Chiamavamo fili armonici quei rari e preziosi seghetti d'acciaio flessibile,
che migliaia di detenuti sognavano e ricercavano. Sguinzagliavamo mamme e
fidanzate nei più remoti negozietti per gli idraulici, eccitavamo fratelli
e compagni a scassinare le cassette dei treni e dei camion dei pompieri, luoghi
dove - si sapeva, o si favoleggiava - i fili armonici fatali dormivano in
attesa darci il passaporto per la "via dell'aria". L'evadere, in
gergo il "bell'andare" ("fàa la belanda"), era,
in tempi in cui ci si figurava ancora che, oltre le mura, esistesse una "libertà"
ad aspettarci, il senso ultimo e segreto della condizione del carcerato, disponibile
a tutto pur di giungere davanti all'ultimo muro, l'ultima porta, le ultime
sbarre.
Oggi, ci dicono, é cambiato il carcere. Di sicuro appare divenuta del
tutto inconsistente la "libertà". Venticinque anni fa ci
si opponeva all'introduzione delle telecamere nelle carceri, percepite come
un'invasione incompatibile con una vita minimamente degna, oggi intere città
vengono telesorvegliate. Come nelle carceri sono sempre esistite zone non
accessibili, sempre più spesso - a Genova, ma anche pochi giorni orsono
a Palermo - intere aree urbane vengono precluse alla popolazione. L'anno scorso
gli abitanti di una città media come Vicenza sono stati deportati per
un giorno, nell'assoluta indifferenza, "per ragioni di sicurezza".
Per ragioni di sicurezza, per la pubblica salute, per imprecisati interessi
generali, che non sono non é dato discutere, ma neppure conoscere,
il traffico viene bloccato, deviato, incanalato; le giornate oltre che di
proibizioni, si riempiono di obblighi, di adempimenti, di fioretti alla divinità
sociale di cui lo stato é l'officiante, il carabiniere il sagrestano
burbero, ma a fin di bene. Nel futuro - e già ne vediamo esempi in
paesi più disgraziati del nostro - si potrà godere di carceri
private; di carcerati in libera circolazione, ma avvinghiati ai tentacoli
del potere mediante aggeggi elettronici (discreti e fors'anche griffati braccialetti,
da portare alla caviglia, per tutelare la privacy...).
Dove passano i muri del carcere nella società moderna?
La brama di controllo e di autocontrollo, l'ossessione di regolare per legge
ogni fenomeno, la delega al giudice come certificatore del senso della vita
collettiva, come vendicatore della comunità fittizia e rancorosa, pare
non avere più freni: la figura meschina del proprietario disposto a
mille sacrifici pur di conservare il proprio patrimonio si degrada ulteriormente
in quella, che davvero ben poco conserva di umano, del neo-proletario, che
non dorme al pensiero di poter essere derubato dalle proprie catene, e reclama
ad alta voce di essere guardato di più, e più da vicino, per
paura di scomparire del tutto.
Il codice fiscale non é per tanti aspetti la codifica nell'elenco dei
funzionari della merce e del lavoro, esattamente come il numero che identificava
gli ergastolani, ne marcava l'estinzione come individui, e la riduzione a
semplici accessori dell'istituzione? Per tanti aspetti, non possiamo forse
percepirci come dei condannati all'ergastolo sociale, con i suoi corollari
di perdita della personalità, alienazione, lavoro forzato, coabitazione
obbligata e promiscua, supersfruttamento?
È nell'ambito di questa realtà, carcerata e carceraria, dove
ciascuno fa la guardia a sé stesso per allontanare l'incubo degli altri,
e pretende di controllare tutti per esorcizzare l'oscurità di cui si
sente portatore, a fronte della lucentezza dell'obitorio sociale, che nasce
il progetto Filiarmonici, un sito di raccolta e di propulsione di materiale
contro il carcere, la legge, lo stato, la società. Ogni carcere, ogni
legge, ogni stato, ogni società. Per indagare su ciò che persuade
gli individui a incarcerare e a incarcerarsi nella società, a farsi
guardiani di sé stessi, per incrociare le voci dal carcere e quelle
sul carcere, per dar vita a un discorso contro il carcere, nasce nel 2001,
www.ecn.org/filiarmonici.
Un progetto, cosa meritevole di qualche attenzione, nato integralmente fra
persone di diverse città italiane, che si sono conosciute e riconosciute
fra loro nell'ambito delle mailing list di movimento, indicando con ciò
che tali strumenti, quando si abbia chiara consapevolezza dei loro limiti,
unita alla precisa volontà di oltrepassarli, contengono tuttavia anche
delle potenzialità. L'obiettivo é quello di dare forma e sostanza
a un progetto abolizionista radicale, ben oltre i sentieri virtuali di internet,
ridando respiro a una sensibilità antilegale, che difenda e diffonda
l'autonomia individuale nella sovversione collettiva. Autonomia come ricerca
di criteri propri di scelta e di giudizio, e sovversione come confederazione
di autonomie in processo.
L'illustrazione di questi obiettivi, come sempre, sarà tanto più
ricca ed appassionante, quanto più gli intervenuti avranno la volontà
e la pazienza di riconoscere nella vita quotidiana di ciascuno i terminali
di un processo attraverso il quale la società imprigiona sé
stessa e ciascuno di noi.
Fonte: l'iniziativa al Cox 18 durante la quale è stato presentato il progetto Filiarmonici ha visto anche la proiezione del film documentario "Il caso di Mumia Abu-Jamal" (1996).