COMITATO SCIENZIATE E SCIENZIATI CONTRO LA GUERRA.
In aggiunta alla parte del documento che tratta in maniera esplicita le questioni del DU, riteniamo indispensabile trattare in conclusione due punti che inquadrano il problema DU nei Balcani in un quadro più ampio.
A: IL DU E’ LA PUNTA DELL’ICEBERG DI UN’IMMANE “GUERRA CHIMICA” NEI BALCANI
B: SONO GIA’ MIGLIAIA I CASI DI TUMORE IN PIU’ PROVOCATI DALLE GUERRE IN JUGOSLAVIA
Non si può infatti sottacere lo scenario a dir poco preoccupante che la questione del DU deve contribuire a riportare l’attenzione.
A: IL DU E’ LA PUNTA DELL’ICEBERG DI UN’IMMANE “GUERRA CHIMICA”
E’ giusto rilevare come il caso del DU sia solo la punta dell’iceberg delle conseguenze di una guerra chimica, radiologica ed ecologica (chiamiamola pure con un unico termine: GUERRA CANCEROGENA) condotta dalla NATO contro la Jugoslavia e contro l’intero sistema ambientale nei Balcani. Prendiamo come riferimento gli articoli di Ivan Grzetic , scienziato jugoslavo, su “Contro le nuove guerre” e le valutazioni di Knut Krusewitz[1]: a queste e a molte altre fonti rimandiamo per dati più precisi e dettagliati. Nella sola guerra del “Kosovo” la NATO ha consumato l’equivalente del 7% annuo della produzione di petrolio di tutto il mondo in un anno. Ha bombardato e distrutto 16 fra raffinerie e impianti chimici di grossa taglia, 39 centrali energetiche / elettriche, 77 impianti industriali, riversando nell’ambiente migliaia di tonnellate di: mercurio e i suoi composti, diossina, ammoniaca, cloruro di vinile monomero, dicloroetano, toluene disocianato, metalli pesanti, PCB, idrocarburi policlicici aromatici, cloruro di etilene ETC, fosfogene ecc.… Tutti questi composti chimici citati, nessuno eluso, sono agenti cancerogeni. Si pensi al bombardamento delle raffinerie di Pascevo e Novi Sad e alla conseguente devastazione dell’intero bacino idrico danubiano in terra non soltanto jugoslava.
Non ci stupisce pertanto, né ci stupirà in futuro, il verificarsi di casi di tumore fra i militari, i volontari e la popolazione che ha risieduto o risiede in Jugoslavia. E’ stato violato il protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Ginevra del 1977, stipulata in seguito agli effetti sui civili dei bombardamenti chimici statunitensi sul Vietnam, che definiva crimini di guerra i danni gravi, estesi e duraturi, inflitti anche inintenzionalmente alla popolazione civile. Una recente sentenza del Tribunale de L’Aja parrebbe negarlo rifiutandosi di bollare come sproporzionati i danni indotti sui civili dai bombardamenti su obiettivi militari, anche quando come a Pascevo, si erano registrati picchi di tossicità 10 mila volte superiori al consentito.
Ma oggi le conseguenze della guerra toccano i militari delle truppe alleate, con eccezione di quelli che, come gli statunitensi e gli anglosassoni, si sono limitati a bombardare dall’alto la gente inerme. E allora è la stessa Commissione ecologica del Consiglio d’Europa che un mese fa dichiarava che la NATO aveva effettuato bombardamenti “trascurando” leggi internazionali, in particolare a casa dell’uso degli armamenti all’uranio impoverito, e del rilascio di sostanze velenose nel Danubio, a seguito degli incendi nelle industrie chimiche. Un danno ecologico prevedibile e ovvio fin dall’inizio stesso dell’intervento e che quindi si può considerare premeditato. In questo contesto, uno dei giornali più diffusi del Portogallo di Solana per crimini di guerra.
Tutto questo mentre sappiamo che gran parte dei danni sulla salute indotti dai bombardamenti emergeranno solo tra molti anni, come a Porto Marghera, dove i magistrati italiani possono oggi parlare di stragi per fughe di sostanze tossiche infinitamente inferiori a quelle registrate due anni fa lungo il Danubio.
B: SONO GIA’ MIGLIAIA I CASI DI TUMORE IN PIU’ PROVOCATI DALLE GUERRE IN JUGOSLAVIA
Se una stima delle conseguenze sui militari è difficile, non è difficile citare i primi dati sui civili jugoslavi. Ad esempio, i dati per la zona di Pascevo: il numero annuo di casi di tumore, già alto prima dell’attacco a causa delle industrie chimiche, è passato da 2000 a circa 10000 (stima estrapolata dai primi dodici mesi dopo l’attacco dalla Sindaca e dall’assessore all’ambiente locali[2]).
I dati epidemiologici jugoslavi indicano che l’inquinamento chimico deve essere una concausa rilevante nella maggior insorgenza di tumori in chi sia stato o viva in Jugoslavia durante o dopo le guerre, in quanto tutti i casi che si verificano sulla popolazione nono sono spiegabili con il solo DU. Ma questo non è importante, se non per riconoscere che il DU non deve servire per distogliere l’attenzione sugli alti crimini di guerra della NATO (come bombardare un’industria chimica sottovento a una città), ma anzi il DU deve servire da TRACCIANTE MORALE per individuare le ragioni di questi crimini, volti a destabilizzare intere aree geopolitiche.
L’attenzione su queste cose si è destata per la malattia e la morte di alcuni militari italiani; tuttavia non possiamo tacere la nostra indignazione per il fatto che, in questi mesi, si sia taciuto che in Jugoslavia si muore di cancro e malformazioni congenite a migliaia in più rispetto a prima della guerra, senza contare le migliaia di morti durante il conflitto.
Se danni così gravi si stanno verificando in militari di provenienza estera, con alcuni “benefit” in termini di salute e di qualità della vita, cosa sta succedendo e cosa succederà alle popolazioni che lì vivevano negli ultimi dieci anni dopo la guerra in Bosnia e che continuano a viverci in condizioni che l’embargo e la povertà del dopo guerra stanno rendendo quasi impossibili? Non può che destare ulteriore timore il fatto che, sia i dati di Pascevo sia le informazioni raccolte presso città jugoslave che sono state strettamente l’oggetto di una guerra chimica (come Cacak), forniscano un quadro di crescita dei tumori talmente ripida e rapida da non potersi spiegare solo con cause di tipo chimico o più generalmente ambientale. Questo potrebbe significare, per esempio, la presenza di un calo delle difese immunologiche dovuto allo stress correlato all’intensità e alla tipologia dei bombardamenti in quanto tali, come è dimostrato dall’impressionante aumento dei casi di depressione registrati a Belgrado e in molte città bombardante più violentemente (cfr. M. Saric Tanaskovic in “Contro le nuove guerre”).
Sottolineiamo infine che molte volte i dati più impressionanti non vengono forniti dalle autorità jugoslave, ma vanno ricondotti a ricerche di Istituti indipendenti e spesso sottofinanziati (come quello tedesco di Ekocontrol di Dessau di quello greco dell’Università della Tracia), oppure debbono essere scovati nelle appendici dei rapporti ufficiali delle Nazioni Unite (Unep – Balcan Task Force). In tale rapporto si possono infatti trovare dati di estremo interesse nonostante la prima missione dell’Unep fosse stata stabilita a guerra ancora in corso con lo scopo di “evitare speculazioni sugli effetti dell’intervento NATO”. L’Unep in effetti non arrivò a dimostrare che la guerra avesse causato la catastrofe ecologica, ma riconobbe le condizioni ambientali catastrofiche registrate in città come Pascevo e Novi Sad.
Ciò sta a testimoniare una perversa e inconsapevole complicità tra vittime e carnefici che ha come risultato l’occultamento di importanti elementi di prova dei crimini ecologici di guerra contro le generazioni presenti e quelle future, le quali sembrano destinate a subire un aumento del carico genetico, attualmente di difficile quantificazione.
Non solo la NATO occulta prove del suo operato ai suoi stessi alleati, come stiamo vedendo in questi giorni, ma sono le stesse istituzioni jugoslave – e alcune degli altri paesi circonvicini subordinati alla NATO – che mostrano spesso segni di timidezza nel denunciare le sindromi da cui sono afflitte in seguito alla guerra: motivi di ordine pubblico, come quelli che hanno evitato ieri una possibile evacuazione di Belgrado, minacciata dalla nube tossica proveniente da Pancevo, e che hanno indotto i ginecologi delle città oggetto di bombardamento a suggerire solo informalmente l’aborto per i successivi due anni a donne che avrebbero potuto essere le gestanti di feti malformati: motivi per cui oggi lo stesso Ministero dell’Ambiente potrebbe sparire in Jugoslavia, eventualmente inglobato in quello della Sanità. Ma anche motivi di ordine economico: che convenienza ha infatti la vittima a denunciare il crimine da cui è stata colpita, quando ciò impedirebbe all’agricoltore di vendere la propria merce sospetta inquinata, unica sua fonte di reddito, o l’operaio correrebbe il rischio che la sua fabbrica non venisse ricostruita nel luogo dove avrebbe un impatto ambientale insostenibile, per esempio lungo il Danubio, o il proprietario di una casa che vedrebbe frantumare il valore del proprio bene? Ma la verità, prima vittima di ogni guerra, prima o poi viene a galla. Pertanto, anche su ogni commissione che effettua i controlli andrebbe esercitata una vigilanza rigorosa, perché non debbono esserci controllori incontrollati. Per questo sta agli scienziati di parlare, di denunciare ognuno dei crimini conosciuti anche a dispetto di andare contro l’interesse privato di ciascuno. Ma per il bene di tutti i viventi e in solidarietà diacronica con le generazioni future.
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[1] Rapporti della Technische Hochschule di Berlino. Si veda anche l’articolo sul “Il Manifesto” del 4/!/2000
[2] Articolo su “Rinascita”, II, n 50 pp. 16 – 17 (22 dic 2000)
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