MODELLO PER LA STRUTTURAZIONE SU FILE WORD DELLE NOTIZIE DA INSERIRE NEL DATABASE
Materia o Classe Tematica (da scegliere dalla lista):informatica e
telematica
Tipologia o genere (da scegliere dalla lista):articolo
Argomento Principale (max. 35 caratteri):internet
Argomento secondario 1 (max. 35 caratteri):linguaggio
Argomento secondario 2 (max. 35 caratteri):multimedialità
Argomento secondario 3 (max. 35 caratteri): riempi il campo [es. “media e
comunicazione”]
Persona o gruppo/collettivo (max. 35 caratteri):Hill Austin
Autore (max. 35 caratteri):Toschi Luca
Titolo (max. 100 caratteri):Tracciare tutto: è questo l’oneroso
imperativo nel web. DIGITALIZZARE PER CONOSCENZADigitalizzare
per conoscenza. [non usare maiuscole nel campo TITOLO e DESCRIZIONE
BREVE. Usale solo all’inizio della frase] Ll’archiviazione
genera rischi d’obsolescenza ma anche scoperte
Data dell'evento (max. 4 caratteri):XX d.c20--
Luogo dell'evento (max. 35 caratteri):
Descrizione breve (max. 255 caratteri):Si delineano i vantaggi della
scrittura digitale [questa è una descrizione TROPPO
breve]
Dati bibliografici o fonte bibliografica della notizia (max. 255
caratteri):www.pino.host.sk/Osper/it/periodici/die/0085.html
Varie o autore dell'inserimento (max. 255 caratteri): Mario Rossi,
mariorossi@topolinia.it
Testo (max. 64.000 caratteri): Sesso virtuale, economia virtuale, scrittura virtuale.
Quello che conta è la memoria. Tutto viene memorizzato, nel senso che tutto
viene scritto, registrato; con buona pace di chi si preoccupa della privacy.
Austin Hill, di ZeroKnowledge, vede per il XXI secolo nella lotta per il
diritto alla privacy il corrispettivo della lotta per i diritti umani nel
secolo appena terminato. La memoria è il nuovo oro nero.
Sotto questo aspetto
della scrittura-memoria, Internet è un gigantesco regalo. L’accesso, la posta
elettronica, il tuo www. Ma soprattutto i servizi. Dalla rassegna stampa
personalizzata all’intranet dall’uso facilissimo (http://www.intranets.com), dall’elenco del telefono alle
previsioni del tempo. Avere visitatori è fondamentale: il registro degli ospiti
è vitale. E ognuno, volente o nolente, scrive, lascia la sua firma. Monitorare
le scritture è sinonimo di monetizzare. Non a caso stanno fiorendo società che
forniscono strumenti per restare nell’anonimato (http://www.freedom.net). Intanto però la scrittura -
involontaria quanto ignota ai più - che registra loro malgrado i percorsi dei navigatori
è l’acqua che fa muovere la macina degli affari. E per invogliare a navigare,
si regala combustibile, si regala cioè altra memoria — non basta mai — e la
ricerca e l’uso della memoria produce finalmente l’altra Memoria; quella vera,
quella che conta, perché fa guadagnare.
Ed ecco affermarsi siti
che danno la possibilità di salvare i file personali, di ogni tipo, alfabetici,
alfaiconici, video, musicali eccetera, al posto dei pc personali. Stupendo che
sia previsto anche il cestino comunitario: necropoli della Rete. Astolfo, nell’Orlando
furioso dell’Ariosto, deve volare sulla luna, dove è raccolto tutto quanto
si perde sulla terra; per ritrovare la ragione che Orlando aveva smarrito, oggi
basta andare a vedere uno dei tanti siti dedicati “alle bisogne”, incerti fra
la discarica e lo scrigno prezioso.
La scrittura-memoria non
sta cambiando soltanto supporto. Sta mutando natura. Scrivere era penoso,
perché faticoso; soprattutto rischioso. Nel senso che era una scelta. Non si
poteva fare e dire tutto. Significava rinunciare, perdere; perché, per trovare
quello che solo la scrittura riusciva e riesce a darti, dovevi selezionare,
tagliare, sfoltire: insomma, scegliere. La trama, l’intreccio, lo stile, gli
interlocutori, tutto era una scelta. Un libro, in byte, è poca roba. Qualche
centinaia di migliaia non di parole, bensì di caratteri. Che delusione contare
i byte della Divina commedia. E la tecnologia della scrittura cartacea
era in linea con questa cultura della scelta, dell’essenzialità; dominava, al di
là della qualità dei testi, la retorica della povertà, che era la forza motrice
di quel linguaggio: la sola stella polare della navigazione-scrittura cartacea.
Correggere era una pena; cancellare una fatica a volte un disastro. La carta si
sciupava, il bianchetto sembrò una liberazione. E poiché lo spazio era finito,
lo spessore della carta era quello, logorato il quale restava solo un bel buco,
si faceva attenzione alle parole. Tutto spingeva a risparmiare, a scegliere.
Oggi, invece, comanda la retorica dell’abbondanza; anzi, più esattamente,
dell’infinito. Una memoria infinita per una scrittura altrettanto infinita. E
soprattutto istintiva, naturale, facile.
La scrittura-memoria
facile. Ancora meglio; lo slogan potrebbe essere: “Meno fatica per dare più
spazio alle idee”. Alcuni, preoccupati che questo marketing della
multimedialità tutto orientato verso il grado zero della scrittura (sia essa
fatta di parole e/o di immagini e/o di suoni), cercano da tempo di spiegare che
la multimedialità è un linguaggio, a tutti gli effetti; arduo da riconoscere,
ma linguaggio fra i linguaggi. Anzi, per certi versi, linguaggio più linguaggio
di altri. Ma è difficile da spiegare. Il problema è complesso. Non c’è dubbio.
Per conto mio, voglio qui
riportare la conclusione a cui sono giunti i partecipanti a un convegno
internazionale che si è tenuto poco tempo fa a Verona, organizzato dalla
Fondazione Franceschini (antesignana nel campo della filologia multimediale)
dall’Università di Verona e dal Craiat, dell’Università di Firenze (http://www.sismel.meri.unifi.it). Si tratta di studiosi di testi
antichi, di filologia, di archivistica, di filosofia, di codicologia eppure
esperti di multimedialità (Mosele, Leonardi, Santi, Morelli, De Prisco, Diaz De
Bustamante, Bozzetti, Marinucci, Durano, Schuler, Montanari, Mastrandrea, Pini,
Landi). La sintesi di due giornate di lavori è una storia, emblematica, del
nostro tempo tecnologico, narrata dalla relatrice Irma Schuler.
La prestigiosa Biblioteca
Apostolica Vaticana nel 1994 aveva deciso di dare vita a un progetto pilota:
digitalizzare tutti i manoscritti (molti dei quali magnificamente miniati) e
metterli in rete. Due gli evidenti vantaggi: consultazione remota e
conservazione e salvaguardia del patrimonio. In collaborazione con l’Ibm e con
l’Università Pontificia di Rio de Janeiro cominciò il lavoro. Migliaia e
migliaia di fogli venivano riprodotti e archiviati. Poi il progetto prese a
rallentare, fino a fermarsi del tutto. Oggi è chiuso. Perché? Molte le ragioni,
ma risolutivo è stato constatare che i cambiamenti della tecnologia non davano
tregua, rendendo inutilizzabile il già svolto. L’upgrading, il
trasferimento continuo da un supporto, da un software a un altro, era
impraticabile. La memoria multimediale non aiutava a riscrivere il passato così
da preservarlo dal tempo. Tutto sbagliato, allora? No certamente. In attesa che
si definiscano gli standard, che il mondo della scrittura-memoria digitale si
dia delle regole precise, prendendo coscienza di essere un nuovo linguaggio, un
linguaggio anche per ricordare, la digitalizzazione dei manoscritti si sta
rivelando un potente strumento per interrogare, indagare quelle carte; per
esplorarle al di là dei limiti dell’occhio umano, E successo così che quei
testi hanno cominciato a raccontare storie sconosciute, facendo emergere dal
passato disegni, parole altrimenti persi per sempre.
Il convegno di Verona,
riflettendo sui problemi legati all’elaborazione delle immagini nelle
discipline umanistiche, ha messo in evidenza un punto centrale per capire il
senso della rivoluzione digitale. La sua natura linguistica. La multimedialità,
come ogni supporto, riscrive tutto ciò che incontra, che le viene affidato:
valorizzandone alcuni aspetti e penalizzandone altri. Così mentre si è
sottolineato il valore testuale dei data base, strutture potenti che
influenzano la lettura e l’interpretazione dei singoli dati, lontani da avere
un valore assoluto; si è sottolineata la necessità di ridefinire il rapporto
fra archiviazione, da una parte, e strategia comunicativa e fruizione-usabilità
dall’altra. Il che significa sollecitare a riflettere circa il rapporto fra
memorizzazione e lettura, a tutto vantaggio delle potenzialità conoscitive di
questo nuovo linguaggio. Restituire alla multimedialità la sua complessità,
sottolinearne la forza cognitiva e analitica, appare premessa indispensabile
per liberare questo straordinario strumento dai vincoli di una cultura ancora
oggi sospesa fra idealismo e positivismo; certo restia, anche camuffandosi da
tecnologia avanzata, a riconoscere alla natura materiale dell’ agire umano un
valore morale e scientifico. Del resto, da questo punto di vista, l’analogico
non ha vissuto né vive fortune migliori.
E pensare che tutto
cominciò, in Vaticano, quando ci si dovette arrendere davanti al fatto che,
nonostante l’ alta qualità delle digitalizzazioni, non si riusciva a riprodurre
il colore dell’oro usato nelle miniature. Da quel momento la rivincita sull’oro
virtuale era già segnata.
Email (max 35 caratteri):Toschi@unifi.it
Sito web (max 50 caratteri):
):www.pino.host.sk/Osper/it/periodici/die/0085.html