Ma come è fatto un
inceneritore?
Troppo
spesso quando i governanti propongono la costruzione di inceneritori di rifiuti
(vedi Napoli) lo fanno nascondendo alla popolazione le gravissime conseguenze
che ne derivano alla salute pubblica. Reds -Gennaio 2009
Come funziona Quali rifiuti alimentano gli inceneritori
Ogni impianto di termodistruzione prevede l’esistenza di sezioni ausiliarie
sia a monte che a valle del combustore (o forno); in genere è possibile
distinguere 5 parti principali:
Sezione di accumulo e stoccaggio, in cui i rifiuti vengono
accumulati prima della combustione.
Sezione di combustione, costituita da una camera di ossidazione
(forno) realizzata in forme e tecnologie differenti a seconda della tipologia
del rifiuto (contenuto energetico, caratteristiche chimico-fisiche ecc.):
• "Combustori a griglia" (fissa o mobile) per rifiuti
urbani tal quali o materiale non omogeneo, con potere calorifico non troppo
elevato; questa tecnologia è obsoleta ma ha bassi costi di manutenzione.
• "Combustori a letto fluido" per frazioni di rifiuti
ad alto potere calorifico, come il cdr (combustibile derivato dai rifiuti)
o i fanghi di depurazione dei reflui civili.
• "Forni a tamburo rotante" per varie tipologie di
rifiuti (solidi, liquidi, fanghi e rifiuti ospedalieri), in particolare per
quelli industriali. Ha maggiori costi di investimento e un basso rendimento
di combustione.
Sezione di post-combustione (camera secondaria di combustione), la
cui introduzione è avvenuta in Italia nel 1984 al fine di completare
la combustione dei rifiuti ed abbattere il cloro, che porta alla formazione
dei composti clorurati (come diossine e furani). In realtà si possono
verificare degli inconvenienti tecnici per i quali si facilita la formazione
di questi composti: le particelle dei fumi che incrostano le pareti possono
funzionare da catalizzatori nella formazione di questi composti.
Sezione di raffreddamento fumi, che nei vecchi impianti avveniva
senza recupero di energia, oggi dovrebbe essere obbligatorio.
Sezione di trattamento fumi a sua volta suddivisa in tre
parti:
o depolverizzazione, per la rimozione delle polveri effettuata mediante
filtri;
o abbattimento dei gas acidi (acido cloridrico, fluoridrico, ossidi
di zolfo);
o rimozione degli ossidi di azoto effettuata in caldaia mediante
un sistema catalitico o attraverso iniezione di alcuni composti (ammoniaca
o urea).
Il combustibile degli impianti d’incenerimento sono i rifiuti ma non
tutti possono essere inceneriti, ad esempio metalli e vetro si ritrovano all’uscita
degli impianti e alcune frazioni, come per esempio quella organica (derivante
in parte dagli scarti alimentari), hanno un basso potere calorifico che incide
negativamente sull’efficienza di combustione.
Al contrario alcuni materiali, in primis la plastica e poi il legno e la carta,
hanno un elevato potere calorico, ragione per cui queste frazioni merceologiche,
separate dalla raccolta differenziata, molto spesso vengono indirizzate all’incenerimento
e non al recupero di materia.
Di seguito sono elencate le tre tipologie di rifiuto che
possono essere sottoposte al trattamento termico:
- Rifiuto urbano tal quale – rifiuto indifferenziato, così
come raccolto e comprendente anche quella frazione che rimane a valle di operazioni
di raccolta differenziata. Previa separazione di materiali ingombranti ed
eventualmente di metalli può alimentare un impianto di incenerimento
soggetto ad autorizzazione da parte della Regione.
- Frazione secca (o secco) – frazione combustibile derivante
da vagliatura meccanica del rifiuto urbano indifferenziato o proveniente da
raccolta separata (rimozione degli ingombranti e dei metalli) che può
alimentare un impianto di incenerimento soggetto ad autorizzazione da parte
della Regione.
- CDR (combustibile derivato da rifiuti) – deriva da un processo
di raffinazione della frazione secca attraverso una serie di trattamenti quali
triturazione, essiccamento, addensamento, eventuale miscelazione con rifiuti
ad alto potere calorifico (plastiche, gomme, legno). Il cdr è caratterizzato
da specifici requisiti quali il contenuto di umidità, ceneri, cloro,
metalli ecc. ed è utilizzabile in impianti d’incenerimento ed
in centrali termoelettriche e cementifici (in quest’ultimo caso in co-combustione
con combustibili fossili).
Il cdr rappresenta un disincentivo per il recupero di materia dopo la
raccolta differenziata ed inoltre potrebbe essere un ottimo escamotage per
la malavita organizzata. Ciò è dovuto al fatto che la costruzione
e l’esercizio di un impianto di cdr richiede un iter amministrativo
molto snello. E’ necessario, infatti, comunicare solo l’inizio
dell’attività alla Provincia competente (secondo le procedure
semplificate previste dal decreto Ronchi), applicando il principio del silenzio
assenso.
Che cosa entra nell’inceneritore
L’inceneritore comunica un’illusione: i rifiuti vi entrano e,
magicamente, scompaiono.
Non è così. L’inceneritore non distrugge i rifiuti, ne
cambia solamente la composizione chimica e la tossicità.
Se parliamo degli inceneritori per RSU (Rifiuti Solidi Urbani) entrano rifiuti
domestici: carta, rifiuti di giardini, avanzi di cucina, metalli, tessuti,
plastica, vetro, legno. La natura e la composizione dei rifiuti è naturalmente
molto variabile, non prevedibile a priori.
Che cosa succede dentro l’inceneritore
Il processo di combustione rompe i legami chimici delle sostanze in entrata,
ricombinandole.
Durante questo processo, anche quando si svolge in condizioni ottimali, hanno
luogo reazioni casuali in cui si producono migliaia di nuovi composti chimici
chiamati PIC (Prodotti di Combustione Incompleta).
Solo un centinaio di questi PIC sono stati individuati. Le altre migliaia
di sostanze sono sconosciute, anche nei loro possibili effetti sulla salute.
Nella fase di raffreddamento, in uscita dal forno, si formano, tra gli altri
PIC, le diossine (PCDD), i furani (PCDF) e l’esaclorobenzene, che sono
tra le sostanze più tossiche e persistenti mai studiate.
Che cosa esce dall’inceneritore
Quanto viene immesso nell’inceneritore non sparisce, ma ne esce in forma
di :
• emissioni gassose dal camino ( che vanno nell’aria);
• ceneri residue (che devono essere smaltite);
• acque di scarico (che devono essere trattate).
Più precisamente, per ogni tonnellata di rifiuti bruciata, un inceneritore
produce :
• 1 tonnellata di fumi immessi in atmosfera;
• 280/300 Kg di ceneri "solide";
• 30 Kg di "ceneri volanti";
• 650 Kg di acqua di scarico;
• 25 Kg di gesso.
Complessivamente, come si vede, la materia in uscita è maggiore di
quella in entrata in quanto l’inceneritore addiziona ai rifiuti ossigeno
(la combustione è un processo di ossidazione) e acqua per il raffreddamento.
I composti chimici contenuti negli effluenti sono tipicamente :
• vapore acqueo;
• anidride carbonica;
• polveri fini;
• ossido di carbonio;
• acido cloridrico;
• acido fluoridrico;
• anidride solforosa;
• metalli pesanti (piombo, cadmio, mercurio);
• diossine;
• furani;
• idrocarburi policiclici.
Va sottolineato che molti dei PIC emessi sono più tossici e difficili
da distruggere dei rifiuti da cui sono derivati.
Per avere un raffronto sulle quantità, si possono citare due fatti:
• in Germania la quantità di piombo rilasciata in atmosfera dall’incenerimento
dei rifiuti contenenti plastica PVC è superiore a quella emessa dalle
auto che usano benzina super;
• negli Stati Uniti gli inceneritori sono considerati la maggior fonte
di emissioni di diossina.
I sistemi di controllo e misura dell’inquinamento
I fautori dell’incenerimento vantano spesso l’efficacia degli
apparati tecnologici per l’abbattimento dei fattori inquinanti.
Questi apparati sono costituiti da estintori, depuratori, filtri, precipitatori
elettrostatici.
Obiettivo comune di questi strumenti è catturare gli inquinanti prima
che vengano immessi nell’aria attraverso il camino.
Va sottolineato che gli inquinanti così catturati non vengono distrutti,
ma semplicemente concentrati nei residui solidi (ceneri) o liquidi (acque
di scarico) anziché in quelli gassosi.
In altre parole l’effetto dei sistemi di controllo è di decidere
dove distribuire gli inquinanti, se nell’aria, nel suolo o in acqua.
Peraltro tutti questi sistemi operano in un ambiente ostile, costantemente
minacciati nella loro efficienza ed integrità dai composti altamente
corrosivi generati dalla combustione. Sono quindi facilmente soggetti a guastarsi,
ostruirsi, bruciarsi.
Richiedono quindi una attenta e costante manutenzione, che può portare
anche alla necessità di spegnere l’inceneritore.
Spesso si fa inoltre affidamento sui sistemi di "monitoraggio" per
tenere sotto controllo l’emissione delle sostanze tossiche, per assicurarsi
che siano entro i limiti stabiliti dalle leggi. Tuttavia i sistemi di misura
esistenti non misurano tutte le possibili emissioni tossiche. E le misure
sono spesso o sempre effettuate in condizioni di funzionamento ideale dell’impianto.
Nel funzionamento corrente, invece, intervengono guasti, disattenzioni, errori,
che hanno frequentemente la conseguenza di rilasciare quantitativi di inquinanti
molto superiori a quelle misurate in situazioni ottimali.
Peraltro gli stessi standard di emissioni degli inquinanti sono molto diversi
da paese a paese, riflettendo una situazione di conoscenze ancora allo stato
iniziale sulla loro pericolosità per la salute (ad esempio i limiti
sulla diossina in Gran Bretagna sono dieci volte più alti che negli
Stati Uniti, Germania, Olanda e Giappone).
Questo è particolarmente vero per gli effetti di lungo termine, gli
effetti cumulativi per l’esposizione contemporanea a diversi tipi di
inquinanti, le conseguenze sulle future generazioni.
Le emissioni solide e liquide
Come detto la combustione residua circa il 30 % del peso dei rifiuti immessi
in ceneri.
In esse sono presenti :
• metalli, tra cui antimonio, arsenico, cadmio, cromo, rame,
piombo, mercurio, nickel, zinco;
• sali inorganici;
• diossine (PCDD) e furani (PCDF).
Per le loro elevate caratteristiche di tossicità, le ceneri residue
devono essere smaltite in discariche speciali (denominate di tipo B1 secondo
la legge nazionale - decreto Ronchi).
Le acque di scarico vengono disperse nell’ambiente circostante.
Che cosa succede di questi inquinanti una volta dispersi, come gas, come
acque di scarico, come percolato delle discariche speciali ?
Tipicamente entrano nella catena alimentare e si depositano nei tessuti degli
organismi viventi, con tempi di persistenza molto lunghi e grande capacità
di accumulo.
Ad esempio un solo bicchiere di latte preso da una mucca vicina all’inceneritore
contiene tanta diossina quanta può essere respirata nello stesso posto
in otto mesi.
Studi compiuti da agenzie governative in Danimarca, Svezia, Canada, Olanda,
Gran Bretagna e Stati Uniti riconoscono che gli inceneritori sono la sorgente
maggiore di diossine e furani.
L’agenzia governativa svedese stima che gli inceneritori siano responsabili
del 55% delle emissioni di mercurio.
Gli inceneritori sono alternativi ad altre forme di gestione dei rifiuti (recupero,
riutilizzo, riciclaggio) perché :
• concentrano enormi investimenti che non sono quindi più disponibili
a finanziare le altre iniziative (piattaforme di raccolta, impianti per il
compostaggio, sensibilizzazione dei cittadini, incentivi alla riduzione dei
rifiuti, ecc.);
• competono per la materia prima, vale a dire i rifiuti, che sono il
combustibile dell’inceneritore.
E’ tipico, ad esempio, ciò che sta succedendo da tempo in Germania.
Nel decennio passato fu dato corso ad un imponente piano di costruzione di
inceneritori, progressivamente entrati in funzione. Dall’inizio degli
anni Novanta è stato però avviato un impegnativo programma di
recupero degli imballaggi e di incoraggiamento della raccolta differenziata
e del riciclaggio.
Le due iniziative sono entrate in diretta collisione, con il risultato che
ora parecchi inceneritori funzionano molto al di sotto delle loro capacità
o sono addirittura inattivi. La conseguenza è un aumento continuo della
tassa dei rifiuti per far fronte a costi divenuti così insostenibili.
Altri paesi (è il caso per esempio di Finlandia e Svizzera) ricorrono
all’importazione di rifiuti per sostenere il sovradimensionamento degli
impianti. Spesso i fautori degli inceneritori avanzano l’argomento del
risparmio energetico, derivante dalla produzione di energia, calorica o elettrica,
dalla combustione. Alcuni dati contraddicono in pieno questo argomento.
Diossine e furani
Il termine generico "diossine" si riferisce ad una famiglia di composti
organici del cloro che comprende 75 tipi di diossine e 135 di furani, di cui
17 suscitano forti preoccupazioni tossicologiche.
L’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato la
diossina, denominata TCDD, come riconosciuto cancerogeno per l’uomo;
altre organizzazioni autorevoli, come l’SFC (comitato scientifico dell’alimentazione
umana) e l’OMS (organizzazione mondiale della sanità), hanno
concluso che l’effetto cancerogeno delle diossine si realizza solo dopo
una certa soglia, mentre altre implicazioni, come effetti sul sistema immunitario,
neurocomportamentale e l’endometriosi si possono manifestare anche a
livelli notevolmente inferiori alla soglia individuata.
Le diossine sono ampiamente diffuse in tutto il globo e la ricerca ha dimostrato
la loro presenza nel sangue umano e nel latte materno, sollevando notevoli
interrogativi sugli effetti che avranno a medio-lungo termine sulla salute
pubblica.
Nonostante il progresso dei sistemi di controllo e di abbattimento dell’inquinamento
atmosferico abbia determinato una parziale riduzione delle diossine emesse
dai camini degli inceneritori, la parte dei composti che non finisce in aria
si ritrova comunque nelle ceneri di fondo e quindi causa un impatto, in fase
di smaltimento, sul suolo e sulle falde acquifere anziché in atmosfera.
In Italia le emissioni atmosferiche di un inceneritore ricadono all’interno
delle disposizioni del D.M. 503/97 che prevede un monitoraggio continuo per
alcuni inquinanti quali polveri, acido cloridrico, ossigeno, ossidi di carbonio,
zolfo e azoto; mentre per quanto riguarda gli altri contaminanti (diossine
e furani, metalli pesanti, PCB) la frequenza delle misurazioni, seppur stabilita
da leggi regionali, non deve superare quella annuale.
Ciò determina una carenza di informazioni proprio sui composti a maggior
rischio tossicologico, sui quali non viene effettuato un monitoraggio continuo
durante le normali condizioni operative, ma vengono usate misure puntuali
che potrebbero essere inaccurate sottostimando le reali emissioni di diossine
nell’aria.
Si ricordi che l’Agenzia governativa di protezione ambientale americana
(l’EPA) stima che il 90% delle emissioni di un inceneritore non sono
state identificate.
Sempre secondo l’EPA le diossine sono il più potente cancerogeno
sintetico.
Danneggiano il sistema immunitario, il sistema nervoso centrale ed il sistema
riproduttivo.
Possono inoltre attraversare la placenta, danneggiare il feto e contaminare
il latte della madre.Possono persistere per migliaia di anni.
Lo studio più completo sugli effetti della diossina è stato
compiuto in seguito al noto incidente di Seveso. La conclusione era che gli
abitanti dell’area avevano "probabilità 3 volte maggiori
di prendere il cancro al fegato, nelle donne 5,3 volte di prendere una forma
di mieloma, tra gli uomini 5,7 volte di prendere alcune forme di cancro al
sangue".
Anche a seguito di questo autorevole giudizio, l’ Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS), nel 1998, riuniva i suoi consulenti per riesaminare
il valore della Dose Giornaliera Tollerabile di diossina che la stessa Organizzazione,
nel 1991, aveva fissato a 10 pico grammi (pg). I nuovi dati sulla cancerogenicità
delle diossine suggerirono l’ opportunità di un ulteriore abbassamento
di questo limite: tra uno e quattro pico grammi per chilogrammo di peso (pg/kg).
Questa norma significa che, giornalmente, una persona di 70 chili, può
assorbire al massimo 210 picogrammi di diossine (70 kg x 4 pg/kg), mentre
per un bambino di 5 chili la dose giornaliera di diossine non dovrebbe superare
20 picogrammi.
E’ utile precisare che la Dose Giornaliera Tollerabile proposta dall’
OMS, non corrisponde ad una dose sicura (rischio zero) ma è il giusto
compromesso tra un rischio aggiuntivo, estremamente basso e la concentrazione
"naturale" nel cibo, nell’ acqua, e nell’ aria di questi
composti che si formano anche a seguito di eventi naturali quali, ad esempio
gli incendi di boschi.
L’ inconsueta unità di misura , il picogrammo, richiede una spiegazione,
con riferimento ad una unità di peso più famigliare, il milligrammo:
un picogrammo equivale ad un miliardesimo di milligrammo.
Esemplari le raccomandazioni della comunità europea tramite la direttiva
76/2000 sull’incenerimento dei rifiuti in due passaggi tra i "considerando"
:
"Pertanto,ai fini di un elevato livello di protezione ambientale
e della salute umana,è necessario predisporre e mantenere condizioni
di funzionamento,requisiti tecnici e valori limite di emissione rigorosi per
gli impianti di incenerimento e i coincenerimento dei rifiuti nella Comunità.
I valori limite stabiliti dovrebbero prevenire o a limitare per quanto praticabile
gli effetti dannosi per l'ambiente e i relativi rischi per la salute umana..."
e, più avanti
" Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dalla presente
direttiva dovrebbe essere considerato come una condizione necessaria ma non
sufficiente a garantire il rispetto dei requisiti della direttiva 96/61/CE.
Per assicurare tale rispetto può essere necessario revedere valori
limite di emissione più severi per le sostanze inquinanti contemplate
dalla presente direttiva, valori di emissione relativi ad altre sostanze e
altre componenti ambientali,e altre condizioni."
Qesto è quello che dice la commissione ambiente della comunità
con la direttiva del 4 marzo 2002:
Il 30 maggio 2001 il comitato scientifico per l'alimentazione umana (CSAU)
ha adottato un parere sulla valutazione del rischio delle diossine e dei PCB
diossina-simili negli alimenti basato su nuove informazioni scientifiche resesi
disponibili successivamente all'adozione del parere formulato in merito dal
CSAU il 22 novembre 2000. Il CSAU ha fissato una dose settimanale ammissibile
per le diossine e i PCB diossina-simili pari a 14 pg Organizzazione mondiale
della sanità (OMS) —equivalente di tossicità (TEQ)/kg
di peso corporeo.
Le stime dell'esposizione indicano che una parte considerevole della popolazione
della Comunità assume tali sostanze con gli alimenti, al di là
della dose ammissibile.
Questo nuovo limite vuol dire 2 pg per chilogrammo al giorno , vale a dire
che la nostra persona di 70 kg ne dovrebbe assumere 140 pg al giorno al massimo
senza con ciò aumentare la percentuale di probabilità di contrarre
un tumore.
Metalli pesanti
Attraverso l’incenerimento i metalli pesanti (piombo, cadmio, mercurio,
arsenico ecc.), presenti negli originali rifiuti solidi, sono emessi sotto
forma di gas, in associazione a particelle aeree minuscole, di ceneri e di
altri residui solidi.
Molti metalli sono tossici e persistenti nell’ambiente e provocano notevoli
impatti negativi sulla salute dell’uomo. Per esempio il cadmio è
un noto cancerogeno e provoca effetti respiratori acuti (polmonite) o cronici,
mentre il mercurio è dannoso al sistema nervoso (quando è presente
sotto forma di vapore) mentre i suoi composti inorganici hanno proprietà
tossiche anche a basse concentrazioni.
Ad eccezione del mercurio, i livelli dei metalli rilasciati nei gas sono decresciuti
nell’ultimo decennio grazie al miglioramento delle tecnologie di abbattimento
dell’inquinamento aereo. Ma, come per le diossine, la riduzione delle
emissioni in atmosfera di metalli determina un corrispondente aumento dei
loro livelli nelle ceneri e nelle scorie, il cui impatto sull’ambiente
sarà registrato solo al momento della loro deposizione in discarica.
Materia particolata
Tutti gli inceneritori emettono particolato in atmosfera (di cui la maggior
parte ha dimensioni microscopiche) e contribuiscono quindi all’inquinamento
aereo dovuto alle particelle solide sospese, che rappresenta un serio rischio
per la salute dell’uomo.
Gli attuali sistemi di controllo dell’inquinamento aereo possono prevenire
l’immissione di solo il 5-30% di particelle in atmosfera (aventi dimensioni
inferiori ai 2,5 um) ma non possono prevenire la dispersione della maggior
parte delle particelle, dette "ultrafini", perché di dimensioni
così piccole (inferiori a 0,1 um) da oltrepassare le maglie dei filtri.
Questa è la ragione per cui le particelle ultrafini possono raggiungere
le regioni più profonde dei polmoni e determinare un notevole impatto
sul sistema respiratorio. Recenti evidenze sperimentali indicano come le particelle
emesse dagli inceneritori, a causa della presenza di metalli sulla loro superficie,
determinino un inquinamento atmosferico più dannoso di quello dovuto
alle centrali termiche a carbone suscitando perciò grande preoccupazione
per la salute umana.
Ceneri
Come accennato nell’introduzione, gli inceneritori producono rifiuti
solidi, sotto forma di ceneri e scorie, in quantità pari a circa un
terzo del peso del rifiuto immesso. Si distinguono due tipologie di ceneri:
quelle volanti (3-5%), che sfuggono ai sistemi di filtraggio aereo e le ceneri
di fondo (circa 30%), che si depositano alla base delle caldaie e che dovranno
quindi essere smaltite, come rifiuti tossici, in discariche controllate. Tra
i rifiuti a valle di un impianto di incenerimento, oltre ceneri e scorie,
bisogna annoverare la presenza di materiale non combusto; non di rado, infatti,
accade che le condizioni operative della camera di combustione o di post combustione
non siano idonee a garantire un completo trattamento dei rifiuti in entrata.
La tossicità delle ceneri è legata sia alla presenza di diossine
e metalli sia alla loro facilità di dispersione che provoca problemi
di trasporto e di smaltimento finale in discarica. Una volta conferite in
discariche speciali per rifiuti tossici, le ceneri rappresentano una potenziale
fonte di contaminazione del sottosuolo e delle acque di falda. In alcuni casi,
infatti, è stata accertata la contaminazione delle acque ad opera di
metalli, come piombo e cadmio, rilasciati dalle ceneri.
Nel tentativo di ridurre questo fenomeno di rilascio, definito lisciviazione
, le ceneri sono talvolta stabilizzate in cemento prima della deposizione
in discarica. Sebbene questo metodo riduca il rilascio immediato delle sostanze
tossiche, le condizioni atmosferiche e l’erosione potrebbero comunque
causare in tempi più lunghi la dispersione di questi elementi e composti
nell’ambiente.
Alcuni paesi europei stanno sperimentando l’utilizzo delle ceneri per
manufatti impiegati in opere di costruzione (strade e viali), una pratica
che riduce sicuramente i costi legati al loro smaltimento. Il problema è
legato alla sicurezza di questi manufatti che, a seguito di eventi esterni
non prevedibili (terremoti, subsidenza), potrebbero rilasciare i composti
tossici e determinare quindi pericolo per l’ambiente e per l’uomo.
Negli ultimi anni ‘90 nel Newcastle (GB) sono state utilizzate ceneri
provenienti da un moderno inceneritore come fertilizzanti: nei lotti di terreno
fertilizzati sono stati trovati alti livelli di diossine e metalli pesanti4.
E’ facile ipotizzare un loro passaggio nei tessuti dei vegetali e quindi
nella catena alimentare.
Nonostante la tossicità delle ceneri la Comunità europea non
prevede limiti di concentrazione di composti organici e di metalli in questi
rifitui e nemmeno ne scoraggia l’utilizzo.