"O lotti o stai zitto. Non è più tempo di lamentele."
intervista a John Zerzan ispiratore del nuovo anarchismo
Tornare alle origini e ricominciare da capo per riappropiarci dell'aria che respiriamo, delle parole che utilizziamo,della terra dove viviamo, le nostre ore e i sentimenti, tutto ciò di cui ci siamo spogliati per fare spazio all'orologio, l'automobile, il consumismoe, in generale, a una civilizzazione basata sull'accumulo di capitale che ha fatto dell'uomo uno schiavo che ama e lavora al ritmo del fischio.
Il cosidetto "anarco-primitivismo" di John Zerzan espresso in Elements of refusal e Future primitive, avrebbe potuto passare alla storia come il pensiero di un eccentrico se non fosse che con i suoi libri ha dato molti argomenti e idee a una gioventù apatica che non aspettava altro per passare all'azione. Prima di apparire come uno degli animatori della rivolta di Seattle, aveva già attirato gli occhi della stampa americana per la visita che fece in carcere a Unabomber, eco-terrorista.
Ti accusano di voler emendare 12.000anni di storia dell'umanità per tornare all'epoca delle caverne.
Alla radio e negli interventi pubblici dove adesso mi chiamano mi aspettavo che mi dessero del pazzo, ma ancora non ho trovato un solo ascoltatore in tutta l'America che chiami per dirmi: "Ma cosa dici!". Se viviamo in un mondo stupendo, questo è il futuro che voglio per i miei figli. Ciò che chiedono di solito è come arrivarci, a un tipo di vita in armonia con la natura, il che significa che perlomeno ci pensano.
Come possiamo arrivarci senza una bomba atomica che rada tutto al suolo?
L'energia e lo sforzo umano di cui abbiamo bisogno per mantenere in funzionamento questo sistema è enorme. Basterà che la gente cominci a ritirarsi dal gioco perché tutto crolli. Chissà forse qualcono comincierà a usare il giardino di casa per piantare fiori e cibo e presto altri lo imiteranno.
Ti piacerebbe lasciare questa casa per andare a vivere in una grotta?
Non so. Evidentemente, anche a me piace sapere che se soffro di una grave malattia c'è una medicina che può curarmi. Però la coscienza che questa civilizzazione è insopportabile è sempre più diffusa. Quando vedi come l'uomo avvelena il pianeta, l'alienazione, la depressione, la pazzia che genera questo sistema, molti giovani si suicidano o escono in strada con un fucile per uccidere il primo che trovano, è ovvio che non possiamo continuare così.
Come hai scoperto le tue affinità con Unabomber?
Leggendo il suo manifesto mi accorsi che pur non conoscendolo avevo la stessa maniera di riflettere sulle cose e così andai a trovarlo in carcere.
Approvi i suoi attentati?
No, per me la vita umana è sacra. Però non bisogna nemmeno pensare che Unabomber è un matto che uccideva innocentini. I suoi obiettivi erano gente che sta a capo di questo sistema che uccide e
disumanizza.
Durante gli anni del tuo ritiro hai mai pensato che la protesta potesse tornare sulle strade?
Ho sempre pensato che sarebbe tornata però non sapevo se io sarei stato qui a vederlo.
Cosa non funzionò negli anni sessanta?
Quando la gente vide che non riusciva a cambiare niente e con la fine della guerra del Vietnam perse anche una causa per cui combattere si chiese se valeva la pena scontrarsi con la repressione in corso.
Non ci sono più soldati americani che muoiono in guerra, cosa può mantenere unita la protesta oggi?
E' vero, non ci sono più cause come il Vietnam e, tuttavia, mi stupisce constatare che i giovani stanno reagendo con la stessa passione e determinazione che avevamo noi. Io sono sempre stato un romantico che crede nella vittoria finale, loro lottano senza aspettarsi niente, il che rende le condizioni della loro lotta ancora più realiste e difficili.
Non hai paura che la violenza vi si ritorca contro, attraendo i provocatori e le amicizie pericolose?
Sarebbe pericoloso se fossimo implicati in delitti o stessimo pianificando azioni di violenza, dietro i giovani con il passamontagna c'è un movimento abbastanza trasparente.
Non è violenza spaccar vetrine a sassate?
In un paese dove il diritto al denaro e alla proprietà passa sopra qualsiasi altro diritto, è solo una forma di segnalare e difendersi da quelli che esercitano la vera violenza: le multinazionali e la tecnologia, che degradano il nostro cibo, l'acqua e l'habitat, tutti coloro che antepongono la loro avarizia alla vita di milioni di persone in tutto il mondo.
Cos'è cambiato dopo Seattle?
Ci ha obbligato a riflettere sulla natura della società in cui viviamo.
Quanto può rimanere unito un movimento così eterogeneo?
I riformisti dicono che ci sono cose che non funzionano ma non dicono mai cosa funziona. Credo che non siano solo le riforme ciò di cui abbiamo bisogno. Tutti dobbiamo mettere sul piatto ciò che pensiamo e vogliamo. Se la riforma non basta, cambiamola. Si capisca però che questo richiede qualcosa di più di qualche buon proposito. Le buone idee senza azione non servono a nulla. O lotti o stai zitto. Non è più tempo di lamentele.