Capitolo V
Imparare l'autonomia, non la dipendenza
La scuola ha promulgato per secoli il sequestro del fanciullo da parte della
famiglia autoritaria e patriarcale. Ora che si abbozza tra i genitori e la
loro progenie una comprensione reciproca fatta di affetto e di autonomia progressiva,
sarebbe un peccato che la scuola cessasse di ispirarsi alla comunità
familiare.
Paradossalmente il sistema educativo, che accoglie con i giovani ciò
che cambia di più, è anche quello che meno è cambiato.
La famiglia tradizionale preferiva fabbricare dei bambini in serie piuttosto
che offrire la vita a due o tre piccoli esseri ai quali avrebbe dedicato senza
riserve amore e attenzione. Quelli che non morivano in tenera età serbavano
nel cuore il più delle volte una ferita segreta. La tirannia, il senso
di colpa, il ricatto affettivo generarono in tal modo generazioni di spacconi
che nascondevano sotto la durezza del carattere un infantilismo che imponeva
loro di cercare un sostituto del padre e della madre in quelle famiglie a
prestito che erano le chiese, i partiti, le sette, il gregarismo nazionale
e i corpi di armata di ogni genere. La storia non ha conosciuto, per la sua
disumanità, che dei bravacci in carenza di affetto. Ci voleva un bel
po' di cinismo per evocare la "selezione naturale", tipica della
specie animale, quando la produzione di carne da cannone e da fabbrica implicava
la sua correzione statistica, e l'economia familiare di procreazione comportava
un vizio di forma in cui la morte svolgeva la sua parte.
L'evoluzione dei costumi ci fa guardare oggi come ad una mostruosità
questa proliferazione bestiale di vite irrimediabilmente condannate a venir
riassorbite sotto i colpi di machete della guerra, del massacro, della carestia,
della malattia. Eppure: stigmatizzare la sovrappopolazione dei paesi dove
l'oscurantismo religioso si nutre della miseria che consciamente mantiene,
e accettare che in Europa uno stesso spirito arcaico e sprezzante continui
a trattare gli studenti come bestiame denota un'evidente incoerenza.
Perché il sovraffollamento delle classi non è solo causa di
comportamenti barbari, di vandalismo, di delinquenza, di noia, di disperazione,
perpetua per di più l'ignobile criterio della competitività,
la lotta concorrenziale che elimina chiunque non si conformi alle esigenze
del mercato. Il bruto arrivista ha la meglio sull'essere sensibile e generoso,
ecco ciò che i disonesti al potere chiamano anch'essi, come i brillanti
pensatori di un tempo, una selezione naturale.
Non ci sono bambini stupidi, ci sono solo educazioni imbecilli. Forzare lo
scolaro a issarsi fino in cima al cesto contribuisce al progresso laborioso
della rabbia e della furbizia animali, non certo allo sviluppo di un'intelligenza
creatrice e umana.
Ricordate che nessuno è paragonabile né riducibile a nessun
altro, a niente altro. Ciascuno possiede le sue proprie qualità, non
gli resta che affinarle per il piacere di sentirsi in accordo con ciò
che vive. Che si cessi dunque di escludere dal campo educativo il fanciullo
che si interessa più ai sogni e ai criceti che alla storia dell'Impero
romano. Per chi rifiuta di lasciarsi programmare dai calcolatori della vendita
promozionale, tutte le strade portano verso di sé e verso la creazione.
Ieri ci si doveva identificare al padre, eroe o cretino dai così dolci
sarcasmi. Ora che i padri si accorgono che la loro indipendenza progredisce
con l'indipendenza del bambino, ora che sentono abbastanza l'amore di sé
e degli altri per aiutare l'adolescente a disfarsi della loro immagine, chi
sopporterà che la scuola proponga ancora come modelli di realizzazione
il finanziere efficace e corrotto, l'uomo politico energico e rimbecillito,
il mafioso che regna con il clientelismo e la corruzione, mentre l'uomo d'affari
trae i suoi ultimi profitti dal saccheggio del pianeta?
Ricercare la propria identità in una religione, un'ideologia, una nazionalità,
una razza, una cultura, una tradizione, un mito, un'immagine vuol dire condannarsi
a non raggiungersi mai. Identificarsi a ciò che si possiede in sé
di più vivo, questo solo emancipa.
L'alleanza con il bambino è un'alleanza con la natura
La violenza esercitata contro il bambino da parte della famiglia patriarcale
partecipava dello stupro della natura operato dal lavoro della merce. Che
la coscienza di un saccheggio planetario sia passata dalla difesa dell'ambiente
ad una volontà di approccio non violento alle risorse naturali ha contribuito
non poco a spezzare il giogo che lo sfruttamento economico faceva pesare sull'uomo,
la donna, il bambino, la fauna e la flora.
Il sentire che noi deriviamo da una matrice comune, la terra, il cui ricordo
si ravviva al momento della gestazione nel ventre materno, ha tanto meglio
nutrito la nostalgia di un'età dell'oro e di un'armonia originale quanto
più il lavoro forzato ci separava dalla natura e da noi stessi con
uno strappo a lungo percepito come un tormento esistenziale, una sofferenza
dell'essere.
Il fallimento di un'economia di saccheggio e di inquinamento e l'emergere
di un progetto di ricreazione simbiotica dell'uomo e del suo ambiente naturale
ci sbarazzano ormai di un paradiso perduto il cui fantasma ha ossessionato
la storia impotente a costruirsi umanamente: il mito del buon selvaggio, del
comunismo primitivo, del millenarismo apocalittico che, dopo aver fatto i
bei giorni del nazismo, rinasce sotto il nome di integralismo.
Almeno avremo imparato che la vita non è una regressione allo stadio
protoplasmatico ma un processo di affinamento e di organizzazione dei desideri.
Nella lotta contro il cancro, è prevalsa a lungo l'idea che si dovessero
distruggere le cellule che un'improvvisa e frenetica proliferazione condannava
al deperimento. Si ritiene oggi preferibile rafforzare il potenziale di vita
delle cellule periferiche sane e favorire la riconquista di ciò che
è vivo piuttosto che annientare quelle di cui la morte si è
impadronita. Mi piacerebbe molto che un simile atteggiamento determinasse
sovranamente il nostro rapporto con noi stessi, coi nostri simili e con il
mondo.
Al contrario di tante generazioni abbrutite che fecero della sensibilità
una debolezza, da cui molti si premunivano diventando sanguinari, noi sappiamo
ormai che l'amore di ciò che vive risveglia un'intelligenza senza pari
misura con lo spirito contorto che regna sugli universi totalitari.
Un'etica del rispetto degli esseri, altamente stimabile, prescrive di non
uccidere un animale, di non abbattere un albero senza aver tentato di tutto
per evitarlo. Ciò nondimeno, quel che una tale raccomandazione comporta
di artificio e di costrizione, non eliminerà mai la convinzione come
la coscienza che il danno che si fa a ciò che è vivo lo si fa
a se stessi, se non si fa attenzione, perché ciò che è
vivo non è un oggetto ma un soggetto che merita di essere trattato
secondo il diritto imprescrittibile di ciò che è nato alla vita.
Sull'aiuto indispensabile al rifiuto dell'assistenza permanente
Il cammino dell'autonomia è simile a quello del bambino che impara
a camminare.
Non ci si riesce senza lacrime e sforzi. Il rischio di cadere, di farsi male,
di soffrire aggiunge ai primi passi l'ostacolo della paura. Tuttavia il soccorso
di un affetto che incoraggia a rialzarsi, a ricominciare, ad ostinarsi, a
coordinare i gesti dimostra che la padronanza dei movimenti si acquisisce
meglio e più presto che nelle condizioni di un tempo in cui si trattava
di progredire non solo sotto i fuochi incrociati della vanità beffarda,
della minaccia diffusa, dell'angoscia di non essere più amati se non
ci si applica, ma soprattutto attraverso un malessere, discretamente nutrito
dall'ambiguità dei genitori desiderosi e nello stesso tempo timorosi
che il loro bambino faccia i suoi primi passi verso un'autonomia che lo sottrarrebbe
alla loro autorità tutelare e toglierebbe loro la sensazione di essere
indispensabili.
L'insegnamento dei più piccini si è modellato senza fatica sulle
attitudini familiari che fanno di tutto per assicurare la felicità
nell'indipendenza - tant'è vero che i genitori la recuperano non appena
l'adolescente ne prende possesso. Ispirandosi a quella comprensione osmotica
dove si educa lasciandosi educare, le scuole materne attingono al privilegio
di accordare il dono dell'affetto e il dono delle prime conoscenze - e che
una qualità tanto preziosa all'esistenza degli individui e delle collettività
sia considerata degna dei salari più bassi da parte dell'affarismo
governativo la dice lunga su quale disprezzo dell'utilità pubblica
raggiunga la logica del profitto.
La rottura è brutale all'ingresso nelle superiori. Si regredisce nella
famiglia arcaica dove il fanciullo imparava a cavarsela da solo unicamente
firmando un atto di una riconoscenza eterna a coloro che avevano assicurato
il suo ammaestramento. La fiducia in sé, minata e compensata con l'insolenza,
ricompone la ripugnante mescolanza di superbia e servilità che formava,
nel passato, la norma del comportamento sociale.
Al desiderio sincero di fare dell'adolescente un essere umano a tutti gli
effetti si sovrappone in un evitabile malessere l'esercizio di un potere al
quale la struttura gerarchica costringe l'insegnante. Come potrebbe non vincere
la tentazione di rendersi indispensabile e di coltivare nello studente una
debolezza che ne rende più facile il dominio? Chi vende stampelle ha
bisogno di zoppi.
Usciamo appena e con pena da una società in cui, non avendo mai potuto
credere in se stessi, gli individui hanno accordato la loro credenza a tutti
i poteri che li storpiavano facendoli marciare. Dio, chiese, Stato, patria,
partito, leaders e piccoli padri dei popoli, tutto è stato ragionevole
pretesto per non dover vivere da se stessi. Questi bambini che un tempo rialzavamo
per farli cadere, è tempo di insegnar loro a imparare da soli. Che
sia infine rotta l'abitudine di essere in domanda anziché essere in
offerta, e che sia archiviata la miserabile società di assistiti permanenti
la cui passività fa la forza dei corrotti.
Il denaro del servizio pubblico non deve più essere al servizio
del denaro
L'educazione appartiene alla creazione dell'uomo, non alla produzione di merci.
Avremmo dunque revocato l'assurdo dispotismo degli dei per tollerare il fatalismo
di un'economia che corrompe e degrada la vita sul pianeta e nella nostra esistenza
quotidiana?
La sola arma di cui disponiamo è la volontà di vivere, alleata
alla coscienza che la propaga. A giudicare dalla capacità dell'uomo
a sovvertire ciò che lo uccide, può essere un'arma assoluta.
La logica degli affari, che tenta di governarci, esige che ogni retribuzione,
sovvenzione o elemosina consentita si paghi con la massima obbedienza al sistema
mercantile. Non avete altra scelta che seguirla o rifiutarla seguendo i vostri
desideri. O entrerete come clienti nel mercato europeo del sapere lucrativo
- cioè come schiavi di una burocrazia parassitaria, condannata a crollare
sotto il peso crescente della sua inutilità -, o vi batterete per la
vostra autonomia, getterete le basi per una scuola ed una società nuove,
e recupererete, per investirlo nella qualità della vita, il denaro
dilapidato ogni giorno nella corruzione ordinaria delle operazioni finanziarie.
"Il Sindacato nazionale unificato delle imposte valuta a 230 miliardi
di franchi, cioè quasi l'ammontare del deficit del bilancio francese,
la frode imputabile ai gruppi di affari come lo dimostra il velo appena sollevato
sulle pratiche di corruzione dei grandi gruppi industriali e finanziari."(*)
Il denaro rubato alla vita è messo al servizio del denaro. Tale è
la realtà nascosta dall'ombra assurda e minacciosa delle grandi istituzioni
economiche: Banca mondiale, Fondo monetario internazionale, Organizzazione
di cooperazione e di sviluppo economico, Accordo generale sulle tariffe doganali
e il commercio, Commissione europea, Banca di Francia, eccetera. Il loro sostegno
alle fondazioni e ai centri di ricerca universitaria richiede in cambio che
sia propagato il vangelo del profitto, facilmente trasfigurato in verità
universale dalla venialità della stampa, della radio, della televisione.
Ma per quanto sembri formidabile, la macchina gira a vuoto, si sfascia, lentamente;
finirà come nella Colonia penale di Kafka, per scolpire la
sua Legge nella carne del suo padrone.
Non si vede forse, col favore di una reazione etica, qualche magistrato coraggioso
spezzare l'impunità che garantiva l'arroganza finanziaria? Tassare
le grandi fortune (l'1% dei francesi possiede il 25% della ricchezza nazionale
e il 10% ne detiene il 55%), tassare gli introiti incassati dagli uomini d'affari,
denunciare lo scandalo delle spese di rappresentanza, colpire con pesanti
multe i gestori della corruzione, bloccare gli averi della frode internazionale
indicando a sufficienza, su una carta leggibile da tutti, gli accessi al tesoro
che i cittadini alimentano e di cui sono sistematicamente spogliati. Non è
meno vero che la pista si confonderà sotto l'effetto devastante della
rassegnazione se il denaro non sarà recuperato per essere investito
nel solo campo che sia veramente di interesse generale: la qualità
della vita quotidiana e del suo ambiente. gifatron.com
Certo i magistrati integri dispongono dell'apparato della giustizia, e voi
non avete niente perché non avete creato niente che possa sostenervi.
Eppure voi possedete sulla repressione, per quanto giusta si ritenga, un vantaggio
di cui questa non potrà mai avvalersi: la generosità di ciò
che è vivo, senza la quale non c'è né creazione né
progresso umano.
L'insegnamento si trova nello stato di quegli alloggi non occupati che i proprietari
preferiscono abbandonare al degrado perché lo spazio vuoto è
redditizio mentre accogliervi degli uomini, delle donne, dei bambini, spogliati
del loro diritto all'habitat, non lo è. Come viene accertato da The
Economist, "La subordinazione del commercio ai diritti dell'uomo
avrebbe un costo superiore ai benefici previsti" (9 Aprile 1994). Tuttavia,
requisire un edificio per trovare un riparo alla miseria - voglio dire installarvisi
passivamente perché ci si sta al caldo - non sfugge in ultima istanza
al piano di distruzione dei beni utili al quale conducono l'inflazione dei
settori parassitari e la burocrazia proliferante da lei generata.
Ciò di cui vi impadronirete vi apparterrà veramente soltanto
se lo renderete migliore; nel senso stesso in cui vivere significa vivere
meglio. Occupate dunque gli edifici scolastici anziché lasciarvi possedere
dal loro sfacelo programmato. Abbelliteli secondo il vostro gusto, ché
la bellezza incita alla creazione e all'amore, mentre la bruttezza attira
l'odio e l'annientamento. Trasformateli in ateliers creativi, in centri di
incontro, in parchi dell'intelligenza attraente. Che le scuole siano i frutteti
di un gaio sapere, come gli orti che i disoccupati e i più deboli non
hanno ancora avuto l'immaginazione di piantare nelle grandi città sfondando
il bitume e il cemento.
Gli errori e i tentativi di chi intraprende di creare e di crearsi non sono
niente a confronto del privilegio che conferisce una tale decisione: abolire
il timore di essere se stessi che segretamente nutre e solletica le forze
della repressione.
Noi siamo nati, diceva Shakespeare, per camminare sulla testa dei re. I re
e i loro eserciti di boia sono ormai polvere. Imparate a camminare soli e
sfiorerete coi piedi quelli che, nel loro mondo che muore, non hanno che l'ambizione
di morire con lui.
Sta alle collettività di allievi e professori il compito di strappare
la scuola alla glaciazione del profitto e renderla alla semplice generosità
dell'umano. Perché bisognerà presto o tardi che la qualità
della vita trovi accesso alla sovranità che un'economia ridotta a vendere
e a valorizzare il suo fallimento le nega.
Dal momento in cui voi formulerete il progetto di un insegnamento fondato
su un patto naturale con la vita, non dovrete più mendicare il denaro
di quelli che vi sfruttano e vi disprezzano approfittando di voi. Quel denaro
lo esigerete perché saprete come e perché impadronirvene.
Si è al di sotto di ogni speranza di vita finché si resta al
di qua delle proprie capacità.
20 febbraio 1995
Nota:
* C. de Brie, "La politica pervertita dai gruppi d'affari", Le Monde
Diplomatique, ottobre 1994
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