Massimo libero!
Anarchici, Roma 25 ottobre 2003
Sabato 18 ottobre, nel corso dell'ennesima operazione repressiva, sono state
perquisite le case di tre compagni e di una compagna. Tutti e quattro sono ora
inquisiti per la partecipazione ad azioni di danneggiamento a banche e compagnie
petrolifere durante la manifestazione del 4 ottobre contro il vertice dei capi
di governo dell'Unione Europea. Uno di loro è stato inoltre arrestato
con l'accusa di essere tra i manifestanti che a volto coperto hanno partecipato
al pestaggio di un carabiniere in borghese infiltratosi nel corteo stesso.
Attualmente Massimo è ancora in isolamento, da cui sarebbe dovuto uscire
subito dopo l'interrogatorio di fronte al giudice in cui si è avvalso
della facoltà di non rispondere, in una condizione in cui gli vengono
negate semplici necessità quali anche la penna per scrivere. La montante
campagna dei mass-media, che è stata fin da subito volta a creare il
personaggio con corollario di particolari forniti ad hoc dalla polizia, oltrepassa
le accuse formulate arrivando a suggerire, sottolineando la sua attività
nel movimento anarchico e la sua origine sarda (!), collegamenti con i recenti
pacchi bomba spediti a Roma dalla Sardegna. Come ormai di consueto l'attività
investigativa delle forze dell'ordine è stata coadiuvata dal contributo
di reporter di vario tipo, autori di quei servizi fotografici grazie ai quali
si somministrano anche anni di galera. Come dire: dove non arrivano né
le guardie in divisa (perché non opportuno in una determinata circostanza),
né le guardie travestite (perché calciate senza complimenti) arrivano
giornalisti e fotografi, ma questo non è niente di nuovo. L'inquietante
novità (nuova fino ad un certo punto...) è la folta presenza nei
cortei di quello stuolo di maniaci dell'obiettivo che consapevolmente o meno
contribuiscono a identificare, schedare e condannare. Il tutto in perfetta sintonia
con l'invito esplicito delle istituzioni a partecipare attivamente alle funzioni
di controllo e repressione. Potremmo contestare la labile attendibilità
degli elementi accusatori, ma in realtà non ci interessa, così
come non ci interessa ragionare in termini di innocenza o colpevolezza. Ancor
meno ci interessa appellarci al principio della tutela di norme garantite o
reclamare riforme progressiste e nuovi diritti. Rifiutiamo di annegare nel marasma
mediatico della disobbedienza e di tutte quelle idee e pratiche che puntano
semplicemente a trasgredire leggi "ingiuste" per chiederne di più
"eque", senza voler neanche immaginare un mondo privo di esse. Quello
che vogliamo è allontanare la presenza sbirresca non solo dai cortei
o nelle scadenze determinate dal dominio, ma cancellarla dalla quotidianità
delle nostre vite. La guardia travestita è solo la figura più
classica in una dinamica estesa a strati sempre più ampi della popolazione,
attivamente coinvolti nel mantenimento dell'ordine e investiti da una cultura
del controllo e della delazione che viene ormai propagandata in ogni ambito
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Il carcere in cui è rinchiuso Massimo è lo spettro da agitare
di fronte a chi non dovesse adeguarsi, scegliendo la ribellione, alla prospettiva
di un'esistenza eterodeterminata da famiglia, scuola, tempo del lavoro e tempo
del divertimento, in questa società galera essa stessa.
Fuori il carcere dalle nostre vite
Fuori dal carcere delle nostre vite
Libertà per Massimo libertà per tutti
Anarchici
Roma, 25 ottobre 2003
Fonte: volantino distribuito il 25 ottobre 2003 a Roma al presidio per Massimo