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1977:“IL FUTURO E’ ALLE NOSTRE SPALLE”

FINALMENTE IL CIELO è CADUTO SULLA TERRA: LA RIVOLUZIONE

A 30 anni di distanza dal 1977, il Centro Sociale Autogestito Intifada sente l’esigenza di ripercorrere quell’anno fecondo di idee e di pratiche rivoluzionarie, attraverso incontri/racconti di coloro che quell’esperienza l’hanno vissuta fino in fondo e ne hanno fatto tesoro per lo sviluppo delle lotte avvenire.
A scanso di equivoci ci teniamo innanzitutto ad affermare che non saranno appuntamenti tendenti a celebrare nostalgicamente una fase storica caratterizzata da un’alta conflittualità sociale e quindi da rimpiangere e commemorare. Certamente, di fronte ad una interpretazione tendente a classificare quegli anni come “anni di piombo”, comune ai poteri dominanti inclusa ovviamente la sinistra di governo, una delle nostre preoccupazioni sarà anche quella di sgombrare il campo da simili idiozie evidenziando l’opera benefica di quel movimento e le sue straordinarie potenzialità, represse, queste sì, col piombo dello Stato. Non sarà però questo il nostro principale obbiettivo; per chi ancora oggi crede in una società egualitaria e nel superamento della sopraffazione e dello sfruttamento dell’uomo sull’altro uomo, quegli anni rappresentarono un tentativo di assalto al cielo tramite la sperimentazione di teorie e pratiche di condivisione e di partecipazione che non possono essere relegate tra le anticaglie della storia, ma debbono rappresentare l’humus nel quale far germogliare, qui ed ora, idee e prassi atte a superare lo stato di cose presenti. Un humus costituito dalle varie esperienze storiche riceventi il marchio d’infamia di eretiche dal “socialismo ufficiale” parlamentarista e statolatro, ma che per noi sono le più meritevoli di essere indagate: dal socialismo libertario ottocentesco ispiratore della Comune di Parigi e della I Internazionale, al sindacalismo rivoluzionario ideatore del metodo dell’azione diretta; dalle gloriose milizie della rivoluzione spagnola represse nel sangue dagli stalinisti, a quei nuclei partigiani italiani che si rifiutarono di lasciare le armi disobbedendo agli ordini di un partito comunista fedele esecutore della politica di potenza sovietica; fino ad arrivare a quella lunga ondata di lotte del secondo dopoguerra che ha nel ’77 il suo punto culminante e sicuramente più originale. Un’originalità che si esprimeva nel rifiuto di quell’etica del lavoro che aveva rappresentato per decenni la pietra miliare della cultura della sinistra storica, ma che adesso, al grido di “lavorare con lentezza”, veniva completamente rifiutata in nome della riappropriazione del tempo. Un’originalità che si manifesta appieno nell’individuazione della nuova frontiera dello sfruttamento non più relegata al solo ambito lavorativo, ma permeante adesso tutti gli ambiti della vita, da quello ambientale a quello personale. Intuizioni che fanno sì che il percorso delle idee sovversive non si fermi qui ed arrivi a contaminare la nuova conflittualità post-novecentesca che, almeno nelle sue parti più radicali ed attente, ha fatto tesoro di questo patrimonio sviluppando più approfonditamente la critica del potere arrivando appunto a definirlo bio-potere.

Questo rapido excursus ci fa capire come sia stato dirompente questo movimento e come, a dispetto del martellante tentativo di svalutazione compiuto dall’apparato culturale dominante, abbia avuto uno spessore che andava al di là delle contingenze storiche. Tali caratteristiche non sfuggirono al partito comunista italiano che infatti individuò fin da subito nel movimento un nemico da abbattere. Come nel 1945 il p.c.i., di fronte ad una messa in discussione dell’intero assetto statale, non ci pensò due volte e si eresse, insieme alla Democrazia Cristiana, a difensore della “repubblica democratica” inaugurando la stagione dei governi di “solidarietà nazionale”. Tra il 1976 ed il 1979 sostenne due governi Andreotti seguendo, sulla scia dei fatti cileni del ’73, la linea del compromesso storico del suo segretario Berlinguer. Ciò stava a significare che tutti coloro che non rientravano nell’accolita demo-picista, tutti i conflitti che non erano riassorbiti dalla grande alleanza parlamentare, divenivano materia penale e giudiziaria di competenza di forze del (dis)ordine e magistratura.
Per rendere più agevole il compito a questi ultimi veniva promulgata la tristemente nota “legislazione d’emergenza”: per la prima volta nella sua storia il partito comunista favoriva il restringimento delle libertà e delle garanzia costituzionali ed implicitamente cercava, ahi noi in molti casi riuscendoci, di alimentare il consenso popolare nei confronti dell’involuzione autoritaria della traballante democrazia italiana. La volontà di schiacciare un movimento che si opponeva recisamente alla strategia berlingueriana non poteva essere più palese e la provocazione confederale di far parlare il segretario Lama all’università di Roma occupata dagli studenti, protetto da un servizio d’ordine addestrato alla collisione fisica, suggellava questo proposito portando lo scontro direttamente nella piazza. Il p.c.i., che da sempre si dichiarava il partito del cambiamento, mostrava la sua faccia più bestiale rendendosi complice degli arresti di centinaia di militanti e di tutti coloro che in qualche modo sostenevano o erano parte del movimento: avvocati, professori universitari, scrittori, collettivi editoriali o radiofonici…Il partito si faceva stato e si apprestava, così facendo, a gestire insieme ai padroni la ristrutturazione industriale basata sull’informatizzazione del processo produttivo; il movimento coglieva le trasformazioni in atto e gettava le basi per una interpretazione dei processi più rispondente alla nuova realtà formulando nuove parole d’ordine per le soggettività ribelli.

La forza e l’attualità del movimento del ’77 risiede proprio in questo essere riuscito a percepire le nuove sembianze che il capitalismo stava assumendo e che oggi si esplicitano davanti a noi nei suoi caratteri più perversi e di aver adeguato conseguentemente le forme di lotta al cambiamento dell’assetto socio-economico della società; perciò pensiamo che sia giusto e doveroso soffermarci su quest’anno fucina di idee appartenenti a tutta l’umanità che noi vogliamo siano anche sempre più condivise da chi ancora oggi pensa che un altro mondo sia possibile.


Csa Intifada.