Chiapas:
preguntar caminando

Scambio di lettere tra EZLN ed ETA

Marcos un mese fa circa scrisse all'ETA invitandola ad un pubblico dibattito (presente l'ezln) con il giudice Garzon per spiegare le cause e ragioni della volontà indipendentista basca. L'Eta ha reagito con una lettera cui risponde Marcos.

Buona lettura.



1. Marcos chiede a ETA "tregua unilaterale"

Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
7 dicembre 2002
All'organizzazione politico-militare basca Euskadi Ta Askatasuna (ETA)
Paese Basco Da: Subcomandante Insurgente Marcos.
Messico. Signore e signori.
Scrivo a nome dei bambini, anziani, donne e uomini dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale del Messico. Come voi forse saprete, nei giorni scorsi in una lettera diffusa in territorio spagnolo abbiamo fatto riferimento alla lotta del popolo basco in quanto alla sua sovranità. Nonostante il testo facesse chiaramente riferimento alla lotta politica basca e non a quella militare, le parole erano di proposito ambigue per quanto si riferiva all'azione della vostra organizzazione ETA.

L'obiettivo dell'ambiguità era provocare quello che abbiamo provocato. Non ignoriamo di aver messo in pericolo il capitale morale che gli zapatisti hanno conquistato nel mondo, in particolare nella penisola iberica, ma è stato necessario. Voi e noi sappiamo bene che l'EZLN non solo non ha realizzato né realizzerà nessun azione militare contro dei civili. Sapete anche che condanniamo questo tipo di attacchi che in genere provocano il maggior numero di vittime tra persone che nemmeno sanno di che si tratta. Non sono poche le vittime civili provocate dalle vostre azioni. Tra loro ci sono persone che simpatizzavano con la nostra causa e che, come il resto delle vittime civili, sono morte con l'angoscia di non sapere perché Consideriamo giusta e legittima la lotta de popolo basco riguardo per la sua sovranità, ma questa nobile causa, né nessun'altra, giustifica che si sacrifichi la vita di civili.

Non solo non produce alcuna vittoria politica, ma se anche così fosse, il costo umano è impagabile. Condanniamo le azioni militari che danneggiano i civili. E le condanniamo sempre, provengano esse da ETA o dallo Stato spagnolo, da Al Qaeda o da George W. Bush, dagli israeliani o dai palestinesi, da chiunque, con nomi o sigle diverse, che adducano o no ragioni di Stato, ideologiche o religiose, e contino tra le loro vittime bambini, donne, anziani e uomini che non hanno nulla a che vedere con la faccenda.

So anche che nella conta dei morti e feriti che provoca il governo spagnolo non sono considerate le migliaia di baschi che sono stati uccisi, torturati e fatti sparire dai corpi dello Stato. Ma non vi scrivo per confrontare il numero dei morti. In questo superiamo tutti quanti perché sono milioni gli indigeni messicani che sono caduti dalla conquista ad oggi. E non mettiamo i nostri morti in competizione con nessuno. No, non è per parlare del passato che mi rivolgo a voi.

Qualche giorno fa, il giudice spagnolo Fernando Baltasar Garzón Real mi ha sfidato ad un dibattito. Gli ho risposto affermativamente ed ho posto una condizione, tra le altre, che si realizzi un incontro tra tutte le forze politiche, sociali e culturali coinvolte o interessate al problema del Paese Basco, affinché si parli e si ascolti sul cammino dei baschi. A nome di tutti i miei compagni e compagne, vi chiedo di decretare una tregua unilaterale per un periodo di 177 giorni, partendo dall'alba del 24 dicembre 2002. Chiedo anche pubblicamente il vostro impegno a non realizzare alcun operativo militare offensivo durante questo periodo per contribuire a creare un clima favorevole a detto incontro, cioè, per dare un'opportunità alla parola.

Sarebbe bello che Euskadi Ta Askatasuna inviasse all'incontro Il Paese Basco: percorsi , uno o diversi delegati per parlare ed ascoltare, non a negoziare o concordare niente. So che potrebbero correre dei rischi, ma se siete disposti a morire o ad essere incarcerati in azioni militari, non vedo perché non sareste disposti a rischiare la stessa cosa in un'azione politica.

Vi chiedo questo, non di arrendervi, non di deporre le armi o le vostre convinzioni. Vi chiedo solo di dare un'opportunità alla parola e ad onorare così l'enorme rischio che noi zapatisti abbiamo corso e dovremo correre. Nel caso non accetterete, mi offro personalmente come vittima predestinata in un vostro prossimo attacco. Potrete accusarmi di "collaborazionismo" con lo Stato spagnolo (cosa paradossale, perché le autorità spagnole mi accusano di "apologia di terrorismo"). Non importa. Non ci sarà biasimo né rappresaglia da parte nostra, perché almeno io saprò perché sarò morto. Aspetto la vostra risposta.

Bene. Salve e un'opportunità alla parola



Marcos a Garzon

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE MESSICO 7 dicembre 2002 Al sig. Fernando Baltasar Garzón Real, magistrato-giudice del Tribunale Centrale No. 5 Audiencia Nacional c/. García Gutiérrez 1 28.004, Madrid Spagna.

Signor Baltasar Garzón.

Ho letto la lettera a me indirizzata, datata 3 dicembre del presente anno e pubblicata il 6 del corrente mese dal periodico messicano El Universal. In questa, oltre che permettersi di insultarmi con ogni epiteto, mi sfida ad un dibattito in luogo e data a mia scelta. Le comunico che accetto la sfida e (come impongono le leggi della passata cavalleria), giacché sono io il cavaliere sfidato, spetta a me stabilire le condizioni dell'incontro. Le condizioni sono le seguenti:

PRIMO. Il dibattito si svolgerà nelle Isole Canarie, pria concretamente sull'Isola di Lanzarote, dal 3 al 10 aprile 2003.

SECONDO. Il Signor Fernando Baltasar Garzón Real dovrà ottenere le garanzie ed i salvacondotti necessari e sufficienti, tanto dal governo spagnolo quanto da quello messicano, affinché il cavaliere sfidato e sei dei suoi scudieri possano presenziare alla sfida e ritornare poi in sicurezza. Le spese di viaggio e soggiorno del Subcomandante Insurgente Marcos e della sua comitiva saranno sostenute dall'EZLN, e riguardano tostadas, fagioli e pozol; per il pernottamento, il cavaliere itinerante (o navigante) non necessiterà altro tetto che il cielo delle Canarie.

TERZO. Nella stessa località del dibattito, parallelamente ma non in contemporanea, si svolgerà un incontro tra tutti gli attori politici, sociali e culturali della questione basca che lo desiderino. Il tema dell'incontro sarà "Il Paese Basco: percorsi".

QUARTO. Il signor Fernando Baltasar Garzón Real dovrà essere presente, parlando ed ascoltando, a detto incontro. Inoltre, dovrà sforzarsi di convincere il governo spagnolo a contribuire, con misure distensive, a creare un clima favorevole all'avvenimento, ed esortarlo affinché mandi una delegazione di alto livello all'incontro, anche senza potere decisionale, ma solo affinché ascoltino e parlino.

QUINTO. Il cavaliere Subcomandante Insurgente Marcos dovrà assistere a detto incontro ma solo per ascoltare, perché l'argomento è di competenza solo della sovranità del popolo basco. Inoltre, il Subcomandante Insurgente Marcos dovrà rivolgersi all'organizzazione basca Euskadi Ta Askatasuna (più nota come ETA) chiedendo una tregua unilaterale di 177 giorni, periodo in cui ETA non dovrà realizzare nessuna azione militare offensiva. La tregua di ETA dovrà iniziare all'alba del 24 dicembre 2002.

Nello stesso tempo, il Subcomandante Insurgente Marcos dovrà rivolgersi alle organizzazioni politiche e sociali basche e al popolo basco in generale, invitandoli ad organizzare e realizzare l'incontro sopraccitato.

Il Subcomandante Insurgente Marcos si rivolgerà anche alla società civile spagnola e basca chiedendo che si mobiliti per la campagna "Un'opportunità alla parola", il cui obiettivo è fare pressione sul governo spagnola e su ETA per creare, in tutta la penisola iberica, le condizioni adeguate alla realizzazione dell'incontro.

SESTO. Il vincitore del dibattito sarà scelto da una giuria formata da sette persone, tutte dello Stato spagnolo. Il Subcomandante Insurgente Marcos cede al signor Fernando Baltasar Garzón Real il privilegio di nominare quattro membri della giuria e designarne il presidente e, nel caso di ostacolo dovuto ad astensione, decidere con voto decisivo qui sarà il vincitore. Gli altri tre membri della giuria saranno inviati dall'EZLN.

SETTIMO. Se il signor Fernando Baltasar Garzón Real sconfiggerà il Subcomandante Insurgente Marcos, avrà il diritto di levargli il cappuccio. Inoltre, il Subcomandante Insurgente Marcos gli chiederà scusa pubblicamente e si sottoporrà all'azione della giustizia spagnola affinché lo torturino (proprio come torturano i baschi quando li arrestano) e risponda delle accuse di cui abbonda la lettera del signor Garzón Real, il 3 aprile del 2003.

Se, al contrario, il signor Fernando Baltasar Garzón Real sarà sconfitto, si impegna ad assistere giuridicamente l'EZLN nelle richieste che, forse come ultima risorsa pacifica zapatista e davanti alle istanze giuridiche internazionali, saranno presentate per esigere il riconoscimento dei diritti e della cultura indigeni, i quali, violando le leggi internazionali e del senso comune, sono state respinte dai tre poteri del governo messicano.

Inoltre, se possibile e se ne ha voglia, rappresenterà legalmente l'EZLN di fronte a dette istanze internazionali SOLO per quanto concerne la richiesta del riconoscimento giuridico dei nostri diritti e della nostra cultura.

Si presenterà inoltre richiesta di procedere per crimini contro l'umanità contro il signor Ernesto Zedillo Ponce de León, responsabile del massacro di Acteal (perpetrato sulle montagne del sudest messicano nel dicembre del 1997) in cui furono uccisi 45 indigeni: bambini, donne, uomini e vecchi. Come si ricorderà, il signor Zedillo è stato premiato recentemente dal signor José María Aznar, capo del governo spagnolo, per la sua partecipazione al massacro. Così come saranno presentate richieste a procedere contro i capi del governo spagnolo che durante il mandato del signor Zedillo in Messico, sono stati complici in questo ed altre aggressioni contro gli indios messicani.

Queste condizioni non sono negoziabili, il signor Fernando Baltasar Garzón Real dovrà rispondere, entro un termine ragionevole, se le accetta oppure no. Al contrario, i dettagli del dibattito potranno essere concordati dai padrini dello sfidante e dello sfidato. Signor Fernando Baltasar Garzón Real: come potrà vedere dalla copia delle lettere che le allego, ho già cominciato a svolgere i compiti che mi spettano.

Da gachupín a gachupín, perché mi scorre un quarto di sangue ispanico nelle vene, spero che ora comprenderà e manterrà la disponibilità a portare avanti il dibattito in cui mi ha sfidato. Lei ha l'opportunità di scegliere: o mettere le sue conoscenze e capacità al servizio di una causa giusta e nobile (e quindi dimostrare che la giustizia internazionale non serve solo per avallare guerre e nascondere criminali), oppure continuare dov'è, ricevendo il riconoscimento di chi sta in alto perché sta sopra il sangue ed il dolore di quelli che stanno in basso. Bene. Salve e che tutto questo serva per dare un'opportunità alla parola.

Dalle montagne del Sudest Messicano Subcomandante Insurgente Marcos
Dicembre 2002

PS. Sappia, sua signoria, che tutti gli insulti che mi rivolge nella sua lettera mi lasciano assolutamente i-n-d-i-f-f-e-r-e-n-t-e. Quello che sì mi ha colpito duramente, è quello della "ridicola pipa". Per questo me ne sto preparando una nuova che, vedrà, provocherà furore quando la sfoggerò nella Gran Via e sulle Ramblas. Ma, si può fumare di fronte al Cibele. ALTRO PS. Quella della ''nave alla deriva'' sí mi preoccupa. Vuol dire che le coste che sto avvistando non sono quelle dell'isola El Hierro (considerata la fine del mondo fino alla scoperta dell'America), ma sono quelle dell'isola di Java? L'avevo detto io, quando siamo passati vicino a Krakatoa che, per cambiare e rendere onore alla storia degli "zapatisti", avremmo scelto la strada più lunga. Sospiro.



RISPOSTA BATASUNA

Risposta di Batasuna all'invito del subcomandante insurgente Marcos:

Scriviamo a nome di migliaia e migliaia di cittadini e cittadine baschi che, dopo la sospensione della formazione politica Batasuna da parte del giudice Baltasar Garzon nelle quattro province basche sotto l'amministrazione spagnola, sono restati spogliati dei loro diritti civili e politici piu' fondamentali, come lo sono il diritto ad organizzarsi politicamente, il diritto alla libera manifestazione, il diritto a riunirsi, ed incluso il diritto alla liberta' d'espressione. Questa illegalizzazione si aggiunge, inoltre, ad una somma di illegalizzazioni precedenti, quella del quotidiano e di radio Egin; quella della rivista Ardi Beltza; quella del movimento pro amnistia, in due occasioni; quella del movimento giovanile, in tre occasioni, oltre alla criminalizzazione delle scuole basche, dell'associazione per l'alfabetizzazione per adulti, del movimento di disobbedienza civile, ed in generale quella dei settori popolari dissidenti...

Non c'e' assolutamente alcun dubbio nell'affermare che detto agire giudiziario, cosi' come il via alla Legge sui Partiti Politici nel Parlamento spagnolo, con l'obiettivo pubblicamente manifestato, e riconosciuto anche dal proprio presidente del governo spagnolo, Jose' Maria Aznar, di rendere illegale Batasuna dal principio dell'anno 2003, risponde al clima internazionale reso propizio dall'iniziativa presuntamene antiterrorista del presidente statunitense Bush, dopo gli attentati dell' 11 settembre 2001 negli Stati Uniti.

Non e' che l'11 settembre abbia iniziato qualcosa di nuovo, ma e' che detti attentati sono serviti all'imperialismo per accelerare i suoi piani d'aggressione destinati a creare un nuovo ordine internazionale, basato sul dominio del potente sul debole, del pensiero unico neoliberista dove la sinistra e le nazioni senza stato non abbiano spazio.

Il caso basco non e' stato, inoltre, l'unico fiore all'occhiello di questo tipo d'agire politico antidemocratico nel mondo. E' evidente che il governo israeliano di Sharon ha incrementato la sua aggressione contro il popolo palestinese. Il presidente russo Putin ha fatto lo stesso in Cecenia. L'agire del presidente Uribe, in Colombia, e' simile, dove i movimenti guerriglieri sono stati fatti passare per movimenti terroristi. Senza citare poi l'annunciato attacco all'Irak, o la scorsa aggressione militare all' Afganistan... E sono molti di piu' gli esempi che si potrebbero dare in tutto il mondo.

Questa situazione pero' non concerne solo ai movimenti di liberazione nazionale dei popoli oppressi. Nella stessa Unione Europea, il movimento contrario alla globalizzazione e al neoliberismo soffrono anch'essi un'evidente criminalizzazione politica, come lo dimostrano l'arresto e l'incarceramento di numerosi militanti italiani su ordine del governo Berlusconi. Detto d'altra maniera, tutti coloro che si oppongono al pensiero unico ed all'ordine neoliberista stabilito, in difesa della loro identita' come popolo o della loro condizione di classe, sono perseguitati sistematicamente in tutto il pianeta. L'aggressione politica, militare, culturale, economica, ecologica e di genere, incluso in maniera violenta, e' legittimata dagli Stati, e l'autodifesa degli aggrediti, sia violenta o meno, e' perseguita.

Tale e quale l'abbiamo detto a Genova al controvertice al G8, cio' che non puo' essere e' che otto impongano con la forza delle armi il loro progetto globalizzatore a 6 mila milioni di abitanti. L'aspirazione di tutti i popoli del pianeta a poter vivere in pace in un ordine sociale giusto dove la ricchezza non sia solo patrimonio di pochi e dove non imperi la forza dell'imposizione, bensi' la ragione, la solidarieta' tra i popoli e tra le persone, mai prima d'ora cosi' ferocemente repressa e zittita dai centri di potere militare, economico e mediatico. E', come diceva il Che Guevara, l'imposizione, l'oppressione e la filosofia della spoliazione del debole, cio' che alimenta la filosofia della guerra. Cessino l'ingiustizia sociale e il dominio del potente e metteremo le basi solide per la pace.

Il nostro popolo non e' mai stato un popolo bellicoso, ma si' un popolo ribelle: ribelle davanti all'oppressione, ribelle davanti all'ingiustizia, ribelle davanti all'imposizione. Euskal Herria desidera la pace, pace solida, stabile e duratura, senza ingerenze ne' imposizioni degli Stati che ci dominano e dividono in due, fratelli del nord e del sud lacerati da interessi politici e dal processo storico di configurazione delle classi dominanti nel capitalismo emergente europeo.

Desideriamo la convivenza pacifica con la Spagna e la Francia su un piano di uguaglianza e mutuo rispetto; ansiamo alla convivenza solidale con i popoli spagnolo e francese e con tutti i popoli dell'Europa e del mondo, e aneliamo, in fine, ad un nuovo stadio di relazioni sociali, dove la guerra, la violenza e l'oppressione non siano altro che un brutto ricordo per il genere umano.

Nonostante quanto diffuso dai mezzi di comunicazione in tutto il mondo, Batasuna non ha mai giustificato ne' fomentato il ricorso alla lotta armata, ne' in Euskal Herria ne' fuori dal nostro paese, ma considera che fino a che non si diano le condizioni democratiche e giuste per la risoluzione dei conflitti, qui e nel resto del mondo, ci sara' sempre una parte degli oppressi che ricorrera' all'uso della violenza politica come metodo d'azione. E' per questo che ci neghiamo a condannarla pubblicamente, perche' la condanna non risolve il problema politico di fondo, e la nostra responsabilita' ed obbligo come forza politica di sinistra e' precisamente cercare soluzioni ai problemi di questo mondo; perche' un altro mondo e' possibile, e se e' socialista tanto meglio.

Per tutto cio', ringraziamo il subcomandante insurgente Marcos e l'EZLN per il loro interesse, solidarieta' e appoggio alla causa basca, cosa che e' reciproca, giacche' da Euskal Herria seguiamo la giusta lotta dell'EZLN, motivo per cui numerosi baschi e basche abbiamo partecipato alla marcia internazionale zapatista o alle brigate d'appoggio, come quelle organizzate dal gruppo internazionalista basco Askapena.

Anche noi puntiamo sul dialogo e per l'accordo tra tutte le parti come metodo di risoluzione dei conflitti e di costruzione nazionale e di cambiamento sociale. Incluso, creiamo le condizioni politiche per una transizione politica in assenza di violenza. In detto processo, ETA ha dato una tregua che si e' prolungata per 20 mesi per appoggiare questo processo basco supportato dalla maggioranza sociale, sindacale, istituzionale e politica in Euskal Herria. Tuttavia, il governo di Madrid, invece di approfittare questa situazione, come lo ha fatto il governo britannico nel caso irlandese, si e' dedicato a farlo saltare. Aznar fu il principale responsabile della deflagrazione di quel processo politico che avrebbe supposto la risoluzione politica e definitiva del contenzioso. E' che l'obiettivo del governo di Madrid non e' la pace, e' la liquidazione del progetto di sovranita' basco, anche se questo si esercita in modo non violento e democratico.

I processi sociali pero', e il processo emancipatore basco non e' un'eccezione, passano per trovare formule democratiche di risoluzione basate sul riconoscimento del diritto alla libera determinazione del nostro popolo nell'insieme del suo territorio, perche' e' questo lo scenario che desidera la maggioranza dei baschi. Noi baschi vogliamo prendere la parola in condizioni democratiche e vogliamo che tutto il mondo rispetti detta decisione, indipendentemente dal risultato. Siamo consapevoli che la societa' basca e' plurale, e vogliamo costruire un paese per tutti e tutte i cittadini baschi, senza esclusioni, un paese di tutti e per tutti, un paese che riconosce tutti i diritti a tutti e tutte i suoi cittadini in tutto il territorio basco, da quello all'autodeterminazione fino a quello della vita, passando per tutti gli altri diritti civili, politici, economici e culturali.

Questo scenario deve garantire l'uguaglianza di opportunita' per tutti i progetti politici. Noi, con umilta' e laboriosita', apporteremo un progetto per un'Euskal Herria indipendente e socialista.

Per concludere, salutiamo e siamo disposti a partecipare a qualunque iniziativa politica che, con serieta' e base democratica, abbia come obiettivo il creare le condizioni politiche necessarie da parte di tutti, con l'obiettivo di garantire che i baschi e le basche possano decidere liberamente e democraticamente il futuro di Euskal Herria. Un saluto fraterno e rivoluzionario.

Viva la solidarieta' dei popoli oppressi!

Gora herria!



LETTERA DELL'ETA


Euskadi Ta Askatasuna (Patria Basca e Libertà) all'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Rispetto.

Solidarietà.

Agur t'erdi! Rispondiamo alla lettera che ci avete fatto avere attraverso il quotidiano . messicano "La Jornada" lo scorso 9 dicembre.

Ai bambini dell'EZLN

Una lingua può essere solo un mezzo per comunicare.

Ma, è anche un mezzo per ferire ed umiliare.

Ci sono colpi che fanno male e ci sono parole che fanno ancora più male.

Ci sono colpi che offendono e parole che uccidono.

La nostra lingua (non questa che stiamo utilizzando per comunicare con voi che state leggendo questa missiva) è la lingua basca, il basco, la lingua navarra.

E' una lingua vecchia e giovane.

Quando il latino ed il greco, ora lingue morte, erano lingue potenti come lo sono ora l'inglese e lo spagnolo, la nostra lingua, il basco, era usata da tempi immemorabili per dire "Montagna" e "Fiume": Mendia", "Ibaia".

"Acqua si dice "Ur" "Terra" si dice "Lur" "Neve" si dice "Elur" Quando incontriamo qualcuno, diciamo "Kaixo", "Agur" (e, paradossale, quest' ultima parola serve anche per dire "Adiós"). Sicuramente, nel vostro vocabolario zapatista potete aggiungere che "Dignità" in basco si traduce con "Duintasuna".

"Euskal Herria" è il Paese dei baschi.

Noi, che lottiamo con tutte le armi di cui disponiamo per la libertà del nostro popolo, preferiamo dire che Euskal Herria è il Paese dell'Euskara, la nostra lingua. La nostra lingua nella nostra terra.

Libera.

I nostri bambini e bambine ci vedono lottare.

Spesso senza vederci (nelle galere spagnole e francesi, in clandestinità, nella vita normale della nostra società consumista).

Ma capiscono tutto senza bisogno di parole.

Certamente come voi, bambini e bambine dell'EZLN.

Agli anziani dell'EZLN

Il nostro popolo è un popolo antico.

Viviamo in una terra aperta, protetta solo dalle sue montagne e dalle sue valli e dai suoi abitanti che rifiutano di vivere soggiogati, che vogliono decidere da soli senza nessuno che li comandi.

Il nostro popolo ha radici piantate molto profondamente nella Storia.

Tanto profondamente che, siamo quasi sicuri, nelle viscere della Terra le nostre radici accarezzano le radici del popolo chiapaneco.

Da qui nasce il rispetto per il vostro popolo che voi avete mantenuto vivo.

Perché nelle sue mani callose, nei suoi occhi stanchi, nei suoi capelli bianchi, vediamo le mani, gli occhi ed i capelli dei nostri padri e nonni e dei loro antenati.

Sappiamo che non sempre ebbero successo, che ci furono momenti difficili in cui la decisione presa fu quella sbagliata, che lottarono con tutta la loro volontà, anche contro le proprie paure.

E che furono sconfitti più di una volta.

Ma, soprattutto sappiamo che: Izan zirelako dira eta garelako izango dira.

Che ci dicono qualcosa come: Porque fueron somos y porque somos serán.

[grazie se qualcuno riesce a tradurne il senso in maniera precisa; non vorrei stravolgerne il significato.

] E questo ci induce rispetto.

"Rispetto" si può tradurre con "Begirunea".

Siamo di qui, tanto di qui che chiunque venga nella nostra terra, se lo desidera, è uno dei nostri.

Non è il colore della pelle che ci rende baschi.

Potremmo dire, con una certa ironia, che è la tenacia nella lotta per la libertà che ci mantiene baschi.

Agli uomini e donne dell'EZLN

La dignità di un Popolo in lotta ci suscita sentimenti di rispetto.

La nostra organizzazione ha ricevuto l'aiuto solidario e militante di centinaia di migliaia di uomini e donne di tutto il mondo.

Uomini e donne che hanno dovuto scavalcare, la maggior parte delle volte, le trincee della disinformazione e dell'insulto per riuscire a comprendere la nostra lotta di liberazione, i nostri metodi, i nostri obiettivi di giustizia e libertà.

E' vero che a volte sembriamo un popolo egoista.

"In piena Europa lottano armati! Ma che cosa vogliono ancora?" può esclamare più di qualcuno mentre gode del livello di vita Europeo grazie alla spoliazione dei popoli del mondo. Vogliamo la libertà.

Semplicemente e pienamente.

La libertà di decidere per contro nostro come popolo.

Come organizzarci, come vivere, come risolvere anche le terribili ingiustizie che commettono gli Stati europei.

La nostra solidarietà con la lotta del popolo chiapaneco è incondizionata.

Mai diremo loro come che cosa fare (a meno che non ce lo chiedano).

Faremo sempre quanto ci è possibile per aiutarli nella loro lotta.

"Solidarietà" si dice "Elkartasuna".

Ai bambini, agli anziani, agli uomini e alle donne dell'EZLN

Saprete che recentemente un membro del vostro Esercito, precisamente il subcomandante Marcos, ci ha scritto una lettera (veramente si è messo a scrivere ed ha scritto un sacco di cose, ma ci riferiamo a quella che ci ha indirizzato a suo nome); e siccome noi non siamo fanatici di gerarchie militari, rispondiamo direttamente al subcomandante, come segue: Dopo aver esaminato in dettaglio la lettera indirizzata alla nostra organizzazione e le altre lettere pubblicate nello stesso quotidiano, ETA le comunica quanto segue: - Nutriamo seri dubbi sulla reale intenzione della proposta di dialogo sull' isola di Lanzarote che lei ha lanciato. Ci pare piuttosto una manovra disperata per attirare l'attenzione internazionale strumentalizzando la risonanza di tutto ciò che ha a che fare con il conflitto basco, in particolare nello Stato spagnolo.

- Il modo pubblico, senza una previa consultazione, con cui lei ha lanciato questa proposta, riflette una profonda mancanza di rispetto verso il popolo basco e verso tutti quelli che dalle loro organizzazioni lottano in un modo o nell'altro per la libertà - ETA è sempre disponibile ad ascoltare, parlare e dialogare, rispettando la volontà del popolo basco e delle sue organizzazioni.

A dimostrazione di questo, sono le varie iniziative che abbiamo realizzato durante questi anni di lotta.

Senza andare molto lontano: i negoziati di Argel nel 1989, proposta dell'Alternativa Democratica nel 1995, iniziativa politica con sospensione delle azioni armate nel 1998-1999.

- Non rinunciamo ad intraprendere ed accompagnare nuove iniziative in futuro.

La nostra volontà per una soluzione giusta e globale del conflitto è intatta.

Ma devono esserci proposte serie, basate su ampi consensi ed appoggi, legittimati a livello sociale.

- Vogliamo anche dirle chiaramente che non è nei nostri obiettivi far parte di alcun tipo di "pantomima" o "operetta" per ottenere il favore delle prime pagine dei giornali internazionali, dei siti web, od essere il soggetto della prossima maglietta di moda sulla Gran Vía di Madrid.

- Da parte nostra, siamo disponibili a fare tutto il possibile affinché l' EZLN si informi meglio sul conflitto che mette di fronte il Paese Basco con gli Stati francese e spagnolo.

- Se c'è qualcosa da globalizzare in questo mondo, è la giustizia ed il rispetto.

E' qualcosa che devono cominciare a fare tutte le organizzazioni rivoluzionarie o ribelli. ETA ha sempre evitato di immischiarsi in decisioni prese da altre organizzazioni rivoluzionarie o ribelli oltre le nostre frontiere.

Abbiamo sempre limitato la nostra azione alla solidarietà totale per, con le loro lotte, arricchirci delle esperienze di queste lotte.

Abbiamo sempre guardato con simpatia e dimostrato la nostra solidarietà verso le organizzazioni e le persone che tanto in Messico come nello Stato spagnolo o in altre parti del pianeta Terra, lottano come meglio ritengono per un mondo più giusto e per la libertà di tutti i popoli. Ora la salutiamo.

Un saluto ribelle e rivoluzionario da parte degli indigeni d'Europa.

Agur.

Viva Chiapas Libero!

Gora Euskal Herria askatuta!

Euskal Herria,

1 gennaio 2003 (niente è casuale)

Euskadi Ta Askatasuna

E.T.A.



Questa è la riposta di Marcos

Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale Messico dal 9 al 12 gennaio 2003 All'organizzazione politico-militare basca Euskadi Ta Askatasuna (ETA).

Paese Basco Da: Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale Messico Signore e signori: Riceviamo la lettera che, in data 1 gennaio 2003, ci avete inviato attraverso agenzie stampa, periodici, pagine web, ecc.

Abbiamo saputo della vostra lettera il 6 di gennaio ma non nella versione completa fino a che non è stata pubblicata dal quotidiano messicano La Jornada.

Ci riferiamo a questa versione.

La notizia è arrivata come, da queste parti, arrivano tutte le notizie.

Mi trovavo nella latrina pensando a che cosa sarebbe successo se ETA mi avesse preso in parola ed esaudito i miei auspici proprio mentre stavo espletando quei bisogni chiamati fisiologici. Già immaginavo le testate dei quotidiani del giorno dopo: "Il Sup muore vittima della sua spacconeria" e poi il colpo (è un termine giornalistico, non quello che state pensando): "E' finito in merda" (beh, i quotidiani attenti alle buone maniere scriverebbero "Finisce nella pupù").

Tutti i giornali pubblicherebbero una cronaca, firmata dalle menti più lucide ed eleganti di Messico e Spagna, che reciterebbe "Abbiamo sempre detto che questo tipo era una merda". Ero immerso, dunque, in queste riflessioni (che tanto entusiasmano Savater e company) mentre tornavo al comando, quando vengono a cercarmi i comandanti Tacho, Mister e Brus Li (e non "Bruce Lee", come hanno scritto i giornali) e mi dicono: - Dal notiziario abbiamo sentito che ETA ha risposto.

- Ah sí? E che cosa dicono? - Ti rimproverano.

- Bene, tanto questo è diventato lo sport internazionale.

E poi, com'è che "ti rimproverano"? Sarà "ci rimproverano", non è che attraverso la mia voce parla la voce dell'ezetaelleenne? - No, rimproverano te.

Le cose stanno così: a te toccano i rimproveri e a noi le congratulazioni - dice Mister. E aggiunge: - Forse qualcuno manderà la lettera completa.

E questo ci ha messo abbastanza tempo, soprattutto se si tiene conto che, si suppone siamo una guerriglia "postmoderna", con tutti i progressi della tecnologia e che "navighiamo" per il cyberspazio.

E con la lettera in mano, l'hanno letta e poi me l'hanno passato con un "Uhi!" sarcastico Tacho ha chiesto: - Perché dicono "sappiamo che non sempre avete indovinato" ?.

Omar ha risposto, sorridendo: - Io credo che sia perché non l'abbiamo indovinata mettendo il Sup come nostro portavoce.

Le sghignazzate devono essersi sentite fino ai Paesi Baschi.

Il comandante David mi si è avvicinato per consolarmi: "Non farci caso, stanno scherzando". La comandante Esther ha tentato di dire qualche cosa ma era impedita dal tanto ridere. Invece, la comandante Fidelia si è offerta di prepararmi un tè e mi ha detto: "Devi rispondere, soprattutto riguardo alla cosa dei bambini e delle bambine dell'EZLN".

"Anche a questo punto", dice Tacho indicando con una matita che probabilmente era stata del Generale di Divisione Absalón Castellanos (Generale dell'esercito federale messicano, famoso per aver assassinato indigeni e perseguitato, torturato, incarcerato ed ucciso le voci dissidenti; fu fatto prigionieri dalle forse zapatiste nel 1994, giudicato e condannato a vivere il resto della sua vita con il peso del perdono delle sue vittime), alcuni paragrafi della vostra lettera.

Quindi, ecco qui: Primo - Chiarisco che i bambini e le bambine dell'EZLN non capiscono proprio tutto senza parlare, come erroneamente si suppone nella vostra lettera.

Noi li trattiamo solo come bambini.

E' il potente con la sua guerra che li tratta da adulti.

Noi parliamo loro.

Insegniamo loro che la parola, insieme all'amore e alla dignità, ci rende esseri umani. Non insegniamo loro a litigare.

O sì, ma a litigare a parole.

Loro imparano.

Sanno che se noi ci troviamo in questa situazione, è affinché loro non debbano fare lo stesso. Parlano e ascoltano.

Contrariamente a quello che voi affermate, noi insegniamo loro che le parole non uccidono, ma che si possono uccidere le parole e con loro, l'essere umano. Insegniamo loro che ci sono tante parole come i colori, e che ci sono tanti pensieri diversi perché così è il mondo e perché nel mondo nascano parole.

Che esistono modi di pensare diversi e che dobbiamo rispettarli.

Che c'è chi pretende che il suo pensiero debba essere l'unico e che perseguita, arresta e uccide (sempre nascosto dietro ragioni di Stato, leggi legittime o "cause giuste") i pensieri che sono diversi.

E insegniamo loro a parlare con verità, cioè, con il cuore.

Perché la menzogna è un altro modo di uccidere la parola.

Nella lingua degli uomini pipistrello, quelli che parlando si orientano nel loro cammino, i tzotziles, parlare con verità si dice "YALEL TA MELEI".

Insegniamo loro a parlare ed anche ad ascoltare.

Perché chi parla soltanto e non ascolta, finisce per credere che quello che dice lui è l'unica cosa buona.

Nella lingua dei tzotziles, quelli che ascoltano si orientano nel loro cammino, ascoltare con il cuore si dice "YATEL TAJLOK 'EL COONTIC".

Parlando ed ascoltando le parole, conosciamo chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando. E' anche conoscere l'altro, il suo cammino ed il suo mondo.

Parlando ed ascoltando le parole, ascoltiamo la vita.

Secondo - Vedo che avete il senso dell'umorismo e che ci avete scoperto: noi zapatisti, che non abbiamo mai avutoattenzione della stampa nazionale ed internazionale, vogliamo "usare" il conflitto basco che, chiaramente, gode di buona copertura stampa d'avanzo.

Per di più, dal giorno in cui abbiamo fatto riferimento pubblicamente alla lotta politica in Euskal Herria, i giudizi positivi sugli zapatisti, per strada e sulla stampa nazionale ed internazionale, sono andati crescendo.

Per quanto riguarda il fatto che non volete far parte di nessun tipo di "pantomima" o "operetta", lo capisco.

A voi piacciono più le tragedie.

Per quanto si riferisce al rifiuto "di essere il soggetto della prossima maglietta alla moda nella Gran Vía di Madrid", questo rovina i nostri piani di mettere un chiosco di souvenir zapatisti in quella via (era con questo che pensavamo di coprire le spese del viaggio). Inoltre, dubito che qualcuno si azzardi a indossare una maglietta con ETA come soggetto (e non per mancanza di simpatizzanti - che ci sono e non lo dimentichiamo - ma perché se mettono fuori legge Batasuna perché non condanna la lotta armata di ETA, immaginatevi cosa farebbero a qualcuno con una maglietta con scritto sopra "Gora ETA").

Per altro, non pensavamo di chiedervi autografi o litigare con nessuno per condividere il palcoscenico con voi.

Che l'incontro sarebbe qualcosa di serio, è garantito dal fatto che non lo organizzeremmo noi (siamo specializzati solo in operette e teatro dell' assurdo), ma le forse politiche e sociali basche alle quali abbiamo proposto, pubblicamente, di organizzarlo e realizzarlo, anche se non si fosse potuto tenere il dibattito con Garzón, sia per ostacoli interposti dai governi spagnolo e messicano, sia a causa del mancato accordo suo o di ETA.

Terzo - "La forma pubblica, senza previa consultazione" con cui abbiamo lanciato la nostra iniziativa di dare UNA OPPORTUNITA' ALLA PAROLA è il modo in cui facciamo le cose noi zapatisti.

Non facciamo preventivamente accordi "nell'ombra" per poi fingere di proporre cose che erano già state concordate in precedenza.

Inoltre, non abbiamo né i mezzi, né l'interesse, né l'obbligo di "consultare" ETA prima di parlare.

Perché noi zapatisti abbiamo conquistato il diritto di parola: di dire quello che vogliamo, su quello che ci pare e quando ne abbiamo voglia.

E per questo, non dobbiamo consultare né chiedere permesso a nessuno.

Né ad Aznar, né al re Juan Carlos, né al giudice Garzón, né a ETA.

Quattro - Del fatto che abbiamo mancato di "rispetto verso il popolo basco", è qualcosa di cui ci ha accusato anche Garzón (il quale, di conseguenza, deve autodichiararsi illegale, per coerenza con ETA e le sue impostazioni) e tutta la destra spagnola e basca.

Deve essere perché il proporre di dare un'opportunità alla parola contravviene gli interessi di chi, da posizioni apparentemente contrapposte, ha fatto della morte della parola il suo affare e il suo alibi.

Perché il governo spagnolo uccide la parola quando attacca la lingua basca euskera o la lingua di Navarra, quando perseguita e mette in carcere i giornalisti che "osano" parlare del tema basco comprendendo tutti i punti di vista, e quando tortura i prigionieri affinché confessino quello che serve alla "giustizia" spagnola.

ETA uccide la parola quando assassina quelli che la attaccano con le parole e non con le armi. Quinto - Rispetto al fatto che ETA sia disposta a "fare tutto il possibile affinché l'EZLN si informi meglio sul conflitto che mette di fronte il Paese Basco con gli Stati francese e spagnolo", rifiutiamo l'offerta.

Non stiamo chiedendo a nessuno di informarci.

Siamo informati e meglio di quanto si possa immaginare.

Se non esterniamo queste informazioni, che sono anche opinioni, è perché tra i nostri principi vige che gli affari di ogni Nazione competono ad ogni popolo, per questo abbiamo segnalato che noi non avremmo parlato all'incontro "Un'opportunità alla parola".

Ma, visto che siete tanto disposti ad informare, credo che chi dovreste informare sia il popolo basco.

Noi chiediamo un'opportunità alla parola.

Per questo abbiamo dovuto rivolgerci ai diversi protagonisti del conflitto basco.

Lo abbiamo fatto perché è nostro dovere e non perché ci appassioni scrivere a Garzón o a ETA. In un modo o nell'altro, da diversi settori dello scenario politico e intellettuale messicano, spagnolo e basco (voi compresi), hanno accolto questa opportunità ed hanno parlato (anche se la maggioranza per rimproverarci).

Quindi, anche se borbottando e pontificando, state già dando un'opportunità alla parola. E di questo si tratta.

Sesto - C'è la questione della rappresentatività.

Il giudice Garzón sostiene di rappresentare i popoli spagnolo e basco (includendovi il re, Pepino e Filippetto) e se offendo i sopraccitati, allora offendo tutto il popolo spagnolo e basco.

ETA sostiene di rappresentare il popolo basco e se li offendiamo proponendo di dare un'opportunità alla parola, allora offendiamo tutto il popolo basco.

Ignoro se i popoli basco e spagnolo siano d'accordo di essere rappresentati dagli uni piuttosto che dagli altri.

Devono essere loro a deciderlo, non noi.

A differenza del giudice Garzón e di voi, noi non sosteniamo di rappresentare nessuno, ma solo noi stessi.

Non rappresentiamo tutto il popolo messicano (ci sono molte organizzazioni politiche e sociali in questo paese).

Non rappresentiamo la sinistra messicana (ci sono altre organizzazioni di sinistra coerenti). Non rappresentiamo la lotta armata messicana (esistono almeno 14 organizzazioni politico-militari di sinistra).

Non rappresentiamo neppure tutti i popoli indios del Messico (fortunatamente, esistono molte organizzazioni indigene in Messico, alcune meglio organizzate dell'EZLN).

Per cui, non abbiamo mai detto che le sciocchezze che ci hanno dedicato tanto Garzón quanto voi, offendono "il popolo del Messico" o "i popoli indios".

Noi ci riferiamo a noi stessi e non ci nascondiamo dietro presunte rappresentatività che, nella maggior parte dei casi, si assumono senza che "rappresentati" ne siano al corrente. Settimo - Sappiamo che nel (nei) contesto delle organizzazioni rivoluzionarie e di avanguardia del mondo, noi zapatisti non abbiamo posto nemmeno nelle retrovie.

Questo non ci fa stare male.

Al contrario, siamo soddisfatti.

Ci addolora riconoscere che le nostre idee e proposte non hanno come orizzonte l'eternità e che ci sono altre idee e proposte meglio impostate delle nostre.

Quindi, abbiamo rinunciato al ruolo di avanguardia e ad obbligare qualcuno ad accettare il nostro pensiero attraverso nessun'altro argomento che non siano la forza della ragione. Le nostre armi non sono per imporre idee e modelli di vita, ma per difendere un pensiero ed un modo di vedere il mondo e di rapportarsi con esso e che, sì, può imparare molto da altri pensieri e vite, ma che ha anche molto da insegnare.

Non è a noi che dovete chiedere rispetto.

Vedete bene che come "avanguardia rivoluzionaria" siamo un disastro, quindi il nostro rispetto non servirebbe a niente.

Quelli di cui dovete guadagnarvi il rispetto è il vostro popolo.

E una cosa è il "rispetto", ma un'altra cosa molto diversa è "la paura".

Sappiamo che siete arrabbiati perché pensate che non vi prendiamo sul serio, ma non è colpa vostra.

Noi non prendiamo niente sul serio, nemmeno noi stessi.

Chi si prende sul serio finisce per pensare che la sua verità deve essere verità per tutti e per sempre.

E, presto o tardi, dedica i suoi sforzi non a far sì che la sua verità nasca, cresca, dia frutti e muoia (perché nessuna verità terrena è assoluta ed eterna), ma ad uccidere tutti quelli che non accettano quella verità.

Non vediamo perché potremmo chiedervi che fare o come farlo.

Che cosa ci insegnereste? Ad uccidere giornalisti perché parlano male della lotta? A giustificare la morte di bambini per le ragioni della "causa"? Non abbiamo bisogno e né vogliamo il vostro appoggio o solidarietà.

Godiamo già della solidarietà e del sostegno di molta gente in Messico e nel mondo. La nostra lotta possiede un codice d'onore ereditato dai nostri antenati guerrieri e comprende, tra le altre cose: di rispettare la vita dei civili (anche se occupano ruoli in governi che ci opprimono); di non ricorrere al crimine per recuperare risorse (non rubiamo nemmeno nel negozio di alimentari); di non rispondere con il fuoco alle parole (per quanto ci feriscano o mentano). Potreste pensare che rinunciando a questi metodi tradizionalmente "rivoluzionari", rinunciamo ad avanzare con nostra lotta.

Ma, alla tenue luce della nostra storia, pare che siamo avanzati più di chiunque sia ricorso a tali argomenti (più per dimostrare la sua radicalità e coerenza che per la loro efficacia per la causa).

I nostri nemici (che non sono pochi e non si trovano solo in Messico) desiderano che noi ricorriamo a questi metodi.

Niente sarebbe più gradito a loro che l'EZLN diventasse la versione indigena e messicana di ETA.

Di fatto, da quando abbiamo preso la parola per fare riferimento alla lotta del popolo basco, ci hanno accusato di questo.

Sfortunatamente per loro, non è così.

E non sarà così.

Per certo, nella lingua dei guerrieri della notte "lottare con onore" si dice "PASC 'OP TA SCOTOL LEQUILAL".

Vale.

Salve.

E non pretendiamo di dire a nessuno quello che deve fare, chiediamo solo di dare un'opportunità alla parola.

Se non la si vuole dare, va bene.

Dalle montagne del Sudest Messicano e, a tutti i costi, a nome dei bambini, bambine, uomini, donne, anziani e anziane dell'EZLN Subcomandante Insurgente Marcos Quartiere Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale Messico, Gennaio 2003

P.S.

Prima che mi dimentichi (me lo ha ricordato Tacho), per quanto riguarda "Viva Chiapas Libero!": Non vi chiediamo rispetto, ma conoscenza della geografia.

Il Chiapas è uno stato del sudest messicano.

Nessuna organizzazione né nessun individuo progetta di lottare per liberare il Chiapas (beh, sì, una volta l'ha pensato il PRI chiapaneco, infastidito perché l'esercito federale messicano non si decideva ad annientarci), tanto meno noi zapatisti.

Non vogliamo renderci indipendenti dal Messico.

Vogliamo essere parte di esso ma senza smettere di essere quello che siamo: indios. Quindi, premesso che noi lottiamo per il Messico, per i popoli indios del Messico e per tutti gli uomini e le donne messicane, senza importanza se sono indios o non lo sono, alla fine si dovrebbe dire: Viva il Messico e i suoi Indigeni!

P.S. "ACCIDENTALE".

- Deve essere successo qualcosa, in tempi precedenti, tra le date in cui questa lettera è iniziata e finita.

ALTRO P.S.

Forse è già chiaro, ma lo ribadisco: me ne frego anche delle avanguardie rivoluzionarie di tutto il pianeta.

Traduzione Comitato Chiapas "Maribel - Bergamo"

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