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Questa guerra è ingiusta perché è una guerra |
Ancora sulle due Simone, ma non solo...
Vogliamo tornare sulla vicenda delle due volontarie di "Un ponte per" rapite
e poi rilasciate.
Questo sequestro aveva fatto nascere una serie di dubbi, vista la aticipità
del sequestro sia per l'obiettivo scelto, sia per le modalità, in
particolare erano sorti dei dubbi sulla reale identità dei rapitori.
Apparentemente questi dubbi sono
stati risolti dall'avvenuto rilascio.
Si sarebbe trattato di un gruppo di sunniti
religiosi che credevano che le due Simone e i due operatori irakeni fossero
spie.
Apparentemente appunto: in realtà il come si sia arrivato a questo sequestro
rimane tutt'ora piuttosto nebuloso.
In effetti per quale ragione gli operatori umanitari dovrebbero essere
ritenute spie della CIA? La risposta viene dalle dichiarazioni del frivolo
Scelli, commissario della Croce Rossa Italiana, che ha pubblicamente
dichiarato che i rapitori gli hanno detto che erano convinti che le ragazze
fossero spie in quanto i loro nomi erano in un elenco di spie che proveniva
dagli uffici dei servizi segreti americani.
E' credibile questa versione o si tratta di una fola detta da un tizio che
ama i riflettori e la pubblicità?
Riteniamo che Scelli sia talmente inaffidabile da essere alla fine
affidabile, ovvero nell'entusiasmo provato per essere finalmente di nuovo
sotto la luce dei riflettori, si è probabilmente lasciato scappare qualcosa
che altrimenti non avrebbe detto.
Sappiamo fin dal primo momento che il rapimento è avvenuto proprio
utilizzando una lista secondo svariati testimoni del rapimento, l'esistenza
di questa lista sarebbe quindi confermata
dalle dichiarazioni di Scelli.
Non solo, ma Mahnaz Bassam, la ragazza irachena rapita, ha affermato che i
rapitori "cercavano anche Marco Buono di Intersos. E ' un fotografo italiano
che era stato con noi una settimana" (repubblica 30 settembre).
Quindi questa è la conferma del fatto che i rapitori sapevano esattamente
chi rapire, cha erano convinti del fatto che le persone presenti fossero
delle spie, e che erano dettagliatamente informati su chi frequentava il
centro.
Insomma, possiamo ipotizzare che si sia trattato di un gruppo manipolato ad
arte da qualcuno che voleva che
fossero rapite delle persone schierate contro la guerra, in modo tale da
fare terra bruciata attorno al popolo irakeno, cancellare una volta per
tutte l'opposizione alla guerra e le stesse organizzazioni umanitarie.
La stessa vicenda è potuta finire bene perché gli stessi rapitori, una volta
scoperto il pasticcio in cui si erano cacciati, hanno contattato Tareq
Alani, un membro del consiglio superiore delle tribù irachene, perché
potesse accordarsi per il rilascio.
Il governo e l'opposizione italiana c'entrano quindi come il cavolo a
merenda con il rilascio degli ostaggi, ma poi è chiaro che ognuno giochi le
sue carte e cerchi di far dimenticare il pessimo comportamento avuto nel
caso di Baldoni, anche lui rapito da un gruppo ritenuto "ambiguo" da molti
esperti.
Non deve quindi stupire più di tanto se la stampa reazionaria e forcaiola
si sia scagliata violentemente contro le due Simone, colpevoli di
"ingratitudine" ma soprattuto di essere rimaste fedeli alle proprie idee e
convinzioni, e in ultima analisi , di non essere morte per mano del nemico,
cosa che sarebbe stata estremamente utile per gli scopi politici di chi non
esita a giocare con la vita e la morte di intere popolazioni.
In queste ore un altro rapimento sta ripetendo le modalità già viste, ci
riferiamo al rapimento di Margaret Hassan, direttore di Care, una ONG
inglese. Questo avviene esattamente in contemporanea con la richiesta
statunitense di spostare le truppe inglesi da Bassora, verso Baghdad,
richiesta che sta suscitando molte polemiche e malumori in Inghilterra, non
tanto per ragioni "pacifiste" ma anche perché questa decisione
significherebbe che, per la prima volta nella storia, le truppe inglesi sono
sotto comando di uno stato estero, cosa mal digerita dagli orgogliosi e
nazionalisti inglesi.
Coincidenze o strategie ben studiate?
Sui retroscena possibili pubblichiamo un articolo ( da "La voce della Campania") che può dare ulteriori
piani di lettura interessanti
Un infame groviglio di sangue, milioni di dollari, vite umane. Si può
riassumere così il torbido contesto dentro cui maturano, in Iraq, i più
recenti sequestri di cittadini italiani, compreso l'ultimo, che ha
riguardato le due giovani pacifiste Simona Pari e Simona Torretta. Eppure, a
voler dipanare fino in fondo l'oscura matassa, un filo conduttore esiste. E
noi proviamo a rintracciarlo. A partire proprio da quel piccolo ma forse non
trascurabile elemento che in qualche modo collega il rapimento delle 'due
Simone' all'assassinio di Fabrizio Quattrocchi. Che la scelta delle due
giovani italiane da parte del commando dei sequestratori non sia stata
casuale é un elemento ormai accertato. Avevano i nomi ma non le foto,
cercavano proprio loro due, hanno confermato gli 007 italiani. E forse un
'motivo', seguendo le logiche sanguinarie dei guerriglieri, c'era. Per
rendersene conto bisogna fare un passo indietro e tornare alla primavera
2003, quando una coetanea delle due italiane rapite, Valeria Castellani, si
trova già a Bassora per una missione umanitaria con i volontari di Un Ponte
per..., una delle organizzazioni non governative di volontariato
internazionale più note nel mondo. Con lei c'é il suo compagno, Paolo
Simeone, un genovese di 32 anni specializzato nelle operazioni di bonifica
dei luoghi di guerra dalle mine anti-uomo. Valeria, scrive in quel periodo
Famiglia Cristiana, "sta provando a far ripartire l'esportazione dei
datteri, che un tempo era una delle voci prioritarie dell'agricoltura
irachena". Bassora era infatti tra le capitali mondiali del dattero. "Il
nostro progetto - aggiungeva Castellani - riguarda la qualità Al Bakhri,
considerata una delle più pregiate e tipica di questa zona. Una delle
difficoltà è che molte fattorie sono ormai scomparse, perché i margini di
guadagno per i produttori sono assai ridotti. Così, delle 8 tonnellate che
ci servono, 6 le prendiamo in un'azienda, 2 in un'altra, che però ritira
anche il raccolto di diversi piccoli produttori". DA VOLONTARIA A MANAGER
L'immagine bucolica della volontaria italiana verrà radicalmente capovolta
un anno dopo, quando ad aprile 2004, in occasione del rapimento e del
successivo assassinio di Fabrizio Quattrocchi, il nome di Valeria Castellani
rimbalza come quello della rampante manager di Dts, l'impresa con sede nel
Nevada che reclutava gli addetti alla sicurezza privata in Iraq. E proprio
in tale veste qualche mese fa viene iscritta nel registro degli indagati dai
pm della Procura di Genova Francesca Nanni e Nicola Piacente, nell'ambito
del fascicolo aperto sulle circostanze della morte di Quattrocchi.
Arruolamento o armamenti non autorizzati a servizio di uno stato straniero:
questa l'ipotesi di reato per lei e per Paolo Simeoni. Contemporaneamente, a
quanto pare, i due continuavano a prestare la loro opera per Intersos, altra
ong multinazionale su cui più volte si sono appuntate le critiche da parte
di frange tra le più rigorose dello stesso movimento antiglobalizzazione.
"Non ci sono ambiguità - spiegano ad esempio i giovani dell'associazione Ya
Basta - operare in Iraq prevede l' 'arruolamento' a vari livelli (ufficiali
e non) nelle truppe occupanti". Poi un secco riferimento a Simeoni e
Castellani: "dagli articoli si legge che Paolo Simeoni (il cui curriculum è
di ex incursore del Battaglione San Marco, poi nella Legione Straniera a
Gibuti e in Somalia, poi passato in Africa, Kosovo, Afghanistan e alla fine
in Iraq) e Valeria Castellani (di Vicenza e che ha collaborato con Macondo e
poi é approdata in Afghanistan ed Iraq con Intersos) mentre agivano per la
la Dts ltc. Security (Valeria addirittura ne è oggi il direttore
amministrativo) lavoravano per Intersos (organizzazione umanitaria nata nel
1992 con il sostegno delle Confederazioni Sindacali) che avrebbero
abbandonato da poco". "La Dts - continuano - è una società di sicurezza
americana con sede nel Nevada e che avrebbe ingaggiato i quattro italiani
poi sequestrati. La cosa ci lascia esterrefatti: la giustificazione che
viene data è che ci vogliono 'esperti' per sminare i territori; ma se
accettiamo questa logica, visto che i maggiori 'esperti' dei danni creati
dalla guerra sono quelli che la fanno, avremo ong in cui lavorano gli
appartenenti ai corpi speciali, militari e non... Ci hanno voluto far
credere che esiste la 'guerra umanitaria', vogliamo noi avallare la
mostruosità delle 'ong armate?". Secondi i giovani di Ya Basta, insomma, "il
business, umanitario e non, intorno alla guerra, é qualcosa da boicottare
senza se e senza ma". Di tenore diametralmente opposto le intenzioni di
Valeria Castellani che, anzi, dal giro delle ong (prima Intersos, poi Un
Ponte per...) era passata direttamente alla gestione privatistica della
security armata nei luoghi di guerra. Vicentina, esuberante, stanca del
solito tran tran produttivo nel Nord Est. Così la descriveva la stampa
locale nel ripercorrere l'identità della neo-manager responsabile di aver
chiamato in Iraq non solo Quattrocchi, ma probabilmente anche Stefio,
Cupertino e Agliana, gli altri ostaggi poi liberati. A chi la additava come
simpatizzante di forze dell'estrema destra, Valeria allora aveva tappato la
bocca con un argomento inequivocabile: "nel 2003 ho fatto i bagagli e me ne
sono andata a fare la volontaria in Afghanistan con Intersos. Poi, in Iraq,
sono passata con Un Ponte per...", notoriamente vicina alla sinistra. "E'
qui - ricostruiva a giugno Angela Petronio sulle pagine venete del Corriere
della Sera - che conosce Paolo Simeone, genovese di 32 anni, ex lagunare del
battaglione San Marco, esperto sminatore, "conteso" da diverse associazioni
proprio per la sua specializzazione. Insieme si rendono conto che l'Iraq può
essere anche un Eldorado. Quello rappresentato dalla sicurezza privata".
Dapprima nasce allora Naf Security, amministrata dalla stessa Castellani,
con sede in Iraq, dove la società mira ad aggiudicarsi gare d'appalto.
"Chiamano gli amici che con Paolo lavoravano a Genova. E in Iraq - si legge
ancora in quell'articolo - arriva anche Fabrizio Quattrocchi". Poi l'amara
sorpresa: a dividersi la torta dei lavori sono sempre e solo le imprese
targate Usa. No problem: Valeria e Paolo danno vita alla Dts Security,
un'impresa "registrata nel Nevada sempre con la Castellani in qualità di
amministratrice, che si assicura un contratto per la protezione dei membri
del Congresso americano in visita in Iraq". Quasi in contemporanea arriva
però il blocco deciso da Washington per l'arrivo dei politici, troppo a
rischio dopo il riesplodere delle violenze. "La Dts Security si scioglie
come neve al sole, con la stessa velocità con cui è nata. Gli "impiegati"
trovano posti in altre ditte di sicurezza. Quattro di loro - conclude
l'articolo del Corriere - decidono di partire per Amman. Sono Fabrizio
Quattrocchi, Salvatore Stefio, Maurizio Agliana e Umberto Cupertino".
Comincia la volata per l'Iraq. Fabrizio, scrive Repubblica nei giorni caldi
del sequestro, diventa in breve tempo il braccio destro di Paolo Simeoni. Il
quale, a gennaio di quest'anno, aveva dettagliato i contorni della loro
attività: "proteggiamo il personale d'una multinazionale americana che si
occupa della ricostruzione dell'apparato burocratico dell'Iraq. Il compenso
è di 6.000 dollari al mese. Pagamento in contanti e in loco entro il 10 di
ciascun mese. Se il lavoro si fa più impegnativo (scorte a politici o a
dirigenti di aziende a stelle e strisce) il compenso sale a 8.000/9.000
dollari. Ognuno è armato con Beretta 92S o Glock 17 e con smg HK MP5 A3". I
primi a fornire notizie sulle circostante del rapimento dei quattro italiani
saranno proprio Valeria Castellani, in qualità di rappresentante a Baghdad
della Dts, e Paolo Simeoni. Quali erano stati - se c'erano stati - i
contatti fra le due italiane rapite nei giorni scorsi e Valeria Castellani,
al tempo della permanenza di quest'ultima tra le fila di Un Ponte per...? E
poteva bastare questo accostamento per spingere i guerriglieri al nuovo
sequestro? Che ruolo possono aver giocato le critiche mosse da tempo al giro
d'affari collegato alle ong? Sarà sulla base di questi interrogativi che
bisognerà partire, soprattutto se si vorrà evitare in futuro il ripetersi di
simili episodi. QUATTROCCHI E LA IBSA Ma intanto, ad aprire nuovi scenari
all'interno di questo stesso quadro, arriva un altro filo da seguire per
ulteriori collegamenti. Lungo la strada di Fabrizio Quattrocchi, infatti,
prima che approdasse alla Dts c'era stata la breve ma significativa
parentesi del lavoro svolto per conto della Ibsa, multiforme etichetta
genovese che rimanda a servizi di body guard e vigilanza. A cominciare dal
fatto che in quel di Genova esistono ben due Ibsa: la prima é una società in
accomandita semplice, la stessa balzata alle cronache dopo il rapimento di
Quattrocchi. E' amministrata a quattro mani da Roberto Gobbi e dal milanese
Giacomo Spartaco Bertoletti, maestro di arti marziali nonché promotore di
altre sigle sempre in odor di uomini armati. La seconda é Security Ibsa
Italia, stavolta una srl, fondata sempre a Genova dallo stesso Bertoletti
(che ne é proprietario ed amministratore unico) a gennaio di quest'anno, con
analoghi scopi. Ad accrescere la moltitudine di sfaccettature arrivano poi
altre due sigle quasi omonime delle precedenti: Ibssa Italia ed Ibssa
International. Ma entrambe, come le prime due, si prefiggono fini di
formazione e fornitura di personale specializzato nella difesa. Ed entrambe
vedono in pista con ruoli importanti proprio Giacomo Spartaco Bertoletti.
Logico dunque che quest'ultimo si affanni a rilasciare precisazioni,
puntigliosamente annotate sul sito sportpromotion.it (dal nome di una sua
creatura societaria). "In relazione al luttuoso fatto accaduto in Iraq che
ha causato la morte del genovese Fabrizio Quatrocchi - si legge in apertura
- già collaboratore occasionale della Ibsa Sas di Genova, si comunicata che
esula completamente dai fini delle associazioni IBSSA International e IBSSA
Italia lo scopo di offrire impiego a chicchessia, essendo viceversa esse
sorte esclusivamente a fini di promozione e formazione qualificata (un
tempo, per quanto concerne IBSSA Italia, anche attraverso l'organizzazione
di corsi specifici) di operatori della sicurezza, della difesa personale,
delle arti da combattimento e delle tecniche di tiro". A scanso di equivoci
aggiunge, firmandosi come Coordinator President - Italia di Ibssa : "lo
stesso signor Fabrizio Quatrocchi non è mai stato associato alla Ibssa
(International Bodyguard and Security Services Association)". Bertoletti
ammette dunque che Quattrocchi era stato collaboratore della sigla genovese
da lui amministrata insieme a Roberto Gobbi. Poi fa di più. Perché scorrendo
le pagine web della Ibssa attraverso il sito della Sport Promotion, si
incontra una nuova dichiarazione sullo stesso argomento, sempre a firma
Bertoletti: "Queste righe - premette in un approssimato 'latinorum' - non
vogliono costituire il retroscena della frase latina excusatio non petita
accusatio manifestat, ma una semplice annotazione di eventi che hanno
caratterizzato l'Ibssa internazionale e quella italiana (con due s) dalla
sua costituzione nel marzo del 2000". E prosegue: "Fabrizio Quattrocchi non
è mai stato iscritto all'Ibssa internazionale, nonostante - e lo ha fatto
rilevare il segretario generale, l'israeliano Rony Kluger in una intervista
rilasciata il 17 aprile sul Secolo XIX - abbia partecipato a un corso Ibssa
di primo livello a Montichiari, Brescia, nel 2002 (22-24 febbraio). Rony
Kluger ha pensato che fosse negli elenchi delle persone da lui diplomate
durante le sue visite a Forte Canarbino, ma ha sbagliato. In quella data
Kluger non era in Italia". Se Quattrocchi avesse o meno preso parte a quel
corso, poco importa. Basta già la sua pregressa attività nella sas genovese
di Gobbi e Bertoletti. Che viene confermata anche da tal George Popper,
"Generale di Brigata della Guardia Civile Ungherese" e presidente di Ibssa
International: "In simili azioni di terrore - scrive sul sito di Bertoletti
in riferimento al conflitto iracheno - possono anche verificarsi disgrazie;
una di esse ha riguardato Fabrizio Quattrocchi, un operatore di sicurezza
italiano (non un membro dell'Ibssa), che è stato colpito a morte tempo
addietro. I media internazionali hanno contattato numerosi leader dell'Ibssa
in relazione agli ostaggi". "In base a quanto ci consta - aggiunge Popper -
Fabrizio Quattrocchi, la vittima italiana del terrore e le guardie del corpo
italiane prigioniere si sono formati e hanno lavorato per l'Ibsa, una
società genovese di sicurezza e formazione. Comunque, questa società non è
un corporate member, un'associata dell'Ibssa, è una parte della famiglia
Ibssa. I suoi leader sono esperti di sicurezza di livello, e il direttore
dell'Ibsa Roberto Gobbi è uno dei migliori istruttori di sicurezza mondiali
ed è master teacher di tiro". IL PARLAMENTO MONDIALE Le sorprese, comunque,
sono appena cominciate. Basta seguire ancora Mr. President Bertoletti.
Perché é ancora lui a raccontarci che il presidente di Ibssa Popper é stato
recentemente presente a due summit 'mondiali'. E qui comincia il bello. Il
26 e 27 giugno scorsi, a Budapest, la locale sede della "Federazione dei
Priorati autonomi dell'ordine sovrano di San Giovanni di Gerusalemme,
Cavalieri di Malta - si legge sempre sul sito di Bertoletti - ha organizzato
una cerimonia cavalleresca memorabile e spettacolare. In questa particolare
occasione numerosi leader di alto grado di grandi organizzazioni
internazionali e nazionali da Canada, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria,
Israele, Italia, Lettonia, Paesi Bassi, Romania, Spagna, e dagli Usa, sono
stati designati come cavalieri di Malta o hanno ottenuto un livello più
elevato da sua beatitudine Dom Lorenzo Osb, il reggente della Federazione
dei Priorati autonomi dell'Ordine sovrano di San Giovanni di Gerusalemme,
Cavalieri di Malta, patriarca e primate metropolitano della chiesa cattolica
ortodossa americana, giurisdizione di New York". Fra le autorità presenti,
naturalmente, anche "Sua eccellenza il professor George Popper, Ungheria,
governatore dell'ordine cavalleresco, grand cross dei cavalieri di Malta", e
ancora, "Sua eccellenza il dottor Giuseppe Morabito, italiano, ministro
dell'ordine, rappresentante dell'università Pro-Deo", senza contare "Sua
beatitudine Dom Lorenzo Osb, rettore dell'università Pro-Deo". Ma che cosa
sono in realtà queste due pompose sigle? Quali 'beatitudini' celano? Ed é
vero che rimandano ad altre organizzazioni in grado di rilasciare passaporti
diplomatici? Cosa c'é di accertato nella notizia secondo cui Fabrizio
Quattrocchi ed altri erano entrati in Iraq proprio attraverso uno di questi
documenti diplomatici? Alcune risposte ai foschi interrogativi é possibile
trovarli in un documento top secret ma fornito di assoluta ufficialità. Si
tratta delle risultanze di accurate consulenze rese a diverse Procure
italiane da alcuni tra i massimi esperti di 'massonerie' & dintorni. E a
campeggiare tra quelle pagine sono, fra l'altro, proprio il cosiddetto
Ordine di Malta Parallelo, nonché l'Università Pro Deo. Vediamo. "Le prime
informazioni sull'OSJ - USA, il Sovereign Hospitallers Order of Saint John
of Jerusalem (vale a dire quello citato sul sito di Bertoletti al link Ibssa
International, e diverso dallo SMOM, l'Ordine di Malta ufficiale, ndr) si
trovano negli atti del procedimento bolognese sulla strage alla stazione del
2 agosto. I magistrati felsinei - si legge nelle pagine di una delle
consulenze - indagando su Francesco Pazienza, avevano infatti acquisito due
rapporti del Custums americano (il servizio di polizia doganale) su Michele
Sindona trasmessi il 14 gennaio 1987, attraverso il comando generale della
Guardia di Finanza, IV reparto, al giudice Giovanni Falcone". Il documento
prosegue riportandone alcuni brani: "L'8 febbraio 1985 l'SSA Thomas Gallican
e lo scrivente incontravano l'ambasciatore degli Stati Uniti presso le isole
Seychelles, sig. David Fischer. In tale occasione e successivamente il
predetto ambasciatore ha dichiarato di sospettare che G. Mario Ricci,
Umberto Stefinizzi (rectius: Stefanizzi, ndc), Francesco Pazienza, Robert
Armao, Domenico Lombino e probabilmente alcuni funzionari del governo delle
Seychelles, stavano impiegando i Cavalieri di Malta OSJ quale copertura e
che erano coinvolti in un tentativo su vasta scala di appoggiare i
riciclatori di denaro, contrabbandieri ed altre persone coinvolte in
discutibili attività". Più avanti: "Lo Stefinizzi (rectius: Stefanizzi, ndc)
é coinvolto nella promozione di un presunto fittizio ordine dei Cavalieri di
Malta. (...) Tale ordine dispone di un accordo diplomatico con la Repubblica
dell'isola delle Seychelles (...) Secondo l'ambasciatore Fischer tale
accordo consente al predetto ordine (OSJ) l'uso di valigia diplomatica e di
facilitazioni connesse". Molto attiva risultava già al tempo di
quell'inchiesta bolognese - e ancor più in anni successivi - la compagine
dell'OSJ nei Paesi dell'est europeo. "L'attuale priore per l'Europa dell'OSJ
- si legge ancora nella consulenza - risulta essere Serafino Caiumi. Un
Giuseppe Serafino Caiumi é compreso nel tabulato della Digos di Arezzo
contenente i nominatori dei visitatori di Licio Gelli". Veniamo alla Pro
Deo, altra creatura in odor di strane 'Cavallerie'. Ci arriviamo attraverso
un personaggio chiave, Pietro Calacione, "più volte inquisito dalla Procura
della Repubblica di Palermo", massone del Centro Sociologico Italiano ed
esponente anche dell'OSJ. A Calacione gli inquirenti sequestrano, fra
l'altro, una tessera dell'IPI, sedi a New Yok e a Roma, che cura per conto
dell'Università Pro Deo l'organizzazione delle cerimonie di conferimento
delle lauree honoris causa. Numerosi riferimenti a queste cerimonie si
trovano nei fascicolo Phoney Money aperto a suo tempo dalla Procura di
Aosta. Oltre che della Malta 'parallela' e del Centro Sociologico, Calacione
faceva parte anche del Parlamento Mondiale per la Sicurezza e la Pace, altro
ipertrofico organismo finito in questi anni nel mirino di diverse Procure.
Tante sono le ombre che negli stralci delle diverse consulenze eseguite per
conto dei magistrati si allungano su questa ennesima, strana sigla che, come
dimostra l'affiliazione multipla di Calacione, s'intreccia con le sorti
dell'OSJ e della Pro Deo. Vale la pena ricordare che fino ad aprile di
quest'anno dal sito della Sport Promotion di Bertoletti (attraverso il link
della Ibssa) una scritta portava direttamente al sito web del Parlamento
Mondiale. Oggi quella scritta é scomparsa. Ma ne resta traccia in un filmato
televisivo andato in onda sull'emittente campana Canale 10 proprio durante
il sequestro dei quattro italiani. Nuovo look anche per il sito del
Parlamento Mondiale, che non manca di riportare - anche se in un italiano
più corretto - le stesse, roboanti affermazioni di un tempo, a cominciare
dalla promulgazione di un 'proprio' codice penale sovranazionale. Lì dove si
stabiliscono fra l'altro norme universali in materia di 'delitti contro la
Fauna' e 'contro la Flora', precisando poi, all'articolo 4, che "la Donna é
equiparata all'Uomo", senza contare la reintroduzione, nei casi più gravi,
di pene come "l'ergastolo con o senza lavoro coatto". Fondato a Palermo da
'Sua beatitudine Viktor Busà' (come si autodefinisce regolarmente) nel 1975,
il Parlamento Mondiale arriva per la prima volta sul tavolo dei magistrati
nel 1989, quando il giudice del tribunale di Torino Lorenzo Poggi,
nell'ambito di un procedimento penale per associazione a delinquere
finalizzata "alla confezione e distribuzione di diplomi di laurea privi di
valore legale recanti timbri CEE contraffatti", chiedeva al presidente del
Consiglio di acquisire la documentazione in possesso dei servizi segreti sul
conto del principe Alliata di Monreale (massone di spicco della
circoscrizione Sud USA), Vittorio Busà ed altri. Modeste, secondo le
informazioni fornite dagli 007, le condizioni in cui versava all'epoca Busà,
descritto come persona "psichicamente instabile e notoriamente mitomane, con
spiccata tendenza all'invenzione di enti di varia natura e alla elargizione
di diplomi di benemerenza in Italia e all'estero". "Il giudice Poggi - viene
spiegato nel rapporto reso in occasione di ulteriori indagini sulla stessa
associazione palermitana - fu il primo ad occuparsi dei rapporti di Busà con
molteplici organizzazioni massoniche ed ordini cavallereschi". Compresa
l'università Pro-Deo, inquisita nell'ambito della stessa indagine per il
rilascio di lauree false. Dell'entourage di Busà, secondo il giudice Poggi,
faceva parte anche Piero Tabellini, presente in numerosi altri ordini
cavallereschi finiti più volte all'attenzione della magistratura, compresi i
Corpi Garibaldini, dotati di eliambulanze ed altri mezzi per il trasporto di
infermi da un capo all'altro dell'Europa. "Busà - raccontano i consulenti
della Procura - risulta essere collegato anche al 'Sovrano Militare
Ospedaliero Ordine di San Giorgio in Carinzia' attraverso il suo Gran
Maestro, Luciano Pelliccioni. Di quest'ordine si era interessato il giudice
Giovanni Tamburino all'epoca dell'inchiesta padovana sull'organizzazione
eversiva 'Rosa dei Venti'". In tempi più recenti del Parlamento Mondiale
riferisce ai giudici della Dda di Reggio Calabria un personaggio come il
faccendiere Curio Pintus, ammettendo di essersi servito dell'organizzazione
di Busà "per spostare soldi da un Paese all'altro" e lasciando balenare
l'ipotesi dell'esistenza di un doppio elenco d'iscritti: quello palese e
l'altro, coperto. Non é finita. Perché l'affiliazione di Busà anche all'OSJ,
la Malta parallela, ci riporta ad un altro, ambiguo protagonista delle
cronache recenti: si tratta di Antonio Volpe, l'uomo chiave dell'inchiesta
Telekom serbia, lo stesso che in compagnia del deputato forzista partenopeo
Alfredo Vito si recò dal presidente della commissione parlamentare du
Telekom Serbia, Enzo Trantino, sciorinandogli una serie di nomi e
circostanze che sarebbero stati inventati ad arte per fini politici occulti.
Questa l'ipotesi della Procura torinese, che lo ha arrestato con l'accusa di
calunnia in merito al caso Telekom Serbia. Il nome di Volpe, infine, torna
più volte in un procedimento penale tuttora in corso al tribunale di Napoli:
era infatti affiliato alla loggia massonica coperta 'Oriente', l'obbedienza
massonica fondata da Salvatore e Nicola Spinello.
RITA PENNAROLA
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