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Questa guerra è ingiusta perché è una guerra |
Traduzione di Giancarlo Giovine
Fonte:www.zmag.org
29 Agosto 2002
ZNet
I piani di guerra USA
Varie domande circolano fra le persone preoccupate per la guerra. Michael Albert ne ha sottoposte alcune, via email a Noam Chomsky.
Saddam Hussein è stato così malvagio come dicono i principali mezzi di comunicazione? In patria? Sul piano internazionale?
E' tanto malvagio quanto hanno lasciato che diventasse, come Suharto e altri mostri dell'epoca moderna. Nessuno vorrebbe essere alla sua portata. Ma per fortuna la sua portata non è molto ampia. Sul piano internazionale Saddam (col sostegno dell'Occidente) ha invaso l'Iran e, quando, quella guerra ha cominciato ad andargli male ha fatto ricorso (sempre col sostegno dell'Occidente) alle armi chimiche. Ha invaso il Kuwait ed è stato subito sbattuto fuori. Una delle maggiori preoccupazioni di Washington subito dopo l'invasione era che Saddam si ritirasse rapidamente, lasciando "un suo fantoccio, [e] che tutto il mondo arabo sarebbe stato contento" (Colin Powell, allora Capo di Stato Maggiore). Il presidente Bush era preoccupato che, se gli USA non avessero prevenuto il ritiro irakeno, all'ultimo momento l'Arabia Saudita "si potesse scocciare e accettasse un regime fantoccio nel Kuwait". In breve la preoccupazione era che Saddam replicasse alla grande quello che gli USA avevano appena fatto a Panama (salvo il fatto che i latinoamericani erano tutto fuorché contenti). In un primo momento gli USA cercarono di evitare questo "scenario da incubo".. Una storia che dovrebbe essere esaminata con un po' d'attenzione.
I crimini di gran lunga peggiori di Saddam sono stati quelli perpetrati all'interno e comprendono l'uso di armi chimiche contro i kurdi alla fine degli anni '80, l'uso barbaro della tortura e ogni altro turpe crimine che si possa immaginare. Questi sono in cima alla lista, per i quali oggi è giustamente condannato. E' utile chiedersi quanto spesso le denunce appassionate e le eloquenti espressioni di risentimento sono accompagnate da tre piccole parole: "col nostro aiuto"..
I crimini sono stati subito ben noti a tutti, ma non hanno preoccupato granché l'Occidente. Saddam ha ricevuto qualche leggero rimprovero: la dura condanna del Congresso da illustri commentatori è stata ritenuta eccessiva. I reaganiani e Bush I hanno continuato ad accogliere il mostro come un alleato e l'hanno ritenuto un partner commerciale proprio mentre si macchiava delle peggiori atrocità e anche oltre. Bush ha autorizzato l'avallo di prestiti e la vendita di alta tecnologia con le sue evidenti applicazioni per la fabbricazione di ordigni di distruzione di massa (WMD) fino al giorno dell'invasione del Kuwait, talvolta ignorando gli sforzi del Congresso di impedire quello che stava facendo. La Gran Bretagna ha autorizzato l'esportazione di equipaggiamento militare e di materiali radioattivi anche pochi giorni dopo l'invasione. Quando l'allora corrispondente dell'ABC, oggi commentatore di Znet, Charles Glass scoprì (per mezzo dei satelliti commerciali e la testimonianza dei disertori) gli impianti per la fabbricazione di ordigni biologici, le sue rivelazioni furono immediatamente smentite dal Pentagono e sulla storia cadde il sipario. Tornò alla luce quando Saddam si macchiò del suo primo vero crimine, disobbedendo (o forse interpretando male) agli ordini degli USA e invadendo il Kuwait, e da amico si mutò all'improvviso nell'incarnazione di Attila, re degli Unni. Gli stessi impianti sono stati allora usati per dimostrare la sua innata natura malvagia. Quando nel dicembre del 1989 Bush I annunciò nuovi regali al suo amico (che peraltro erano regali anche per l'agrobusiness e l'industria USA), la cosa fu ritenuta troppo poco significativa persino per darne notizia, benché si possa leggere di questo su "Z magazine". dell'epoca e, forse, non altrove. Pochi mesi dopo, poco prima che invadesse il Kuwait, una delegazione di altissimo livello del senato, condotta da quello che sarebbe stato più tardi il candidato alla Presidenza, Bob Dole, ha fatto visita a Saddam, trasmettendogli i saluti del Presidente e assicurando il brutale assassino di massa che non avrebbe dovuto preoccuparsi delle critiche da parte dei giornalisti alternativi di qui di cui aveva avuto notizia. Saddam è persino potuto andare ad attaccare una nave da guerra USA, l'USS Stark, uccidendo diverse dozzine di uomini d'equipaggio. Ciò è segno di autentica stima. L'unico altro paese, a cui sia stato garantito questo privilegio, è stato Israele nel 1967. Per riguardo a Saddam il Dipartimento di Stato vietò ogni contatto con l'opposizione democratica irakena, mantenendo questa politica anche dopo la guerra del Golfo, tanto che Washington autorizzò di fatto Saddam a schiacciare una ribellione sciita che avrebbe potuto rovesciarlo: tutto questo nell'interesse della conservazione della "stabilità"., come ha spigato la stampa, che saggiamente è rimasta a sonnecchiare.
Non c'è dubbio che è un grande criminale. Ciò non è cambiato dal fatto che gli USA e la Gran Bretagna abbiano considerato le sue più grandi atrocità come prive di rilevanza di fronte alle superiori "ragioni di stato".: fatti, questi, del tutto dimenticati.
Dando uno sguardo al futuro, Saddam Hussein è così pericoloso come sostengono i principali media?
Il mondo starebbe senza dubbio meglio se non ci fosse. Senza dubbio starebbero meglio gli irakeni. Ma non può essere tanto pericoloso come lo era quando gli USA e la Gran Bretagna lo sostenevano, fornendogli tecnologia a doppio uso che avrebbe potuto usare -come presumibilmente ha fatto- per l'elaborazione di ordigni nucleari e chimici. 10 anni fa le audizioni della Commissione del Senato sulle Attività Finanziarie hanno svelato che l'amministrazione Bush concedeva licenze per tecnologia a doppio uso e "materiali, che poi erano utilizzate dal regime irakeno al fine di costruire armi nucleari e chimiche".. Successive audizioni aggiunsero di più e sull'argomento vi sono resoconti stampa e una serie di studi ufficiali (oltreché d'opposizione).
La guerra del 1991 è stata estremamente distruttiva e da allora l'Iraq è stato devastato da un decennio di sanzioni, che probabilmente hanno rafforzato lo stesso Saddam (indebolendo la possibile resistenza in una società distrutta), ma hanno sicuramente ridotto in maniera molto significativa la sua capacità di fare guerra e di sostenere il terrorismo. Inoltre, dal 1991 il suo regime è stato imprigionato dalla "no fly zone"., da regolari incursioni e bombardamenti aerei e da un severissimo controllo. Ci sono buone probabilità che gli eventi dell'11 settembre lo abbiano indebolito ancora di più. Se c'è qualche legame fra Saddam e al-Qaeda, sarebbero oggi ancora più difficili da mantenere a causa della sorveglianza e dei controlli decisamente rafforzati. Nonostante i grossi tentativi di collegare Saddam agli attacchi dell'11 settembre, -cosa non troppo sorprendente- non si è trovato nulla. Sabbam e bin Laden erano nemici inesorabili e non c'è nessuna ragione particolare che al riguardo ci siano stati dei cambiamenti.
E' ragionevole concludere che Saddam è oggi meno pericoloso di prima dell'11 settembre, e rappresenta una minaccia minore oggi di quando disponeva del forte sostegno degli USA e della Gran Bretagna (e di molti altri). Se Saddam oggi è una tale minaccia per la sopravvivenza della civiltà da indurre il garante mondiale dell'ordine alla guerra, perché questo non era vero un anno fa? E in maniera molto più drammatica nei primi anni '90?
Come ci si dovrebbe occupare oggi nel mondo del problema dell'esistenza e dell'uso di armi di distruzione di massa?
Andrebbero eliminate. Il trattato di non-proliferazione impegna i paesi in possesso di ordigni nucleari ad andare verso la loro eliminazione. Gli stessi obiettivi hanno i trattati sulle bombe biologiche e chimiche. La principale risoluzione del Consiglio di Sicurezza sull'Iraq (n°687 del 1991) richiama all'eliminazione degli ordigni di distruzione di massa e dei sistemi di lancio dal Medio Oriente e all'impegno per il bando mondiale delle armi chimiche. Una buona idea.
A questo riguardo l'Iraq non ha certamente il primo posto. Potremmo richiamare l'avvertimento del generale Lee Butler, capo del Comando Strategico di Clinton all'inizio degli anni '90, secondo cui "è estremamente pericoloso che in quel calderone di animosità che noi chiamiamo Medio Oriente una nazione si sia armata, apparentemente, di riserve di ordigni nucleari, probabilmente misurabili in centinaia, e che spinga altre nazioni a fare lo stesso".. Ovviamente parla di Israele. Le autorità militari israeliane affermano di avere forze aeree e di terra più consistenti e più moderne di quelle di ogni potenza europea della NATO (Yitzhak ben Israel, Hr'retz, 16-4- 02, in ebraico). Hanno anche reso noto che il 12% dei loro aerei da caccia e da bombardamento sono stazionati permanentemente nella Turchia orientale, insieme con una corrispondente quantità forze navali e sottomarine -oltreché di terra- nelle basi turche, nel caso fosse necessario far nuovamente ricorso estremo alla forza per domare la popolazione kurda della Turchia, come all'epoca di Clinton. Si dichiara anche che l'aviazione israeliana di stanza in Turchia -nel quadro generale di una politica concordata fra USA, Turchia e Israele, di minaccia d'attacco e forse di spartizione dell'Iran- compiano voli di ricognizione lungo i confini iraniani. Analisti israeliani riferiscono anche che le esercitazioni aeree congiunte USA-Turchia-Israele vengono intese come una minaccia e un avvertimento per l'Iran. E ovviamente per l'Iraq (Robert Olson, Middle East Policy, giugno 2002). Senza dubbio Israele usa le grandi basi aeree USA nella Turchia orientale, dove i bombardieri USA sono probabilmente armati di ordigni nucleari. Ormai Israele è una base militare USA di terra.
E anche il resto dell'area è armato fino ai denti. Se l'Iraq fosse governato da leader ultragandiani, svilupperebbe se fosse possibile sistemi di armamento, probabilmente molto di più di quanto non faccia oggi. Ciò molto verosimilmente continuerebbe, anzi accelererebbe, se gli USA prendessero il controllo dell'Iraq. L'India e il Pakistan sono alleati degli USA, ma procedono decisamente con lo sviluppo dell'armamento di distruzione di massa e più volte si sono pericolosamente avvicinati alla soglia del conflitto nucleare. Lo stesso è vero per gli altri alleati e protettorati degli USA.
E' presumibile che, senza una riduzione generalizzata degli armamenti nell'area, continueranno.
Saddam sarebbe d'accordo su questo? All'inizio del gennaio 1991, a quanto pare, l'Iraq ha offerto di ritirarsi dal Kuwait nel quadro di negoziati regionali sulla riduzione degli armamenti: un'offerta che i funzionari del Dipartimento di Stato ritenevano seria e negoziabile. Ma non ne abbiamo più saputo nulla , perché gli USA l'hanno rigettata senza rispondere e la stampa non ha riportato proprio nulla. Comunque è di un certo interesse che a quel tempo - poco prima dell'inizio dei bombardamenti- i sondaggi del pubblico USA sostenessero con una maggioranza di 2/3 la proposta fatta da Saddam, preferendola al bombardamento. Se alla gente fosse stato permesso di sapere di più sulla questione, la maggioranza sarebbe stata di gran lunga maggiore. L'occultamento dei fatti è stato un importante servizio alla causa della violenza di stato. Tali negoziati avrebbero portato da qualche parte? Solo degli ideologi fanatici possono esserne certi. Tali piani possono essere ripresi? Stessa risposta. L'unica maniera di scoprirlo è provare.
Alcuni sostengono che è ampiamente giustificabile comportarsi col potenziale dell'armamento di massa iracheno in maniera diversa che con quelli di altri paesi perché -secondo i termini della risoluzione 687 del Consiglio di Sicurezza, accettata da Saddam Hussein- l'Iraq va disarmato, a sanzione della sua flagrante violazione della legge internazionale con l'invasione del Kuwait. La comunità internazionale ha una qualche giustificazione a provare a limitare il potenziale iracheno di distruzione di massa? Se si accetta questa motivazione, così com'è stata posta, quali sarebbero le conseguenze internazionali? C'è una versione differente di questa motivazione migliore sul piano logico e metodologico? Quali sarebbero le sue implicazioni?
Com'è stato notato la 687 ha altre clausole, abbastanza importanti.
L'invasione del Kuwait è uno dei crimini minori di Saddam. Non è molto differente da una nota a piè pagina ai crimini USA nei loro tradizionali domini: l'invasione, avvenuti pochi mesi prima, di Panama che non aveva neanche un pretesto minimamente credibile. La principale differenza è che gli USA hanno posto il veto alle risoluzioni di condanna dell'invasione, non hanno tenuto in nessuna considerazione le dure condanne(scarsamente pubblicizzate) delle democrazie latinoamericane e sostanzialmente hanno fatto quel che gli pareva. Nella storia rivisitata è stato tutto rimosso per le stesse ragioni. Come ho accennato, Washington temeva che Saddam avrebbe emulato l'invasione di Panama e hanno lavorato sodo per prevenirlo. Proprio nella stessa regione l'invasione del Kuwait, sul piano della criminosità, non è paragonabile all'invasione israeliana dell'Iraq sostenuta dagli USA, che ha lasciato 20. 000 morti. Ed è di una facilità imbarazzante continuare con i casi ben peggiori che tutti conoscono.
Detto questo, questi argomenti sono un po' fuori luogo. Quelli, che credono che le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza di dieci anni fa (che non dicono nulla sull'uso della forza) autorizzano indirettamente un'invasione, hanno un modo molto semplice per provare che sono seri nelle loro pretese: possono esortare gli USA a rivolgersi al Consiglio di Sicurezza per l'autorizzazione all'uso della forza sulla base del Capitolo VII. Questo sistemerà la faccenda: Probabilmente l'autorizzazione potrebbe essere ottenuta: un veto è improbabile. Ma gli USA non vogliono tale autorizzazione, almeno ora, come l'hanno rifiutata quando decisero di bombardare l'Afganistan, sebbene sicuramente sarebbe stata concessa. Solo per queste ragioni, queste discussioni sono irrilevanti.
Per quanto riguarda la "comunità internazionale"., in pratica, significa gli USA e chiunque è d'accordo con loro.
Più in generale avrebbe più senso provare ad attuare il trattato di non proliferazione, i trattati sulle armi chimiche e biologiche e le relative clausole della 687. E procedere con sforzi più seri al disarmo. Ma tali passi richiederebbero l'assenso degli USA, una circostanza remota a meno che qui non vi siano significativi cambiamenti.
La storia delle recenti ispezioni sulle armi non ha dimostrato che gli ispettori possono essere ingannati, ritardati e, a parte questo, impediti nel compiere effettivamente il loro lavoro? C'è un metodo di ispezioni possibile o un indirizzo relativo, e potrebbe essere applicato universalmente?
Certamente possono essere ingannati. Comunque le ispezioni sugli armamenti sono di gran lunga più efficaci dei bombardamenti per distruggere le capacità militari irachene e sembra che siano state largamente coronate da successo. Facendo un passo avanti, quando è stata l'ultima volta che c'è stata un'ispezione significativa o, comunque, internazionale degli impianti israeliani per armi nucleari e (forse) chimiche? O per quelli degli USA? Dovrebbero stabilirsi e universalizzarsi i sistemi ispettivi, ma ciò richiede nuovamente il consenso degli USA.
Durante le recenti audizioni del Congresso sull'Iraq, un testimone ha affermato che perché le ispezioni siano realmente efficaci, sarebbe stato necessario un gruppo militare di rapido intervento, cosicché Saddam Hussein non avrebbe potuto impedire agli ispettori di far visita a qualche sito dove andava avanti un'attività impropria. L'ispettore ha detto che in nessuna maniera l'Iraq sarebbe d'accordo su questo, ma pretendendo un gruppo del genere gli USA strapperebbero un grande successo morale. Un gruppo del genere è una componente essenziale di un sistema di ispezioni? Gli USA sarebbero in tal maniera su un alto piano morale? Quali richieste altri potrebbero farci in cambio?
Il fine è la propaganda ("conseguire un grande successo morale".) o ridurre la minaccia dell'armamento di distruzione di massa? Se è il primo, posiamo archiviare la faccenda. Se è il secondo, sorgono alcune ovvie questioni. Le ispezioni sugli armamenti sembra che siano state molto efficaci, anche se imperfette. La testimonianza di Scott Ritter a riguardo è convincente e di essa non conosco alcuna seria obiezione. Quanti vogliono ridurre la minaccia degli armamenti di distruzione di massa, di conseguenza, proveranno a creare le condizioni per ispezioni efficaci, com'è richiesto dalla risoluzione 687 e da quelle precedenti, e sostenuto dall'attuale comunità internazionale. Per alcuni anni gli usa hanno cercato in ogni maniera di bloccare un'eventualità del genere. Le ispezioni sono state usate come una copertura per condurre un'attività spionistica in Iraq, con l'intento esplicito di rovesciare il regime e probabilmente di eliminarne la leadership. A parte la violazione di norme elementari, queste pratiche hanno sicuramente indebolito il sistema delle ispezioni e ridotto drasticamente la possibilità che l'Iraq accettasse le ispezioni. Israele sarebbe d'accordo con ispezioni dei suoi impianti militari da parte di Hamas? Nel 1998 Clinton ritirò gli ispettori in preparazione dei bombardamenti: atti che nella propaganda sono stati ricostruiti come espulsione degli ispettori da parte dell'Iraq. Il momento del bombardamento è stato attentamente programmato perché coincidesse con un incontro urgente del Consiglio di Sicurezza sulle ispezioni, quindi per dimostrare l'assoluto disprezzo nei confronti degli incaricati dell'ONU. E il bombardamento è stato un altro colpo al rinnovo delle ispezioni. Da allora Washington ha sostenuto che, anche se l'Iraq accettasse le ispezioni più intrusive da parte di spie americane per cercare di preparare il terreno per l'invasione, non cambierebbe nulla. Nella recente visione di Cheney: "Un ritorno degli ispettori non fornirebbe alcuna assicurazione, qualsiasi sia il grado di accondiscendenza di Saddam alle risoluzioni dell'ONU".. Questa posizione vuol dire invocare il rifiuto di ispettori da parte dell'Iraq. Con una certa plausibilità è stato riportato che una ragione per cui Washington ha costretto a dimettersi lo stimatissimo direttore dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per la Proibizione delle Armi Chimiche, Jose Bustani, è stato il fatto che tentava di organizzare ispezioni sugli armamenti chimici in Iraq, sebbene ciò interferisse con gli sforzi di Washington di prevenire ispezioni sugli armamenti per la distruzione di massa. L'ipocrisia è stata particolarmente clamorosa, hanno commentato i principali commentatori, dopo che l'amministrazione Bush ha fatto fallire le convenzioni sull'armamento chimico e biologico, rifiutando all'ultimo minuto di ratificare i protocolli applicativi, in parte per la loro opposizione agli accordi sugli armamenti, in parte per proteggere i segreti commerciali delle imprese americane, e probabilmente anche per tenere le proprie violazioni delle convenzioni lontano da un'eccessiva possibilità di venire smascherata (sebbene qualcuna sia già venuta alla luce).
Per tornare alla prima domanda: l'obiettivo è bloccare le ispezioni, o accelerarle? Il testimone, così come è stato citato, evidentemente cerca di bloccarle, perciò non bisogna prenderlo sul serio. Se, al contrario, l'obiettivo è accelerare le ispezioni, allora è necessario rivolgersi al governo degli USA, come all'Iraq.
Giusto per ricapitolare velocemente i programmi per gli armamenti di distruzione di massa rendono il mondo un luogo più pericoloso per viverci, soprattutto i programmi di Saddam. E il problema dovrebbe essere indirizzato in maniera tale da rendere il mondo più sicuro. Il migliore approccio sarebbe quello globale: trattati con clausole chiare e ispezioni nei confronti di tutti per verificarne il rispetto. In subordine l'approccio migliore sarebbe fare qualcosa di simile a livello regionale. Entrambi gli approcci richiederebbero il consenso degli USA, ma almeno fino ad ora questa è un'eventualità remota. Le persone ragionevoli dovrebbero provare a cambiare la situazione. In subordine ancora è l'approccio di inviare nuovamente gli ispettori soltanto in Iraq. Va fatto ogni sforzo per raggiungere questo risultato: almeno da parte di quelli che sperano di ridurre le minacce più gravi, non di trovare un pretesto per la guerra. Il peggiore approccio sarebbe di cercare di prevenire il ritorno degli ispettori secondo le linee appena esaminate. Questo è il proseguimento della politica USA in uno sforzo di preparare lo scenario per un'invasione. L'invasione progettata darà un duro colpo alla struttura del diritto internazionale e ai trattati che sono stati faticosamente costruiti negli anni passati, nel tentativo di ridurre nel mondo la violenza, che ha già avuto orribili conseguenze. Senza considerare gli altri effetti, un'invasione è verosimile che incoraggi altri paesi a sviluppare gli armamenti di distruzione di massa, compreso l'eventuale successore all'attuale governo iracheno, e che abbassi le barriere contro il ricorso alla forza per raggiungere i propri obiettivi da parte di altri (Russia, India e Cina comprese).
Talvolta si sente dire che Saddam non sarebbe tanto pazzo da lanciare una bomba nucleare contro gli USA o (più realisticamente) contro Israele, conoscendone le inevitabili conseguenze. Ma un Iraq armato di ordigni nucleari potrebbe attaccare con armi convenzionali gli stati confinanti più deboli, sapendo che le sue vittime non potrebbero chiamare con successo in loro aiuto gli USA (o persino l'ONU), perché gli USA avrebbero paura di un attacco nucleare su Tel Aviv?
Si può immaginare ogni genere di stravaganti possibilità. Fin da quando è divenuto possibile avere armamenti di distruzione di massa al Rand e presso altri centri di ricerca sono mantenute impegnate molte persone. Ciò è un esempio assai difficilmente credibile. Una ragione è che quasi certamente non si presenterà. Lo scenario parte dal presupposto che Saddam abbia chiaramente dimostrato di avere a disposizione armamenti per la distruzione di massa, e che sia capace a farne uso. Altrimenti questi ordigni non sono affatto una minaccia e un deterrente. Ma persino se ci fosse qualche indicazione che egli abbia una significativa quantità di ordigni di distruzione di massa, sarebbe annientato prima di poter minacciare qualcuno di invasione. Supponi, comunque, tanto per stare al gioco, che noi accettiamo l'assurdo assunto che gli USA ed Israele stiano del tutto calmi mentre Saddam brandisce le armi di distruzione di massa come possibile deterrente prima di invadere qualche altro paese. Quindi gli USA ed Israele risponderebbero immediatamente all'invasione, mandandolo via (e probabilmente distruggendo l'Iraq). Il suo armamento di distruzione di massa non sarebbe affatto un deterrente. Una ragione sufficiente è che permettere che la sua invasione abbia successo lo renderebbe una minaccia bem più grande. Inoltre bisognerebbe presupporre che non userebbe comunque la capacità si distruzione di massa degli armamenti che ha, perché significherebbe un suicidio, e se avesse seguito un'inclinazione suicida avrebbe usato il suo armamento di distruzione di massa contro Israele (o qualcun altro) ben prima di invadere un altro paese. Lo scenario è talmente poco plausibile che è a mala pena meritevole di considerazione in confronto ai reali problemi che non devono essere evocati da fervide immaginazioni
Se si vuol giocare a questo gioco, perché non considerare scenari più plausibili? Eccone uno. Supponi che gli Usa cambino politica e conquistino il consenso internazionale sulla definizione di un accordo per due stati fra Israele e Palestina. Supponi, per esempio, che gli USA sottoscrivano il recente piano saudita adottato dalla Lega Araba. Supponi che Israele reagisca, minacciando gli USA, non di bombardarli, ma in altre maniere. Per esempio supponi che Israele mandi bombardieri (armati o meno di ordigni nucleari) sulle zone petrolifere saudite, proprio per far vedere al mondo quello che è capace di fare nel caso gli USA non tornassero sui propri passi. Tale scenario ha una certa plausibilità perché a quanto pare si è realmente verificato vent'anni fa, quando il governo saudita fece circolare un piano simile, violentemente contrastato da Israele. Secondo la stampa israeliana Israele reagì inviando bombardieri sulle zone petrolifere, come avvertimento agli USA, ma questo non era necessario, perché l'amministrazione Reagan si associò ad Israele nel respingere quella possibilità di accordo politico, come ha coerentemente fatto. Certamente Israele potrebbe essere esposto alla distruzione, ma si potrebbe controbattere che la strategia israeliana permette queste possibilità. Fin dagli anni '50 i leader del partito laburista, allora al governo, avevano fatto sapere che Israele "sarebbe impazzito" se gli USA non fossero stati d'accordo con le loro richieste e il "complesso di Sansone". da allora è stato - quanto seriamente non sappiamo- un elemento della strategia politica. In questa maniera si dovrebbe bombardare subito Israele, prima che abbia la possibilità di portare a compimento le sue trame diaboliche.
Credo in qualche maniera a questo? Certamente no! Tuttavia questo scenario non regge tanto male il confronto con quello precedente sull'IIraq.
Bisogna aggiungere che ci sono circostanze nelle quali Saddam - ammesso che ne abbia la possibilità- potrebbe usare armamenti di distruzione di massa. Se l'Iraq fosse invaso con la chiara intenzione di catturarlo e -più verosimilmente- ucciderlo, sarebbe incentivato ad andare allo sbaraglio, giacché non avrebbe nulla da perdere. Ma è difficile immaginare circostanze diverse.
Come reagirà il popolo irakeno ad un attacco USA? Quali saranno le probabili conseguenze umanitarie di una guerra USA?
Su questo nessuno ha indizi. Né Donald Rumsfeld, né io, nessuno. Si può immaginare uno scenario piacevole: cadono un po' di bombe. Le Guardie Repubblicane si ribellano e rovesciano Saddam, le folle applaudono i soldati USA che marciano al suono dell'inno americano, il popolo della regione acclama il liberatore che procede a trasformare l'Iraq in una copia della democrazia americana e in un centro di modernizzazione per l'intera regione: in uno che produce abbastanza petrolio per tenerne il prezzo entro i margini di oscillazione che gli USA preferiscono, rompendo lo strangolamento dell'OPEC. E Babbo Natale sorride benevolmente dalla sua slitta. Si possono facilmente immaginare esiti assai più sgradevoli. Questa è una normale concomitanza della decisione di far ricorso alla violenza pesante e una delle molteplici ragioni per cui quanti sostengono questa linea hanno un onere di prova molto pesante da produrre. Inutile dire che né Rumsfeld, né Cheney, né alcun altro intellettuale favorevole alla guerra contro l'Iraq ha neanche lontanamente cominciato a misurarsi con questa difficoltà.
Quali sono -secondo il tuo punto di vista- i veri motivi che spingono ad una possibile guerra?
Sullo sfondo vi sono antiche ragioni, che sono ben note. L'Iraq ha la seconda più ampia riserva di petrolio al mondo. Ed è stato sempre verosimile che gli USA prima o poi provino a restituire questo enorme gioiello al controllo occidentale, cioè ora degli USA, negandone ad altri l'accesso privilegiato. Ma queste ragioni hanno retto per anni. Il 9 settembre ha offerto nuove possibilità di perseguire questi obiettivi con il pretesto della "guerra al terrorismo".: sono pretesti deboli, ma probabilmente sufficienti a fini propagandistici. La guerra programmata può essere utili anche per immediate necessità interne. Non è un segreto che l'amministrazione Bush sta portando un attacco contro la gente e le future generazioni nell'interesse di ristretti settori ricchi e potenti che serve con una lealtà che va persino oltre il normale. In queste circostanze è sicuramente opportuno sviare l'attenzione dalla sanità, dalla sicurezza sociale, dai debiti, dalla distruzione dell'ambiente, dallo sviluppo di nuovi sistemi di armi che possono letteralmente mettere in discussione la sopravvivenza, e da una lunga lista di sgraditi problemi. Lo stratagemma tradizionale, e logico, è quello di far paura alla gente. Una volta il grande satirico americano H. L. Mencken ha detto: "L'autentico obiettivo della politica reale è tenere il pubblico in allarme (e quindi farlo rumoreggiare per essere condotto alla salvezza) , minacciandolo con serie infinite di spauracchi tutti immaginari". Di fatto le minacce invocate sono raramente immaginarie, benché vengano normalmente gonfiate oltre ogni ragione. Questa è buona parte della "politica reale"., non solamente qui da noi ovviamente. Non ci vuole una grande abilità ad evocare l'immagine di Saddam Hussein come la suprema forza del male per la distruzione del mondo, forse dell'universo. E con la gente che si stringe insieme per la paura nonostante le nostre valorose forze armate miracolosamente vincano questo pericoloso nemico, forse non farà caso a quello che le viene fatto e potrà anche unirsi al coro degli illustri intellettuali che cantano le lodi dei Nostri Capi. La superiorità militare degli USA è tanto straordinaria, che ce ne sarà una riserva abbondante se sembrerà che le cose si mettano male. E se ciò accadesse lungo il cammino, si può scavare ben profondamente nel buco della memoria, o si può dare la colpa a qualcun altro, o forse alla nostra ingenua credenza che gli altri sono gentili come noi. E' abbastanza facile: c'è una vera e propria collezione di tesori dell'esperienza da tirar fuori.
Alcuni sostenitori della guerra hanno lasciato intendere che se le sanzioni economiche contro l'Iraq sono tanto orribili come pretende la sinistra, allora una guerra -anche una guerra che uccidesse 100. 000 civili- sarebbe una benedizione umanitaria, perché presumibilmente dopo una vittoria USA non ci sarebbero più sanzioni. Come rispondi a questo argomento?
In passato ho sentito molti argomenti ridicoli, ma questo deve infrangere qualche nuovo record. Sospetto che sia stato presentato in maniera impudente. Nota prima di tutto la concezione di "sinistra".: i coordinatori umanitari dell'ONU (Denis Halliday e Hans van Sponeck), che conoscono il paese molto meglio di qualsiasi altro, l'UNICEF, ecc. E' un po' come dire che la sinistra è preoccupata per il riscaldamento del globo terrestre e ci dice qualcosa su dove collocano se stessi sull'arco politico quelli che mettono in discussione "la pretesa".
Ma a parte questo l'argomento ha un certo appeal. Per esempio, potremmo offrire assistenza all'Iran per conquistare Israele e indurre un appropriato "cambio di regime"., così verrebbero fermati gli attentati suicidi. Siccome i sostenitori della guerra senza dubbio considerano gli attentati suicidi atroci, dovrebbero fare appello a ciò. O potremmo aiutare la Russia a ridurre in polvere la Cecenia, così i Ceceni non dovrebbero più sopportare il terrore e le atrocità dei Russi. Le possibilità sono infinite.
Quali saranno le implicazioni della guerra in Medio Oriente e anche nelle altre parti del mondo? Gliene importa qualcosa alle classi dirigenti USA?
Alle classi dirigenti sicuramente, sebbene al piccolo gruppo che regge le redini del comando oggi non gliene importi molto. Evidentemente credono di avere al proprio comando una forza talmente soverchiante, che non importa molto cosa pensino gli altri: se non sono d'accordo saranno messi da parte, o se si mettono di traverso saranno polverizzati. Il pensiero delle alte sfere si è manifestato in tutta la sua chiarezza allorquando il principe Abdullah dell'Arabia Saudita ha visitato ad aprile gli USA per invitare l'amministrazione a rivolgere qualche attenzione alla reazione del mondo arabo al suo forte sostegno al terrorismo e alla repressione israeliana. Gli è detto, in effetti, che agli USA interessava poco cosa pensassero lui e gli altri arabi. Un alto funzionario spiegò che "se pensava che eravamo forti al tempo di Tempesta del Deserto, siamo 10 volte più forti oggi. Questo era per dargli qualche idea su quanto l'Afganistan aveva dimostrato a proposito delle nostre capacità". Un autorevole analista della difesa ha detto con chiarezza: gli altri "ci rispetteranno per la nostra severità e non ci creeranno problemi". Questa posizione ha precedenti che non hanno bisogno di essere menzionati. Ma nel mondo dopo l'11 settembre acquista nuova forza. Hanno ragione? Può darsi. O forse il mondo gli esploderà in faccia, forse dopo un "decoroso intervallo"., come si dice in diplomazia. D'altra parte il ricorso alla violenza su larga scala ha conseguenze altamente imprevedibili, come ci insegna la storia e, comunque, ci dovrebbe dire il buon senso. Questo è il motivo per cui le persone sane di mente lo evitano, nelle relazioni interpersonali come negli affari internazionali, a meno che non sia presentato un argomento molto forte per vincere "le malsane inibizioni verso l'uso della forza militare". (per prendere in prestito una frase dell'intellettuale reaganiano Norman Podhoretz, che parafrasa Goebbels).
Christopher Hitchens puntualizza che, mentre l'Arabia Saudita, Scowcroft e Kissinger si oppongono alla guerra con l'Iraq per il suo effetto potenzialmente destabilizzante nella regione, alla sinistra non importa molto della stabilità dei regimi reazionari e corrotti del medio Oriente. Dimostra ciò l'errore della comune opposizione alla guerra?
E' difficile immaginare quale si supponga sia il nocciolo della questione. La sinistra si è sempre strenuamente opposta all'aiuto USA ai "regimi reazionari e corrotti del Medio Oriente" e dovrebbe naturalmente accettare di buon grado la loro "destabilizzazione" a vantaggio di qualcosa di meglio. D'altro canto, se la "destabilizzazione" portasse al potere qualcosa di peggiore - diciamo quello che Hitchens chiama "fascismo islamico"-, allora la sinistra dovrebbe opporsi e presumo che lo farebbe pure.
E allora qual è il punto?
Non vedo come queste considerazioni possano sostenere un'opposizione (comune o no) alla guerra, almeno da parte della sinistra. Quello che Scowcroft e Kissinger hanno in mente è un'altra cosa.
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