Forse si può essere meno lontani di quanto non sembri.
Le considerazioni di Marinella sono per certo le considerazioni di molti di noi che hanno lo stesso mal di testa.
E tuttavia a me pare non del tutto conseguente una delle sue considerazioni: quella relativa all'assunzione di responsabilità diretta per favorire il conflitto.
Ciò perché non dice sufficientemente "come".
Certamente diversa sarebbe stata la valutazione nel merito se ci fossimo trovati/ci trovassimo di fronte a una capacità autonoma (fuori di sigla, per intenderci) di svilupparlo, assumendo in proprio il diritto di indizione delle forme di lotta.
In realtà l'esperienza stessa del Coordinamento milanese (che credo Marinella abbia avuto a riferimento) non ha mai posto (purtroppo) all'ordine del giorno questa capacità ed è semmai rimasto irretito nelle contraddizioni della "categoria" acriticamente assunta a riferimento neutro.
Se ciò fosse stato, credo che avrebbe favorito molto più di quel poco (o tanto) che fin qui è avvenuto al riguardo della ricomposizione del "sindacalismo" (termine che non mi piace affatto) di base. Al contrario esso ha mostrato, contrariamente alle affermazioni di principio, una dipendenza politica e "psicologica" da tutte le sigle, anche da quelle peggiori.
Allora non resta che "credere" e "scommettere" su un progetto che rigeneri le radici di ciò che sono stati/possono ancora essere i cobas, che non faccia cessare l'ingovernabilità dei collegi, che mantenga "le forme di resistenza e di disobbedienza" evocate da Marinella e percorse magari da oltre vent'anni da alcuni di noi.
Tutto ciò anche se si partecipa a queste maledette RSU, proprio perché l'intento è solo quello di tenere qualche "spazio" aperto, non solo a livello locale, ma anche a livello nazionale.