18 GENNAIO '95

PRETORE: Si accomodi. Ci da' le sue generalita'

DANIELE: Daniele Farina, nato a Milano il 23/9/64.

PRETORE: Lei viene sentito ai sensi dell'articolo 210, ha un difensore di fiducia?

Avv. PALUMBO: Si, l'Avv. Palumbo, foro di Milano.

PRETORE: Lei ha la facolta' di non rispondere in quanto imputato di un reato collegato.

Avv. VANNI: Sig. Farina lei e' stato presente in Via Leoncavallo il 20 Gennaio al mattino?

DANIELE: S ero presente in Via Leoncavallo ed ho seguito l'intera vicenda delle cose accadute nei giorni precedenti il 20 e ovviamente in quelli successivi.

Avv. VANNI: Ci puo' dire un po' diffusamente che cosa e' successo in quella occasione?

DANIELE : Tenga presente che quanto e' accaduto il 20 Gennaio e' esattamente quello che era stato di fatto concordato come una qualsiasi manifestazione pubblica nella questura di Milano il giorno precedente in un incontro che vedeva presenti il questore Serra, il capo della digos, il vice questore De Feo ed altri funzionari della questura compreso il funzionario che poi diresse le operazioni in Via Leoncavallo che aveva, credo, la responsabilita'.

Avv. VANNI: Lei ha partecipato a questo incontro?

DANIELE: Si, ero presente io, era presente, credo qualche altro imputato di questo processo tra cui ricordo perfettamente Carlo Ceccon e credo una rappresentante della "associazione delle mamme" del Leoncavallo.

Avv. VANNI: A che cosa si era deciso in questa sede?

DANIELE: Questo era il ventesimo incontro relativo alle vicende del Leoncavallo fin dal mese di Ottobre, il Leoncavallo aveva fatto una scelta antica di non ripetere quel tipo di resistenza dell'Agosto '89, ma di modificare politica di opposizione al progetto che la giunta Formentini andava svolgendo. Quindi sostanzialmente l'idea che la resistenza non si facesse dai tetti come nel '89 con tutto quello che ne era conseguito era un a scelta politica ben nota alla questura e sulla base della quale si son prese le decisioni, cioe' sostanzialmente eravamo di fatto autorizzati a svolgere un presidio, sapevamo perfettamente che avremmo fatto resistenza passiva davanti alla porta del C.S. Leoncavallo. Le perplessita' del questore erano quelle per cui non vi era personale tra le forze di polizia atto a questo tipo di sgomberi all'americana, cioe' sostanzialmente quelli in cui vieni portato via "da seduto o da in piedi" di peso.

Questa perplessita', in realta' ci fu testimoniata anche da Nando Dalla Chiesa il giorno precedente, alcune ore prima dell'incontro alla questura, cui l'allora capo della polizia, Parisi telefonato adducendo lo stesso tipo di problemi, cioe' il fatto che quel tipo di sgombero, sapendo che noi avremmo proposto in sede di Questura questo tipo di dinamica di sgombero loro non avevano personale preparato a fare questo tipo di operazione. Non avevano nessun problema a fare uno scontro violento, ma avevano invece numerosi problemi per quel tipo di scelta che noi avevamo adottato.

Pero' di fatto alla fine della riunione fu comunque autorizzato questo presidio sapendo perfettamente che cosa questo presidio avrebbe comportato. Quindi la mattina dello sgombero le forze di polizia erano strutturate in modo particolare per intervenire in fasi successive. Erano pronti a qualsiasi tipo di operazione ma erano di fatto organizzate per cui i primi plotoni erano privi di casco e di altro e vi erano altre numerose forze intorno invece che erano pronte ad altre evenienza operative. Dico questo perche' credo che dal punto di vista della questura non vi fosse assoluta fiducia che noi avremmo di fatto aderito al tipo di intendimento politico che era pubblicamente espresso, cioe' da parte della questura credo che vi fosse la preoccupazione che in realta' fossa un'imboscata quel tipo di scelta che noi avevamo fatto e che in realta' all'interno del centro vi fosse gente preparata ed organizzata ad una resistenza attiva. Tanto e' vero che la mattina del 20 Gennaio verso credo le 7.30 per la prima volta dopo che l'intera area era stata isolata fin da penso una ventina di minuti prima e che soltanto una cinquantina, una sessantina di persone erano riuscite ad arrivare, a filtrare, molte altre poi si aggiungeranno nel corso della mattina, io penso che alla fine fossero svariate centinaia di persone, a mano a mano che la voce si spargeva, il capo della digos venne e mi chiese se noi eravamo pronti e se non c'era nessuno all'interno del centro insistendo particolarmente su questo.

Io presi tempo dicendo che noi non eravamo pronti e di aspettare e questo fatto fu ritardato alle 7.45, di nuovo rimandai la cosa e alla fine concedemmo invece il nostro assenso affinche' la cosa si svolgesse in quei termini. Fino a questo punto il clima generale testimonia mi sembra una chiarezza, una limpidezza assoluta sia degli intendimenti politici che dei comportamenti poi di piazza. Io sono stato il primo ad essere "tirato via" dal portone del Leoncavallo, dal Dott. Scarpis, sono stato isolato dal resto degli altri per un certo periodo di tempo, mi sono oscuri i motivi di questo, evidentemente era una verifica ulteriore se le cose andavano come dovevano andare dal loro punto di vista. inizialmente la cosa ha avuto, tra l'altro io non sono imputato in questo processo, successivamente si sono verificate un po', le forze di polizia si limitavano a spostare i dimostranti, ma non impedivano che gli stessi tornassero davanti al portone, quindi di fatto l'operazione di sgombero si e' ripetuta due volte, tre volte finche' non si sono accorti di questa dinamica ed hanno a quel punto circondato tutti gli sgomberati, sperando quelli che erano ancora davanti al portone e quelli che non lo erano in un cerchio molto stretto, del diametro di questo emiciclo piu' o meno in ho chiesto condotto anch'io perche' non volevo essere differenziato, isolato dal resto degli imputati o tenuto in ostaggio. Poi si e' formato questo cordone, credo che l'unico momento che puo' nella fattispecie far pensare ai reati in forma isolata possano essere invece magari identificati e' stato quando, in forma per noi assolutamente sorprendente, una ruspa perche' nessuno aveva parlato di questa, noi ingenuamente probabilmente pensavamo che le forze di polizia potessero penetrare all'interno in mille modi. da mille porte perche' il C.S. Leoncavallo non e' mai stato una fortezza inespugnabile, ma anzi assai permeabile dal punto di vista della possibilita' di entrarvi e di accedervi. Invece c'e' stato questo sfoggio di muscolatura che probabilmente questa e' una valutazione che faccio io, fu sfondato il portone del locale che aveva tra l'altro anche un valore artistico notevole, era una cosa molto bella, che numerosi pittori avevano nell'ottobre dipinto fu sfondato dalla ruspa e credo che questo fu l'unico momento in cui l'imperizia delle forze dell'ordine gia' segnalata, l'esuberanza di qualche giovanotto nostro hanno portato al fatto che c'e' stato qualche lamento di piu', qualche trascendere tra le righe, ma credo assolutamente contenuto tanto e' vero che credo non ci siano particolari cose da dire. E' stata comunque l'unica frazione in cui si e' rischiato, ma cio' non e' avvenuto, che quanto era stato precedentemente definito potesse in qualche modo "saltare". Poi pian piano sono filtrate le persone, gli abbiamo chiesto e piu' volte ripetuto che la gente che arrivava sentendo la radio ecc. potesse venire fin qui davanti al Leoncavallo, si e' costruito questo grosso assembramento di alcune centinaio di persone e a quel punto di nuovo mi e' stata ribadita dal Dott. Finolli e da altri funzionari della questura e dai carabinieri la preoccupazione che la cosa degenerasse, perche' ovviamente arrivavano centinaia di persone e vi era una formidabile "incazzatura" per quello che rimaneva, comunque, lo sgombero di una realta' con venti anni di storia, i suoi morti e tante altre questioni, per cui fummo invitati, io personalmente fui invitato piu' volte a partire in corteo dalla Via Leoncavallo e a trasferire tutti i compagni manifestanti davanti alla sede assegnata dal prefetto di Milano all'Associazione delle mamme del Leoncavallo: cosa che e' successa verso mezzogiorno dopo che ancora ripetuti inviti dello stesso questore che era stato chiamato telefonicamente, tra l'altro, e che, se non ricordo male, volle parlare con me anche direttamente per assicurarsi che lo svolgimento della cosa avrebbe avuto quel tipo di iter e che sarebbe stato comunque pacifico e di massa, senza altri tipi di manifestazione. Quindi poi il corteo e' partito da Via Leoncavallo, ben circondato di un contingente di polizia credo che ci siano stati slogan tipici di qualunque corteo, senza particolari accentuazioni o tali da configurare fattispecie di reato particolari, poi questo non sta a me giudicarlo, questa e' la mia opinione. Io ho lasciato poi il corteo all'altezza di Piazza Durante, credo che se, da quello che ho visto io fino a Piazza Durante, vi sono state frizioni sono quelle fisiologiche di una partita di pallanuoto direi, in cui tutto sommato sott'acqua e' normale che vi siano frizioni che fanno parte del gioco, non sono falli credo, e' stato semplicemente il trasferimento di una massa di centinaia di persone molto premuta ai lati, quindi senza alcun altro tipo di questioni. Questo e' il ricordo che ho io di quella giornata, credo che in generale la mia testimonianza valga quantomeno a ricostruire correttamente uno degli aspetti di una vicenda che ha molti mesi, molti anni di gestazione e di sviluppo.

Avv. VANNI: Ci puo' spiegare dal punto di vista suo e delle persone con cui avevate concordato questa scelta, che significato aveva questa resistenza passiva davanti alle porte del centro?

DANIELE: Noi avevamo in un dibattito piu' generale a Milano che ha coinvolto migliaia di persone, fatto delle scelte diverse da quelle dell'89, tant e' vero che nessuno, davanti a quella porte di Via Leoncavallo, fu travisato piuttosto che armato, piuttosto che altro; non che nell'89 ovviamente questo fosse stato in qualche modo. Cio' non toglieva il fatto pero' che in qualsiasi caso volevamo dare una risposta e un segnale anche in quell'occasione a quello che era uno sgombero, un fatto gravissimo di un'Amministrazione Comunale che procedeva come un caterpillar, sui diritti dei deboli, compresi quelli dei giovani del C.S., anche degli immigrati e di tanti altri, quindi chiedemmo di fatto questo presidio in cui configurava come un presidio passivo. non violento sicuramente, ma al tempo stesso di attiva denuncia di questa circostanza. Questo c'e' stato, questo era il senso molto banale, se vogliamo, della fattispecie, e' chiaro che la situazione e' molto piu' complessa; in questi mesi ci sono state cinque manifestazioni, la piu' piccola il 18 Dicembre di 2000 persone, le piu' grandi in numero superiore ai 10 mila nel mese di Ottobre e nei seguenti; questo io credo testimonia il fatto che quel processo di riflessione, di lotta molto duro all'interno di questa citta' abbia avuto un esito di questa natura, testimonia il fatto che nulla sia andato oltre cio' che una matura riflessione politica, ma di un intero movimento, hanno poi conseguentemente prodotto. Sono stato molto sorpreso quando questa vicenda e' diventata un procedimento penale, perche' fra i tantissimi che abbiamo a nostro carico, io personalmente ne ho, ma tanti co-imputati ne hanno, questo e' forse uno dei pochi in cui la cosa e' assolutamente sorprendente.

Avv. VANNI: Mi sembra di capire che il significato di questa resistenza passiva fosse una sorta di protesta contro le scelte della Giunta Comunale di Milano, pero' risulta, e questo e' proprio una parte importante del capo d'imputazione a carico dei suoi amici e compagni, che nel corso del corteo non furono lanciati tanti slogan contro la giunta comunale, contro il sindaco, ma ci furono degli episodi, un po' offensivi nei confronti delle forze dell'ordine. Lei pensa che questi slogan, se sono lanciati, siano stati lanciati come una scelta collettiva deliberata oppure che possano essere stati delle scelte individuali determinate dal momento di rabbia, di dolore, di rimpianto per il fatto di aver dovuto abbandonare quella sede?

DANIELE: Io non ero presente al corteo, tranne nella sua prima parte, quindi non so se sono stati lanciati o meno slogan o altro. Tenga presente che fa parte di un immaginario collettivo, o comunque di una ritualita', il fatto che vi siano slogan da parte dei manifestanti contro le forze dell'ordine, che che' se ne dica, spesso e volentieri rispondono in qualche modo o negli atteggiamenti o poi verbalmente in gruppi isolati eccetera a questo tipo di dinamiche o mettano in atto altre vicende che non configurano esattamente un rapporto neutro tra il dipendente della Stato e il manifestante, configurano altre dinamiche di diversa natura. Quindi ritengo anche li' nella fattispecie se sono stati lanciati dipendono ovviamente, da questo immaginario collettivo che si ripete in ogni manifestazione, non c'e' una manifestazione a Milano, non quelle del Leoncavallo, in cui non si fanno accenni sulla disoccupazione, il bel mestiere o cose di questo tipo, ma credo che facciano parte di una dinamica, in qualche modo di un immaginario collettivo, di una ritualita' che avesse in quella circostanza la sua profonda natura sul fatto che da mesi e mesi si era in presenza di un meccanismo di militarizzazione, ovviamente non per volonta' diretta delle forze dell'ordine, ma per volonta' politica che sovrintendeva ad essi, ne per volonta' certo del C.S. Leoncavallo che se fosse rimasto dov'era per altri vent'anni si viveva. Quindi credo che anche quello facesse parte, tutto sommato, di una fisiologia che non credo abbia avuto nessun intendimento particolare.

Avv. VANNI: Lei non era presente in Via Salomone al momento dell'arrivo del corteo?

DANIELE: Non ero presente, ero sempre in Via Leoncavallo in diretta telefonicamente mi fu detto che c'erano delle persone davanti che impedivano l'accesso, io gli risposi che mi sembrava impossibile e' perche' di fronte a casa mia sostanzialmente se uno si para davanti, e' successo per il periodo di sei mesi del decreto prefettizio, se qualcuno mi si para davanti tentando di impedirmi di entrare. a questo punto si configura una violazione della legge e mi sembrava impossibile, visto che c'erano dei funzionari di Polizia li' presenti, che consentissero un'operazione di questo tipo, sapendo benissimo che quando un corteo, che ha fatto una partita di pallanuoto sott'acqua per cinque km o tre km scusate, qual e' la distanza tra Via Salomone e Via Leoncavallo, dopo ore e ore passate al freddo dalle 7.00 del mattino, almeno per alcuni, fino alle 13.00 o le 12.00 no mi ricordo neanche quando esattamente parti' e arrivo' quel corteo era evidente che si cercava in qualche modo la provocazione, la strumentalizzazione politica.

Chiesi se era possibile immediatamente informare il responsabile di quella situazione perche' rimuovessero quel tipo di blocco, perche' era ovvio che se il corteo fosse arrivato li' davanti, si sarebbero creati degli elementi di tensioni. Credo che poi in realta', anche qui, la fisiologia di uno che impedisce di entrare in casa mia e io gli dico "spostati", si rifiuta di spostarsi, mi alza le mani eccetera, abbia prodotto qualche lamento di frizione, ma di cui tutto sommato anche qui, non per minimizzare, rispetto alla complessita', all'emotivita' di quella vicenda poi giudichera' la corte.

Avv. VANNI: Lei ha parlato di decreto prefettizio, sara' acquisito questo decreto che vi assegnava temporaneamente la sede di Via Salomone, lei ne ricorda il contenuto? La motivazione in particolare di questo decreto?

DANIELE: La motivazione del decreto non la ricordo con precisione, ricordo che era una lunga lista sostanzialmente in cui ci veniva consegnato, perche' era un decreto di consegna, per motivi di ordine pubblico. Cioe' gravi motivi di ordine pubblico portavano il prefetto di Milano a trovare una soluzione diversa da quella dello sgombero tout court, ma assegnavano per un periodo massimo di 180 giorni la sede di Via Salomone. In realta' poi ovviamente c'erano state tutta una serie di promesse, cui si poteva dare credito, che poi infatti hanno avuto nell'agosto, sul fatto che sarebbe reiterato il decreto, che si sarebbe trovata una soluzione eccetera; poi evidentemente ci sono state le elezioni politiche e tanto altro e che le cose si sono ulteriormente modificate. Pero' credo che questo decreto, brevissimo nel merito, era sicuramente dettato da motivi di ordine pubblico per vari motivi e ragionamenti, non soltanto gli incidenti che potevano verificarsi in assenza di questo meccanismo di ammortizzamento, una specie di cassa integrazione, la valutavo io, ma anche perche' una precisa strategia dell'ordine pubblico da tanti anni presuppone il fatto che alcuni ben individuabili sono sicuramente assai piu' controllabili e trasparenti che non lo spezzettamento di centinaia di militanti politici per quello che riguarda il Leoncavallo, con una loro storia, una loro tradizione, all'interno della citta', quindi anche da un punto di vista dell'ordine pubblico. La famosa finestra di cui ha parlato spesso il questore Serra in quei mesi, finestra di visibilita' per svariate amministrazioni della sinistra antagonista, credo avesse un po' questo significato quel decreto, molto al di la' della filantropica decisione di qualcuno o dello scontro politico tra forze di governo locale e nazionale.

Avv. VANNI: Facciamo un passo indietro al 19 Gennaio forse l'ha gia' detto, era implicito, ma vorrei che fosse esplicitato: avevate ritenuto di accettare questo trasferimento?

DANIELE: Era stato valutato, ma non soltanto il 19 Gennaio, la valutazione politica era stata fatta molto prima, tant e' vero che ci eravamo resi disponibili se venivano rispettati dei criteri che erano in particolare dei criteri di autogestione, di territorialita', cioe' di vicinanza e di contiguita' con i quartieri in cui abbiamo vissuto per 18 anni, abito tra l'altro li' ancora adesso, abbiamo accettato politicamente questa cosa. Avevamo accettato anche addirittura il trasferimento in quella specie di landa desolata, che era cascina Van Gogh del Parco Lambro nei giorni di Dicembre in cui si configuro', tra l'altro, un'altra di quelle kafkiane situazioni all'italiana in questo lungo scontro tra apparati dello stato e forze politiche in realta' nel paese o comunque a Milano sicuramente; quindi da quel punto di vista la decisione era stata presa. Era stata presa anche la decisione di accettare quel tipo di sistemazione in Via Salomone che ci fu comunicata pochissimo prima. Noi non avemmo quasi il tempo di vedere nello specifico Via Salomone, anzi, credo che nessuno di noi sia stato preavvertito in maniera da poter visitare quel posto, fu deciso con l'autorita' esterna completamente a tavolino che se non fosse stato per questa forte decisione politica presa nei mesi precedenti a Milano da svariate forze del movimento antagonista che erano presenti nella sede del Leoncavallo il giorno dello sgombero, credo che sarebbero sicuramente emersi problemi per la procedura assolutamente di emergenza totale con cui e' stata gestita in maniera stumentale l'intera vicenda del Leoncavallo, non solo in questa circostanza.

PM: Sig Farina, lei ha parlato di questo accordo che esisteva fra C.S. Leoncavallo e rappresentanti istituzionali, fra cui il questore Serra eccetera. mi pare che abbia gia' trattato questo argomento nel suo passaggio: se per il giorno del 20 Gennaio tutto era gia' stato organizzato, nel senso che c'erano stati accordi sulle modalita' di sgombero, su questa attivita' di resistenza passiva eccetera. Perche' alla fine hanno denunciato 72 persone per questi reati?

Avv. VANNI: C'e' opposizione, bisogna chiederlo a chi ha fatto la denuncia.

PM: E' una valutazione, non e' un testimone, a parte che e' una parte.

DANIELE: Io non ho problemi a rispondere a quello che ha detto. Quando vado in questura a chiedere le autorizzazioni penso di rapportarmi allo stato e quindi al di la' poi delle forme del conflitto fra i poteri dello stato, di parlare con un'autorita' che non e' semplicemente la questura di Milano in quanto tale, in quanto singoli personaggi. Sullo specifico della domanda, francamente, credo che ci sia in questa citta' un meccanismo di cui lei e' un protagonista, che sta diventando assolutamente anomalo, cioe' credo che vi sia una modalita' di procedimento che punta all'enucleazione di un certo numero di persone all'interno di un complesso sociale estremamente piu' grosso, al fine di svuotarne, io credo, le potenzialita' a condurre in tempi abbastanza stretti attraverso queste forme di pressione o alla detenzione di un certo numero di soggetti o comunque al fatto di una continua e costante pressione su di questi per condizionarne i comportamenti e le scelte politiche. Nello specifico della domanda credo che questa situazione stia ormai da tempo degenerando in una forma, non la chiamo persecuzione perche' non credo sia il termina corretto, comunque una forma di accentuazione di alcune caratteristiche di un rapporto tra funzionari dello stato e della questura e un certo numero di cittadini di questa citta', che va al di la' del rapporto corretto, o comunque delle funzioni e dei poteri che a questi funzionari sono attribuiti.

Credo che ci siamo delle forme di personalizzazione della vicenda e di tutte queste vicende, salvo che ovviamente non puo' sfuggire, questa personalizzazione possibile soltanto laddove una volonta' politica precedente abbia dato non soltanto un nulla osta, ma abbia stimolato questo tipo di procedura. Io credo di avere, non so me lo dica lei, centinaia di denunce? Decine? non so, non riesco neanche piu' a tenere il conto di quante ne ho. Mille denunce, evidenziano un solo dato, e qui chiudo perche' non voglio farla lunga e non voglio far comizi politici, e' in atto una criminalizzazione di un corpo sociale politico estremamente ampio in questa citta' e credo che il C.S. Leoncavallo, in particolare, o e' una grande associazione a delinquere, allora gli si diano i reati associativi, si abbia il coraggio di dargli i reati associativi, oppure c'e' qualcosa che non funziona. Io credo che ci sia qualcosa che non funziona.

PM: Io non ho capito la sua risposta, mi scusi, non ho colto il senso. Nel caso specifico lasciando stare il disegno politico di cui io faccio parte e quant'altro, perche' vi hanno denunciato se non e' successo nulla?

Avv. VANNI: Io mi oppongo a questa domanda perche' e' illogica, non si puo' chiedere a chi subisce un trattamento giudiziario le ragioni per le quali questo trattamento giudiziario ha avuto origine come una notizia di reato. Se noi dovessimo porre la stessa domanda tutti i giorni a tutti gli imputati che sfilano su quell'emiciclo o in altre aule di pretura di tribunali piu' piccoli non finiremmo piu', ma lei se lo immagina? Ma quando mai si chiede a un denunciato la ragione per la quale gli operanti hanno deciso di sporgere una rapporto contro di lui? Non succede mai. Io ritengo che siccome questo e' un processo ordinario, vadano applicate delle regole ordinarie e quindi questa domanda non vada posta, se vogliamo porla la possiamo porre a quegli stessi testimoni che prima del sig. Farina hanno deposto in quest'aula richiamiamoli.

PM: Credo che il dato ce lo abbiano gia' dato, loro hanno detto che sono stati denunciati perche..., siccome il Sig. Farina ha parlato di questo accordo che e' un dato nuovo, volevo sapere il motivo per cui in questo accordo qualcosa non ha quadrato. Siccome la domanda poi non ha questa grande rilevanza rinuncio.
Grazie, ho finito.