Federico Rosati
Intorno ai primi di luglio del 1997 ricevetti una telefonata da parte di un amico di vecchia data, Massimo Bianchini. Questi, che come me si interessa di ufologia ormai da diversi anni, mi disse che gli si era presentato un caso estremamente particolare e mi chiese se potevo essere interessato ad affiancarlo nell’indagine; mi feci raccontare brevemente la vicenda e subito rimasi molto colpito, in quanto era la prima volta che mi capitava di udire una storia dalle caratteristiche tanto singolari. Accettai di buon grado, così che, pochi giorni dopo, ci incontrammo con il testimone, Enrico Giordani, il quale ci fornì un quadro estremamente dettagliato dell’esperienza da lui vissuta. Di questa ho in seguito redatto un resoconto che è stato controllato e sottoscritto dal Giordani e che riporto in questa sede senza apporvi alcuna modifica:
«Un giorno dell’estate del 1977, poco dopo la chiusura delle scuole, alle ore 15:00 circa, Enrico Giordani, giovane fiorentino allora sedicenne, si stava recando da alcuni suoi amici per trascorrere con loro il pomeriggio. Abitando lui in via G.B. Vico, Firenze, e trovandosi loro al di là della stazione ferroviaria Campo di Marte, fu costretto nel tragitto ad attraversare il cavalcavia che sovrasta i binari e conduce fino all’area degli impianti sportivi. Verso la fine della struttura sopraelevata - aveva oltrepassato la stazione e si trovava esattamente sopra via Campo d’Arrigo - il giovane si sentì all’improvviso scivolare in un particolare stato psicofisico mai provato in precedenza né in tempi successivi che lo costrinse a fermarsi. Cercando di spiegare in che cosa consistesse la particolarità dello stato nel quale era caduto, il testimone ha successivamente detto che si era ritrovato "come in trance", "imbambolato", privo di una completa lucidità mentale. Pochi attimi dopo il sopraggiungere di questo stato, quindi, avvertì la necessità di alzare lo sguardo al cielo, e si trovò così di fronte ad una sagoma gigantesca che stazionava immobile in cielo ad una distanza di circa 30 metri in direzione nord e ad un’altezza di 40/45°. In questa circostanza, tuttavia, poté vedere solo una parte dell’intero apparecchio, che in seguito risultò essere costituito da due strutture cilindriche unite tra loro per una estremità in modo da assumere una forma "a boomerang", come l’ha definita il testimone. L’oggetto, comunque, si trovava inizialmente in una posizione tale per cui un cilindro era perfettamente visibile in tutta la sua estensione, mentre l’altro veniva nascosto quasi del tutto. La lunghezza stimata dal testimone di ciascun cilindro era di circa 200/250 metri, mentre il rapporto tra questa e il diametro è paragonabile a quello delle misure di una normale sigaretta. Il colore, "argenteo", sul "grigio perla", era costante su tutto l’oggetto, la cui superficie era quasi completamente uniforme a parte 4 o 5 strutture circolari che si notavano lateralmente al cilindro e che davano l’idea di essere degli oblò, anche se in realtà la colorazione interna era identica a quella esterna. Nel suo insieme, quindi, l’oggetto sembrava avere una consistenza solida e materiale. Altro particolare è che nella parte inferiore del cilindro si notavano delle luci bianche disposte in fila, in numero maggiore rispetto ai presunti oblò, riguardo alle quali il testimone non ricorda se lampeggiassero o meno.
Sia la caduta nello stato di "semi-trance" che l’avvistamento dello strano oggetto volante avvennero in tempi estremamente brevi; poco dopo aver avvertito la necessità di guardare in alto, infatti, una spinta dello stesso tipo portò il testimone a distogliere lo sguardo dall’oggetto - cosa assolutamente incredibile in condizioni normali - ad avvicinarsi al bordo della passerella e a guardare verso il basso, verso la strada. Immediatamente, quindi, lo scenario sottostante subì uno straordinario cambiamento: le persone che in quel momento si trovavano a percorrere quella via, infatti, scomparvero in modo improvviso, e al loro posto iniziarono progressivamente a sopraggiungere dai vari angoli della strada altre persone, principalmente uomini, i quali però avevano un abbigliamento proprio non di quel periodo, e cioè gli anni ’70, bensì degli anni ’30-’40, come il testimone ha potuto dedurre in seguito. In particolare, al testimone è rimasto impresso il ricordo dei copricapi di tipo "paglietta" e dei bastoni da passeggio del tipo di quelli usati dal grande attore e regista inglese d’inizio secolo Charles Chaplin, più comunemente noto come "Charlot". Inizialmente, le persone erano poche e vestivano per lo più un abbigliamento ricco (giacca, gilè, pantaloni eleganti, ecc.); nel corso della scena, poi, che al testimone è parsa "molto lunga" - potevano essere stati venti minuti come due ore - vi è stato un continuo e progressivo aumento e sono comparse anche molte persone dall’abbigliamento più povero. L’attività dei passanti consisteva nel camminare - il testimone ha detto che era una "cosa abbastanza viva", e che vi erano "persone che andavano e venivano da un marciapiede a un altro". Alcuni, inoltre, nel momento in cui si incrociavano si fermavano mettendosi a conversare e formando così piccoli gruppi. Ad un certo punto, poi, il Giordani ebbe l’impressione di conoscere due persone che si erano fermate a parlare ad un angolo della strada; oggi, tuttavia, non sa dire chi potessero essere. Va aggiunto che durante la scena oltre agli uomini vi fu anche il passaggio di almeno tre o quattro carrozze. Particolari interessanti, infine, sono che il testimone non ha udito alcun rumore per tutto il periodo dell’osservazione, e che l’ambiente fisico è rimasto praticamente quello degli anni ’70 - la strada, ad esempio, era asfaltata - a parte alcuni edifici che avevano assunto una disposizione e una forma in parte differenti.
L’intera esperienza è stata vissuta dal testimone in modo estremamente passivo; questi, cioè, osservava quanto stava accadendo senza esserne completamente cosciente. Ricorda che ogni tanto dentro di sé si faceva avanti la domanda se quanto stesse accadendo fosse reale oppure no; questa, tuttavia, veniva meno nel momento stesso in cui si affacciava, non assumendo mai, quindi, una forma cosciente; a parte lo stato di intorpidimento psicofisico, comunque, per il resto la situazione veniva avvertita come complessivamente piacevole e veniva vissuta con serenità, tranquillità e gioia.
Ad un certo punto, come nelle occasioni precedenti, il testimone sentì nuovamente la necessità di rivolgere lo sguardo verso il cielo. Si trovò così per una seconda volta di fronte allo strano oggetto volante, il quale, però, aveva ora preso a muoversi a velocità molto bassa allontanandosi progressivamente e spostandosi contemporaneamente verso destra. Percorso un certo tratto, poi, prese a ruotare attorno ad un ipotetico asse orizzontale mostrando così nella sua interezza la propria struttura a forma di "boomerang". Quindi, raggiunta evidentemente la posizione ideale, schizzò via allontanandosi verso nord e contemporaneamente verso l’alto senza produrre alcun tipo di scia e ad una velocità elevatissima, tanto da scomparire alla vista nel giro di pochi attimi.
Scomparso l’oggetto, lo stato di "semi-trance" nel quale il Giordani era entrato terminò bruscamente, e ad esso subentrarono una situazione sgradevole di spossatezza, di agitazione, di sovreccitazione, e un notevolmente frastornamento, i quali durarono per una buona mezz’ora. Riprese quindi a camminare per la passerella reggendosi in piedi a malapena come un ubriaco e guardando contemporaneamente verso il cielo. Successivamente ha dichiarato: "Non mi rendevo conto subito di cosa potesse essere accaduto. Avevo sempre questa cosa in mente. Soprattutto le immagini di questa figura sparivano e tornavano a flash". A differenza dell’oggetto volante, invece, la scena della strada gli tornò alla mente solo la sera dello stesso giorno, verso le 19:00, mentre stava ritornando a casa dopo essere stato dai suoi amici. Riguardo questa, poi, ha detto inoltre che anche se mentre la viveva gli era parsa estremamente lunga, in seguito aveva avuto l’impressione, confermata del resto dal tempo effettivamente trascorso, che fosse durata pochissimo, un minuto circa. In ogni caso, ebbe sin da subito la convinzione che quanto accaduto fosse stato assolutamente reale. Quando arrivò in fondo alla passerella, verso la fine delle scale incrociò alcune persone, le quali, tuttavia, non dettero l’impressione di aver notato alcunché di insolito. Arrivato dai suoi amici, poi, non raccontò nulla a nessuno, un po’ perché sentiva quanto vissuto come un qualcosa di estremamente personale, un po’ per paura di non essere creduto; solo dopo tre o quattro giorni si decise a raccontare l’esperienza ad un suo amico coetaneo (Simone Di Pisa), e successivamente anche ai suoi genitori. La distrazione del pomeriggio, inoltre, lo aiutò a non pensare più di tanto all’accaduto e gli fece passare quasi del tutto lo stato di sbandamento nel quale lo aveva lasciato l’esperienza. Nel tornare a casa, invece, si ripresentarono sia l’uno che l’altro, anche se l’agitazione si era ormai ridotta, e dovette passare un’intera giornata perché potesse rientrare pienamente in uno stato di normalità.
In seguito ha dichiarato che nel corso di tutta l’esperienza non ha mai udito alcun tipo di rumore, né ha provato sensazioni odorifere particolari; l’unica cosa interessante che gli è parso di ricordare è che con la caduta nello stato di "semi-trance" vi era stato un parziale aumento di calore. A scanso di equivoci e malinterpretazioni, inoltre, ha detto che quel giorno si trovava in uno stato di perfetta salute e di assoluta sobrietà; non aveva assunto, quindi, né medicine, né alcool né droghe.
Attualmente si rapporta all’esperienza passata con serenità e con desiderio di capire cosa sia effettivamente successo; ha confessato, tuttavia, che ancora oggi tutte le volte che racconta la vicenda "c’è un po’ di stato d’ansia, di inquietudine". Considerando la materia ufologica alla luce di una possibile interpretazione in tal senso del fatto ha detto inoltre che non ha un’attrazione specifica per tale argomento, piuttosto un interesse generico per l’ignoto. Alla domanda se avesse mai avuto altre strane esperienze in passato, infine, ha risposto di aver avuto delle esperienze particolari in stato di sogno. Dall’età di 21-22 anni, infatti, gli sarebbe capitato diverse volte di fare un sogno ricorrente: il soggetto si trova a percorrere un tunnel e ha la sensazione che questo porti a un punto di non ritorno; non senza consumo di energie, quindi, lo ripercorre a ritroso portandosi al sicuro. In una occasione, tuttavia, si sarebbe spinto più in là del solito: giunto in una grande stanza, avrebbe visto sé stesso disteso su di un lettino, morto, con delle persone attorno che lo piangevano; con uno sforzo enorme, quindi, sarebbe riuscito anche in questa circostanza a tornare indietro, svegliandosi di soprassalto, sudato e in preda all’agitazione».
Di fronte ad una vicenda di questo tipo, si potrebbe giustamente obiettare che non vi è altro elemento a sostegno della sua realtà se non la testimonianza del Giordani; in effetti, sia l’assenza di ulteriori testimoni che il tempo trascorso sono elementi che non giocano a nostro favore.
Pur con queste difficoltà, ci siamo impegnati nella ricerca di elementi che potessero dare solidità al racconto. Dai vari cataloghi di avvistamenti ufologici che ci è stato possibile consultare non è emerso alcun caso relativo a quel periodo e a quella zona che potesse in qualche modo essere messo in relazione con la nostra vicenda. Abbiamo inoltre rintracciato l’amico, Simone Di Pisa, con il quale il testimone si era confidato pochi giorni dopo il fatto, e questi ci ha rilasciato una dichiarazione scritta e firmata con la quale ha confermato «di conservare il ricordo del racconto fatto dall’amico Enrico Giordani moltissimi anni fa di un’esperienza da lui vissuta nella quale aveva avuto modo di osservare a distanza ravvicinata un enorme oggetto volante non identificato a forma di boomerang». Infine, posso esprimere alcune considerazioni di carattere personale. Nel corso del primo incontro che ho avuto con il Giordani, incontro che è durato più di tre ore, questi, di fronte alle domande incalzanti mie e del Bianchini, non si è mai contraddetto né ha avuto momenti di esitazione, se non di fronte a circostanze di poco rilievo, il cui ricordo era stato intaccato dal tempo trascorso. L’impressione che ho sempre avuto, inoltre, è stata quella di una persona il cui unico desiderio era quello di riuscire a spiegarsi l’esperienza vissuta, tanto che la decisione di rendere pubblica la vicenda è stata presa sia da lui che da noi inquirenti solo in considerazione della possibilità di far emergere, se esistono, fatti analoghi che possano portare un contributo all’interpretazione del caso.
[Il presente articolo è tratto dalla rivista «Il Giornale dei Misteri» n. 318 (aprile 1998)]