Chomsky sull'Egitto
In italiano
Questa è la insurrezione nazionale più straordinaria che io ricordi
3 Febbraio 2011 di Noam Chomsky
Video intervista di Amy Goodman a Noam Chomsky I parte
Amy Goodman: per fare un’analisi della insurrezione egiziana e delle sue implicazioni che può avere per il Medio Oriente e non solo, ci ha raggiunto ora il dissidente politico e linguista Noam Chomsky, famoso in tutto il mondo. E’ Professor Emeritus di linguistica al MIT (Istituto di Tecnologia del Massachussetts) e autore di oltre cento libri; la sua più recente pubblicazione è: Hopes and Prospects (Speranze e prospettive).
Noam, benvenuto a Democracy Now! Quale è la tua analisi su quanto sta accadendo in questi giorni in Egitto e sul significato che questi avvenimenti possono avere per il Medio Oriente ?
Noam Chomsky : prima di tutto voglio dire ciò che sta succedendo in Egitto è assolutamente straordinario. Il coraggio, la determinazione e l’impegno dei dimostranti sono eccezionali. E qualsiasi cosa accada, questi sono momenti che non verranno dimenticati e che sicuramente avranno conseguenze a lungo termine, come il fatto che abbiano sopraffatto la polizia, che abbiano occupato Piazza Tahrir, che stiano lì davanti alle folle in favore di Mubarak organizzate dal governo per tentare o di cacciare via i dimostranti o di creare una situazione tale che la l’esercito dovrà chiedere di intervenire per rimettere ordine e quindi magari instaurare una specie di regime militare di qualsiasi tipo. E’ molto difficile predire che cosa succederà, ma gli eventi sono stati davvero eccezionali. E, naturalmente questo stato di cose si sta verificando in tutto il Medio Oriente . In Yemen, in Giordania, insomma, ci sono conseguenze importanti.
Finora gli Stati Uniti stanno di fatto seguendo il solito copione. Intendo dire che è accaduto molte volte in passato che un dittatore abbia perduto il controllo del paese o sia stato a rischio di perderlo. C’è una specie di routine standardizzata- Marcos, Duvalier, Ceausescu, Suharto sono stati appoggiati con forza dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna – che recita: sosteneteli il più a lungo possibile, poi, quando la situazione diventa insostenibile – il caso tipico è quando l’esercito cambia fazione –ruotate di 180°, dichiarate di essere stati sempre dalla parte del popolo, cancellate il passato e poi fate qualsiasi mossa utile a restaurare Il vecchio sistema usando nuovi nomi. Questa tattica può avere successo o fallire a seconda delle circostanze
Suppongo che è quello che sta accadendo adesso. Gli Stati Uniti aspettano di vedere se Mubarak potrà resistere, come sembra che abbia intenzione di fare e per più tempo possibile per dire: “bene, , dobbiamo appoggiare la legalità e l’ordine, un cambiamento costituzionale regolare “ e così via. Se non riesce a restare, se, per esempio l’esercito gli va contro, allora vedremo svolgersi la solita routine. In effetti, il solo leader che è stato davvero schietto e che sta diventando la figura più popolare – e forse già lo è –nell’area medio orientale è il Primo Ministro turco Erdogan, che si è espresso in modo diretto ed esplicito.
Amy Goodman: Noam, volevo farle sentire che cosa ha detto il Presidente Obama ieri.
Presidente Barack Obama: abbiamo parlato francamente perché c’è bisogno di un cambiamento. Dopo il discorso che ha tenuto stasera, ho parlato direttamente con il presidente Mubarak che riconosce che lo status quo non è sostenibile e che deve esserci un cambiamento. In effetti, tutti noi che abbiamo il privilegio di servire da una posizione di potere politico agiamo così in base alla volontà del nostro popolo. In migliaia di anni l’Egitto ha conosciuto molti momenti di trasformazione. Le voci del popolo egiziano ci dicono che questo è uno di quei momenti. Nessuna nazione del mondo può assumersi il ruolo di decidere cheidebbano essere i leader egiziani. Solo il popolo egiziano può farlo. Ciò che è chiaro e ciò che ho indicato stasera al presidente Mubarak, è la mia convinzione che una transizione regolare deve essere significativa, deve essere pacifica e deve iniziare adesso.
Amy Goodman: Il Presidente Obama ha parlato così ieri alla Casa Bianca. Noam Chomsky, qual è la sua risposta alle parole di Obama,ci parli della la delusione delle molte persone per il fatto che non abbia chiesto che Mubarak lasci immediatamente. E la cosa più importante, il ruolo degli Stati Uniti; perché avrebbero da dire la loro qui, quando si tratta di parlare di quanto loro hanno appoggiato il regime?
Noam Chomsky: Obama è stato molto attento a non dire nulla. Mubarak sarebbe d’accordo su una transizione regolare, ma verso che cosa? Un nuovo gabinetto, qualche riordinamento poco importante dell’ordine costituzionale –non significa nulla. Quindi Obama si sta comportando come fanno regolarmente tutti i leader statunitensi. Come ho già detto, c’è un copione che dice: ogni volta che un dittatore caro agli Stati Uniti è nei guai, cercate di sostenerlo, resistete se a un certo punto diventa impossibile restare,cambiate schieramento.
Gli Stati Unitih anno un ruolo di potere schiacciante là. L’Egitto è il secondo più grande beneficiario da lungo tempo degli aiuti militari ed economici forniti dagli Stati Uniti. Lo stesso Obama ha sempre sostenuto moltissimo Mubarak. Vale la pena ricordare che mentre andava a fare il famoso discorso al Cairo che si pensava fosse un discorso conciliante al mondo arabo, gli fu chiesto dalla stampa – penso fosse la BBC – se avrebbe detto qualche cosa su quello che chiamavano il governo autoritario di Mubarak. E Obama rispose che non avrebbe detto niente del genere. E aggiunse:” Non mi piace mettere etichette alle persone. Mubarak è una brava persona. Ha fatto cose buone. Ha mantenuto la stabilità. Continueremo ad appoggiarlo. E’ un amico.” E così via. Mubarak è uno dei dittatori più brutali dell’area medio orientale e rimane un mistero come chiunque abbia potuto prendere sul serio le osservazioni di Obama sui diritti umani dopo queste affermazioni. Ma il suo appoggio è stato molto forte per quanto riguarda la diplomazia. E’ stato di tipo militare – gli aerei che sorvolano piazza Tahrir sono aerei americani, naturalmente. Gli Stati Uniti sono stati il più forte, solido, importante sostenitore del regime egiziano. La situazione non è quella che c’è in Tunisia che è stata sostenuta dalla Francia che là ha le colpe maggiori. Ma in Egitto i colpevoli sono gli Stati Uniti e Israele. Tra tutti paesi del Medio Oriente Israele e, suppongo, l’Arabia Saudita sono stati i sostenitori più schietti del regime di Mubarak. In effetti i capi di Israele erano arrabbiati, o, perlomeno hanno espresso risentimento per il fatto che Obama non avesse preso una posizione più ferma in aiuto del loro amico Mubarak.
Amy Goodman: E che cosa significa questo per il Medio Oriente , Noam Chomsky? Stiamo parlando delle proteste di massa che ci sono state in Giordania in seguito alle quali Re Abdullah ha destituito il Parlamento e ha nominato un nuovo primo ministro. In Yemen ci sono grandi manifestazioni di protesta. In Siria si auspicano proteste di grande importanza. Quali sono le implicazioni di questa situazione, delle insurrezioni che si estendono dalla Tunisia all’Egitto?
Noam Chomsky
Ebbene, questo è la più eccezionale insurrezione nazionale di popolo che io ricordi. Si può dire che talvolta si paragona alla situazione che si era verificata nell’Europa dell’Est ma è un paragone che non calza del tutto. Un motivo è che in questo caso non c’è una controparte di Gorbačëv negli Stati Uniti o tra altre grandi potenze che appoggiano le dittature. Questa è un’enorme differenza. Un’altra è che nel caso dell’Europa dell’Est, gli Stati Uniti e i suoi alleati seguirono il principio antiquato che la democrazia è una bella cosa almeno fino a un certo punto, cioè se si accorda con obiettivi strategici ed economici, quindi accettabile in zone nemiche, ma non nel nostro paese. Questo è un principio che ha solide basi e quindi questo differenzia le due situazioni delle quali stiamo parlando. In effetti l’unico paragone piuttosto ragionevole che si potrebbe fare sarebbe con la Romania, dove Ceausescu, il più iniquo di dittatore dell’Europa dell’est, era stato fortemente sostenuto dagli Stati Uniti fino alla fine. E poi, quando, infine, fu spodestato e ucciso, la prima amministrazione di George Bush (padre) seguì le solite regole: ha assunto la posizione di difensore del popolo, si oppose alla dittatura, cercò di fare in modo di continuare ad avere relazioni strette con la Romania.
Ma questo scenario è completamente diverso. Nessuno sa dove porterà. Cioè, i problemi che i dimostranti cercano di affrontare sono estremamente radicati e non si potranno risolvere facilmente. C’è una povertà tremenda, c’è repressione, mancanza non solo di democrazia ma anche di serio sviluppo. L’Egitto e gli altri paesi dell’area medio orientale hanno appena attraversato un periodo di neo-liberismo che ha portato a una crescita, sulla carta, ma con le solite conseguenze: alta concentrazione di estrema ricchezza e privilegi, terribile impoverimento e sgomento per la maggior parte della popolazione. E non è facile cambiare questo stato di cose. Dovremmo anche ricordare che, per quanto riguarda gli Stati Uniti, che ciò che accade ora è una vecchia storia.
Amy Goodman: restano cinque secondi che se vuole teniamo per il seguito dell’intervista. Abbiamo parlato con Noam Chomsky. Potete trovare questa intervista o sul nostro sito web: democracynow.org e domani continueremo a parlare con lui su Democracy Now.
Seconda parte –
Nelle recenti settimane insurrezioni popolari hanno portato alla cacciata del dittatore tunisino Zine El Abidine Ben Ali, alla fine imminente del regime del presidente Hosmi Mubarak, a un nuovo governo in Giordania, a una promessa del vecchio dittatore dello Yemen di lasciare la carica alla fine del mandato. Mercoledì durante l’edizione del nostro programma live abbiamo parlato con il Professor Chomsky del MIT (Massachussetts Institute of Technology) della situazione in Egitto e poi abbiamo continuato l’intervista per altri 50’ alla fine del programma live sul futuro del Medio Oriente e sulla politica estera degli USA in quell’area, di come la paura degli USA della Fratellanza musulmana sia in realtà paura della democrazia nel mondo arabo e che cosa significano le proteste del popolo egiziano per i cittadini degli Stati Uniti.
In questa intervista il Professor Chomsky mette in relazione il sistema militare-industriale degli Stati Uniti con la loro politica estera in Medio Oriente e con il loro appoggio al governo di Mubarak. Discute poi della decennale “campagna di odio” che c’è stata in Medio Oriente contro gli Stati Uniti, perché bloccavano la democrazia e lo sviluppo; parla anche dell’impatto delle rivelazioni di Wikileaks sull’insurrezione in Egitto e delle conseguenze dell’appoggio americano all’islamismo radicale. Poi Chomsky afferma che la paura che gli Stati uniti hanno della Fratellanza musulmana è in realtà paura della democrazia in Medio Oriente ed esamina il ruolo delle imprese americane in Medio oriente con in un Egitto “stabile”. L’intervista si chiude con un’analisi di che cosa significhino le proteste in Egitto per gli Americani.
Amy Goodman: Noam Chomsky, stavi parlando dell’importanza degli avvenimenti in Medio Oriente e stavi facendo un riferimento al Presidente Eisenhower.
Noam Chomsky: Si. Nel 1958 – Eisenhower esprimeva la sua preoccupazione per quella che chiamava la “campagna di odio contro di noi” nel mondo arabo, non da parte dei governi, ma della gente. Ricordate che il 1958 ” un momento molto speciale. Appena due anni prima Eisenhower era intervenuto energicamente per costringere Israele, la Gran Bretagna e la Francia a porre fine alle invasioni in territorio egiziano. Ci saremmo aspettati un grande entusiasmo e sostegno per gli Stati Uniti in quel momento e di fattoci fu, per un breve periodo, ma non durò perché le politiche tornarono nella norma. Così, quando parlò due anni dopo questo avvenimento, ci fu, come ha detto Eisenhower, “una campagna di odio contro di noi”. E naturalmente d Eisenhower interessava sapere perché. Il Consiglio Nazionale per la Sicurezza, il più alto organismo di pianificazione aveva appena pubblicato un rapporto proprio su questo argomento dove si concludeva che in effetti c’era una campagna di odio. Dissero che esisteva la percezione nel mondo arabo che gli Stati Uniti appoggiavano dittatori iniqui e brutali e bloccavano la democrazia e il progresso e che agissero così perché a noi (Americani) interessava controllare le loro risorse energetiche.
Amy Goodman: desidero farle ascoltare per un minuto il famoso discorso del Presidente repubblicano degli Stati Uniti Dwight Eisenhower.
Dwight Eisenhower:
“ Amici americani, eccomi a voi stasera per con il mio messaggio di congedo e di arrivederci e per condividere con voi, miei connazionali, alcuni ultimi miei pensieri. Siamo stati costretti a creare un’industria permanente di vaste proporzioni. Tre milioni e mezzo di uomini e donne sono impegnati direttamente nell’establishment difensivo. L’influenza totale: economica, politica, anche spirituale si sente in ogni città, nel parlamento di ogni stato, in ogni ufficio del governo federale. Riconosciamo la necessità impellente di sviluppare questo aspetto ma dobbiamo anche comprenderne le sue gravi implicazioni. Nelle riunioni di governo dobbiamo guardarci dall’ acquisizione di un’influenza ingiustificata, sia richiesta che non richiesta da parte del complesso dell’industria militare. Il potenziale per il sorgere disastroso del potere sbagliato esiste e persisterà.”
Amy Goodman: Abbiamo ascoltato il discorso di addio del Presidente Dwight Eisenhower tenuto nel 1961.
Noam Chomsky, che è con noi al telefono dalla sua casa di Boston, può continuare a parlarci dell’importanza delle parole di Eisenhower, che tempi erano allora e che cosa ci possono insegnare oggi riguardo alle attuali insurrezioni in Medio Oriente ?
Noam Chomsky: il discorso sul sistema militare-industriale, quello famoso, c’è stato dopo quello di cui abbiamo parlato. Quello che abbiamo ascoltato era il discorso fatto alla fine del suo mandato ed è stato un discorso importante, naturalmente. E’ inutile dire che la situazione che descriveva non solo continua
ma si è anche ampliata.
Ricordiamo che c’è anche un altro elemento che riguarda l’argomento del sistema militare-industriale. Negli anni ’50, come Eisenhower certamente sapeva, tantissimi fondi del pentagono erano destinati alla creazione di quella che divenne la fase seguente dell’economi di alta tecnologia in quell’epoca: computer, micro-elettronica,e poco dopo, Internet. Gran parte di questa tecnologia si sviluppò attraverso una commessa del Pentagono per fondi di sussidio e altri meccanismi. Era quindi una specie di copertura per un tema fondamentale di sviluppo economico contemporaneo. Cioè, i contribuenti pagano i costi e si prendono i rischi e gli eventuali profitti vengono privatizzati, nel caso di computer ed internet, dopo decenni.. Quindi questo è un altro aspetto del complesso militare-industriale che dobbiamo tenere in mente.
Ma in questo discorso Eisnhower parlava in particolare dell’aspetto militare che chiamava di difesa ma che, in effetti, era soprattutto di aggressione, intervento, di sovversione, tutte azioni che non difendono il paese, il più delle volte lo danneggiano. Ma questo è certo in relazione ma anche distinto dal problema del Medio Oriente. Quello che descrivevano Eisenhower e il Consiglio Nazionale di Sicurezza è un modello che dura nel tempo. Lo descrivevano negli anni ’50. E ripeterò la conclusione fondamentale: gli Stati Uniti appoggiano dittature inique e brutali, bloccano la democrazia e lo sviluppo allo scopo di mantenere il controllo sulle incomparabili risorse di quell’area, non di usarle. Gli Stati Uniti– una delle cose che Eisenhower faceva esattamente nello stesso periodo era di perseguire un programma per esaurire le risorse americane di energia invece di usare l’energia a più basso costo del Medio Oriente , perché ne traessero beneficio i produttori di petrolio del Texas. Questo programma è andato avanti per 15 anni a partire dagli ultimi anni ’50. Allora, quindi, non si trattava di importare petrolio dall’Arabia Saudita ma di assicurare il mantenimento del controllo sulle principali risorse mondiali di energia. E questo, come concludeva giustamente il Consiglio Nazionale di Sicurezza, portava a questa campagna di odio contro di noi, all’appoggio ai dittatori, alla repressione, alla violenza, e al blocco della democrazia e dello sviluppo.
Questo accadeva negli anni ’50 ma quelle parole potrebbero essere scritte oggi; guardate che cosa succede oggi in Medio Oriente. C’è una campagna di odio contro gli Stati Uniti, in Tunisia la campagna è contro la Francia, l’Inghilterra perché appoggiano dittatori iniqui e brutali,repressivi e perfidi che impongono la povertà, e la sofferenza in una situazione di grande ricchezza bloccano la democrazia e lo sviluppo e fanno questo per il loro scopo principale che rimane quello di mantenere il controllo delle risorse energetiche di quelle zone. Ciò che è stato detto dal Consiglio Nazionale di Sicurezza nel 1958 si può ripetere anche oggi usando quasi le stesse parole.
Subito dopo l’11 Settembre il Wall Street Journal ha promosso un sondaggio destinato al mondo musulmano, ma non alla popolazione in generale, ma alle persone che interessano al Journal, quelli che chiamano i musulmani che hanno soldi – o qualcosa del genere - cioè professionisti, i direttori di imprese multinazionali, i banchieri, i musulmani con i soldi, profondamente inseriti nell’intero progetto americano neoliberale indi non proprio quello che si chiama anti-americano. E’ stato un sondaggio interessante che ha dato risultati simili a quelli descritti nel 1958. C’era (nel 2001) c’era un tremendo – non c’era una campagna di odio verso gli Stati Unititra parte di queste persone a c’era un terribile antagonismo verso le politiche americane e la ragioni erano quasi le stesse: gli Stati Uniti bloccano lo sviluppo e la democrazia e appoggiano i dittatori. Allora c’erano problemi importanti, alcuni dei quali non esistevano nel 1958. Per esempio c’era un’opposizione straordinaria in questi gruppi contro le sanzioni in Iraq che qui non destavano molta attenzione, mentre là sì. Centinaia di migliaia di persone venivano uccise, la civiltà civile veniva distrutta.. I dittatori avevano sempre più forza. Tutti questi fattori causavano un’enorme rabbia. E, naturalmente c’era anche molto astio per l’appoggio americano ai crimini di Israele, per le atrocità, per le occupazioni illegali dei territori per i territori occupati. Quelli erano altri problemi, che esistevano, anche se in misura limitata nel 1958, ma non come nel 2001.
Abbiamo adesso prove dirette delle opinioni della popolazione araba. Credo di averne trattato in una mia precedente trasmissione,e anche se stranamente quanto ho detto non è stato diffuso, era estremamente interessante. Nello scorso agosto il Brooking Institute ha fatto un importante sondaggio sulle opinioni degli Arabi, eseguito da agenzie di sondaggi prestigiose e rispettabili che fanno con regolarità I risultati sono estremamente significativi. Essi hanno rivelato che c’è di nuovo una campagna di odio nei confronti degli Stati Uniti. Quando si è chiesto alle persone scelte per il sondaggio quali fossero le minacce nei paesi arabi, hanno risposto quasi unanimemente che sono Israele e gli Stati Uniti: 88% Israele, 77% gli Stati Uniti, Naturalmente gli hanno anche chiesto dell’Iran. Il 10% ha risposto che l’Iran è una minaccia. Nella lista delle personalità rispettate Erdogan è, il primo, credo che ci fossero dieci nomi. Né Obama né altre personalità occidentali sono state nominate, Saddam Hussein ha avuto maggiore considerazione.
Tutto ciò è abbastanza sorprendente specialmente alla luce delle rivelazioni di Wikileaks. Quella che si è guadagnata i titoli dei giornali e che ha provocato entusiasmo ed euforia è stata la rivelazione, non so se accurata o no e che forse è stata fatta da diplomatici, che i dittatori arabi appoggiavano gli Stati Uniti nel loro conflitto con l’Iran. E titoli entusiastici su come gli stati Arabo appoggiano gli Stati Uniti. E’ una notizia molto illuminante. Ciò che dicevano i commentatori politici e i diplomatici è che i dittatori arabi ci appoggiano, e anche se la gente si oppone a noi in misura schiacciante tutto va bene, tutto è sotto controllo, tutto è tranquillo il popolo è passivo e i dittatori ci appoggiano, quindi che problema può esserci? In effetti l’opinione araba era così ostile agli Stati Uniti per questo – come è stato rivelato dai sondaggi, che una maggioranza della popolazione araba, il 57% di fatto pensava che tutto il Medio Oriente starebbe meglio se l’Iran avesse le armi nucleari. Tuttavia, la conclusione a cui si arrivò qui, in Inghilterra e in Europa e che tutto va meravigliosamente. I dittatori ci appoggiano. Possiamo non tener conto della gente perché è tranquilla e finché è tranquilla, che ci importa? La gente non conta. In effetti c’è qualche cosa di analogo negli Stati Uniti. Ed è la stessa politica in altri paesi del mondo. Tutto ciò rivela un disprezzo per la democrazia e per l’opinione pubblica davvero profondo. E dobbiamo ascoltare con la faccia triste Obama, che nella clip che lei, (Amy Goodman), ci ha mostrato prima, parla di come, naturalmente, i governi dipendono dalla gente. La nostra politica fa assolutamente il contrario.
Amy Goodman: Noam Chomsky, voglio leggerle quello che Robert Fisk ha scritto oggi dalle strade del Cairo. Robert Fisk è ben noto reporter dell quotidiano The Indipendent di Londra. Dice: “una delle sciagure della storia riguarderà un presidente americano che ha teso la mano al mondo islamico e poi l’ha chiusa a pugno quando questo mondo ha lottato contro una dittatura e ha chiesto la democrazia”. Quale è la sua riposta, Noam Chomsky?
Noam Chomsky: Il servizio di Frisk è stato illuminante e straordinario, come al solito. E certo, ha perfettamente ragione. E questo è il solito modello che risale a 50 anni fa proprio in Egitto e in tutta la zona e succede lo stesso altrove. Fintanto che la gente è passiva e ubbidiente, non importa se c’è una campagna di odio contro di noi. Non importa se pensano che il nostro nemico ufficiale può forse salvarli dai nostri attacchi. Di fatto, non importa niente fintanto che i dittatori ci appoggiano. Questa è l’opinione che cl gente ha qui negli Stati Uniti.
Dovremmo ricordarci che esiste un’analogia qui. Certo, la situazione non è la stessa, ma la popolazione degli Stati Uniti è arrabbiata, frustrata, piena di paura e di odio irrazionale . E le persone non lontane da voi che stanno a Wall Street stanno lavorando bene. Sono gli stessi che hanno creato la crisi attuale. Sono quelli a cui si è chiesto di affrontarla. Ne stanno venendo fuori più ricchi che mai. Ma tutto va bene fin tanto che la popolazione è passiva. Se un decimo dell’uno per cento della popolazione guadagna una parte preponderante della ricchezza che viene prodotta, mentre per gli altri c’è una stagnazione da 30 anni, va bene, fin tanto che tutti sono tranquilli. Questo è lo scenario che si sta aprendo anche in Medio Oriente, proprio come si è aperto in America Centrale e in altri paesi.
Amy Goodman: Noam, volevo chiederle se pensa che le rivelazioni di Wikileaks i dispacci dei diplomatici americani e prima di questo, i logs delle guerre in Iraq e in Afghanistan, questa enorme tesoro di documenti che sono stati diffusi, Julian Assange che parla del critico argomento della trasparenza, hanno avuto un ruolo chiave negli Stati Uniti. Cioè, prendiamo la Tunisia, per esempio: un giovane laureato che si è ridotto per mancanza di occupazione, a vendere la verdura al mercato, che è stato vessato dalla polizia e che infine si immola– questa è stata la scintilla. Ma anche i documenti che sono apparsi riguardanti la Tunisia e che confermano che gli Stati Uniti sapevano, mentre appoggiavano il regime tunisino, che questo era assolutamente corrotto; che cosa significa questo da una nazione all’altra, compreso lo Yemen. Lei pensa che ci sia una relazione diretta?
Noam Chomsky: la verità è che le rivelazioni di Wikileaks non ci dicono nulla di drammaticamente nuovo. Ci danno spesso una conferma di supposizioni ragionevoli ipotesi. La Tunisia è stato un caso molto interessante e una delle rivelazioni è del luglio 2009 e ci arriva dall’ambasciatore che ci descrive lquel paese mome uno stato di polizia, con poca libertà di espressione e di associazione, con seri problemi di diritti umani, guidata da un dittatore la cui famiglia è disprezzata a causa della sua corruzione, furti alla popolazione, e così via. Questo è il giudizio dell’ambasciatore. Non molto tempo dopo, gli Stati Unit ihanno scelto la Tunisia per mandare via mare ulteriori aiuti militari. E questo riguarda anche altre dittature arabe - l’Egitto e la Giordania e, naturalmente, Israele – è la routine – e un’altra nazione, la Colombia, il paese dell’emisfero occidentale dove per anni sono stati registrati i peggiori casi di violazione dei diritti umani è stato il principale destinatario di aiuti militari americani per anni, due elementi che sono strettamente collegati, come è stato dimostrato.
Ebbene, tutto questo vi dice quali erano le conoscenze sulla Tunisia, cioè uno stato di polizia, un dittatore odiato con accanimento e così via. Ma noi gli mandiamo altre armi dopo, perché la popolazione è tranquilla e quindi tutto va bene. In realtà esisteva una descrizione, una relazione molto succinta di questa situazione fatta da un ex alto funzionario giordano che ora è direttore di ricerche sul Medio Oriente per conto della Carnegie Endowment : Marwen Muasher. Egli diceva: “Questo è il principio, non c’è nulla di sbagliato. Tutto è sotto controllo.” E voleva dire che fin tanto che la popolazione è tranquilla, acquiescente, magari piena di rabbia ma incapace di fare qualche cosa per risolvere la situazione – tutto va bene, non c’è nulla di sbagliato è tutto sotto controllo. Questo è il principio operativo.
Amy Goodman: E’ un ex diplomatico giordano.
Noam Chomsky: ex funzionario giordano, alto funzionario.
Amy Goodman: E gli avvenimenti in Giordania? Che cosa pensa che accadrà? E anche in Arabia Saudita, e che cosa sente che Obama deve fare e che pensa che stia davvero facendo?
Noam Chomsky: il primo ministro in Giordania è stato sostituito con un ex generale che sembra essere discretamente popolare, per lo meno non odiato dalla gente. Ma di fatto nulla è cambiato. Nel governo giordano spesso avvengono cambiamenti e il sistema di base rimane lo stesso. Non sappiamo e la popolazione lo accetterà, se funzionerà il principio di Muasher –non c’è nulla di sbagliato, tutto è sotto controllo.
L’Arabia Saudita è un caso interessante. Il re dell’Arabia Saudita è stato, insieme ad Israele, il sostenitore più forte,il sostenitore più schietto di Mubarak. E il caso dell’Arabia Saudita ci dovrebbe ricordare qualche cosa circa il commento su questo problema. La linea ufficiale e il commento è che, naturalmente noi amiamo la democrazia, ma per ragioni pragmatiche dobbiamo opporci ad essa anche se con riluttanza, in questo caso a causa della minaccia degli islamici radicali, la Fratellanza musulmana. Guardate l’Arabia Saudita. Essa è il centro principale dell’ideologia islamica radicale, da anni ne è la fonte. Anche gli Stati Uniti appoggiano il terrorismo islamico, la fonte del terrorismo islamico o l’ideologia che lo sostiene.
Questo è il principale alleato degli Stati Uniti e lo è stato da molto molto tempo. Le relazioni degli Stati Uniti con Israele, relazioni molto strette, si intensificarono dopo la guerra del 1967 perché Israele aveva colpito duramente il nazionalismo arabo laico, il loro vero nemico, cioè l’Egitto di Nasser e, in difesa dell’islam radicale, l’Arabia Saudita. L’Egitto e l’Arabia Saudita appena prima del 1967 erano stati in guerra per procura e fu un conflitto importante. E questo è molto tipico.
Tornando a Wikileaks, forse la rivelazione più significativa è stata quella che riguarda il Pakistan. I documenti di Wikileaks mostrano che l’ambasciatrice Ann Patterson è conscia di quello che succede.– La frase “campagna di odio contro gli Stati Uniti” è una frase inadeguata. La popolazione è sempre più appassionatamente anti-americana, la Patterson fa notare,in gran parte come risultato delle azioni eseguite dagli Stati Uniti sia in Afghanistan che in Pakistan, della pressione fatta sull’esercito pachistano a invadere le zone tribali,a portare gli attacchi con gli aerei senza pilota (drones) e così via. E l’ambasciatrice continua dicendo che tutto ciò può portare perfino a quello che costituisce l’incubo estremo che dagli enormi mezzi nucleari che il Pakistan possiede (per inciso diciamo che stanno aumentando più rapidamente che in qualsiasi altra parte del mondo) ci possano essere perdite di materiali di fissione che potrebbero andare nelle mani degli islamici radicali che stanno acquistando forza e guadagnano appoggio popolare come risultato –in parte- di azioni che noi eseguiamo.
Ebbene, questo risale al passato, non è avvenuto stanotte. Il fattore più importante che sta dietro questa situazione è stato il governo del dittatore Zia-ul-Hak negli anni ’80. Egli aveva compiuto l’islamizzazione radicale del Pakistan con finanziamenti forniti dall’Arabia Saudita. Aveva istituito le scuole coraniche (madrase). I giovani avvocati che di recente urlavano nelle strade il loro appoggio agli assassini del personaggio politico che si era opposto alle leggi contro la bestemmia (Salman Taseer) sono il prodotto di quelle scuole craniche. Chi appoggiava Zia? Ronald Reagan. Era il dittatore preferito di Reagan in quella zona. Sapete, gli avvenimenti producono delle conseguenze. Si appoggia l’islamizzazione radicale e ci sono conseguenze. Ma i discorsi sulla preoccupazione per i Fratelli musulmani in Egitto, qualsiasi sia la realtà, sono un po’ ironici, quando si osserva che gli Stati Uniti e, dovrei dire, anche la Gran Bretagna, hanno tradizionalmente appoggiato l’Islam radicale, in parte, talvolta come barriera a un nazionalismo laico.
La vera preoccupazione non è l’Islam o il radicalismo; è l’indipendenza. Se gli islamici radicali sono indipendenti allora sono nemici. Se i laici nazionalisti sono indipendenti, allora sono nemici. E’ successo in America Latina, per decenni, che la Chiesa cattolica, membri della Chiesa cattolica diventassero indipendenti, per esempio ci fu il movimento della teologia della liberazione: erano nemici. L’indipendenza è intollerabile e quasi per le ragioni che il Consiglio Nazionale di Sicurezza descriveva nel caso del mondo arabo degli anni ’50.
Amy Goodman: Noam Chomsky, voglio leggerle che cosa hanno scritto due persone. Uno è Ethan Bronner che sul New York Times scrive: “Malgrado i rapporti di Mubarak in appoggio a Israele, molti Israeliani sia di destra che di sinistra mostrano comprensione per il desiderio degli Egiziani di liberarsi dalla sua autocrazia e di costruire una democrazia. Ma temono che ciò che seguirà se la situazione si evolverà troppo in fretta. “ Bronner cita le parole di un alto funzionario israeliano:” Sappiamo che tutto ciò che sta accadendo viene dal desiderio di libertà, prosperità e possibilità e appoggiamo le popolazioni che non vogliono vivere sotto una tirannia, ma chi ne trarrà profitto?” Il funzionario continua:”Il sentimento che qui prevale è quello che sia necessaria una certa stabilità seguita da riforme. Le elezioni affrettate avrebbero probabilmente un risultato molto diverso.”
E poi c’è Richard Cohen che scrive sul Washington Post: “ In Medio Oriente le cose stanno peggiorando. Un trattato di pace Israelo-Palestinese è ancora lontano.” Qual è la sua riposta, Noam Chomsky?
Noam Chomsky: Il commento di questo funzionario è uno standard. Stalin avrebbe potuto esprimersi in questo modo. Naturalmente la gente vuole pace e libertà, democrazia; tutti appoggiamo questa idea. Ma non adesso, per favore perché non ci piace il risultato che ne può scaturire. In effetti lo stesso si può dire di Obama. E’ più o meno lo stesso commento. D’altra parte il governo di Israele è stato apertamente favorevole a Mubarak denunciando i movimenti e le dimostrazioni popolari. Forse soltanto l’Arabia Saudita ha parlato così apertamente e la ragione è la stessa. Temono moltissimo quello che la democrazia potrà portare in Egitto.
Dopo tutto, lo hanno appena visto in Palestina. C’è stata una sola elezione libera nel mondo arabo, proprio una sola elezione realmente libera – e c’è stata in Palestina nel gennaio 2006; è stata monitorata con attenzione ed è stata riconosciuta come libera, giusta, aperta e così via. E subito dopo le elezioni, dopo pochi giorni, gli Stati Unitie Israele annunciarono pubblicamente e misero in atto un attacco iniquo contro i Palestinesi per punirli di aver fatto delle elezioni libere. Perché? perché avevano vinto le persone sbagliate. Le elezioni vanno benissimo, se i risultati sono quelli che vogliamo.
Se, per esempio, in Polonia all’epoca della dominazione russa i movimenti popolari avessero chiesto la libertà, li avremmo applauditi. D’altra parte, se i movimenti polari nell’America Centrale cercano di liberarsi da dittature brutali, noi armiamo l’esercito e facciamo guerre terroristiche di massa per schiacciarli. Applaudiremo Václav Havel in Cecoslovacchia e nello stesso momento, truppe scelte, appena uscite dall’addestramento a Fort Bragg, nella Carolina del Nord, sotto il comando dei militari, fanno saltare il cervello ai sei intellettuali latino--americani più importanti che erano padri gesuiti, nel Salvador. E tutto è passato sotto silenzio. Ma questo è esattamente il modello che vediamo ripetersi sempre.
E questo è anche riconosciuto dalla comunità conservatrice di intellettuali. I principali studi per la promozione della democrazia sono stati fatti da un bravo, attento studioso, Thomas Carruthers che è un neo.reganiano. Durante l’amministrazione Reagan lavorava a programmi per la promozione della democrazia e pensava che fosse una cosa meravigliosa. Ma dai suoi studi trae la conclusione che gli Stati Uniti sostengono la democrazia soltanto se si accorda con obiettivi strategici ed economici. Questo lo considera un paradosso e in effetti, è un paradosso se si crede alla retorica dei leader. Dice perfino che tutti i leder americani in un certo qual modo sono schizofrenici. Ma c’è un’analisi molto più semplice: coloro che detengono il potere vogliono tenerlo e elevarlo al massimo grado. La democrazia, quindi, va bene se sii accorda a questa idea, altrimenti non è accettabile.
Amy Goodman: I dimostranti in Piazza Tahrir reggono uno striscione con le parole: “Sì, anche noi possiamo”.
Noam Chomsky: ”Si, anche noi possiamo”. Sapete da dove hanno preso questo slogan. La differenza è che loro lo dicono sul serio. Nessuno sa ce la faranno o no. Voglio dire che dovremmo riconoscere che la situazione presenta degli aspetti inquietanti. Il fatto che Mubarak abbia mandato dei criminali nella piazza è pericoloso e fa paura. Mubarak, forse con l’appoggio degli Stati Uniti, chiaramente sente che può ristabilire il controllo. Hanno riaperto Internet. L’esercito aspetta. Non sappiamo che cosa faranno. Ma potrebbero usare gli scontri nelle strade provocati dai gruppi favorevoli a Mubarak che hanno mandato tra i dimostranti per dire:” Dobbiamo imporre il controllo militare,” e sarà un’altra forma delle dittature militari che, come sapete, sono state da molto tempo il potere effettivo in Egitto.
Un altro problema cruciale è: per quanto tempo i dimostranti potranno far fronte, non solo al terrore e alla violenza, ma anche soltanto alla crisi economica. Tra poco, forse già da adesso, non ci sarà più pane, acqua. L’economia è al collasso. La popolazione ha dimostrato un coraggio e una determinazione assolutamente incredibili, ma c’è un limite a quello che il fisico può sopportare. Anche se tutto quello che sta accadendo è sorprendente, non c’è alcuna garanzia di successo.
Se la popolazione degli Stati Uniti, dell’Europa fornisse un appoggio verbale importante ed esplicito, questo potrebbe far cambiare le cose. Ricordate il principio di Muasher: fintanto che tutti sono tranquilli, tutto è sotto controllo, va bene. Ma quando la situazione cambia, non va bene. Si deve agire in qualche modo qualche cosa.
Amy Goodman: se lei fosse presidente degli Stati Unitiproprio adesso, che cosa farebbe?
Noam Chomsky: se fossi arrivato alla presidenza con il tipo di elettori e appoggio necessari per essere presidente negli Stati Uniti, probabilmente farei quello che fa ora Obama. Ma la cosa da fare sarebbe seguire l’esempio di Erdogan. La Turchia sta diventando uno dei paesi più importanti dell’area medio-orientale e questo tutti lo ammettono. Erdogan è di gran lunga la figura più popolare. E i Turchi hanno assunto un ruolo molto costruttivo su vari argomenti. E in questo caso Erdogan è stata la sola personalità pubblica importante, l’unico leader che è stato sincero, esplicito, chiaro: dice che Mubarak se ne deve andare adesso. Adesso è il momento di cambiare. Questa è la posizione giusta. In Europa e negli Stati Uniti nessuno ha parlato così.
Amy Goodman: E che cosa pensa del ruolo delle grandi imprese americane? Abbiamo parlato con Bill Hartung che ha scritto: Profeti del potere, un libro che parla della Lockeed Martin. L’enorme quantità di denaro, i miliardi che sono stati mandati in Egitto non sono arrivati là; sono andati ai fabbricanti di armi americani, come la General Dynamics, la Lockeed Martin, la Boeing, ecc. Infatti la Boeing è proprietaria della Narus che produce la tecnologia digitale che si occupa della sorveglianza dei telefoni cellulari, del sistema internet in Egitto, dove possono sentire voci contrarie al regime attuale. E che può sapere come useranno quelle voci? Ma queste imprese che hanno guadagnato così tanto grazie alla repressione, che ruolo hanno nella politica degli Stati Uniti?
Noam Chomsky: siccome non rilasciano comunicati stampa, dobbiamo fare delle ipotesi. Ma è molto ovvio che abbiano degli interessi importanti nei paesi con delle dittature, non solo in Egitto. Per esempio, due mesi fa Obama ha annunciato la più grossa vendita di forniture militare della storia: 60 miliardi di dollari di jet, elicotteri, veicoli muniti di armi, ecc. venduti all’Arabia Saudita. Il pretesto è che dobbiamo difendere l’Arabia Saudita contro l’Iran. Ricordatevi che tra popolazione araba, se a qualcuno gliene importa, il 10% considera l’Iran una minaccia e la maggioranza crede che il mondo arabo starebbe meglio se l’Iran avesse le armi nucleari. Eppure noi dobbiamo difenderli dall’Iran inviando attrezzature militari che non gli gioverebbero affatto in qualsiasi conflitto con l’Iran. Ma giova molto al complesso industriale-militare americano al quale si riferiva Eisenhower nella clip che ci hai mostrato. E quindi, sì, William Hartung aveva ragione.
In effetti un motivo per cui c’è un appoggio così forte a Israele da parte della lobby militare-industriale negli Stati Uniti, è che i massicci trasferimenti di armi a Israele che, comunque li si voglia chiamare, finiscono per essere dei regali, vanno dagli Stati Uniti, cioè dalle tasche dei contribuenti americani nelle tasche dell’industria militare. Ma c’è anche un effetto secondario che si comprende molto bene. Quando gli Stati Uniti mandano a Israele il tipo di jet più moderno, gli F-35s, allora l’Arabia Saudita dice:” Noi vogliamo attrezzature di seconda qualità in quantità cento volte più grande” e questo costituisce un’enorme ricchezza per l’industria militare e riciclano anche il petrodollari, molto necessari all’economia degli Stati Uniti. Quindi questi due aspetti sono strettamente legate tra di loro.
E non si tratta soltanto dell’industria militare. I progetti di costruzione, lo sviluppo delle telecomunicazioni – nel caso di Israele, l’industria per l’alta tecnologia. Quindi, la Intel corporation, la più importante industria mondiale di chip (microcrcuiti integrati), ha annunciato una nuova generazione di questi e stanno costruendo la fabbrica principale in Israele e hanno appena annunciato un ampliamento di questa. I rapporti sono molto stretti, sotto tutti gli aspetti, nel mondo arabo, certamente non con la gente, ma abbiamo sempre il principio di Muasher. Fin tanto che sono tranquilli, chi se ne importa? Possiamo ignorarli.
Amy Goodman: E l’importanza di Mubarak nell’asse Israele-Palestina-Egitto? Torniamo al 1979; può ricordare brevemente agli ascoltatori perché è così importante, dato che i media continuano a dire che Mubarak voleva pace e stabilità per Israele dare, dà accesso al loro spazio aereo agli stati uniti, garantisce l’accesso al canale di Suez.
Può parlarci di questo problema e di che cosa significherebbe un cambiamento.
Noam Chomsky: veramente dovremmo risalire al 1971, quando il presidente Sadat offrì a Israele un trattato di pace completo in cambio del loro ritiro dai territori occupati. A lui interessava il Sinai, ma Israele rifiutò l’offerta egiziana dopo averla presa in considerazione. Henry Kissinger, il consigliere della sicurezza nazionale, appoggiò il rifiuto israeliano. Allora il Dipartimento di Stato appoggiò sadat. A questo punto Israele scelse molto apertamente l’espansione piuttosto che la sicurezza. Si stavano allora estendendo nel Sinai, e progettarono di costruirvi una città di un milione di persone, progettarono insediamenti, espellendo gli agricoltori nel deserto, ecc. Questo è stato lo sfondo della guerra del 1973 che fece capire chiaramente che l’Egitto non poteva essere eliminato. Passiamo ai negoziati che nel 1979 portarono gli Stati Unitie Israele ad accettare l’offerta Sadat aveva fatto nel 1971: ritiro dal Sinai in cambio di un trattato di pace. Questo è stato chiamato un grande trionfo della diplomazia, ma di fatto fu una catastrofe diplomatica. Non averlo accettato nel 1971 causò una guerra molto pericolosa, sofferenze, brutalità ecc. E infine gli Stati Unitie Israele più o meno lo accettarono.
Non appena l’accordo fu fatto, nel 1979, gli analisti israeliani di strategie - il principale era Avner Yaniv, ma anche altri riconobbero subito che ora che l’Egitto era escluso dal confronto, Israele era libero di usare la forza in altre aree. E in effetti poco dopo attaccò il Libano, non doveva preoccuparsi dell’ostacolo egiziano. L’Egitto se ne è andato, quindi possiamo attaccare il Libano, Israele pensò. E fu un attacco brutale, iniquo che uccise 15.000/20.000 persone e infine portò ai massacri di Sabra e Shatila e distrusse la maggior parte del Libano meridionale. E non ci fu alcuna difesa, non ci provarono nemmeno. E’ stata una guerra per conquistare la West Bank. E’ stato uno sforzo per bloccare imbarazzanti negoziati con la Palestina, offerte diplomatiche e per procedere all’annessione di territori occupati. Ebbene, Israele è stato libero di fare tutto questo una volta che il deterrente egiziano non c’era più. E questa situazione continua. L’Egitto è il più importante stato arabo , è di gran lunga la più grossa forza militare e neutralizzare l’Egitto lascia libero Israele - e quando dico Israele intendo dire gli Stati Uniti e Israele perché lavorano in tandem –di attuare i crimini dell’occupazione, gli attacchi al Libano – ci sono già state cinque invasioni e ce ne potrebbe essere un’altra –e l’Egitto non interferisce.
Inoltre l’Egitto collabora ad annientare Gaza. Le elezioni libere del 2006 non solo hanno spaventato gli Stati Uniti e Israele – non hanno gradito il risultato – e quindi iniziarono subito a punire i Palestinesi ma la stessa cosa accadde anche in Egitto. Hamas vinse le lezioni e Hamas è una diramazione della Fratellanza Musulmana che è molto temuta dalla dittatura egiziana perché se permettessero mai un’elezione libera, la Fratellanza musulmana otterrebbe buoni risultati: magari non avrebbero la maggioranza ma diventerebbero una forza politica notevole e gli altri non la vogliono e per questo collaborano. L’Egitto di Mubarak collabora con Israele nell’annientare Gaza, hanno costruito un enorme recinzione al confine con l’Egitto con l’aiuto dell’ingegneria americana e serve in un certo modo a monitorare il flusso di merci che entrano ed escono sul lato egiziano di Gaza. E serve a completare l’assedio che gli Stati Unitie Israele hanno imposto. Tutto questo potrebbe scomparire se ci fosse un movimento democratico che potesse guadagnare influenza in egitto, come è successo in Palestina.
Dovrei ricordare che nel mondo arabo c’è stata un’altra elezione semi-democratica che si ripete regolarmente. Succede in Libano. Il Libano ha una storia complessa. E’ una democrazia confessionale, quindi la popolazione sciita che è la setta più grande è poco rappresentata nel sistema confessionale. Ma tuttavia le elezioni non sono soltanto elezioni statali quando c’è una dittatura. E hanno dei risultati che sono qui negli Stati Uniti sono soppressi. Così, per esempio, nelle ultime elezioni, la maggioranza, una maggioranza popolare era la coalizione guidata dal partito Hezbollah che mi sembra che abbia ottenuto il 53%. Qui la situazione non è descritta così. Se leggete, per esempio, Thomas Friedman, vedrete che ha scritto un’ode su quella elezione, praticamente piangeva per la gioia che Obama avesse vinto su Ahmadinjad. Friedman intendeva dire che nella rappresentazione del sistema confessionale che rappresenta poco la maggioranza sciita, la coalizione favorevole agli Stati Unitiaveva vinto il maggior numero di seggi. Questo fatto riflette ancora una volta il solito disprezzo per la democrazia. Non ci interessa che la maggioranza della popolazione ha votato in modo contrario fin tanto che sono tranquilli e passivi. E la cosa interessante è stata che il partito Hezbollah ha accettato tranquillamente i risultati, al momento non ha protestato. Ma da allora il loro potere è aumentato e ora in Libano c’è una minaccia seria che non dovremmo trascurare.
Amy Goodman: Noam, per finire: le ho fatto tante domande su che cosa tutto questo significa per il Medio Oriente questa rivoluzione che si estende dalla Tunisia all’Egitto, quello che vediamo accadere in Giordania, in Yemen e oltre. Ma che cosa significano queste proteste di massa per i cittadini americani?
Noam Chomsky : Credo che significhino molto e ho cercato di fare degli accenni in proposito. La dottrina che dice che tutto va bene finché la gente è tranquilla, si applica al Medio Oriente, all’America Centrale, agli Stati Uniti. Negli ultimi 30 anni abbiamo avuto politiche statali corporative specificamente designate- specificamente, non casualmente – per arricchire e rendere più potente un minuscolo settore della popolazione, l’uno per cento, un decimo dell’uno per cento. Questa la sorgente fondamentale della massima disuguaglianza. Le politiche fiscali, le regole della governo corporativo, un’enorme massa di politiche, sono state designate a questo scopo - la deregolamentazione. Per la maggior parte della popolazione questo ha significato una grande stagnazione per un lungo periodo. Adesso la gente se la sta cavando, aumentando il numero di ore di lavoro, molte di più che in Europa, con debiti, con l’inflazione tipo la recente bolla immobiliare. Ma le cose non possono durare così.
Non appena Obama si è insediato alla presidenza, si è trovato nel mezzo della peggiore crisi verificatasi dalla Depressione (1929). Infatti Ben Bernanke che in base a una recente testimonianza sappiamo essere stato liberato, capo dell a Fed, ha detto che è stata ancora peggiore della crisi delle banche del 1929. Quindi c’era una vera crisi. E Obama che ha scelto per “accomodare” la crisi? Le persone che l’avevano creata, la gang di Robert Rubin, Larry Summers, Timothy Geithner, praticamente le persone che erano responsabili delle politiche che avevano condotto alla crisi. E questo non ci meraviglia. Cioè, gli elettori principali di Obama sono state le istituzioni finanziarie. Sono stati il nocciolo dei fondi per la sua campagna elettorale. Si aspettavano di essere ripagati. E sono stati ripagati. La loro ricompensa è stata di venirne fuori più ricchi e più potenti di quanto fossero prima della crisi creata da loro.
Nel frattempo la gente, molta gente è letteralmente depressa. Se guardate alle cifre della disoccupazione, quelle comprese tra il10%,20% questa non è molto alta. In realtà è abbastanza bassa. Quando si guarda la parte inferiore della scala dei redditi quella dove ci sono i quintili più bassi, si vede che la disoccupazione è ai livelli del 1929. Nell’industria manifatturiera è ai livelli della Depressione.
Ma ora è diverso che nel 1929. Durante la Depressione - sono abbastanza anziano per ricordarla – la situazione era molto grave. La mia famiglia apparteneva per lo più alla classe operaia che non aveva lavoro. Ma c’era un senso di fiducia. Pensavamo che si potesse fare qualche cosa. C’è il Congresso delle organizzazioni Industriali (un sindacato dei lavoratori dell’indusria) che si stava costituendo C’erano sono scioperi in forma di sit-in che spinsero a misure del New Deal che ci aiutavano e ci facevano sperare. E sentivamo che in qualche modo saremmo usciti da quella situazione, che ci eravamo dentro insieme, che potevamo lavorare insieme e che potevamo uscirne. Adesso questo non è vero. Ora c’è un’atmosfera generale di disperazione di rabbia e di profonda irrazionalità. E’ una mistura molto pericolosa. L’odio per gli stranieri, un misto di atteggiamenti che è mutevole e pericoloso, molto diverso dallo stato d’animo che c’era durante la Depressione dl 1929.
Ma si applica il medesimo principio del governare: fintanto che la gente accetta quello che succede e indirizza la propria rabbia verso gli insegnanti, i pompieri, i poliziotti, le pensioni e così via, fintanto che loro rabbia è diretta verso questi settori e non contro di noi, i governanti, tutto è sotto controllo, tutto va bene. Finché non esplode. Non è ancora esplosa, e se esplode potrebbe non esplodere in una direzione positiva, visto la natura di quanto sta succedendo nel nostro paese adesso. Ma certo, la lezione dell’Egitto dovrebbe essere presa sul serio. Vediamo chiaramente che cosa può fare la gente in condizioni di seria costrizione e repressione che vanno al di là di qualsiasi cosa che noi possiamo affrontare. Se non consideriamo l’esito, potrebbe essere molto pericoloso.
Amy Goodman: Noam Chomsky, voglio ringraziarla tantissimo per essere stato con noi. Noam è scrittore, Professor Emeritus di Linguistica al MIT di Boston dove ha insegnato per più di 50 anni. Il suo libro più recente è intitolato: Speranze e prospettive. Ha scritto più di cento libri.
Traduzione di Maria Chiara Starace
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