SGOMBERATA L'ALCOVA
L'Alcova, sgomberata nel periodo della pulizia pre-olimpica, è stata ri-occupata a inizio estate, poi ri-sgomberata e ri-occupata... fino al definitivo sgombero di metà agosto, con il quale il Comune ha dato il via ai lavori (per farci cosa è irrilevante, visto che l'unico scopo era dichiaratamente quello di impedire una nuova occupazione).
Non è il massimo trovarsi a parlare di un'esperienza, com'è quella dell'Alcova, conclusasi non per scelta propria ma per intervento poliziesco. Eppure, per quanto è innegabile che tale conclusione rappresenti in qualche modo una sconfitta su cui riflettere, non abbiamo tanta voglia di lamentarci. Se infatti il nostro fine fosse stato ritagliarci uno "spazietto occupato e autogestito", saremmo stati senza dubbio sconfitti (oltre che un po' miserelli), e avremmo ben di che lamentarci dell'"ennesimo atto di repressione", della "cecità dei politici", e "bla bla bla"... Ma la pur breve vita dell'Alcova crediamo abbia mostrato come l'occupazione possa essere il punto di partenza (e non di arrivo) per percorsi sia pratici che teorici di critica della società, cosa che uno sgombero può senz'altro ostacolare ma non stroncare.
L'Alcova si è così rivelata una sorta di "crocevia" per quei soggetti, come noi, intenzionati a confrontarsi e a mettere in discussione, insieme all'attuale assetto sociale, il proprio modo di esserci e di combatterlo. Come spine nel fianco di una città sempre più annoiata, precaria e impaurita, le strade che all'Alcova si sono incrociate, da lì ripartono, arricchite di esperienze, di legami, di rabbia e soprattutto della consapevolezza che è necessario continuare a sperimentare senza tregua i percorsi del conflitto.