Milano ai tempi della peste



Milano ai tempi della peste.
Una storia di ordinario pregiudizio

VOLGARIZZAZIONE DEL TESTO LATINO

"Dove ora c'è lo spazio aperto, sorgeva la bottega di barbiere di Giangiacomo Mora, il quale, aveva cospirato con Guglielmo Piazza, Il commissario della pubblica sanità e con altri, mentre infuriava atrocemente la peste, cospargendo qua e là i mortali unguenti che spinsero molte persone ad atroce morte.
Per cui il senato (del ducato di Milano) li giudicò entrambi nemici della patria e ordinò che fossero posti su un alto carro, prima tenagliati con ferri roventi e mutilati della mano destra, poi infrante le ossa e sulla ruota intrecciati; dopo sei ore sgozzati, indi bruciati. affinchè rimanga traccia, le ceneri buttate nel fiume ed i beni venduti all'asta. Perché di ciò rimanga eterna memoria, la casa, officina di delitto, sia rasa al suolo e non più ricostruita in futuro e si eriga una colonna che si dica infame, Dunque:state lontani da qui, o buoni cittadini,affinché questo triste ed infame suolo non vi contamini."


Commento

Questa lapide era apposta sul luogo ove sorgeva la casa di Giangiacomo Mora, accusato di essere l'untore e lo spargitoe di peste: A Manzoni ne parla be "La Colonna Infame" in cui racconta gli atroci tormenti cui furono sottoposti gli accusati perché si dichiarassero colpevoli e denunciassero i complici.
Secondo il Manzoni, la colonna fu abbattuta nel 1788, secondo altri dopo il 15 maggio 1796 (entrata di Napoleonea Milano) e sul posto fu innalzato un ALBERO DELLA LIBERTA'.
La lapide si trova ora al Castello Sforzesco di Milano, nella corte ducale sotto il portico dell'Elefante; Sia i curatori del Museo del Castello sia i responsabili dell'archivio del Castello NON NE SANNO NIENTE, e non si trovano né dati né reperti iconografici.
Della lapide si trova una citazione sulla guida del TCI (Milano e i laghi) Si dice solo che si trovava dove c'era la casa del Mora. Milano ed i suoi attuali governanti, degni eredi dell'orrendo Senato Ducale della città di Milano e delle autorità Spagnole occupanti e col tacito assenso delle autorità ecclesiastiche (allora era Arcivescovo Federigo Borromeo, nipote del più celebre bruciatore di streghe Carlo) ignora totalmente la storia cittadina

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