LA FERMA DIGNITÀ' DI
MILANO MONITO CONTRO LA VIOLENZA
L'estremo saluto alle vittime
della strage
Colpo di scena: un fermato si
uccide in questura.
Era un ferroviere residente a
Milano, faceva parte dell'organizzazione anarchica "Ponte della Ghisolfa",
si chiamava Giuseppe Pinelli e aveva quarantun anni. Si è gettato
poco prima di mezzanotte da una finestra del quarto piano, durante una
pausa degli interrogatori. E' spirato due ore dopo il ricovero all'ospedale.
LO HA DICHIARATO
IL QUESTORE DI MILANO
I suoi alibi erano caduti
Giuseppe Pinelli era già stato "fermato" nell'aprile scorso durante l'inchiesta per gli attentati alla Fiera Campionaria e alla Stazione.
Drammatico colpo
di scena, questa notte, nel corso delle indagini sulla strage di Piazza
Fontana. Alle ore 23.50 uno degli indiziati che si trovavano da venerdì
a disposizione della polizia si è ucciso gettandosi da una finestra
del quarto piano di via Fatebenefratelli mentre veniva interrogato. Era
un ferroviere di 41 anni: Giuseppe Pinelli, sposato con due figlie, abitante
in via Preneste 2, oltre San Siro. Faceva il frenatore allo scalo delle
ferrovie dello Stato a Porta Garibaldi e la questura lo definisce "anarchico
individualista". Portato in gravissime condizioni all'ospedale Fatebenefratelli,
è morto alla una e cinquanta.
..."I suoi alibi
erano tutti caduti ed era fortemente indiziato" ha dichiarato subito il
questore di Milano dottor Marcello Guida. Il questore ha aggiunto: "Aveva
presentato un alibi per venerdì pomeriggio ma questo alibi era caduto
completamente. Nell'ultimo interrogatorio il funzionario dottor Calabresi
aveva allora momentaneamente sospeso l'interrogatorio per andare a riferire
al capo dell'ufficio politico dottor Allegra. Col Pinelli erano rimasti
nella stanza tre sottufficiali di polizia e un ufficiale dei carabinieri
che assistevano all'interrogatorio".
"Improvvisamente
- ha proseguito il dottor Guida - il Pinelli ha compiuto un balzo felino
verso la finestra che per il caldo era stata lasciata socchiusa e si è
lanciato nel vuoto".
Nel confermare
che il Pinelli era anche sospettato per gli attentati del 25 aprile a Milano
e sui treni in varie località d'Italia in agosto il dottor Guida
ha detto: "Era tutta una catena di sospetti: il principale era per venerdì
e poi si andava indietro. E' stato un gesto quello del Pinelli questa sera
- ha detto ancora il questore - che certo a noi non fa piacere".
Giuseppe Pinelli
era stato rintracciato venerdì sera da due agenti dell'ufficio politico
cinque ore dopo la strage. A casa non lo avevano trovato, ma i poliziotti
sapevano benissimo dov'era: al circolo degli anarchici in via Scaldasole
5. Era seduto a una tavola, con alcuni compagni.
"Pinelli siamo
sempre noi. Vuoi venire in questura?" Il ferroviere si era alzato senza
molta sorpresa. Erano mesi che la polizia gli teneva gli occhi addosso.
Ogni volta che avveniva un attentato la pratica " Pinelli Giuseppe anarchico
individualista", usciva dall'archivio e veniva messa in evidenza. Secondo
la polizia, il ferroviere era considerato uno dei più attivi membri
dell'anarchia, non solo italiana, ma addirittura internazionale:
i suoi legami con il movimento anarchico internazionale erano assai saldi,
a quanto pare, e ramificati in mezza Europa. Logico che la gravità
dell'attentato di piazza Fontana e l'ipotesi di un'azione terroristica
a livello internazionale avessero fatto ancora una volta balzare in primo
piano il ferroviere di via Preneste.
Gli interrogatori
di Pinelli, per quanto è trapelato, sono stati tutt'altro che intensi
nelle giornate di sabato e di domenica. L'uomo, del resto, appariva tranquillo,
rispondeva sicuro, parco di parole, sovente sardonico, alla richiesta di
informazioni "Era allenato a questo tipo di indagini - ha detto di lui
un funzionario che lo conosceva bene - ed era piuttosto difficile metterlo
in difficoltà".
Anche l'ultima
volta che lo avevano "fermato" per gli attentati alla Fiera Campionaria
e alla stazione Centrale, nel mese di aprile, se l'era cavata senza guai.
Ieri sera alle
22 è successo qualcosa che ha inspiegabilmente spezzato in lui quell'apparente
maschera di serenità e di distacco. ll ferroviere è stato
portato in una stanza dell'ufficio politico, al quarto piano di via Fatebenefratelli,
per un supplemento d'interrogatorio. C'erano il commissario dottor Calabresi,
un ufficiale dei carabinieri e tre sottufficiali dell'ufficio politico,
uno dei quali batteva a macchina il verbale. Pinelli - vestito scuro, corporatura
solida, carnagione olivastra, il volto incorniciato da una barbetta con
un paio di baffi robusti - si è seduto su una sedia e ha risposto
calmissimo, alle prime domande.
Si è reso
subito conto, tuttavia, che gli inquirenti erano venuti a conoscenza di
qualcosa che gli premeva tenere nascosto. Le contestazioni si sono fatte
serrate. Sul fare della mezzanotte la deposizione stava per essere sospesa.
Il funzionario e l'ufficiale gli hanno rivolto un'ultima contestazione,
un nome, un gruppo: li conosceva? Li aveva visti? Quando? Poi sono usciti
dalla stanza. Giuseppe Pinelli era scattato. La finestra era socchiusa,
perché nella stanza c'era molto fumo, ha spalancato i battenti e
si è buttato nel vuoto.
Nel volo dal quarto
piano l'anarchico è andato a schiacciarsi contro i rami spogli dell'albero
sotto la finestra, nell'angolo sinistro del vasto cortile della questura.
L'urto contro i tronchi è stato violentissimo, dopo di che il corpo
ha compiuto un ultimo lento salto attutito da una siepe e dalla terra mossa
e morbida dell'aiuola sulla quale è finito. Immediati i soccorsi,
ma quando Giuseppe Pinelli è stato trasportato e adagiato sul lettino
dell'accettazione, all'ospedale Fatebenefratelli, il suo cuore era già
fermo. I medici lo hanno rimesso in funzione con un massaggio, ma per poco.
Alla una e cinquanta il ferroviere è morto.
Alle 2.15 il questore
Guida, alternandosi nelle risposte ai giornalisti con il capo dell'ufficio
politico della questura dottor Antonino Allegra, ha fatto altre dichiarazioni:
"Il fermo di Giuseppe Pinelli era stato effettuato nella sera di venerdì.
Eravamo risaliti a lui in quanto il Pinelli facente parte della organizzazione
anarchica detta del "Ponte della Ghisolfa", era già stato interrogato
in passato su circostanze messe in relazione con altri attentati dinamitardi
già avvenuti.
"Era nostra intenzione
controllare i suoi movimenti relativamente al pomeriggio di venerdì.
In partenza non avevamo comunque alcun fondato sospetto su Pinelli, in
quanto lo conoscevamo come un uomo tranquillo, dedito alla famiglia e politicamente
impegnato in ideologia extraparlamentare ma romanticamente innocuo".
"E' stato invece
nel corso degli interrogatori che abbiamo avuto con lui che sono nati i
primi dubbi. Dubbi che si sono tramutati in forti sospetti e in precisi
indizi soprattutto quando l'alibi fornito dal Pinelli circa le ore del
tragico pomeriggio è crollato immediatamente. Il Pinelli aveva dichiarato
di aver lavorato fino alle sei del mattino, dopo di che, rincasato nella
sua abitazione, aveva dormito fino a oltre mezzogiorno. Alzatosi, aveva
pranzato e alle 14.30 era uscito raggiungendo un bar vicino a casa dove,
a suo dire, si era fermato fino alle 17.30".
"Un immediato
controllo aveva permesso invece di accertare che il Pinelli si era soffermato
per un tempo brevissimo nel pubblico esercizio. La dichiarazione fattaci
dal barista del locale è stata questa: "si è fermato soltanto
un minuto. Il tempo di bere un caffè. E se n'è andato".
"L'alibi del Pinelli
- ha continuato il questore - non è comunque crollato soltanto per
la dichiarazione contrastante del barista, ma anche per altri motivi riguardanti
terze persone. A proposito di queste non posso aggiungere altro, in quanto
l'inchiesta è entrata ormai in una fase delicatissima. Posso aggiungere
che pochi istanti prima di questo nuovo gravissimo episodio, il Pinelli
si trovava nell'ufficio del commissario dottor Luigi Calabresi unitamente
al tenente dei carabinieri Lo Grano e a tre sottufficiali".
"Era stato sottoposto
più che a un interrogatorio da verbalizzarsi, a una serie di contestazioni.
Il Pinelli aveva sempre risposto con assoluta calma mantenendo un atteggiamento
completamente tranquillo. A un certo momento si è deciso di sospendere
l'interrogatorio e mentre il commissario Calabresi si avviava verso l'ufficio
del dottor Allegra, e il tenente Lo Grano si soffermava sulla porta, il
Pinelli, il quale aveva accettato una sigaretta offertagli da uno dei tre
sottufficiali, ha messo improvvisamente in atto il suo disperato gesto.
La finestra del locale era stata socchiusa per fare entrare aria fresca
in una stanza dove si era fumato molto. Lo scatto del Pinelli è
stato rapidissimo. L'uomo ha spalancato le ante della finestra e si è
lanciato nel vuoto senza che nessuno dei sottufficiali potesse accennare
a un qualsiasi tentativo per bloccarlo in tempo".
L'avvocato Alfonso
Mauri, difensore di Giuseppe Pinelli, informato dell'accaduto nella tarda
nottata, ha dichiarato: "E' una notizia sconvolgente, che mi sorprende
moltissimo. Conoscevo quel giovane da molti anni. Era un bravo ragazzo,
sposato con una donna molto intelligente che aiutava il marito facendo
lavori di copisteria. Mi sgomenta il pensiero delle due bambine del Pinelli,
due belle bambine una di 7 anni, mi pare, e una di 5".
"Lei crede
che sapesse qualcosa o che, comunque, fosse implicato negli attentati?"
"Ma no, no assolutamente.
Le ripeto che era un ragazzo innocuo, impiegato delle ferrovie come frenatore,
un mestiere pesante, duro".
"E' vero che apparteneva
a un movimento anarchico?".
"Questo sì.
Faceva parte di un movimento ma sono sicuro che non ha mai fatto del male
a nessuno. Non era il tipo di fare cose del genere. Lo conosco personalmente".
"Come spiega il
gesto disperato?".
"Non so spiegarmelo.
Forse si può pensare a un collasso nervoso. La moglie mi disse che
la sera in cui sono andati a "fermarlo" era stanchissimo. La notte precedente
aveva dormito soltanto 3 ore.