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41 bis: Vigna, pedinare i parenti dei reclusi

Ansa, 4 maggio 2004

Controllare le frequentazioni, i legami, il tenore di vita dei familiari dei mafiosi sottoposti al 41 bis - anche pedinandoli dopo che sono stati al colloquio in carcere - per scoprire se il loro 'caro', tra le sbarre, ha ancora contatti con il clan, oppure se li ha del tutto rescissi. È il Procuratore nazionale antimafia Piero Luigi Vigna ad aver lanciato questa proposta, stamani, durante l'audizione davanti alla Commissione antimafia sull'applicazione della legge 279 del 2002 che ha introdotto stabilmente il 'carcere duro' nell'ordinamento penitenziario. Il compito potrebbe essere affidato - ha proposto Vigna - a personale di polizia che svolga una funzione di «intelligence del territorio». In particolare, Vigna ha detto che, attualmente, per quanto attiene i legami tra i boss detenuti e le cosche, le «informazioni raccolte sul territorio sono spesso deludenti», mentre sarebbe utile, ad esempio, «vedere con chi va a parlare il familiare dopo che ha fatto il colloquio». «Sarebbe utile anche per il detenuto - ha aggiunto - qualora questa opera di intelligence dimostrasse che i legami con l'esterno non ci sono più e che ci sono le condizioni per revocare il 41 bis' ». «Abbiamo bisogno - ha concluso Vigna - di personale di polizia che sul territorio, dove vivono le cosche e i familiari del sottoposto al 41 bis, sia in grado di rilevare dei sintomi, che il magistrato non può accertare, sul mantenimento dei contatti tra detenuti e mondo esterno. Ad esempio il tenore di vita dei familiari e i loro rapporti con il clan. Ritengo che una organizzazione che possa fare questo sia utile». La proposta ha riscosso il plauso del Presidente della Commissione Antimafia, Roberto Centaro, che ha detto «È evidente che c'è sempre il tentativo di eludere il 41 bis e l'intelligence di cui parla Vigna ha lo scopo di verificare in concreto i legami tra boss mafiosi detenuti e clan».