Torino, sabato 29 marzo, a due settimane dall’aggressione imperialista anglo-americana all’Iraq, il corteo contro la guerra viene brutalmente aggredito dalle forze dell’ordine. La giornata di mobilitazione è cominciata con il concentramento antifascista indetto dal network antagonista piemontese e dagli antifascisti/e di Torino, a porta palazzo in piazza Borgo dora. Al concentramento (autorizzato peraltro) abbiamo trovato ad attenderci numerosi plotoni di polizia e carabinieri che trasformavano in un imbuto la piazza del mercato. Evidentemente la questura aveva già deciso di blindare e reprimere qualsiasi iniziativa antifascista. Del resto questo modus operandi l’ha sempre avuto in tutte le occasioni dove gli antifascisti/e torinesi, hanno mobilitato centinaia di persone ogni qualvolta i fascisti di Forza Nuova hanno tentato iniziative pubbliche. Il 22 febbraio dell’anno scorso caricò il corteo antifa che impedì che si svolgesse un congresso dei forzanovisti, denunciando e tentando di estromettere dalle manifestazioni pubbliche ben 15 compagni. Ad oggi 8 di quei compagni firmano nelle caserme dei carabinieri chi 3 giorni a settimana chi 1, e l’8 aprile inizierà il processo a loro carico.

Intorno alle 14.15 ci siamo mossi, antifascisti/e, centri sociali, antagonist/ei,compagni/e delle case occupate, eludendo il controllo delle forze dell’ordine in direzione centro città verso la piazza dove i fascisti si potevano radunare. Nel frattempo un altro presidio antifascista impediva già di fatto il raduno nella piazza preannunciata. Abbiamo imboccato più vie del centro per vigilare attivamente e arrivati nel punto in cui si vociferava arrivassero i fasci siamo tornati indietro al concentramento di piazza Castello, dove sarebbe poi partita la manifestazione contro la guerra. Già da subito la blindatura allo spezzone antifascista e antagonista assumeva termini asfissianti, era alla coda del corteo insieme ai lavoratori della Confederazione Cobas e dalla partenza era costretto a sfilare in mezzo ai reparti di polizia e carabinieri. A più riprese dall’amplificazione è stato richiesto agli agenti di spostarsi fino a quando inevitabilmente il corteo è venuto a contatto con i carabinieri che sono partiti immediatamente con una carica che solo grazie all’intervento di difesa del servizio d’ordine dello spezzone non ha avuto peggiori conseguenze. I carabinieri si sono avventati sui manifestanti colpendo a destra e manca e non contenti hanno bersagliato di manganellate il furgone dell’amplificazione salendo sul retro dello stesso dove una compagna è stata duramente malmenata.

Dopo questi fatti lo spezzone si è ricongiunto al corteo in direzione porta palazzo dove la comunità araba aspettava di inserirsi. Più di 5000 immigrati/e si sono uniti al corteo con una partecipazione piena di entusiasmo. Con in testa donne e bambini si è formato un corteo che ha visto per la prima volta la mobilitazione a Torino degli immigrati contro la guerra. La situazione era oramai di assoluta tranquillità, ma evidentemente la questura aveva da tempo in riservo per gli antagonisti e gli immigrati un piano preciso, visto che senza nessun motivo la coda del corteo veniva pesantemente blindata con almeno un centinaio tra poliziotti e carabinieri in assetto pronto all’uso. Mentre il corteo procedeva per corso S.Maurizio il servizio d’ordine chiudeva la manifestazione rallentando il passo per tenere il più possibile lontana la polizia dal corteo, fino a quando è scattata la prima carica a freddo, da dietro, che ha creato il panico tra gli immigrati e non è degenerata grazie alla gestione della piazza da parte dei compagn*. Quasi al termine di via Rossini, all’altezza della Rai è partita la seconda carica, sempre dalla coda, paventando un possibile assalto all’emittente televisiva. Tempo di girare in via Po, a pochi metri dall’arrivo del corteo dove era in corso un comizio, e la polizia e i carabinieri partono in una carica tanto infame quanto violenta, che travolge tutti, compresi i passanti, le bancarelle degli ambulanti, donne immigrate con i passeggini,passanti ignari, chiunque si trovasse sulla strada dei fieri gladiatori, che spintisi fino in piazza Castello hanno iniziato un lungo tiro a segno con i lacrimogeni ad altezza d’uomo con il chiaro intento di disperdere i manifestanti. Non appagati hanno continuato l’opera di pestaggio su chiunque gli passasse a tiro, compresi l’autista e il passeggero del furgone degli immigrati, un uomo anziano disabile, che dopo esser stato tirato giù dal camion per i capelli è stato malmenato e trascinato nelle strade. All’autista, un compagno dell’università, è toccata la stessa sorte, dopo che con più manganellate la polizia ha mandato in frantumi i vetri del furgone. Manganellate , calci e pugni lo hanno colpito in pieno volto spaccandogli quasi il setto nasale. Solo l’intervento di alcune persone accorse immediatamente ha evitato il peggio e l’arresto già dichiarato. Nel mentre un compagno di Vercelli già atterrato dai colpi di manganello veniva preso a calci procurandogli un brutto ematoma alla testa e una lacerazione di una palpebra. Episodi del genere si sono moltiplicati all’interno della piazza e nelle vie adiacenti dove i manifestanti cercavano riparo. Mentre i caroselli dei blindati continuavano per la piazza a più riprese da un furgone della polizia veniva sventolata una bandiera americana. Tempo dopo è nata una protesta spontanea da parte di chi ha visto, da semplici passanti, a manifestanti che hanno rivolto bordate d’insulti agli impassibili “tutori dell’ordine”. Nel mentre una parte dei manifestanti si è ritirata a Porta Palazzo dove dopo aver eretto alcune barricate nelle strade è stata dispersa da un numero enorme di poliziotti che a più riprese chiedevano di essere ringraziati perché non erano entrati nella moschea li vicino a fare rappresaglia.

Questa è una piccola parte dei fatti di sabato perché solo nelle testimonianze che presenteremo nei prossimi giorni si potrà ricostruire più nei particolari quanto è avvenuto, che ci impegniamo a rendere pubblici il più presto possibile. Ma intanto pensiamo importante chiarire alcuni punti fondamentali di questa vicenda.

L’antifascismo militante

Nella nostra città, grazie ad un impegno costante, i neo fascisti di Forza Nuova non hanno mai potuto svolgere manifestazioni pubbliche, la loro presenza si è sempre limitata a concerti clandestini o a banchetti di propaganda più volte disturbati. Ogni qualvolta ha alzato la testa una rete di antifascisti cittadina si è sempre messa in moto, creando iniziative di vigilanza e di contrasto all’emergere del fascismo. Il 22 febbraio dell’anno scorso ne è un esempio. Negli ultimi tempi però la situazione ha preso connotati differenti, aggressioni, accoltellamenti e per ultima l’uccisione di Dax a Milano per mano fascista, hanno di fatto modificato la situazione, rendendo sempre più urgente una modalità concreta e militante di lotta al fascismo e al razzismo dilagante. Ci sembra assurdo e vergognoso sentire i discorsi di qualche esponente di Rifondazione che chiede il rispetto per le organizzazioni fasciste e per le loro iniziative, quasi a dargli quella legittimità politica che il movimento torinese gli toglie con la lotta. Così come quei discorsi di alcuni studentelli che parlano di diritto di parola per tutti o altre fandonie del genere. L’antifascismo è una pratica sociale, politica e culturale, centrale nella crescita dei compagni e dei movimenti. Per tanto la presenza di Forza Nuova in città con un corteo che chiamava il nord alla mobilitazione non poteva passare in silenzio e quindi ci siamo adoperati perché questo non avvenisse. Il corteo che dal Balon è partito non aveva intenzione di contrattare spazi con la questura, di accordarsi su come scendere in piazza, di stare ad ascoltare le fandonie di qualche dirigente questurino sui divieti fatti, tant’è che poi alla fine la manifestazione fascista è stato una performance propagandistica di 300 metri di manifestazione in un giardino dall’altra parte della città. Questo mentre gli antifascisti/e venivano a più riprese blindati.

L’atteggiamento della questura

Fin dal primo pomeriggio erano chiare le intenzioni repressive della questura. La blindatura del luogo del concentramento antifascista ne era un chiaro segnale, nessuna tolleranza per chi lotta contro il fascismo e contro la guerra, lo stato d’emergenza di cui Berlusconi parla era già in atto. Come in altri momenti di guerra, all’interno dei propri confini gli stati coinvolti non tollerano opposizioni. In una fase come questa con un grande movimento di opinione per la pace, lo stato attraverso il suo braccio militare tenta la criminalizzazione e l’intimidazione nei confronti di chi lotta, nei confronti di chi si oppone con larghi consensi al dominio guerrafondaio e capitalista, di chi non si rassegna a manifestare il proprio dissenso solo a livello di testimonianza. Così il tentativo continuo di criminalizzazione delle realtà antagoniste, la loro repressione, sabato si è materializzata in un attacco deliberato e continuo, che ha avuto la spinta in più dalla partecipazione della comunità araba, altro mirino, che mai come sabato è scesa in piazza, autorganizzandosi insieme a noi, in un corteo di gioia e di rabbia, contro una guerra vissuta in prima persona come arabi e come immigrati in un paese di emarginazione e di criminalizzazione continua. Uomini, donne, bambini, giovani e anziani sono entrati a far parte in maniera forte e decisa del movimento contro la guerra cittadino, con tutte le loro contraddizioni e con tutte le loro forze, nonostante il tentativo da parte di alcuni politicanti di utilizzarli come elemento di folclore all’interno di manifestazioni colorate. Questa partecipazione, questo protagonismo evidentemente ha dato la certezza alle forze dell’ordine della pericolosità di quanto stava accadendo. Così ha deciso di caratterizzare l’ordine pubblico in un continuo tentativo di spezzare il corteo, di dividere il movimento contro la guerra , di innalzare la tensione a livelli altissimi, fino ad arrivare alla mattanza che ha creato in piazza castello.

Questo tipo di atteggiamento è ricorrente da parte di solerti funzionari della questura, già inquisiti il primo maggio del 1999 con la devastazione dell’Askatasuna, che intendono sempre far finire in questi termini le manifestazioni antagoniste.

La presenza nel corteo, il movimento contro la guerra

Visto il clima della giornata che abbiamo ampiamente descritto ci chiediamo quali e quante parole ci tocca ancora sentir dire su quella giornata, quante e quali provocazioni bisogna individuare, quali e quanti personaggi mascherati bisogna indicare, quali e quanti disturbi devono essere “del tutto contenibili”, quali e quanti sono o meno estranei al movimento e ne ostacolano la partecipazione.

Crediamo fortemente di essere parte di un movimento di massa, vasto, plurale, significativo in questo paese e in questa città dentro il quale esistono più anime, più correnti, più impostazioni politiche e sociali. I centri sociali, l’antagonismo in genere sono una parte di questo, realtà sociali anticapitaliste che intervengono politicamente in più settori, in più ambiti caratterizzando la loro presenza sui contenuti e sulle forme. Tutto il movimento è unificato da una sola volontà che diventa un unico obbiettivo : impedire il conflitto armato o far pagare i più alti costi che la guerra la scatena.

All’interno di una giornata come quella di sabato, mentre erano incessanti i bombardamenti e i combattimenti nell’Iraq, mentre alcune centinaia di fascisti circolavano per la città, mentre la polizia fin dal mattino si dimostrava provocatoria e particolarmente “calda”, ci è sembrato, come altre mille volte, corretto partecipare alla manifestazione con uno spezzone pacifico ma autodifeso, che vigilasse e fosse pronto a resistere e ad allontanare le provocazioni dei fascisti e delle forze dell’ordine. Alla luce dei fatti abbiamo avuto ragione del nostro atteggiamento, il servizio d’ordine schierato fin dalla partenza ha tentato più volte di contenere polizia e carabinieri ed è stato in grado di allontanare alcuni fascisti nelle vie adiacenti al corteo. Certo è che non è nostra abitudine concertare le piazze, collaborare con chi a freddo carica i cortei dalla coda e compie atti come quelli a cui abbiamo assistito. Lasciamo ad altri questo ruolo, per’altro ricoperto bene, andando avanti per una strada che rompa la logica della concertazione, che sappia radicarsi nei territori ed essere incisiva e autonoma rispetto alle ambiguità riproposte dai partiti e dalle istituzioni, che sappia praticare forme di resistenza, di autonomia sociale, di contropotere, all’interno di un mondo fatto da chi ha scelto la guerra come forma di scontro per costruire una nuova egemonia.

Bisogna fare chiarezza sul significato che può e deve assumere socialmente e politicamente questo movimento contro la guerra. Il mero pacifismo rischia di essere perdente, di arroccarsi su posizioni morali e quindi di rendere sterile e perdente la contrapposizione contro chi ha scelto la guerra. Oggi capitalismo e guerra sono inseparabili, come lo sono stati già per buona parte di tutto il novecento. Non si può separare la lotta contro la guerra dalla lotta contro il capitalismo e contro chi lo rappresenta politicamente e istituzionalmente. Ma questo nodo il pacifismo istituzionale non è in grado di affrontarlo, nè tanto meno di scioglierlo.

Il pacifismo istituzionale fa la sua parte, crea opinione, tutt’al più si oppone, forse vota in parlamento, ma poi li si ferma; invece il movimento contro la guerra deve radicarsi nei territori e mettere in atto delle forme di opposizione che diventino vera contrapposizione e azione diretta contro le forze e le strutture da cui parte la guerra, deve organizzare e far sentire la forza sociale e la rabbia popolare alle basi militari, alle industrie, agli scienziati, ai politici, ai circoli, ai comandi militari, alle ambasciate delle nazioni che sostengono le iniziative americane. E’ proprio qui, nelle nostre città, nei nostri quartieri, nel bell’occidente industrializzato che va portata più efficace ed incisiva la lotta. la guerra va sabotata opponendosi ad essa ed al sistema che la genera con il conflitto sociale, estromettendosi dal gioco per lavorare contro di esso.

Questa guerra ha dei ruoli chiari, c’è chi la vuole (ben pochi tolti i potenti) e chi non la vuole (la stragrande maggioranza); c’è chi ne è soldato e chi ne è disertore, c’è chi ne è sostenitore e chi come noi ne è sabotatore!

La nostra solidarietà va alla popolazione irakena che sta resistendo da giorni all’aggressione anglo americana, e a tutti e tutte quelli/e che hanno subito e resistito sabato.

Network Antagonista Piemontese

CSA Murazzi - CSA Mattone rosso Vercelli - CSA Castellazzo Ivrea

CDA Babylon Bra – CSOA Askatasuna – Collettivo Universitario Autonomo Torino

torino 31 .03 .03 *DAX VIVE*