Le elezioni delle RSU del dicembre prossimo, rappresentano un appuntamento politico di grande rilevanza per il mondo della scuola: oltre un milione di lavoratori in più di diecimila scuole saranno chiamati ad eleggere i propri rappresentanti.
E' una straordinaria occasione di partecipazione democratica alla vita sindacale che si presenta, tuttavia, non priva di rischi e di incognite.
Il rischio maggiore è che i lavoratori della scuola finiscano per non capire il significato di questi nuovi organismi e che si faccia strada una idea per cui le RSU sono cosa che riguarda i sindacati e non i lavoratori.
Se questa idea si affermasse le conseguenze sui livelli di partecipazione sarebbero inevitabili e, paradossalmente, ne beneficerebbero proprio gli apparati burocratici delle grandi organizzazioni confederali ed autonome, che potrebbero comunque continuare ad usufruire della delega di fatto di cui in questi anni hanno goduto in ragione della grande dispersione organizzativa della categoria e dell'assenza di strumenti di democrazia di base.
Per impedire che ciò avvenga non bastano gli appelli, ma è necessario fare chiarezza su alcune delle questioni di fondo sottese da questa scadenza elettorale.
Nelle scuole l'avvio dell'autonomia scolastica, ancor prima della sua partenza ufficiale, ha visto instaurarsi in modo diffuso modelli di gestione autoritaria e gerarchica da parte di moltissimi capi di istituto, che hanno interpretato il proprio ruolo di dirigenti scolastici ben al di là di quanto le stesse norme non prevedano.
Di fronte a fenomeni di questa natura sono francamente incomprensibili quelle posizioni, esistenti anche nella Cgil Scuola, che presentano le RSU come una tessera del mosaico che completa il processo di autonomia, la qual cosa presupporrebbe e addirittura giustificherebbe il ruolo sempre più forte che viene attribuito al dirigente scolastico.
Ci sembra più corretta invece la posizione di chi sostiene che le RSU debbano fare da argine al potere del dirigente scolastico, ma anche su questo occorre chiarezza.
E' evidente che una gestione autoritaria della scuola produce conflitto e che il conflitto, inevitabilmente, investe la sfera dei diritti sindacali chiamando in causa le RSU.
Tuttavia gli Organi Collegiali, sia pur con i loro limiti, costituiscono un baluardo ancora solido in grado di salvaguardare un assetto democratico e partecipativo dell'organizzazione scolastica. Non è un caso che proprio oggi essi siano nel mirino del Ministro della P.I., il quale, prima ancora che il Parlamento approvi la sua pessima legge di "riforma", sta tentando di modificare le loro prerogative, come è accaduto con la circolare di agosto che ha proditoriamente abolito l'elezione dei collaboratori.
Il bilanciamento dei poteri del dirigente si ottiene, perciò, difendendo e rivitalizzando il ruolo degli Organi Collegiali, in primo luogo del Collegio dei Docenti. La battaglia sui contenuti della nuova legge di riforma degli OO.CC. diventa quindi un terreno decisivo di lotta per la democrazia nella scuola e per correggere gli aspetti più negativi dell'autonomia scolastica.
Ciò non significa negare e nemmeno limitare il ruolo delle RSU ma solo ricondurle alla loro natura di organismi per la difesa dei diritti e per la tutela degli interessi dei lavoratori. Anzi, le RSU possono e devono esercitare una azione di garanzia, sullo specifico terreno sindacale, delle scelte degli Organi Collegiali. Questo speciale rapporto con gli Organi Collegiali è reso necessario dalla particolare natura del rapporto di lavoro dell'insegnante, dipendente ma non subordinato, e dalla peculiarità del settore: una felice eccezione da preservare.
L'avvio della campagna elettorale ha coinciso con la ripresa delle trattative per il contratto, una ripresa imposta da esigenze oggettive che il sindacato non si era dimostrato in grado di cogliere e che oggi caratterizzano un inedito scenario di rivendicazioni salariali.
Tutto ciò è potuto avvenire grazie alla straordinaria mobilitazione del 17 febbraio e agli scioperi del 9 e del 16 ottobre. C'è un filo rosso che lega queste tre scadenze, in apparenza così diverse, facendone tre momenti di un unico ciclo di lotte: la volontà di questa categoria di rispondere con un rinnovato protagonismo per correggere scelte e soluzioni contrattuali dimostratesi fallimentari, ma anche per contrastare una idea di autonomia scolastica sbilanciata sul comando, sul controllo, sulla gerarchizzazione; per recuperare la centralità di un progetto di scuola all'interno del quale sia possibile e necessario rilanciare la valorizzazione della professionalità di tutti, personale docente e personale A.T.A., ricollocando correttamente ruolo e funzione delle figure uniche.
Non solo lotta per il salario, quindi, ma anche determinazione ad intervenire positivamente sull'insieme delle contraddizioni provocate dalle trasformazioni in atto nella scuola.
Il fatto nuovo è che questo è avvenuto perfino superando l'appartenenza sindacale di ciascuno (non pochi hanno scioperato tutte e tre le volte!), quasi a voler concedere al sindacato una ulteriore possibilità di riscatto, una sorta di prova d'appello.
E' fin troppo facile, pertanto, prevedere che l'esito delle trattative e la qualità delle soluzioni che verranno trovate influenzeranno in modo determinante sia la partecipazione, sia il voto nelle elezioni delle RSU.
Tuttavia, qualunque sia la conclusione della vertenza, i limiti gravissimi di democrazia sindacale, drammaticamente emersi nel corso di tutta la vicenda contrattuale, dalle consultazioni addomesticate fino alla sonora bocciatura del "concorsone", devono far riflettere su quanto sia necessario ricostruire, a partire dai posti di lavoro, una diversa dialettica tra sindacato e lavoratori nella quale le RSU potranno svolgere un ruolo decisivo.
La particolare collocazione dei delegati eletti nelle RSU, il loro essere punto di snodo tra la rappresentanza dei lavoratori e la rappresentatività del sindacato per cui si sono candidati, il loro essere parte di una rappresentanza unitaria ma plurale, li pone nella condizione di poter essere gli artefici dell'avvio di un vero e proprio processo di riforma del sindacato. Un processo non scontato, da conquistare, che perciò richiederà un impegno costante, fatto di idee ma anche di iniziative concrete per la costruzione dei coordinamenti delle RSU e di tutti gli altri strumenti che rendano possibile un loro ruolo protagonista sulle grandi scelte di politica scolastica e sindacale.
Per noi di Alternativa Sindacale l'obiettivo dell'affermazione della Cgil Scuola è fuori discussione.
In questi giorni tantissimi compagni e compagne che fanno riferimento alla nostra area programmatica si stanno impegnando in prima persona nella costruzione delle liste. La loro candidatura risponde alla necessità che si affermi una idea diversa e più avanzata di sindacato, di politica scolastica, di concezione delle stesse RSU.
Abbiamo cercato di delinearne i tratti essenziali in questo documento; per noi esso costituisce l'impegno politico da assumere con i lavoratori, il "programma elettorale" su cui chiedere il loro voto. In questo senso si caratterizza il nostro contributo per il raggiungimento dell'obiettivo dell'affermazione della Cgil Scuola.
Confidiamo molto nel ruolo che potranno svolgere questi nuovi organismi. Per questo è però necessario evidenziare molto, accanto all'aspetto tecnico di contrattazione all'interno della scuola, il loro ruolo politico.
E' ancora una volta un confronto ed una battaglia di idee. Ad ogni sindacato, ad ogni candidato corrisponderà una idea di scuola e di società. Per questo va ricercato il consenso ai nostri candidati e a quanti si battono per realizzare queste idee.