La green economy piace
Perché
le politiche dei maggiori paesi si orientano verso un'economia verde? Quanto
vale il mercato verde? Non è calcolabile nel dettaglio. I business
sono dispersi in segmenti diversissimi. Ma una stima sommaria si può
azzardare: siamo nell'ordine di un fatturato sui 10 miliardi di euro. Reds
- Dicembre 2009
Sono ormai molti a pensare che il mercato del dopo-crisi
si gioca sugli standard tecnologici di domani e chi rimarrà indietro
sulla tecnologia verde perderà la gara al business.Secondo una stima
di Alessandro Marangoni, docente alla Bocconi e analista dell'economia ambientale,
nel complesso il settore ambientale (rifiuti, energie rinnovabili, disinquinamento,
salute e sicurezza, risorse agro-forestali) occupa circa 300mila addetti,
dei quali circa un terzo nella gestione rifiuti. In questo settore solo le
imprese private (350 con 20mila occupati) fatturano circa 2,5 miliardi. Quella della green economy è una tendenza che sarà
impossibile ribaltare, se è vero come è vero che novanta colossi
come General electric, Volvo e Air France hanno invitato i rispettivi governi
a fissare obiettivi per la riduzione di gas serra.Ma che cos'è la green
economy? Ma non c'è solamente l'energia dal sole. Nascono società
di servizi ambientali. Il dibattito tra costoro è tutto nel cercare di convincersi
reciprocamente, portando argomentazioni di vario tipo, che è possibile
accumulare una maggiore massa di profitti agendo in un settore piuttosto che
nell’altro.
Nei grandi paesi capitalisti occidentali stiamo assitendo ad un aumento della
coscienza ecologista dei consumatori al punto da spingere le aziende e gli
imprenditori a mettere in primo piano le questioni della difesa dell’ambiente
e della produzione ecosostenibile.
Anche nella grande politica internazionale, la tendenza di fondo è
ormai orientata a dare forte risalto alle scelte filo ambientaliste, come
ad esempio ha fatto il presidente statunitense Barack Obama e come anche il
nostrano Veltroni ha cercato di fare proponendo un’uscita dalla crisi
economica attraverso un piano di rilancio tutto incentrato sugli investimenti
in campo ambientale. Come poi è andata lo sappiamo tutti…..
Si potrebbe pensare che alla base di queste nobili tendenze dei governi vi
siano delle motivazioni etiche (e forse potrebbe anche essere vero), o anche
più semplicemente la volontà di autoconservarsi di fronte alla
minaccia della catastrofe planetaria; ma forse la verità vera stà
nel fatto che questa domanda di aria pulita che viene dal basso, dalla gente
comune, può rappresentare un mercato di sicuro interesse, con prospettive
di profitto molto serie per le borghesie locali.
Nelle fonti rinnovabili di energia il fatturato 2008 è stimato in circa
5,5 miliardi di euro, con un'occupazione di circa 30mila unità (solo
rinnovabili “nuove”, escluso cioè le tecnologie vecchie
come l'idrolettrico).
Per le rinnovabili è prevista la creazione di circa 100 mila posti
di lavoro ed è proprio il comparto delle energie rinnovabili uno tra
i più dinamici della green economy, al quale guardano sempre più
investitori e mercati finanziari. E quando si muovono questi signori è
perché l’odore del denaro è veramente molto intenso.
Il settore è uno dei pochi in forte crescita nonostante sia in corso
una fase di crisi generalizzata: nel 2008 in Europa oltre la metà della
nuova capacità produttiva del settore elettrico è stata generata
da fonti pulite.
Se fino a qualche anno fa la "sostenibilità" era per le imprese
una fonte di costo, era l'obbligo di adeguarsi alle normative o un impegno
volontario per diventare un'azienda migliore, oggi la "green economy"
è quel segmento economico che non è più una voce di costo
ma diventa un'occasione di fatturato, di arricchimento (in senso stretto ma
anche in senso figurato).
La "green economy" è proiettata verso l'esterno, verso il
mercato.
Infatti è un fiorire di idee, progetti e investimenti. La maggior parte
va verso la facile soluzione dell'energia fotovoltaica, ben incentivata. Secondo
il primo rapporto sull'energia fotovoltaica realizzato dalla Camera di commercio
di Milano e dal Politecnico di Milano, in Lombardia ci sono 6.024 impianti
per una potenza di quasi 57 megawatt (che si stima quadruplicabile nel 2011).
È la prima regione per numero di impianti (15,6% del totale) seguita
da Emilia-Romagna (10,1%) e Veneto (9,3%) mentre è seconda per potenza
prodotta (11,6%) dopo la Puglia (12,5%).
La Sendeco ha una delle principali borse delle emissioni di anidride carbonica,
e l'Ecoway negozia per conto delle aziende le quote di emissione.
Nino Tronchetti Provera tramite il fondo Ambienta I ha raggiunto i 217,5 milioni
di euro ed è il più grande fondo europeo specializzato in investimenti
nel settore ambientale.
La Sutter di Genova (d'intesa con il Wwf) e la Chanteclair lanciano i detergenti
ecologici in fialetta, da allungare con l'acqua. L'Ecomen usa prodotti riciclati
per ottenere sottofondi stradali di qualità e l'Intec ricicla le terre
di scavo nei conglomerati di calcestruzzo, mentre un'azienda centenaria come
la Boldrocchi di Biassono (Milano) è leader nella depurazione industriale
dell'aria: sue le tecnologie adottate dall'Enel nella centrale elettrica a
idrogeno – la prima al mondo – in completamento a Marghera.
A Torino si è appena tenuta la dodicesima edizione del Cinemambiente
Environmental Film Festival. La Total ha messo nella stazione di servizio
Arda Ovest di Fiorenzuola (A1) i pannelli solari e l'asfalto mangiasmog: è
a impatto zero perché annulla tutto l'inquinamento prodotto dalle auto
che vi passano.Si muovono anche le amministrazioni pubbliche.
L'Agenzia delle entrate ha vinto il premio CompraVerde perché ha lanciato
una gara per la fornitura di energia elettrica 100% verde destinata per due
anni a tutti uffici delle direzioni centrali.
La Fondazione Gianni Pellicani ha stimato in 880 milioni gli investimenti
pubblici e privati (in parte attivati e in parte previsti) per trasformare
Marghera nel polo della green economy.Ci sono poi le fiere, come le due maggiori
Ecomondo a Rimini e Solarexpo di Verona. Ma anche – qualche nome tra
mille – Zeroemission di Roma, Enersolar e Greenenergy alla Fiera di
Milano o Energethica di Genova.
Anche le fiere non specializzate nel tema "green" dedicano sezioni
al settore ecologico: per esempio a Parma la rassegna Cibus (con la Conergy
la Fiera di Parma ha avviato un impianto fotovoltaico da 1,7 megawatt) ha
lo spazio CibusTec dedicato al rapporto tra agricoltura e ambiente.
Ma nonostante tutta questa vivacità nel rincorrere questo settore dell’economia
da parte di importanti gruppi industriali e finanziari c’è un
elemento che non muta: il tasso di inquinamento del pianeta (aria, terra,
mare, ecc..) è in continuo aumento.
Siamo di fronte quindi a una contradizione: da una parte si inquina e dall’altra
si produce per non inquinare. E questa dicotomia, nei fatti non viene minimamente
messa in discussione, tant’è che ogni qualvolta i grandi della
terra si incontrano per discutere di clima, come alla recente conferenza di
Copenaghen, non raggiungono mai accordi significativi che vadano verso la
riduzione dell’immissione di inquinanti nell’ambiente.
Alla fine tutti si salutano con sorrisi e abbracci dandosi l’appuntamento
alla prossima conferenza.
E’ come se vi sia una legge superiore a cui tutti (inquinatori e disinquinatori)
sottostanno e li porta a riconosersi legittimità; questa legge superiore,
a nostro avviso, è quella del massimo profitto.
Il risultato finale è quello di un paradosso: quello della coesistenza
di due settori dell’economia che in nome del profitto fanno cose opposte,
ma non si contrastano perché non entrano in competizione tra loro.
Le industrie inquinanti competono tra loro come atrettanto fanno le imprese
operanti nelle green economy.
E’ come se un gruppo industriale scavasse buche nel terreno, difendendo
il suo diritto a fare buche e facendo profitti e un altro settore si preoccupasse
di coprire queste buche, facendo anch’esso profitti.
Ma poiché è sotto gli occhi di tutti che le cose continuano
andare di male in peggio è evidente che gli scavatori di buche se la
passano meglio; ma nessuno si sogna di dire a costoro di smettere di scavare
(il profitto è sacro), si preferisce invece continuare a coprirle,
affinchè tutti alla fine siano contenti.
Con questo non intendiamo dire che gli sforzi che si stanno facendo nella
direzione dell’investimento nel campo dell’economia verde siano
da scoraggiare, al contrario. Quello che deve essere scoraggiato è
l’investimento nel campo di produzioni inquinanti e dannose alla salute
delle persone.
Affinchè la green economy abbia successo, dal punto di vista dei bisogni
delle popolazioni povere del pianeta (ma anche di quelle dei paesi sviluppati)
occorre che parallelamente si intervenga in direzione di una colossale riconversione
di tutto il sistema produttivo mondiale. Riconversione che deve avere al centro
la tutela dell’ambiente e il bisogno di salute e pace delle popolazioni
tutte. E non la ricerca del massimo profitto.
Ma a questo punto il discorso si fa (come si dice) “politico”.
Per chi produrre, cosa produrre, quanto produrre, come produrre.
Se non si scioglie questo nodo, la green economy si rivelerà, così
come si sta rivelando, un’opportunità di profitto per un settore
di borghesia, senza risolvere anche in parte minima i problemi dell’ecosostenibilità.