SETI : la ricerca della vita extraterrestre da oltre trent’anni

Dai primordi della ricerca fino ai giorni odierni

di  Enrico Baccarini

cunfi@ecn.org

 

 

 

La nascita di un progetto

La scoperta di nuovi pianeti al di fuori del nostro sistema solare e di molecole prebiotiche nelle nubi interstellari ci può permettere di pensare che la vita non possa essere un fenomeno isolato unicamente al pianeta Terra ma che possano esistere, nello sconfinato universo, altri pianeti che possano ospitare forme di vita.

Da oltre trent’anni ricercatori di tutto il mondo sondano  le immensità del cosmo per riuscire a captare segnali di possibile origine aliena. La ricerca di intelligenze extraterrestri (ETI) si basa sugli sforzi collettivi di centinaia di ricercatori sparsi in tutto il mondo, tale progetto è oggi  conosciuto come “Ricerca di Intelligenze Extraterrestri”, in sigla (SETI).

Le speculazioni sulla possibile vita in altri pianeti possono essere fatte risalire al periodo greco classico e alla rivoluzione copernicana, che decentrò la Terra dal centro dell’universo e si pose come ulteriore tappa fondamentale per il progredire del pensiero umano. Lo scopo che i ricercatori di tutto il mondo si sono preposti con il progetto SETI è quello di cercare o di intercettare comunicazioni di natura elettromagnetica artificiale, emesse quindi da una volontà coscienti ed estranee alla Terra. Nel 1959 Giuseppe Cocconi e Philip Morrison osservando la grande potenza dei radiotelescopi proposero di utilizzarli per ricerche mirate nell’universo. La prima frequenza di riferimento che venne utilizzata per ricercare forme di vita extraterrestri fu quella dell’idrogeno (21 centimetri), le frequenze collegate a tale elemento vennero utilizzate per scandagliare varie zone dell’universo.

Nel 1960 Frank Drake, radioastronomo americano, indipendentemente iniziò a ricercare segnali usando radio telescopi. Da allora fino ad i nostri giorni il progetto SETI si è ampliato enormemente vedendo compartecipi oltre sessanta ricercatori di tutto il globo che ricercano costantemente segnali ETI nell’universo.

All’interno dello spettro radio esiste una regione conosciuta come la “finestra delle microonde libere” (free space microwave window), che è dislocata tra 1 gigahertz e 60 gigahertz. Questa è la regione più calma dello spettro radio ed è, al contempo, la regione in cui è più facile identificare segnali inviati da altre civiltà contro il normale rumore di fondo. La banda dei 21 centimetri dell’idrogeno  è la più bassa frequenza di questa finestra nello spettro delle onde radio.

L’avanzamento dei mezzi scientifici e tecnologici ha permesso negli ultimi decenni una crescita esponenziale per la ricerca di vita nel cosmo, ma la base fondamentale del progetto SETI rimane l’ascolto. Altre strategie sono state proposte per la comunicazione con altre civiltà extraterrestri. Per molto tempo si è parlato di inviare un segnale nel cosmo tale da poter essere facilmente captato e a cui sarebbe potuto seguire un contatto (tale progetto venne conosciuto come CETI, ovvero Contact with Extraterrestrial Intelligence, ma la preoccupazione di molti ricercatori si  concentrò soprattutto su quale specie avrebbe potuto stabilire il primo contatto con la popolazione terrestre. Da tale progetto quindi nacque il SETI il cui scopo fu fin dall’inizio quello di ascoltare eventuali messaggi artificiali presenti e inviati nel cosmo. Le speculazioni, in ambito scientifico, se la Terra sia l’unico pianeta dell’universo ad ospitare la vita o se migliaia di pianeti possano ospitare civiltà più o meno progredite ha risvegliato nei ricercatori di tutto il pianeta la paura del contatto. Nel caso in cui la razza che ricevesse il nostro messaggio non fosse mossa da intenti prettamente “umanitari”, ma altresì avesse mire egemoni potrebbe condurre la Terra in scenari simili a quelli prospettati nel famoso film “Indipendence Day”. Con tali motivazioni i ricercatori coinvolti in tali progetti hanno convenuto che la formula del “to listen”, (ascoltare), dovesse essere ritenuta la migliore per evitare spiacevoli inconvenienti a seguito di un contatto.

Il messaggio che i ricercatori si aspettano di poter captare potrebbe essere costituito da semplici informazioni o da una vasta gamma di dati. Nel caso che dovesse venire intercettata una comunicazione extraterrestre, il suo valore per gli abitanti della Terra sarebbe enorme, costituirebbe la prima prova tangibile dell’esistenza di altre razze intelligenti e tecnologicamente avanzate nel cosmo.

 

SETI post detection

 

Dieci anni fa l’Accademia Internazionale Astronautica (IAA) iniziò a dibattere le procedure che si sarebbero dovute seguire a seguito dell’intercettazione di tale segnale. Da ciò nacque quello che oggi è conosciuto come il “SETI Post Detection Protocol”. Le discussioni continuarono anche sulla formulazione  di una “Dichiarazione dei Principi Concernenti le Attività Seguenti al Rilevamento di Entità Extraterrestri”, tale documento venne stilato da ricercatori di tutto il mondo e vide coinvolte sei tra le più importanti organizzazioni astronomiche del mondo. Mentre molte parti della Dichiarazione trattano su come rendere partecipi le masse della scoperta, un principio pone la domanda se dovrà essere inviato un segnale di risposta al segnale intercettato.

Il quesito che tale principio sottendente è se la razza umana dovrà inviare un segnale di risposta e se saremo pronti ad accettare di non essere soli nell’universo. Esistono due linee di pensiero che sono state proposte per tale eventualità, la prima afferma che l’umanità dovrà essere avvertita poco tempo dopo la scoperta di tale segnale, la seconda propone una acculturazione lenta delle masse per non insorgere in problemi di isterismi o  crisi di masse a seguito di tale rivelazione. Dobbiamo ricordare come reagì nel 1939 la popolazione americana  a seguito della trasmissione radiofonica di Orson Wells, anche se molti sono gli anni che ci dividono sappiamo, in base a ricerche sociologiche recenti, che la reazione attuale delle masse non sarebbe molto dissimile.

L’ottavo principio della “Dichiarazione dei Principi Concernenti le Attività Successive al Rilevamento di Intelligenze Extraterrestri” recita testualmente che “nessuna risposta al segnale captato o evidenze di intelligenze extraterrestri dovranno essere divulgate fino a quando non sia avvenuta una consultazione internazionale”. Il problema fondamentale che molti ricercatori si pongono è se valga realmente la spesa di centinaia di migliaia di dollari affrontata fino ad oggi per la ricerca di un segnale di possibile origine aliena. Potranno passare decenni se non secoli, secondo i ricercatori, prima che qualche prova tangibile possa essere disponibile. Così non la pensa l’altro versante dei ricercatori impiegati a pieno regime all’interno dei progetti di ricerca come il  SETI. Le attuali conoscenze ci permettono di essere sicuri riguardo la presenza nella nostra galassia di altre civiltà, i dati e le scoperte scientifiche operate negli ultimi anni hanno sfatato la credenza che la Terra sia l’unico pianeta abitabile all’interno dell’universo, il problema che si interpone tra la scienza ed un possibile contatto è il grado di evoluzione che tali civiltà aliene potrebbero avere. Avvicinandoci alla nota formula di Drake, vediamo che le percentuali più pessimistiche per la presenza di vita nel cosmo ci danno un risultato veramente scioccante, centinaia di migliaia sarebbero i pianeti che ospiterebbero  o avrebbero ospitato forme di vita evolute. L’unico problema è sapere a che grado di evoluzione si trovi una data civiltà. Affidandoci alle stime precedentemente citate possiamo affermare con sicurezza che oggi esisteranno nell’universo sicuramente civiltà meno evolute della nostra, come allo stesso tempo potranno esistere quasi sicuramente civiltà che posseggono un livello tecnologico superiore al nostro.

Le questioni a carattere istituzionale sollevate da vari ricercatori impongono alla ricerca SETI alcuni veti possibilmente vincolanti. Il contatto con una civiltà extraterrestre è più che una semplice ricerca scientifica, diventerebbe una vera e propria questione politica che dovrebbe essere trattata ed indirizzata ad organi politici di competenza. A tale scopo l’ONU è stato nominato come “gestore e interlocutore” nel caso stabilissimo un contato con una civiltà aliena. A seguito della ricezione di un segnale esterno e della sua verifica solo l’ONU potrebbe diramare la notizia ai grandi media.

Il SETI oggi

 

Se da un lato, come abbiamo visto, le questioni burocratiche tendono a rallentare il progetto SETI la voglia e la passione per tale ricerca porta attualmente miriadi di ricercatori a dare il loro appoggio nella ricerca. Alcuni anni fa l’università di Berkeley, promotrice del SETI, compì un ulteriore passo verso il potenziamento dei sistemi di ricerca nel cosmo. Con l’iniziativa “SETI @t Home” migliaia di persone nel mondo avrebbero potuto dare il loro piccolo apporto alla ricerca. Attraverso un piccolo programma, scaricabile da Internet, ed utilizzato come screensaver (sistema che si attiva dopo un determinato tempo di latenza del computer per non rovinare la matrice degli schermi), una persona poteva mettere a disposizione il proprio computer per aiutare i ricercatori nello studio dei dati raccolti. Tale iniziativa trovò subito milioni di persone pronte e suscitò molto clamore negli ambienti accademici.

Dopo alcuni anni di stenti dovuti alla mancanza di finanziamenti, ed un periodo in cui si credeva dovesse chiudere, oggi il progetto SETI è ritornato al suo vecchio fervore potendo disporre di maggiori fondi e mezzi per la ricerca. Come è buon uso nel mondo economico moderno i finanziamenti privati hanno permesso al progetto di rinascere in grande stile e di disporre di maggiori fondi, nonché opportunità, per condurre la propria ricerca.

 Al recente Simposio Mondiale di San Marino il Professor Drake ha fatto una stima dei decenni di ricerche che lo hanno coinvolto ed ha presentato al pubblico le nuove mete che il progetto si è posto. Iniziando il proprio intervento Drake ha voluto sottolineare come il problema attuale dell’umanità sia quello di non riuscire a rapportarsi con i tempi cosmici. L’uomo vuole avere tutto e subito, non sa aspettare ciò che gli interessa. Le bande attuali nelle quali operano i nostri sistemi di trasmissione arrivano fino a 1Ghz, quindi una eventuale altra razza che ricercasse segnali verso il nostro pianeta non potrebbe superare tale limite. Nel caso che scandagliasse bande superiori non riuscirebbe mai a trovarci. Lo stesso problema è posto all’uomo, non sappiamo su quale banda ricercare precisamente eventuali segnali ETI.

Drake ha postulato tre punti fondamentali che potrebbero permetter al SETI, nell’immediato futuro, di accelerare le proprie ricerche così da poter ottenere in minor tempo risultati soddisfacenti.

 

1-       Il primo punto è la costruzione di uno o più radiotelescopi in grado di scandagliare qualsiasi frequenza e in tutta la volta celeste. Tale progetto è, a detta dello stesso Drake, avveniristico ed irrealizzabile oggi. Un sistema così fatto dovrebbe poter calcolare 1020 operazioni al secondo, una quantità di dati oggi non realizzabile.

2-       La costruzione di un radiotelescopio interamente dedicato al SETI. La sua costruzione è già iniziata ed ha richiesto uno stanziamento iniziale di 25milioni di dollari. Tale sistema sarà implementato da una serie di piccole parabole (come quelle di tipo casalingo ma grandi tra i 4 e i 6 metri) il cui scopo sarà quello di moltiplicare il segnale ricevuto per migliorare le prestazioni della ricerca. Le piccole parabole, che già sono in costruzione e alcune delle quali sono già attive, permetteranno una risparmio notevole dei soldi che verranno investiti per mantenere il progetto.  Drake ha presentato varie foto nelle quali era possibile vedere lo stadio attuale di tale progetto. Sette antenne, con un diametro compreso tra i quattro e i sei metri,  sono già operative a San Francisco e si stima che nel 2005 ben 350 mini antenne saranno operative presso l’Università della California.

3-       Ultimo  punto presentato da Drake è lo studio di segnali ottici che utilizzino laser superpotenti come sistema di trasmissione. Tale ricerca sarà finalizzata alla ricerca nel cosmo di eventuali segnali ottici che portino con loro informazioni. Questo presuppone che l’ipotetica civiltà che lanciasse tale segnale nel cosmo, debba avere una padronanza tecnologica non indifferente, mediamente uguale o superiore alla nostra.

 

L’attuale tecnologia ci permette limitatamente di indagare eventuali segnali che fossero presenti nello spazio. Una ipotetica civiltà extraterrestre che si trovasse ad appena 100 anni luce (AL) e decidesse di inviare un segnale radio in tutte le direzioni per farsi trovare dovrebbe poter trasmette con una potenza di 6,6x1010 watt per rendere possibile la ricezione del segnale sulla Terra. Noi per poterla captare dovremmo poter disporre di un’antenna di 300 metri di diametro collegata ad un sensibilissimo ricevitore che analizzi lo spettro. Se l’ipotetica civiltà fosse a conoscenza della nostra civiltà e volesse inviare un segnale sul nostro pianeta lo potrebbe fare utilizzando sempre un’antenna di 300 metri di diametro ma utilizzando quantitativi di energia molto minori, pari a 3.300 watt per farsi rivelare. Come possiamo vedere non è semplice disporre delle tecnologie necessarie per ricercare nelle immensità del cosmo tracce di vita intelligente.

Se dovessimo ricercare un segnale radio facile da individuare, potremmo trovarlo in un segnale monocromatico per il fatto che è estremamente efficiente per chi lo trasmette (tutta la potenza a disposizione si concentra sulla sola portante radio) e si tratta di un segnale estremamente facile da rilevare perché non esistono segnali monocromatici in natura. La ricerca SETI è ostacolata però dal disturbo di fondo causato dalle attività umane. Apparecchi di utilizzo comune come  trasmissioni via satellite, cellulari etc. causano nello spazio circostante a noi un continuo circolare di onde e segnali che disturbano il normale rumore di fondo. Per ovviare a tale problema i ricercatori italiani del progetto SETI dispongono di un apparecchio estremamente efficiente, il SERENDIP IV ( che funziona a 15Mhz BW a 24.000.000 di canali) che cerca, nelle condizioni osservative in cui stà operando l’antenna, segnali di origine artificiale e allo stesso tempo monitora e fornisce informazioni preziose sulla situazione delle interferenze radio.

 

L’Italia ed il SETI

 

L’italia è coinvolta attivamente all’interno del progetto SETI con una serie di radiotelescopi dislocati a Medicina, Bologna che monitorano costantemente il cielo alla ricerca di segnali di possibile origine artificiale. Come abbiamo spiegato nel paragrafo precedente, gli strumenti utilizzati presso Medicina  permettono ai ricercatori di vagliare costantemente quelle che sono le normali interferenze terrestri, estremamente dannose per la ricerca SETI/ETI, da quei segnali artificiali che non fossero originari della Terra. Stelio Montebugnoli è il responsabile italiano del progetto e da ormai svariati anni affianca alle sue ricerche attraverso i radiotelescopi quella più affascinante della ricerca di segnali extraterrestri. Il Prof. Montebugnoli così ci spiega l’attività SETI italiana :  “ Alla stazione radioastronomia di Medicina le attività osservative SETI, con il sistema Serendip IV, sono iniziate nella primavera del 1998.Fino a questo momento non si è rilevato nessun tipo di segnale sospetto, solo interferenze radio terrestri”.

 

“Anche se nei prossimi 20 anni il progetto SETI dovesse dare risultati negativi, varrà comunque la pena continuare le osservazioni cercando modalità osservative nuove perché questi potrebbero essere dovuti solo al fatto che si è osservato in modo sbagliato, nei punti sbagliati e nei momenti sbagliati”.

Da quanto abbiamo potuto constatare in queste pagine la ricerca e lo studio di forme di vita nel cosmo non viene compiuta solo da ricercatori ufologici ma anche dalla scienza ufficiale, che anche se con qualche intoppo ha permesso al Progetti SETI di operare sino ad oggi per rispondere ad una delle domande più vecchie dell’uomo, siamo soli nell’universo?

 

 

[ Per poter scaricare il programma per computer SETI @t Home si può andare all’indirizzo  : http://setiathome.ssl.berkeley.edu/home_italian.html]