L'INTESA POLITICA DI DICEMBRE

di Beniamino Lami, sinistra CGIL, gennaio 2001

Con le elezioni delle RSU si è conclusa, per la scuola, una fase di forte ed intensa lotta politica, ed ora se ne apre un'altra caratterizzata dalla presenza di questi nuovi organismi che, si vede sin da ora, tenderanno a svolgere un ruolo importante e, speriamo determinante, nelle vicende scolastiche, in particolare quelle contrattuali.
Il nuovo anno (il nuovo secolo) si apre quindi all'insegna di importanti fatti politici che, sinteticamente, indichiamo in alcuni fatti: le elezioni politiche di primavera, il congresso della CGIL, le elezioni delle RSU che collocano la CGIL-scuola al primo posto tra i sindacati, l'avvio della legge di riordino dei cicli, la contrattazione del secondo biennio economico e del salario accessorio del personale della scuola.
Quest'ultima, che fa seguito all'intesa raggiunta nel mese di dicembre tra sindacati confederali e governo, si colloca quindi all'interno di un quadro politico assai dinamico che si è arricchito, negli ultimi giorni, della crisi dello Snals segnata dalle dimissioni di Gallotta e dalla prossima elezione di un nuovo gruppo dirigente nazionale.
Ognuno degli elementi sopra indicati necessiterebbe di un approfondimento specifico. In questa sede affronteremo unicamente il tema dell'intesa di dicembre e della contrattazione che sta per aprirsi.

 

L'INTESA POLITICA DI DICEMBRE

Per avere un termine di analisi, riprendiamo sinteticamente i punti che avevamo individuati come discriminanti per la soluzione della vicenda che si era aperta con lo sciopero del 17 febbraio e che, attraverso varie fasi, porta oggi alla ricontrattazione del salario dei lavoratori della scuola.
- la questione salariale dei lavoratori della scuola è, in questa fase, centrale nelle politiche contrattuali;
- la rivalutazione degli stipendi va affrontata all'interno di una operazione di reinquadramento di tutto il personale della scuola, dagli ATA ai dirigenti scolastici;
- per questa operazione sono necessarie risorse aggiuntive oltre ai 1260 miliardi dell'ex concorsone e a quelli stanziati per l'inflazione programmata;
- il riconoscimento e la valorizzazione del lavoro (quello docente in particolare, ma non solo) deve essere affrontata e risolta contestualmente al reinquadramento e quindi in presenza di risorse sufficienti ad assicurare, preliminarmente, una sostanziale e visibile crescita degli stipendi di tutti;
- per consentire questa operazione è necessario un piano di investimenti pluriennale;
- il rispetto, da parte del governo, degli accordi sottoscritti a suo tempo, e quindi il pieno recupero dello scarto tra inflazione reale e inflazione programmata (luglio '93), una politica di benefit per il personale della scuola: esenzione fiscale per le spese inerenti la professione, buoni pasto per chi lavora su più turni, periodi sabbatici retribuiti di aggiornamento (accordo Prodi dicembre '97).

Valutiamo l'intesa ripercorrendo i 6 punti soprascritti

Quello che risulta centrale per il governo, è il sostegno alla realizzazione dei processi di riforma ed all'interno di questo la valorizzazione della professionalità docente. Se questo impegno per la riforma è da considerare legittimo, il porre l'accento sulla professionalità docente, però disconosce che esiste una questione salariale da sanare anche in relazione alla situazione pregressa ed attuale.
Il reinquadramento del personale docente ed ATA viene sostanzialmente rinviato al prossimo rinnovo contrattuale, mentre si procederà da subito per quello dei dirigenti scolastici (per i quali esiste già sia lo stanziamento che l'atto di indirizzo) e dei direttori amministrativi per i quali si provvederà con i risparmi provenienti dal dimensionamento. Siamo consapevoli che la questione della contestualità del reinqudramento di tutto il personale non è stata mai assunta dal nostro sindacato, ma è anche evidente che la decantata centralità della questione docente serve da copertura per non affrontare in termini democratici e comparativi le posizioni di tutto il personale scolastico.
Senza ombra di dubbio il governo mette a disposizione della contrattazione più risorse di quanto non aveva offerto il ministro De Mauro in precedenza. Questo è sicuramente un passo in avanti che può consentire di sanare nell'immediato alcune situazioni, ma complessivamente non ci sono le quantità necessarie per delle operazioni in profondità rispetto agli inquadramenti. La cosa sarà vissuta in maniera tanto più frustrante, quanto più è stato fatta balenare l'ipotesi di poter raggiungere in un colpo solo e senza porsi problemi di reinquadramento, i livelli salariali europei.
La mobilitazione delle scuole aveva spazzato via il concorsone e gli aumenti differenziati per merito. Di merito non si parla effettivamente più, almeno in modo diretto, però si insiste sulla differenziazione tramite il salario accessorio. Le risorse dell'ex concorsone e gli 850 miliardi disponibili per il 2001 sono quindi "prioritariamente" destinati agli impegni professionali di tutti i docenti, ma non tutti i soldi possono di conseguenza essere destinati a questo. Esiste cioè una quota di differenziazione non specificata e che verrà determinata all'interno della contrattazione che può, in misura variabile, ridurre la parte destinata a tutti. Non si sarà così in grado di attribuire a tutti quelle 200.000 lire nette che molti avevano promesso ai lavoratori della scuola durante la campagna elettorale delle RSU.
La quota per la differenziazione dovrebbe essere attribuita direttamente alle scuole e da queste, tramite il fondo di istituto, devoluta ad una parte di docenti sulla base di criteri ancora tutti da definire. Particolarmente insidioso è inoltre il riferimento al prossimo rinnovo contrattuale, per il quale si parla esplicitamente della definizione di nuove carriere professionali alle quali viene affidato il compito di colmare il divario quantitativo (salario) e qualitativo (?!) con gli altri paesi europei. Poiché si esplicita che gli attuali gradoni e quindi l'attuale progressione di carriera non dovrà essere modificata, si può evincere che queste future carriere professionali riguarderanno solo una parte del personale, probabilmente quello individuato come professionalmente più preparato.
L'intesa stabilisce un piano triennale di finanziamento ed il consolidamento sui livelli attuali, rispetto al PIL, della spesa per l'istruzione e la formazione. Mentre per quest'ultima cosa si tratta della conferma di un impegno già preso dal governo Prodi (e fino ad ora disatteso), per quanto attiene il piano pluriennale di investimenti, non si può non rilevare come la quantità di risorse definite sia sconsolatamente bassa. Meraviglia la scarsa lungimiranza delle forze politiche e sindacali nel lasciare la categoria dei lavoratori della scuola esposta al ricatto salariale di un possibile e probabile governo Berlusconi che sicuramente sarà disponibile a investire in retribuzione degli insegnanti a patto che questi acconsentano agli obiettivi di privatizzazione del sistema formativo.
Sul fronte dei buoni pasto e dell'esenzione fiscale per le spese inerenti la professione, nell'intesa il governo si impegna a coprire finanziariamente i costi dell'operazione. La sorpresa arriva nell'atto di indirizzo all'Aran, in cui risulta evidente che non sono previste risorse aggiuntive, ma le spese sono a carico delle risorse già assegnate per la contrattazione integrativa (1260 mld + 850). Non si fa cenno nell'intesa di periodi sabatici di aggiornamento, mentre per la formazione dei docenti vengono ripescati l'1% del monte salari, fino ad ora inutilizzato, e 1240 miliardi provenienti dai fondi strutturali europei. La novità è rappresentata dalla possibilità di acquisire, tramite formazione, il patentino europeo per l'utilizzo della strumentazione informatica.

Altre osservazioni

Per il personale ATA, che come abbiamo detto è rimasto sostanzialmente ai margini di tutta la trattativa, le risorse a disposizione sono, oltre quelle dell'inflazione programmata, 85 miliardi per il salario accessorio. Ben poca cosa rispetto ai prevedibili 60 miliardi per i 10.000 circa direttori amministrativi. La sproporzione è ingenerosa anche nei confronti dei docenti.
Bisogna notare la caduta di rivendicazioni importanti che il nostro sindacato aveva deliberato di avanzare in merito alla attuazione della legge di riordino dei cicli. La più importante di queste era la richiesta di non avere più classi e sezioni con un numero di alunni superiore a 25. Sulla legge di riordino dei cicli ci si è sostanzialmente accontentati della conferma che l'applicazione della legge non produrrà alcun calo nell'occupazione del settore. E' chiaro che questa conferma riguarda una supposizione. E se si fossero sbagliati?
Un'ultima osservazione riguarda l'applicazione dell'art.15 del CCNL: le figure di sistema. Non ci pareva questo il momento migliore per rispolverare quella parte del contratto, mai discussa e mai definita neanche in sede di organismi dirigenti. Non sono fuori luogo i timori che possa esistere anche una relazione tra queste e le nuove carriere professionali.

Considerazioni conclusive

Alla luce di quanto sopra detto, pur nella considerazione che delle risorse aggiuntive, anche se poche, sono state stanziate, e che i tetti previsti dall'accordo del luglio 93 sonno stati in qualche modo sfondati, il giudizio della sinistra sindacale della CGIL-scuola non può che essere negativo, non per generica e velleitaria insoddisfazione, ma in ragione dei seguenti elementi di valutazione politica:

- la politica dei redditi dell'accordo di luglio del '93 rappresenta una delle principali cause della depressione salariale del lavoro dipendente. Una strategia che deve essere profondamente rivista e quindi a maggior ragione non è possibile ammettere che si permetta al governo di non procedere nemmeno al riallineamento dell'inflazione. Proprio la storia degli ultimi contratti dimostra come accanto agli effetti negativi sia evidente la sua sostanziale inapplicabilità che costringe alla ricerca dei più svariati éscamotages per poter recuperare terreno sul piano salariale, introducendo però elementi di divisione dei lavoratori. È una responsabilità grave, quella che si è assunta la Confederazione che non potrà che danneggiare ulteriormente anche le categorie private che sul piano salariale sono più sofferenti del pubblico impiego;
- Non è accettabile una politica contrattuale che privilegia, all'interno di una stessa categoria, settori ormai politicamente forti, anche se scarsamente numerosi (dirigenti scolastici e direttori amministrativi) e non tratta in modo coerente adeguato anche il resto dei lavoratori. A che pro tenere tutti quanti insieme se il più forte non viene utilizzato anche per strappare condizioni migliori per i meno forti? È una unità più virtuale che di sostanza e sembra connotare una politica contrattuale che tende a stare il più vicino possibile ai luoghi del potere. Una unità siffatta è destinata a cadere, dando ragione a Gilda che vuole fortemente settori separati tra docenza e personale ATA.
- Il cambiamento di linea politica del nostro sindacato che abbiamo voluto fortemente dall'inizio della vicenda contrattuale e salutato positivamente all'indomani delle manifestazioni dei lavoratori della scuola, sembra che gradatamente, ma inesorabilmente, stia sparendo. Certo non si parla più apertamente di merito, ma la differenziazione salariale fine a se stessa e basata su criteri che non sono stati discussi e definiti con i lavoratori, sembra essere diventata il viatico per raggiungere stipendi europei. Se è così vuol dire che lo stipendio europeo non è per tutti gli insegnanti, ma solo per alcuni. Si tratterà anche in questo caso di trovare i meccanismi di selezione e di discriminazione. Ribadiamo il nostro dissenso totale. L'unica differenziazione salariale per noi possibile deve essere fatta sulla base di elementi oggettivi e non discriminanti. Il maggior riconoscimento salariale deve riguardare tutti coloro che dichiarano disponibilità alla formazione, al lavoro collegiale e cooperativo e a svolgere un lavoro a tempo pieno.

Tra breve si aprirà la contrattazione. Chiediamo che ci si adoperi perché siano reperite ulteriori risorse e che venga predisposta una proposta chiara sull'utilizzo delle risorse e sulle modalità della loro distribuzione. Su questa proposta va ricercato il coinvolgimento delle RSU e va dato loro un ruolo politico forte. Sull'esito della contrattazione e del probabile accordo dovrà essre svolto il referendum di tutti il lavoratori.

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