola può fare.
La nostra nozione occidentale di
felicità sembra provenire dai Greci, che la definiscono come "l'esercizio del
potere vitale lungo binari di eccellenza in una vita che comprenda il loro
scopo". (15)
Chiaramente, dobbiamo trovare significative sfide e sufficienti scopi nella nostra vita se vogliamo essere felici nonostante ciò che verrà. Ma credo che dobbiamo trovare sbocchi alternativi per le nostre forze creative, al di la della cultura di crescita economica eterna; questa crescita è stata certamente una benedizione per centinaia di anni, ma non ci ha portato pura felicità e ora dobbiamo scegliere tra aspirazioni di libretà e sviluppo indiretto attraverso scienza e tecnologia con i pericoli che lo accompagna.(10)
E' passato più di un anno dal mio primo incontro con Ray Kurzweil e John
Searle. Vedo intorno a me un motivo per avere la speranza nelle voci per la
cautela e nella rinuncia e in quelle persone che ho scoperto preoccupate come me
sulla nostra attuale condizione. Provo, anch'io, un profondo senso di
responsabilità personale - non per il lavoro che ho già fatto, ma per il lavoro
che dovrò ancora fare, al punto di confluenza delle scienze.
Ma molte altre
persone che conoscono i pericoli tuttavia sembrano stranamente silenziose. Se
sollecitate , se ne escono con "non c'è niente di nuovo" - come se la
consapevolezza di ciò che potrebbe accadere fosse una risposta sufficiente. Mi
dicono, ci sono università piene di bioetici che studiano questo, tutto il
giorno. Dicono, "tutto questo è stato scritto da prima, e da esperti". Si
lamentano, le tue preoccupazioni e i tuoi argomenti sono scarpe vecchie.
Non so dove questa gente nasconde la paura. Come architetto di sistemi
complessi entro in questa arena come un generico. Ma questo dovrebbe diminuire
le mie preoccupazioni? Sono consapevole di quanto sia stato scritto, detto e
letto su questo in modo così autorevole. Ma questo significa che ha raggiunto
persone? Questo significa che possiamo sminuire i pericoli che abbiamo
davanti?
Il sapere non è un movente per non agire. Possiamo dubitare che il
sapere sia diventata un'arma che maneggiamo contro noi stessi?
Le esperienze
degli scienziati atomici dimostrano chiaramente la necessità di prendere
responsabilità personali, il pericolo che le cose si muoveranno troppo
velocemente, e il modo in cui un processo può prendere vita propria. Noi
possiamo, come loro, creare problemi insormontabili in pochissimo tempo.
Dobbiamo pensare di più in anticipo se non vogliamo essere sorpresi e colpiti
dalle conseguenze delle nostre invenzioni.
Il mio continuo lavoro
professionale è migliorare la affidabilità del software. Il software è uno
strumento, e come progettista di tali strumenti devo sforzarmi a controllare gli
utilizzi degli strumenti che faccio. Ho sempre creduto che facendo i software
più affidabili, dati i suoi utilizzi, avrebbero reso il mondo più sicuro e un
posto migliore; se dovessimo arrivare a pensare al contrario, allora sarei
moralmente obbligato a fermare il mio lavoro. Posso immaginare che tale giorno
arriverà.
Tutto questo non mi lascia arrabbiato ma un po' malinconico. D'ora in poi,
per me, il progresso sarà alquanto agrodolce.
Vi ricordate la penultima e
bellissima scena in "Manhattan", dove Woody Allen sta sdraiato sul suo lettino
parlando al registratore? Sta scrivendo una piccola storia sulla gente che sta
creando inutili neurotici problemi a se stessa, perché li trattiene dal
confrontarsi con i più irrisolvibili e terrificanti problemi
sull'universo.
Guida se stesso a chiedersi: "Perché la vita merita di essere
vissuta?" e considera cosa vale la pena per loro: Groucho Marx, Willie Mays, il
secondo movimento della Jupiter Symphony, la registrazione di Louis Armstrong di
"Potato Head Blues", i film svedesi, l'educazione sentimentale di Flaubert,
Marlon Brando, Frank Sinatra, le mele e le pere di Cezanne, i granchi a Sam
Wo's, e, alla fine, il pezzo forte: la faccia del suo amore Tracy.
Ciascuno di noi ha le proprie cose preziose, e come le curiamo, localizziamo
l'essenza della nostra umanità. Alla fine, è per la nostra grande capacità di
avere cura che rimango ottimista nel credere che affronteremo i pericoli
prodotti.
La mia immediata speranza è partecipare in una discussione molto
più ampia sui problemi qui sollevati, con persone provenienti da diversi
passati, modo non predisposto all'ansia o favorire tecnologie per il suo proprio
interesse.
Come inizio ho doppiamente portato molti di questi problemi ad
eventi sponsorizzati da l'Aspen Institute e ho separatamente proposto che
l'Accademia Americana delle Arti e delle Scienze li prendesse come estensione
del proprio lavoro con le Conferenze Pugwash. (Queste si tengono dal 1957 per
discutere il controllo delle armi, specialmente delle armi nucleari, e per
formulare regole fattibili).
E' una sfortuna che i meetings di Pugwash cominciati solo dopo il genio nucleare era uscito dalla lampada - all'incirca 15 anni dopo. Stiamo avendo anche un ritardo nell' indirizzare seriamente i problemi delle tecnologie del 21° secolo - la prevenzione del sapere abilitato alla distruzione di massa - e ulteriori ritardi sembrano inaccettabili.
Quindi sto ancora ricercando; ci sono ancora molte cose da imparare. Se siamo
destinati ad aver successo o a fallire, sopravvivere o cadere vittime di queste
tecnologie, non è ancora deciso.
Ed un altra volta rimango in piedi fino a
tardi, sono circa le sei del mattino. Sto cercando di immaginare risposte
migliori, per rompere l'incantesimo e liberarle dalla pietra.
1 The passage Kurzweil quotes is from Kaczynski's Unabomber
Manifesto, which was published jointly, under duress, by The New York Times and
The Washington Post to attempt to bring his campaign of terror to an end. I
agree with David Gelernter, who said about their decision:
"It was a tough call for the newspapers. To say yes would be giving in to
terrorism, and for all they knew he was lying anyway. On the other hand, to say
yes might stop the killing. There was also a chance that someone would read the
tract and get a hunch about the author; and that is exactly what happened. The
suspect's brother read it, and it rang a bell.
"I would have told them not to publish. I'm glad they didn't ask me. I
guess."
(Drawing Life: Surviving the Unabomber. Free Press, 1997: 120.)
2 Garrett, Laurie. The Coming Plague: Newly Emerging Diseases in a World Out
of Balance. Penguin, 1994: 47-52, 414, 419, 452.
3 Isaac Asimov described what became the most famous view of ethical rules
for robot behavior in his book I, Robot in 1950, in his Three Laws of Robotics:
Isaac Asimov descrisse ciò che divenne il più famoso punto di vista dei ruoli
etici per il comportamento umano nel suo libro "IO, robot nel 1950", nelle sue
tre leggi della Robotica: 1. Un robot non può arrecare nessun danno agli esseri
umani, o attraverso inattività.
4 Michelangelo wrote a sonnet that begins:
Michelangelo scrisse un sonetto che inizia: Non ha l' ottimo artista alcun
concetto Ch' un marmo solo in se non circonscriva Col suo soverchio; e solo a
quello arriva La man che ubbidisce all' intelleto. Stone describes the process: "He was not working from his drawings or clay
models; they had all been put away. He was carving from the images in his mind.
His eyes and hands knew where every line, curve, mass must emerge, and at what
depth in the heart of the stone to create the low relief."
(The Agony and the Ecstasy. Doubleday, 1961: 6, 144.)
5 First Foresight Conference on Nanotechnology in October 1989, a talk titled
"The Future of Computation." Published in Crandall, B. C. and James Lewis,
editors. Nanotechnology: Research and Perspectives. MIT Press, 1992: 269. See
also www.foresight.org/Conferences/MNT01/Nano1.html.
6 In his 1963 novel Cat's Cradle, Kurt Vonnegut imagined a gray-goo-like
accident where a form of ice called ice-nine, which becomes solid at a much
higher temperature, freezes the oceans.
7 Kauffman, Stuart. "Self-replication: Even Peptides Do It." Nature, 382,
August 8, 1996: 496. See www.santafe.edu/sfi/People/kauffman/sak-peptides.html.
8 Else, Jon. The Day After Trinity: J. Robert Oppenheimer and The Atomic Bomb
(available at www.pyramiddirect.com).
9 This estimate is in Leslie's book The End of the World: The Science and
Ethics of Human Extinction, where he notes that the probability of extinction is
substantially higher if we accept Brandon Carter's Doomsday Argument, which is,
briefly, that "we ought to have some reluctance to believe that we are very
exceptionally early, for instance in the earliest 0.001 percent, among all
humans who will ever have lived. This would be some reason for thinking that
humankind will not survive for many more centuries, let alone colonize the
galaxy. Carter's doomsday argument doesn't generate any risk estimates just by
itself. It is an argument for revising the estimates which we generate when we
consider various possible dangers." (Routledge, 1996: 1, 3, 145.)
10 Clarke, Arthur C. "Presidents, Experts, and Asteroids." Science, June 5,
1998. Reprinted as "Science and Society" in Greetings, Carbon-Based Bipeds!
Collected Essays, 1934-1998. St. Martin's Press, 1999: 526.
11 And, as David Forrest suggests in his paper "Regulating Nanotechnology
Development," available at www.foresight.org/NanoRev/Forrest1989.html, "If we
used strict liability as an alternative to regulation it would be impossible for
any developer to internalize the cost of the risk (destruction of the
biosphere), so theoretically the activity of developing nanotechnology should
never be undertaken." Forrest's analysis leaves us with only government
regulation to protect us - not a comforting thought.
12 Meselson, Matthew. "The Problem of Biological Weapons." Presentation to
the 1,818th Stated Meeting of the American Academy of Arts and Sciences, January
13, 1999. 13 Doty, Paul. "The Forgotten Menace: Nuclear Weapons Stockpiles Still
Represent the Biggest Threat to Civilization." Nature, 402, December 9, 1999:
583.
14 See also Hans Bethe's 1997 letter to President Clinton, at
www.fas.org/bethecr.htm.
15 Hamilton, Edith. The Greek Way. W. W. Norton & Co., 1942: 35.
1. A robot may not injure a human being, or, through inaction, allow a human
being to come to harm.
2. A robot must obey the orders given it by human
beings, except where such orders would conflict with the First Law.
3. A
robot must protect its own existence, as long as such protection does not
conflict with the First or Second Law.
Stone translates this
as:
The best of artists hath no thought to show which the rough stone in
its superfluous shell doth not include; to break the marble spell is all the
hand that serves the brain can do.
(minerva.amacad.org/archive/bulletin4.htm)