Michele Ainis
Tutte le strade portano in galera
Una pioggia di divieti sta inondando l'emisfero occidentale, lo stato diventa poliziotto
Lo Stato esattore, lo Stato balia, lo Stato costruttore di ponti e
scuole e ospedali veste in ultimo la divisa dello Stato poliziotto, e
ti sbatte in galera senza troppi complimenti.
O almeno ci prova, dato
che poi in Italia 8 reati su 10 rimangono impuniti, come ha attestato
il pg Favara nell?apertura dell?anno giudiziario. E ci riesce
soprattutto se sei povero in canna, e non hai un tetto sotto cui
dormire: come quel barbone californiano che nel 2000 è stato punito con
l'ergastolo dopo il furto di una pizza, o come i molti suoi compagni di
strada in Francia, in Italia, in Gran Bretagna che incappano nel reato
di vagabondaggio, vengono multati se chiedono qualche monetina di
elemosina, subiscono il divieto di stazionare nei centri cittadini.
O
altrimenti vai in manette se hai la pelle nera o gialla, e domandi
asilo a noi bianchi occidentali, incappando nella stretta autoritaria
che pervade dappertutto le normative speciali per gli stranieri: e così
per esempio la legge Bossi-Fini sull'immigrazione, approvata nel luglio
2002, è immediatamente diventata la seconda causa d'arresti in città,
dopo il furto ma prima dei reati legati al traffico di stupefacenti,
alle rapine, alla ricettazione.
O ancora se sei zingaro e hai la
disgrazia di vivere in Grecia, dove non puoi registrarti come
residente, né ottenere la patente di circolazione, né una licenza per
sposarti. Oppure se fai la prostituta in Irlanda, a Malta, in Belgio,
Slovenia, Islanda, tutti paesi in cui la prostituzione viene punita con
il carcere, al pari della Svezia, inflessibile altresì con i clienti
delle donne di strada, i quali per l'appunto rischiano 6 mesi di
galera.
Quest'ultima circostanza dimostra come nel mondo occidentale il giro di
vite sui comportamenti pubblici e privati non colpisca solo gli
emarginati, anche se - ovviamente - costoro ne costituiscono le vittime
elettive. Sennonché può toccare a tutti di sperimentare il fresco d'una
cella o i manganelli della polizia, pur non avendo offeso alcun bene
collettivo. E così se hai una faccia equivoca, abiti in disordine, o
più semplicemente se vai in giro con un atteggiamento troppo guardingo
per le vie di Bucarest, la polizia può spararti addosso con tutti i
crismi della legge, dato che le norme in vigore consentono agli agenti
d'aprire il fuoco sui sospetti.
Si dirà: succede nei paesi neofiti della democrazia, in Stati governati
fino a ieri da regimi dispotici e violenti. Ma l'antica democrazia
inglese, nel 2002, ha introdotto il braccialetto elettronico per i baby
criminali, marchiandoli come si fa con un cavallo. La Francia erede
della rivoluzione democratica dell'Ottantanove vuol fare anche di
peggio, dato che sempre nel 2002 il governo Raffarin ha proposto
d'abbassare l'età minima per finire in galera, portandola da 16 anni a
13. I minorenni, del resto, hanno dovuto rinunciare all'innocenza un
po' in tutto il mondo occidentale, se è vero che il Regno Unito a 17
anni li spedisce al fronte, mentre negli Usa ne sono stati giustiziati
15 nell'ultimo decennio.
Nel frattempo, in nome della «tolleranza zero», tutti gli Stati
occidentali infoltiscono le forze dell'ordine (per la polizia cittadina
New York spende 4 volte di più che per i suoi ospedali); inaspriscono
le pene (in Italia dal 1992 al 2000 gli ergastolani sono triplicati);
praticano condizioni carcerarie disumane (sempre in Italia vige il
famigerato 41 bis, che significa isolamento totale, controllo della
corrispondenza, un colloquio al mese con i familiari); e naturalmente
gonfiano le proprie galere ben oltre ogni misura (in Francia, nel 2000,
una commissione d'inchiesta dell'Assemblea nazionale ha scoperto
migliaia di casi in cui 6 persone vivono segregate in celle dove ce ne
entrerebbero a malapena 2).
In questo quadro già di per sé abbastanza claustrofobico è caduto come
un maglio l'11 settembre, che ha fatto saltare ogni residuo di legalità
costituzionale. Succede perciò che a Guantanamo e in altre basi
americane la Cia torturi sistematicamente i 3.625 prigionieri talebani.
Che le garanzie processuali vengano abrogate dappertutto per chiunque
sia in semplice sospetto d'avere familiarità coi terroristi: negli
Stati Uniti attraverso il Patriot Act del 26 ottobre 2001 e le altre
leggi successive, in Francia con la legge n. 1062 del 15 novembre 2001,
in Canada con l'Anti-terrorism Act del 18 dicembre 2001, nel Regno
Unito con l'Anti-terrorism, Crime and Security Act 2001, e via
elencando. Succede inoltre che in nome della guerra al terrorismo
riprenda fiato la censura (come la rimozione - per fare un solo esempio
- di un quadro intitolato Terrorista dal Museum of Art di Baltimora).
Succede che si calpestino in un colpo solo le libertà politiche, quelle
religiose, quelle associative, come testimonia la sentenza pronunciata
nel novembre 2002 dal Tribunale amministrativo federale tedesco, che ha
sciolto d'imperio un'associazione religiosa d'immigrati turchi (il
Kalifatsstaat) perché essa rifiutava i principi delle democrazie
liberali. O come mostra inoltre lo scioglimento di un partito, pur in
assenza di specifiche attività illegali: è accaduto in Spagna per due
volte (nel 2001 e di nuovo nel 2002), e ne hanno fatto le spese
dapprima il partito fondamentalista islamico (Refah partisi),
successivamente il partito indipendentista basco Batasuna. Succede
infine che la violenza di Stato si scarichi contro chiunque osi
dissentire, come ben sanno i no global di Seattle, Praga, Nizza,
Cancun, Goeteborg, Barcellona, Ginevra, Napoli, Genova.
Ma in ultimo ogni luogo pubblico, ogni reticolo in cui si consuma la
nostra vita collettiva tende a trasformarsi in una gabbia, in una
prigione a cielo aperto. Le scuole, perlomeno da quando a una mamma
inglese (Patricia Amos) sono stati inflitti 2 mesi di carcere perché le
sue figlie marinavano regolarmente le lezioni, o da quando gli studenti
americani finiscono al riformatorio se compongono poesie troppo
violente.
Gli ospedali psichiatrici, dato che la malattia mentale
cresce in tutto l'Occidente (solo in Italia ne soffrono 10 milioni di
persone, secondo dati Oms), insieme con la voglia di camicie forzate e
manicomi.
Le strade cittadine, non foss'altro perché le contravvenzioni
ormai rappresentano un salasso quotidiano (sempre in Italia, dal
ferragosto 2003 il costo delle multe è raddoppiato, com'era già
avvenuto in Spagna nel 1997, in Gran Bretagna nel 2000 e in vari altri
paesi), e perché aumentano le infrazioni al Codice stradale punite con
l'arresto (in Irlanda è previsto ad esempio per chi parla al cellulare
mentre guida).
Ma la pena detentiva, in tempi di persecuzioni
forsennate contro i fumatori, può scattare anche nei riguardi di chi
s'accende una sigaretta in aeroplano: nel 2002 è successo a un
immigrato iraniano colto in flagranza di reato durante un volo negli
Stati Uniti, e condannato per questa grave colpa a 2 anni e 9 mesi di
prigione. Infine le manette sempre più spesso si serrano al polso dei
drogati, dato che in Italia i tossicodipendenti formano oltre il 30%
della popolazione carceraria, in Giappone il 40%, e via di questo
passo; numeri destinati a lievitare ulteriormente sull'onda di proposte
come quella elaborata dal governo italiano nel novembre scorso, con lo
scopo d'abolire qualsiasi distinzione fra consumo e spaccio, fra gli
spinelli e l'eroina.
Il guaio però è che in Europa fumano spinelli 15
milioni di persone (il 5% della popolazione), e una percentuale analoga
in Italia: quante galere dovremmo ancora costruire per ospitarli tutti?