Questa guerra è ingiusta perché è una guerra

Ancora sulle due Simone, ma non solo...



Vogliamo tornare sulla vicenda delle due volontarie di "Un ponte per" rapite e poi rilasciate. Questo sequestro aveva fatto nascere una serie di dubbi, vista la aticipità del sequestro sia per l'obiettivo scelto, sia per le modalità, in particolare erano sorti dei dubbi sulla reale identità dei rapitori. Apparentemente questi dubbi sono stati risolti dall'avvenuto rilascio. Si sarebbe trattato di un gruppo di sunniti religiosi che credevano che le due Simone e i due operatori irakeni fossero spie. Apparentemente appunto: in realtà il come si sia arrivato a questo sequestro rimane tutt'ora piuttosto nebuloso. In effetti per quale ragione gli operatori umanitari dovrebbero essere ritenute spie della CIA? La risposta viene dalle dichiarazioni del frivolo Scelli, commissario della Croce Rossa Italiana, che ha pubblicamente dichiarato che i rapitori gli hanno detto che erano convinti che le ragazze fossero spie in quanto i loro nomi erano in un elenco di spie che proveniva dagli uffici dei servizi segreti americani. E' credibile questa versione o si tratta di una fola detta da un tizio che ama i riflettori e la pubblicità? Riteniamo che Scelli sia talmente inaffidabile da essere alla fine affidabile, ovvero nell'entusiasmo provato per essere finalmente di nuovo sotto la luce dei riflettori, si è probabilmente lasciato scappare qualcosa che altrimenti non avrebbe detto. Sappiamo fin dal primo momento che il rapimento è avvenuto proprio utilizzando una lista secondo svariati testimoni del rapimento, l'esistenza di questa lista sarebbe quindi confermata dalle dichiarazioni di Scelli. Non solo, ma Mahnaz Bassam, la ragazza irachena rapita, ha affermato che i rapitori "cercavano anche Marco Buono di Intersos. E ' un fotografo italiano che era stato con noi una settimana" (repubblica 30 settembre). Quindi questa è la conferma del fatto che i rapitori sapevano esattamente chi rapire, cha erano convinti del fatto che le persone presenti fossero delle spie, e che erano dettagliatamente informati su chi frequentava il centro. Insomma, possiamo ipotizzare che si sia trattato di un gruppo manipolato ad arte da qualcuno che voleva che fossero rapite delle persone schierate contro la guerra, in modo tale da fare terra bruciata attorno al popolo irakeno, cancellare una volta per tutte l'opposizione alla guerra e le stesse organizzazioni umanitarie. La stessa vicenda è potuta finire bene perché gli stessi rapitori, una volta scoperto il pasticcio in cui si erano cacciati, hanno contattato Tareq Alani, un membro del consiglio superiore delle tribù irachene, perché potesse accordarsi per il rilascio. Il governo e l'opposizione italiana c'entrano quindi come il cavolo a merenda con il rilascio degli ostaggi, ma poi è chiaro che ognuno giochi le sue carte e cerchi di far dimenticare il pessimo comportamento avuto nel caso di Baldoni, anche lui rapito da un gruppo ritenuto "ambiguo" da molti esperti. Non deve quindi stupire più di tanto se la stampa reazionaria e forcaiola si sia scagliata violentemente contro le due Simone, colpevoli di "ingratitudine" ma soprattuto di essere rimaste fedeli alle proprie idee e convinzioni, e in ultima analisi , di non essere morte per mano del nemico, cosa che sarebbe stata estremamente utile per gli scopi politici di chi non esita a giocare con la vita e la morte di intere popolazioni. In queste ore un altro rapimento sta ripetendo le modalità già viste, ci riferiamo al rapimento di Margaret Hassan, direttore di Care, una ONG inglese. Questo avviene esattamente in contemporanea con la richiesta statunitense di spostare le truppe inglesi da Bassora, verso Baghdad, richiesta che sta suscitando molte polemiche e malumori in Inghilterra, non tanto per ragioni "pacifiste" ma anche perché questa decisione significherebbe che, per la prima volta nella storia, le truppe inglesi sono sotto comando di uno stato estero, cosa mal digerita dagli orgogliosi e nazionalisti inglesi. Coincidenze o strategie ben studiate?

Sui retroscena possibili pubblichiamo un articolo ( da "La voce della Campania") che può dare ulteriori piani di lettura interessanti

Un infame groviglio di sangue, milioni di dollari, vite umane. Si può riassumere così il torbido contesto dentro cui maturano, in Iraq, i più recenti sequestri di cittadini italiani, compreso l'ultimo, che ha riguardato le due giovani pacifiste Simona Pari e Simona Torretta. Eppure, a voler dipanare fino in fondo l'oscura matassa, un filo conduttore esiste. E noi proviamo a rintracciarlo. A partire proprio da quel piccolo ma forse non trascurabile elemento che in qualche modo collega il rapimento delle 'due Simone' all'assassinio di Fabrizio Quattrocchi. Che la scelta delle due giovani italiane da parte del commando dei sequestratori non sia stata casuale é un elemento ormai accertato. Avevano i nomi ma non le foto, cercavano proprio loro due, hanno confermato gli 007 italiani. E forse un 'motivo', seguendo le logiche sanguinarie dei guerriglieri, c'era. Per rendersene conto bisogna fare un passo indietro e tornare alla primavera 2003, quando una coetanea delle due italiane rapite, Valeria Castellani, si trova già a Bassora per una missione umanitaria con i volontari di Un Ponte per..., una delle organizzazioni non governative di volontariato internazionale più note nel mondo. Con lei c'é il suo compagno, Paolo Simeone, un genovese di 32 anni specializzato nelle operazioni di bonifica dei luoghi di guerra dalle mine anti-uomo. Valeria, scrive in quel periodo Famiglia Cristiana, "sta provando a far ripartire l'esportazione dei datteri, che un tempo era una delle voci prioritarie dell'agricoltura irachena". Bassora era infatti tra le capitali mondiali del dattero. "Il nostro progetto - aggiungeva Castellani - riguarda la qualità Al Bakhri, considerata una delle più pregiate e tipica di questa zona. Una delle difficoltà è che molte fattorie sono ormai scomparse, perché i margini di guadagno per i produttori sono assai ridotti. Così, delle 8 tonnellate che ci servono, 6 le prendiamo in un'azienda, 2 in un'altra, che però ritira anche il raccolto di diversi piccoli produttori". DA VOLONTARIA A MANAGER L'immagine bucolica della volontaria italiana verrà radicalmente capovolta un anno dopo, quando ad aprile 2004, in occasione del rapimento e del successivo assassinio di Fabrizio Quattrocchi, il nome di Valeria Castellani rimbalza come quello della rampante manager di Dts, l'impresa con sede nel Nevada che reclutava gli addetti alla sicurezza privata in Iraq. E proprio in tale veste qualche mese fa viene iscritta nel registro degli indagati dai pm della Procura di Genova Francesca Nanni e Nicola Piacente, nell'ambito del fascicolo aperto sulle circostanze della morte di Quattrocchi. Arruolamento o armamenti non autorizzati a servizio di uno stato straniero: questa l'ipotesi di reato per lei e per Paolo Simeoni. Contemporaneamente, a quanto pare, i due continuavano a prestare la loro opera per Intersos, altra ong multinazionale su cui più volte si sono appuntate le critiche da parte di frange tra le più rigorose dello stesso movimento antiglobalizzazione. "Non ci sono ambiguità - spiegano ad esempio i giovani dell'associazione Ya Basta - operare in Iraq prevede l' 'arruolamento' a vari livelli (ufficiali e non) nelle truppe occupanti". Poi un secco riferimento a Simeoni e Castellani: "dagli articoli si legge che Paolo Simeoni (il cui curriculum è di ex incursore del Battaglione San Marco, poi nella Legione Straniera a Gibuti e in Somalia, poi passato in Africa, Kosovo, Afghanistan e alla fine in Iraq) e Valeria Castellani (di Vicenza e che ha collaborato con Macondo e poi é approdata in Afghanistan ed Iraq con Intersos) mentre agivano per la la Dts ltc. Security (Valeria addirittura ne è oggi il direttore amministrativo) lavoravano per Intersos (organizzazione umanitaria nata nel 1992 con il sostegno delle Confederazioni Sindacali) che avrebbero abbandonato da poco". "La Dts - continuano - è una società di sicurezza americana con sede nel Nevada e che avrebbe ingaggiato i quattro italiani poi sequestrati. La cosa ci lascia esterrefatti: la giustificazione che viene data è che ci vogliono 'esperti' per sminare i territori; ma se accettiamo questa logica, visto che i maggiori 'esperti' dei danni creati dalla guerra sono quelli che la fanno, avremo ong in cui lavorano gli appartenenti ai corpi speciali, militari e non... Ci hanno voluto far credere che esiste la 'guerra umanitaria', vogliamo noi avallare la mostruosità delle 'ong armate?". Secondi i giovani di Ya Basta, insomma, "il business, umanitario e non, intorno alla guerra, é qualcosa da boicottare senza se e senza ma". Di tenore diametralmente opposto le intenzioni di Valeria Castellani che, anzi, dal giro delle ong (prima Intersos, poi Un Ponte per...) era passata direttamente alla gestione privatistica della security armata nei luoghi di guerra. Vicentina, esuberante, stanca del solito tran tran produttivo nel Nord Est. Così la descriveva la stampa locale nel ripercorrere l'identità della neo-manager responsabile di aver chiamato in Iraq non solo Quattrocchi, ma probabilmente anche Stefio, Cupertino e Agliana, gli altri ostaggi poi liberati. A chi la additava come simpatizzante di forze dell'estrema destra, Valeria allora aveva tappato la bocca con un argomento inequivocabile: "nel 2003 ho fatto i bagagli e me ne sono andata a fare la volontaria in Afghanistan con Intersos. Poi, in Iraq, sono passata con Un Ponte per...", notoriamente vicina alla sinistra. "E' qui - ricostruiva a giugno Angela Petronio sulle pagine venete del Corriere della Sera - che conosce Paolo Simeone, genovese di 32 anni, ex lagunare del battaglione San Marco, esperto sminatore, "conteso" da diverse associazioni proprio per la sua specializzazione. Insieme si rendono conto che l'Iraq può essere anche un Eldorado. Quello rappresentato dalla sicurezza privata". Dapprima nasce allora Naf Security, amministrata dalla stessa Castellani, con sede in Iraq, dove la società mira ad aggiudicarsi gare d'appalto. "Chiamano gli amici che con Paolo lavoravano a Genova. E in Iraq - si legge ancora in quell'articolo - arriva anche Fabrizio Quattrocchi". Poi l'amara sorpresa: a dividersi la torta dei lavori sono sempre e solo le imprese targate Usa. No problem: Valeria e Paolo danno vita alla Dts Security, un'impresa "registrata nel Nevada sempre con la Castellani in qualità di amministratrice, che si assicura un contratto per la protezione dei membri del Congresso americano in visita in Iraq". Quasi in contemporanea arriva però il blocco deciso da Washington per l'arrivo dei politici, troppo a rischio dopo il riesplodere delle violenze. "La Dts Security si scioglie come neve al sole, con la stessa velocità con cui è nata. Gli "impiegati" trovano posti in altre ditte di sicurezza. Quattro di loro - conclude l'articolo del Corriere - decidono di partire per Amman. Sono Fabrizio Quattrocchi, Salvatore Stefio, Maurizio Agliana e Umberto Cupertino". Comincia la volata per l'Iraq. Fabrizio, scrive Repubblica nei giorni caldi del sequestro, diventa in breve tempo il braccio destro di Paolo Simeoni. Il quale, a gennaio di quest'anno, aveva dettagliato i contorni della loro attività: "proteggiamo il personale d'una multinazionale americana che si occupa della ricostruzione dell'apparato burocratico dell'Iraq. Il compenso è di 6.000 dollari al mese. Pagamento in contanti e in loco entro il 10 di ciascun mese. Se il lavoro si fa più impegnativo (scorte a politici o a dirigenti di aziende a stelle e strisce) il compenso sale a 8.000/9.000 dollari. Ognuno è armato con Beretta 92S o Glock 17 e con smg HK MP5 A3". I primi a fornire notizie sulle circostante del rapimento dei quattro italiani saranno proprio Valeria Castellani, in qualità di rappresentante a Baghdad della Dts, e Paolo Simeoni. Quali erano stati - se c'erano stati - i contatti fra le due italiane rapite nei giorni scorsi e Valeria Castellani, al tempo della permanenza di quest'ultima tra le fila di Un Ponte per...? E poteva bastare questo accostamento per spingere i guerriglieri al nuovo sequestro? Che ruolo possono aver giocato le critiche mosse da tempo al giro d'affari collegato alle ong? Sarà sulla base di questi interrogativi che bisognerà partire, soprattutto se si vorrà evitare in futuro il ripetersi di simili episodi. QUATTROCCHI E LA IBSA Ma intanto, ad aprire nuovi scenari all'interno di questo stesso quadro, arriva un altro filo da seguire per ulteriori collegamenti. Lungo la strada di Fabrizio Quattrocchi, infatti, prima che approdasse alla Dts c'era stata la breve ma significativa parentesi del lavoro svolto per conto della Ibsa, multiforme etichetta genovese che rimanda a servizi di body guard e vigilanza. A cominciare dal fatto che in quel di Genova esistono ben due Ibsa: la prima é una società in accomandita semplice, la stessa balzata alle cronache dopo il rapimento di Quattrocchi. E' amministrata a quattro mani da Roberto Gobbi e dal milanese Giacomo Spartaco Bertoletti, maestro di arti marziali nonché promotore di altre sigle sempre in odor di uomini armati. La seconda é Security Ibsa Italia, stavolta una srl, fondata sempre a Genova dallo stesso Bertoletti (che ne é proprietario ed amministratore unico) a gennaio di quest'anno, con analoghi scopi. Ad accrescere la moltitudine di sfaccettature arrivano poi altre due sigle quasi omonime delle precedenti: Ibssa Italia ed Ibssa International. Ma entrambe, come le prime due, si prefiggono fini di formazione e fornitura di personale specializzato nella difesa. Ed entrambe vedono in pista con ruoli importanti proprio Giacomo Spartaco Bertoletti. Logico dunque che quest'ultimo si affanni a rilasciare precisazioni, puntigliosamente annotate sul sito sportpromotion.it (dal nome di una sua creatura societaria). "In relazione al luttuoso fatto accaduto in Iraq che ha causato la morte del genovese Fabrizio Quatrocchi - si legge in apertura - già collaboratore occasionale della Ibsa Sas di Genova, si comunicata che esula completamente dai fini delle associazioni IBSSA International e IBSSA Italia lo scopo di offrire impiego a chicchessia, essendo viceversa esse sorte esclusivamente a fini di promozione e formazione qualificata (un tempo, per quanto concerne IBSSA Italia, anche attraverso l'organizzazione di corsi specifici) di operatori della sicurezza, della difesa personale, delle arti da combattimento e delle tecniche di tiro". A scanso di equivoci aggiunge, firmandosi come Coordinator President - Italia di Ibssa : "lo stesso signor Fabrizio Quatrocchi non è mai stato associato alla Ibssa (International Bodyguard and Security Services Association)". Bertoletti ammette dunque che Quattrocchi era stato collaboratore della sigla genovese da lui amministrata insieme a Roberto Gobbi. Poi fa di più. Perché scorrendo le pagine web della Ibssa attraverso il sito della Sport Promotion, si incontra una nuova dichiarazione sullo stesso argomento, sempre a firma Bertoletti: "Queste righe - premette in un approssimato 'latinorum' - non vogliono costituire il retroscena della frase latina excusatio non petita accusatio manifestat, ma una semplice annotazione di eventi che hanno caratterizzato l'Ibssa internazionale e quella italiana (con due s) dalla sua costituzione nel marzo del 2000". E prosegue: "Fabrizio Quattrocchi non è mai stato iscritto all'Ibssa internazionale, nonostante - e lo ha fatto rilevare il segretario generale, l'israeliano Rony Kluger in una intervista rilasciata il 17 aprile sul Secolo XIX - abbia partecipato a un corso Ibssa di primo livello a Montichiari, Brescia, nel 2002 (22-24 febbraio). Rony Kluger ha pensato che fosse negli elenchi delle persone da lui diplomate durante le sue visite a Forte Canarbino, ma ha sbagliato. In quella data Kluger non era in Italia". Se Quattrocchi avesse o meno preso parte a quel corso, poco importa. Basta già la sua pregressa attività nella sas genovese di Gobbi e Bertoletti. Che viene confermata anche da tal George Popper, "Generale di Brigata della Guardia Civile Ungherese" e presidente di Ibssa International: "In simili azioni di terrore - scrive sul sito di Bertoletti in riferimento al conflitto iracheno - possono anche verificarsi disgrazie; una di esse ha riguardato Fabrizio Quattrocchi, un operatore di sicurezza italiano (non un membro dell'Ibssa), che è stato colpito a morte tempo addietro. I media internazionali hanno contattato numerosi leader dell'Ibssa in relazione agli ostaggi". "In base a quanto ci consta - aggiunge Popper - Fabrizio Quattrocchi, la vittima italiana del terrore e le guardie del corpo italiane prigioniere si sono formati e hanno lavorato per l'Ibsa, una società genovese di sicurezza e formazione. Comunque, questa società non è un corporate member, un'associata dell'Ibssa, è una parte della famiglia Ibssa. I suoi leader sono esperti di sicurezza di livello, e il direttore dell'Ibsa Roberto Gobbi è uno dei migliori istruttori di sicurezza mondiali ed è master teacher di tiro". IL PARLAMENTO MONDIALE Le sorprese, comunque, sono appena cominciate. Basta seguire ancora Mr. President Bertoletti. Perché é ancora lui a raccontarci che il presidente di Ibssa Popper é stato recentemente presente a due summit 'mondiali'. E qui comincia il bello. Il 26 e 27 giugno scorsi, a Budapest, la locale sede della "Federazione dei Priorati autonomi dell'ordine sovrano di San Giovanni di Gerusalemme, Cavalieri di Malta - si legge sempre sul sito di Bertoletti - ha organizzato una cerimonia cavalleresca memorabile e spettacolare. In questa particolare occasione numerosi leader di alto grado di grandi organizzazioni internazionali e nazionali da Canada, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria, Israele, Italia, Lettonia, Paesi Bassi, Romania, Spagna, e dagli Usa, sono stati designati come cavalieri di Malta o hanno ottenuto un livello più elevato da sua beatitudine Dom Lorenzo Osb, il reggente della Federazione dei Priorati autonomi dell'Ordine sovrano di San Giovanni di Gerusalemme, Cavalieri di Malta, patriarca e primate metropolitano della chiesa cattolica ortodossa americana, giurisdizione di New York". Fra le autorità presenti, naturalmente, anche "Sua eccellenza il professor George Popper, Ungheria, governatore dell'ordine cavalleresco, grand cross dei cavalieri di Malta", e ancora, "Sua eccellenza il dottor Giuseppe Morabito, italiano, ministro dell'ordine, rappresentante dell'università Pro-Deo", senza contare "Sua beatitudine Dom Lorenzo Osb, rettore dell'università Pro-Deo". Ma che cosa sono in realtà queste due pompose sigle? Quali 'beatitudini' celano? Ed é vero che rimandano ad altre organizzazioni in grado di rilasciare passaporti diplomatici? Cosa c'é di accertato nella notizia secondo cui Fabrizio Quattrocchi ed altri erano entrati in Iraq proprio attraverso uno di questi documenti diplomatici? Alcune risposte ai foschi interrogativi é possibile trovarli in un documento top secret ma fornito di assoluta ufficialità. Si tratta delle risultanze di accurate consulenze rese a diverse Procure italiane da alcuni tra i massimi esperti di 'massonerie' & dintorni. E a campeggiare tra quelle pagine sono, fra l'altro, proprio il cosiddetto Ordine di Malta Parallelo, nonché l'Università Pro Deo. Vediamo. "Le prime informazioni sull'OSJ - USA, il Sovereign Hospitallers Order of Saint John of Jerusalem (vale a dire quello citato sul sito di Bertoletti al link Ibssa International, e diverso dallo SMOM, l'Ordine di Malta ufficiale, ndr) si trovano negli atti del procedimento bolognese sulla strage alla stazione del 2 agosto. I magistrati felsinei - si legge nelle pagine di una delle consulenze - indagando su Francesco Pazienza, avevano infatti acquisito due rapporti del Custums americano (il servizio di polizia doganale) su Michele Sindona trasmessi il 14 gennaio 1987, attraverso il comando generale della Guardia di Finanza, IV reparto, al giudice Giovanni Falcone". Il documento prosegue riportandone alcuni brani: "L'8 febbraio 1985 l'SSA Thomas Gallican e lo scrivente incontravano l'ambasciatore degli Stati Uniti presso le isole Seychelles, sig. David Fischer. In tale occasione e successivamente il predetto ambasciatore ha dichiarato di sospettare che G. Mario Ricci, Umberto Stefinizzi (rectius: Stefanizzi, ndc), Francesco Pazienza, Robert Armao, Domenico Lombino e probabilmente alcuni funzionari del governo delle Seychelles, stavano impiegando i Cavalieri di Malta OSJ quale copertura e che erano coinvolti in un tentativo su vasta scala di appoggiare i riciclatori di denaro, contrabbandieri ed altre persone coinvolte in discutibili attività". Più avanti: "Lo Stefinizzi (rectius: Stefanizzi, ndc) é coinvolto nella promozione di un presunto fittizio ordine dei Cavalieri di Malta. (...) Tale ordine dispone di un accordo diplomatico con la Repubblica dell'isola delle Seychelles (...) Secondo l'ambasciatore Fischer tale accordo consente al predetto ordine (OSJ) l'uso di valigia diplomatica e di facilitazioni connesse". Molto attiva risultava già al tempo di quell'inchiesta bolognese - e ancor più in anni successivi - la compagine dell'OSJ nei Paesi dell'est europeo. "L'attuale priore per l'Europa dell'OSJ - si legge ancora nella consulenza - risulta essere Serafino Caiumi. Un Giuseppe Serafino Caiumi é compreso nel tabulato della Digos di Arezzo contenente i nominatori dei visitatori di Licio Gelli". Veniamo alla Pro Deo, altra creatura in odor di strane 'Cavallerie'. Ci arriviamo attraverso un personaggio chiave, Pietro Calacione, "più volte inquisito dalla Procura della Repubblica di Palermo", massone del Centro Sociologico Italiano ed esponente anche dell'OSJ. A Calacione gli inquirenti sequestrano, fra l'altro, una tessera dell'IPI, sedi a New Yok e a Roma, che cura per conto dell'Università Pro Deo l'organizzazione delle cerimonie di conferimento delle lauree honoris causa. Numerosi riferimenti a queste cerimonie si trovano nei fascicolo Phoney Money aperto a suo tempo dalla Procura di Aosta. Oltre che della Malta 'parallela' e del Centro Sociologico, Calacione faceva parte anche del Parlamento Mondiale per la Sicurezza e la Pace, altro ipertrofico organismo finito in questi anni nel mirino di diverse Procure. Tante sono le ombre che negli stralci delle diverse consulenze eseguite per conto dei magistrati si allungano su questa ennesima, strana sigla che, come dimostra l'affiliazione multipla di Calacione, s'intreccia con le sorti dell'OSJ e della Pro Deo. Vale la pena ricordare che fino ad aprile di quest'anno dal sito della Sport Promotion di Bertoletti (attraverso il link della Ibssa) una scritta portava direttamente al sito web del Parlamento Mondiale. Oggi quella scritta é scomparsa. Ma ne resta traccia in un filmato televisivo andato in onda sull'emittente campana Canale 10 proprio durante il sequestro dei quattro italiani. Nuovo look anche per il sito del Parlamento Mondiale, che non manca di riportare - anche se in un italiano più corretto - le stesse, roboanti affermazioni di un tempo, a cominciare dalla promulgazione di un 'proprio' codice penale sovranazionale. Lì dove si stabiliscono fra l'altro norme universali in materia di 'delitti contro la Fauna' e 'contro la Flora', precisando poi, all'articolo 4, che "la Donna é equiparata all'Uomo", senza contare la reintroduzione, nei casi più gravi, di pene come "l'ergastolo con o senza lavoro coatto". Fondato a Palermo da 'Sua beatitudine Viktor Busà' (come si autodefinisce regolarmente) nel 1975, il Parlamento Mondiale arriva per la prima volta sul tavolo dei magistrati nel 1989, quando il giudice del tribunale di Torino Lorenzo Poggi, nell'ambito di un procedimento penale per associazione a delinquere finalizzata "alla confezione e distribuzione di diplomi di laurea privi di valore legale recanti timbri CEE contraffatti", chiedeva al presidente del Consiglio di acquisire la documentazione in possesso dei servizi segreti sul conto del principe Alliata di Monreale (massone di spicco della circoscrizione Sud USA), Vittorio Busà ed altri. Modeste, secondo le informazioni fornite dagli 007, le condizioni in cui versava all'epoca Busà, descritto come persona "psichicamente instabile e notoriamente mitomane, con spiccata tendenza all'invenzione di enti di varia natura e alla elargizione di diplomi di benemerenza in Italia e all'estero". "Il giudice Poggi - viene spiegato nel rapporto reso in occasione di ulteriori indagini sulla stessa associazione palermitana - fu il primo ad occuparsi dei rapporti di Busà con molteplici organizzazioni massoniche ed ordini cavallereschi". Compresa l'università Pro-Deo, inquisita nell'ambito della stessa indagine per il rilascio di lauree false. Dell'entourage di Busà, secondo il giudice Poggi, faceva parte anche Piero Tabellini, presente in numerosi altri ordini cavallereschi finiti più volte all'attenzione della magistratura, compresi i Corpi Garibaldini, dotati di eliambulanze ed altri mezzi per il trasporto di infermi da un capo all'altro dell'Europa. "Busà - raccontano i consulenti della Procura - risulta essere collegato anche al 'Sovrano Militare Ospedaliero Ordine di San Giorgio in Carinzia' attraverso il suo Gran Maestro, Luciano Pelliccioni. Di quest'ordine si era interessato il giudice Giovanni Tamburino all'epoca dell'inchiesta padovana sull'organizzazione eversiva 'Rosa dei Venti'". In tempi più recenti del Parlamento Mondiale riferisce ai giudici della Dda di Reggio Calabria un personaggio come il faccendiere Curio Pintus, ammettendo di essersi servito dell'organizzazione di Busà "per spostare soldi da un Paese all'altro" e lasciando balenare l'ipotesi dell'esistenza di un doppio elenco d'iscritti: quello palese e l'altro, coperto. Non é finita. Perché l'affiliazione di Busà anche all'OSJ, la Malta parallela, ci riporta ad un altro, ambiguo protagonista delle cronache recenti: si tratta di Antonio Volpe, l'uomo chiave dell'inchiesta Telekom serbia, lo stesso che in compagnia del deputato forzista partenopeo Alfredo Vito si recò dal presidente della commissione parlamentare du Telekom Serbia, Enzo Trantino, sciorinandogli una serie di nomi e circostanze che sarebbero stati inventati ad arte per fini politici occulti. Questa l'ipotesi della Procura torinese, che lo ha arrestato con l'accusa di calunnia in merito al caso Telekom Serbia. Il nome di Volpe, infine, torna più volte in un procedimento penale tuttora in corso al tribunale di Napoli: era infatti affiliato alla loggia massonica coperta 'Oriente', l'obbedienza massonica fondata da Salvatore e Nicola Spinello.

RITA PENNAROLA