RIPORTIAMO L'INTERVENTO DI PINO RAUTI (ALL'EPOCA CAPO DI ORDINE NUOVO E OGGI DEL MS-FIAMMA TRICOLORE) AL CONVEGNO ORGANIZZATO DALL'ISTITUTO POLLIO.
 

LA TATTICA DELLA PENETRAZIONE COMUNISTA IN ITALIA

Intervento del 4 maggio del dottore

PINO RAUTI




Cercherò di mantenere il mio intervento nei limiti concessi dal Convegno, limiti che potranno essere ritenuti più o meno stretti ma che vanno osservati se non si vuol finire con il fare un convegno politico, con tutti i vantaggi, ma anche con tutti gli svantaggi che ne deriverebbero. Questo incontro ha invece, un suo carattere specifico che consiste nell’analisi della tecnica, della metodologia della g.r., o guerra sovversiva che dir si voglia. Ora, sulla teoria di questa guerra sovversiva ci troviamo quasi tutti d’accordo. Ci sono delle sfumature interpretative, ma abbiamo appreso (ed è stata una piacevole scoperta) che in varie parti d’Italia, persone diverse, gruppi diversi, circoli ed ambienti diversi, di diversa estrazione politica, si sono posti questo stesso ordine di problemi. Dobbiamo tuttavia sgombrare il campo, a mio avviso, da alcune questioni preliminari, da alcuni quesiti pregiudiziali. Si è detto ad esempio: “Ma non basterebbe la semplice applicazione delle leggi? Non basterebbe la semplice applicazione del Codice Penale, per reprimere, nella fase iniziale, le manifestazioni aggressive del comunismo per la conquista del potere?” Prima di tutto si deve osservare che la g.r. in sé e per sé, negli atti specifici nei quali essa si articola, che spesso vengono affidati a particolari agenti di esecuzione, si estrinseca in atti che non sono direttamente perseguibili dal Codice Penale. Si tratta, cioè, come diceva uno studioso, belga della g.r., di un delitto globale, che è difficilmente definibile e che quindi non è colpibile nella manifestazione con cui esso si presenta. E’ la somma, la globalità e soprattutto la continuità con la quale questi atti vengono compiuti, nel tessuto connettivo dello Stato, nel tessuto politico, nel tessuto costituzionale, economico e sociale, che configurano la g.r.
Da qui la sensazione, quasi avvilente, di disarmo che una certa parte della classe dirigente contemporanea d’Italia, prova, indubbiamente, dinanzi alla situazione, dinanzi all’attivismo scatenato dei comunisti. Cioè la sensazione che gli strumenti giuridici, politici e costituzionali siano dati superati da questa nuova tecnica.
Quesito di ordine ancora più generale è quello sulla capacità obiettiva che possono avere o non avere alcuni tipi di regimi politici nell’affrontare questa forma modera di aggressione, di marcia verso il potere, di conquista. Indubbiamente, un conto era la lotta politica condotta nel diciannovesimo secolo, che ubbidiva a certe regole, che riguardava categorie molto ristrette di persone; un altro è la lotta politica che si conduce oggi nelle grandi platee contemporanee, dove operano contemporaneamente decine di milioni di persone, le quali sono raggiunte quotidianamente, ora per ora, fino nell’intimità della casa, dallo sviluppo tecnologico contemporaneo e dallo sviluppo dei grandi mezzi d’informazione. Ecco quindi che, al di fuori del quadro strettamente penale, strettamente giuridico, nel quale sarebbe estremamente difficile situare il problema della repressione dell’attività sovversiva, al di fuori dello stesso quadro politico e costituzionale, che si trova ad essere superato dalla corsa dei tempi, si pone angoscioso e drammatico il problema che questo Convegno intende, appunto, sottolineare.
Ci troviamo di fronte a una nuova tecnica per la conquista del potere. Qual è, quali sono, in linea pratica, in linea concreta, le sue caratteristiche, le sue espressioni e manifestazioni principali e quali sono i metodi con i quali a questa tecnica si può reagire? In linea teorica siamo tutti d’accordo; si chiama guerra sovversiva, guerra rivoluzionaria, guerra psicologica, noi ci troviamo di fronte ad un piano accuratamente elaborato, e che si contraddistingue in pratica in due aspetti principali; il primo è che, con questa tecnica, il comunismo ha rinunciato all’attacco frontale condotto nei confronti dello Stato. I più anziani fra noi, presenti in questa sala, ricorderanno certo per esperienza diretta, i meno anziani lo sapranno per averlo letto, in quali forme si espresse, nell’altro dopoguerra il tentativo comunista per il potere: era la tecnica dell’assalto frontale; non c’era istituzione dello Stato che non venisse frontalmente aggredita, che non venisse, quasi ottusamente, presa d’assalto. Andavano a dare fastidio, andavano a sciogliere non solo le dimostrazioni patriottiche, ma perfino le manifestazioni religiose, le cerimonie più intime e più care alla psicologia collettiva; andavano a strappare dai petti dei combattenti le medaglie al valore, sputavano sulla bandiera, insultavano tutti coloro che osassero presentarsi in divisa in certi quartieri notoriamente sovversivi. Ovviamente, ci fu una reazione a tutto questo, e quello che successe lo sappiamo benissimo. In questo dopo guerra (non solo per la lezione che i comunisti ebbero allora, ma anche per una serie di altre considerazioni) hanno cambiato tattica. Oggi, la difficoltà di combattere il comunismo in Italia dipende quasi esclusivamente dal fatto che i comunisti non si vedono. Essi sono tanto onnipresenti, quanto invisibili. Voi potete andare nei quartieri più “rossi”; voi potete andare nelle zone più rosse e più sovversive della Toscana e dell’Emilia, dove i comunisti hanno già raggiunto da molto tempo – e sotto molti aspetti hanno già superato – la maggioranza assoluta (dal 60 al 70% di voti); voi potete andare nelle cosiddette “Stalingrado rosse”, che non sono soltanto quelle di Sesto San Giovanni, ma sono anche certe zone agricole pugliesi, sono nel triangolo rosso molisano, e via dicendo (zone nelle quali i comunisti, notoriamente, controllano la situazione); ebbene non vedrete mai un distintivo comunista all’occhiello. Questo per significare, per sottolineare, quasi, che i comunisti intendono conquistare lo Stato, attraverso una lenta opera di saturazione interna.
Questo è il primo aspetto che assume, in Italia, la guerra sovversiva per la conquista del potere. Quindi, da questo punto di vista, noi non dobbiamo credere che si ripeterà in Italia, meccanicamente, la trasposizione degli schemi organizzativi, degli schemi attivistici che contrassegnarono il periodo che va dal 1943 al 1945. Anzitutto perché allora c’era una guerra, e c’era una guerra civile, e c’erano particolari emotività scatenate dagli avvenimenti del 25 luglio, dell’8 settembre, e via dicendo; e poi perché i comunisti si sono resi conto che qualsiasi tattica che li portasse a combattere allo scoperto, alla luce del sole, facendo proclamare gli obiettivi che intendono raggiungere non potrebbe non provocare un processo di reazione contraria. Ed è questa la cosa che evidentemente essi temono di più.
Quindi, io non porrei il problema del pensare a come difendersi dalle conseguenze ultime della g.r., pensando ai comunisti che, chiusi nel segreto del loro apparato, si domandano: “chi dovremo uccidere per primo col colpo alla nuca, il prefetto, il questore, il parroco o il vescovo?”. I comunisti, oggi, nell’Italia 1965, non sono affatto in questo ordine di idee, per quanto si sappia tutti che esiste un apparato pronto a scattare alla prima occasione, per quanto serpeggi nelle masse comuniste un certo estremismo massimalistico che già esplose, per esempio dopo l’attentato a Togliatti. In quell’occasione, infatti, le masse comuniste, per conto loro, scesero nelle piazze e andarono molto al di là di quanto non  volessero i loro dirigenti. Il che sta a dimostrare che spesso i dirigenti comunisti non riescono a padroneggiare il cosidetto “estremismo di base”. Ma, fermandoci al vertice, alla sua visuale politica, alla organizzazione e alla propaganda da esso imposte, noi dobbiamo prevedere che il P.C. in Italia tenterà molto difficilmente il colpo della conquista violenta del potere, e continuerà a lavorare così come ha fatto fino a oggi, cercando di riuscire nei suoi intenti attraverso la lenta saturazione degli organi dello Stato.
Di conseguenza, mentre una volta si doveva parlare in termini esclusivamente anti – comunisti, ora ci si deve porre il nuovo problema che deriva dalla crescente strumentalizzazione che dell’apparato dello Stato stanno facendo i social – comunisti, lasciando alle altre forze, il compito, l’onore e il rischio, quindi, di una eventuale ribellione contro i poteri costituiti. Dunque non meccanica trasposizione dei tentativi precedenti ma lenta conquista dall’interno dell’apparato dello Stato. Oggi per il P.C. (io l’ho detto diverse volte e lo ripeto anche in questa sede) è più importante, è infinitamente più importante disporre del posto di capo servizio alla radio e alla televisione, là dove si manipolano i programmi che disporre di cinquecento attivisti in piazza, perché i cinquecento attivisti in piazza ne possono mobilitare altri cinquemila avversi, contrari e decisi a menare le mani. Inoltre i cinquecento attivisti comunisti non si fanno vivi che in determinate occasioni, mentre lo sconosciuto signore che, nel chiuso di una stanza, sceglie un’opera teatrale invece di un’altra, mette in onda una certa commedia invece di un’altra, procede all’indottrinamento, al condizionamento psicologico, all’avvelenamento invisibile delle coscienze e delle volontà di centinaia di migliaia, di milioni di persone. Ecco la tecnica comunista per la conquista dello Stato. La quale tecnica, quindi, si contraddistingue per il tentativo di sfruttare per linee interne l’apparato dello Stato e, soprattutto, i suoi mezzi informativi, in attesa di poter conquistare e utilizzare anche i mezzi repressivi dello Stato.
L’altra caratteristica della g.r. è la fredda, la scientifica, la razionale continuità alla quale obbedisce l’azione comunista. Mentre nel campo anticomunista, in genere, si lotta solo nel periodo elettorale, i comunisti sono ogni giorno, ogni ora, presenti nel Paese: essi lavorano sempre, perché essi sono, appunto, in guerra, mentre gli altri fanno, di tanto in tanto, delle azioni propagandistiche, che si esprimono, grosso modo, nella campagna elettorale, nell’affissione di manifesti, in una certa vita di partito più o meno organizzata, generalmente discontinua. Al contrario, i comunisti, attraverso la loro massiccia organizzazione burocratica, sono in grado di mantenere permanentemente mobilitato un piccolo esercito, il quale, dalla mattina alla sera, senza alcuna interruzione, provvede all’inquadramento e allo sfruttamento di tutti gli argomenti propagandistici che la situazione offre loro. Quindi, conquista dall’interno delle strutture dello Stato, la estrema continuità dell’azione. Ecco i problemi dinanzi ai quali si trovano oggi tutti coloro che in Italia vogliono affrontare seriamente, in maniera approfondita, il tema della g.r. Queste persone (noi, in altri termini) devono evitare, a mio avviso, un grave pericolo di impostazione in materia, che a me è sembrato di notare un po’ in tutte le indagini condotte su questo argomento.  Di solito, si tende a dire che la g.r., come viene attuata in Italia, sia la trasposizione, in termini appena appena adeguati, delle tecniche di g.r. che i comunisti hanno seguito e stanno seguendo per la conquista del potere nei Paesi afro-asiatici o, più in generale, nei Paesi sottosviluppati.
A mio avviso, le citazioni di Mao Tzè Tung, le citazioni dei testi classici, in materia, debbono servire soltanto come riferimento culturale, informativo, perché la tecnica per la conquista del potere, in un paese industrializzato, in un paese moderno, in un paese occidentale, ubbidisce a regole e a necessità diverse. Regole che io ho creduto appunto di riassumere prima nelle due considerazioni principali ovvero nell’infiltrazione nei gangli dello Stato con il divieto, direi quasi assoluto, per i propri attivisti di ricorrere ad azioni di violenza, e nella continuità e nella capillarità dell’azione politica. Ecco quindi che il fenomeno della guerra sovversiva pone alle nostre coscienze e alle nostre preoccupazioni una serie di problemi estremamente drammatici ed estremamente urgenti, perché noi tutti sentiamo che l’apparato politico e costituzionale del quale le forze anti comuniste si trovano a disporre non sembra molto adeguato alla lotta contro il comunismo. Questo spiega anche perché il comunismo in Italia stia guadagnando terreno, mentre le altre forze ne stanno, evidentemente, ogni giorno perdendo.
Quali sono, in concreto, le risposte che noi pensiamo di poter dare a questa tecnica? Anzitutto, la illustrazione (di cui questo convegno è soltanto un primo ma efficacissimo passo) propagandistica dell’esistenza di queste caratteristiche specifiche, attuali, moderne, dell’azione comunista per la conquista del potere. Non c’è nulla di peggio, per i comunisti, che presumono di poter lavorare ancora nell’ombra per sviluppare questo loro piano scientificamente ideato e scientificamente realizzato, non c’è nulla di peggio che l’illustrazione più vasta possibile del particolare tipo di aggressione che essi pensano di poter effettuare in Italia. Quindi, anzitutto, non si pensi che questo convegno esaurisca la sua importanza nel dar vita al documento conclusivo. Ha, invece, una sua importanza agli effetti pratici: mettere  in luce certi temi, puntualizzare esattamente le tecniche usate dall’avversario, diffondere questa nuova impostazione, questo nuovo angolo visuale dal quale riguardare l’azione comunista quotidiana. E ciò è quanto di più utile sul piano propagandistico si possa fare. Rappresenta, direi anzi, una novità assoluta nel quadro piuttosto deprimente delle attività attuali dell’anticomunismo italiano.
Bisogna puntare sull’opinione pubblica al di fuori degli schemi di partito e dei riferimenti politici. Non bisogna continuare a considerare la lotta politica basata esclusivamente sugli schemi ottocenteschi dei partiti. Occorre considerare anche l’importanza che hanno le iniziative settoriali, le organizzazioni parallele, lo studio approfondito di queste nuove tecniche di indottrinamento e di condizionamento delle masse: ecco l’importanza del convegno. Ecco l’importanza dei risultati ai quali mi sembra che esso indubbiamente sia pervenuto, se non altro per la messe di considerazioni e per l’abbondanza di documentazioni che esso ha messo a disposizione. Se un numero crescente di italiani sarà indotto a riguardare il comunismo, non secondo lo schema ormai non più valido e sorpassato di un partito che conquista o cerca di conquistare il potere attraverso il ricorso alle elezioni e lo sfruttamento, più o meno estremista, più o meno provocatorio delle sue organizzazioni sindacali, ma sarà indotto a riguardare il comunismo in Italia, come un male che contrasta la nostra civiltà di italiani, di europei, di occidentali; se sarà indotto a riguardare alle tecniche comuniste freddamente elaborate per la conquista del potere in un Paese moderno, in una situazione storico- politica completamente diversa da quelle che ci hanno precedute, noi avremo compiuto un’opera utilissima. Spetterà poi ad altri organi, in senso militare, in senso politico generale, trarre da tutto questo le conseguenze concrete, e far sì che alla scoperta della guerra sovversiva e della g.r. segua l’elaborazione completa della tattica contro – rivoluzionaria e della difesa.

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