American Beauty.
Analisi contenutistica del film (il film
visto dal punto di vista dei soggetti sociali oppressi). Di Michele Corsi. REDS.
Marzo 2000.
I film, come tutti
i prodotti della "cultura di massa" sono il risultato della congiunzione
di un'offerta, che è data dall'industria cinematografica, e di una domanda:
ciò che chiedono le masse degli spettatori. L'industria (l'offerta) è
costituita nell'"Occidente" da un gruppo di multinazionali prevalentemente
statunitensi: i film passano al setaccio di produttori e manager che ovviamente
non brillano, in forza della loro posizione sociale, di idee progressiste. Quando
andiamo al cinema per vedere un film "americano", possiamo nella gran
parte dei casi ignorare il nome del regista, perché questi è ininfluente.
Non mancano le eccezioni (Allen, Spike Lee, ecc.), ma la regola è quella.
Anche nel caso di American Beauty il regista inglese Sam Mendes è stato
scelto per dirigere un copione scritto da Alan Ball (che è anche produttore)
e che era piaciuto a Steven Spielberg (sua la casa di produzione Dreamworks).
Hanno scelto lui, ma potevano sceglierne altre centinaia. Il gruppo di persone
che gestisce l'industria cinematografica statunitense non è solo caratterizzato
dall'appartenenza ad una determinata classe sociale, ma dall'essere bianco,
anglosassone, maschile e adulto.
Il pubblico (la domanda) è molto eterogeneo, ma in gran parte costituito
da un soggetto sociale oppresso specifico: i giovani, maschi e femmine, specie
quelli di classe media che possono permettersi di andare al cinema regolarmente,
ecc. Tra questi i bianchi sono nettamente prevalenti. I produttori hanno ben
presente la composizione del proprio pubblico e in qualche misura devono soddisfarlo,
altrimenti non realizzeranno i loro profitti. Per questo troviamo in molti film
americani "rappresentato" il ribellismo giovanile. Del resto gli stessi
produttori hanno l'esigenza di non sollevare l'opposizione dei soggetti sociali
che dominano la società: non solo la borghesia, ma anche le chiese, gli
adulti in generale, i "maschi", ecc. Ne emerge dunque una "risultante",
che ci permette, valutando la produzione media, di dedurre qual è lo
stato dei rapporti di forza tra i vari soggetti oppressi ed oppressori della
società. È chiaro che stiamo parlando di media, vi sono
film che escono da questa risultante e che possono essere più o meno
sovversivi o più o meno reazionari: all'offerta serve dare prodotti
differenziati perché in questa maniera può capire meglio le esigenze
del pubblico (che comunque non soddisfa mai pienamente).
Bene, passiamo al film. Ecco la trama (chi ha già visto il film, può saltare il sunto).
America
Beauty (nome di una rosa che la moglie del protagonista cura amorevolmente)
è raccontato in prima persona da Lester Burnham (Kevin Spacey), cioè,
come si scoprirà nel finale, da un morto (stratagemma narrativo già
utilizzato in Sunset Boulevard, di Billy Wilder). Lui è il "padre"
di una di quelle tipiche famiglie di classe media che negli USA vivono fuori
dalle metropoli, in sobborghi di villette, con lunghi viali alberati, case senza
recinzioni, verde curatissimo. Lester è un quarantenne in crisi e fallito,
nella famiglia come nel lavoro. Comprende a seguito di un colloquio con un giovane
superiore, Brad, che, dopo quindici anni di lavoro nella sua ditta, verrà
licenziato. La moglie, Carolyn (Annette Bening), è agente immobiliare
"in carriera" e, in buona sostanza, lo disprezza. Hanno una figlia
adolescente Jane (Thora Birch), profondamente insoddisfatta, soprattutto dei
genitori, e che ha un'amica, Angela (Mena Suvari), profondamente dedita al culto
di se stessa.
Si stabilisce vicino a loro una famiglia composta da: un colonnello dei marines
fanatico e militarista, Fitts (Chris Cooper), una moglie ridotta in stato catatonico
si suppone dall'autoritarismo del marito, Barbara (Allison Janney), e un figlio,
Ricky (Wes Bentley), che il padre ha costretto per un periodo in un ospedale
psichiatrico perché sorpreso con droga e posto sotto un controllo terroristico
da parte del genitore. Ricky ha la mania di filmare tutto con una videocamera
e si invaghisce di Jane, che all'inizio è infastidita e poi attratta
dal ragazzo, considerato invece dall'amica, che non riesce a tollerare di essere
da lui ignorata, uno squilibrato.
Lester intanto si innamora di Angela, cosa che umilia sua figlia, ma lusinga
l'amica, e cerca di recuperare un aspetto giovanile cominciando a far pesistica,
sport, ecc. mentre non perde occasione di far la corte alla ragazza. Lester
fa amicizia anche con Ricky che si scopre essere in realtà uno spacciatore
ed acquista da lui regolarmente del fumo. Carolyn intanto stringe un rapporto
con un suo concorrente, Buddy Kane (Peter Gallagher), finendoci a letto.
Sul lavoro, Lester, sapendo
comunque di non avere altra scelta, prende lui l'iniziativa di farsi licenziare
ma con una serie di ricatti costringe la ditta a concedergli una forte liquidazione.
Precipita la relazione con Carolyn dato che il marito si "ribella"
a tutte quelle che sino ad allora erano state le imposizioni della moglie (la
scelta della musica durante l'ora di pranzo, la casa lucida, ecc.), mentre Jane
e Ricky nel frattempo si mettono insieme. Lester trova lavoro in un fast food
e scopre la moglie e l'amante mentre si baciano; a quel Buddy Kane lascia Carolyn
gettandola nella disperazione. Per una serie di equivoci il colonnello Fitts
immagina che il figlio sia un omosessuale e che sia stato corrotto dal vicino
di casa Lester, per questo caccia di casa Ricky, poi pare che sia deciso a regolare
i conti con Lester, ma quando gli è vicino cerca di baciarlo. Ricky chiede
a Jane di scappare con lui, e la ragazza accetta. L'amica umiliata dalle frasi
che Ricky le rivolge, raggiunge Lester. I due amoreggiano ma quando lei gli
dice di essere vergine Lester non si spinge oltre. Lester è quindi ucciso
da un colpo di pistola del Colonnello Fitts.
Le valutazioni sul film.
Il
film è stato presentato sui giornali specializzati e non come una forte
"denuncia" della famiglia media americana. La stessa pubblicità
del film tende ad accreditare questa interpretazione: il trailer USA ci mostra
una serie di inquadrature intercalate dalla scritta "look closer",
cioè "guarda più vicino". Un movimento per scoprire
cosa c'è dietro il perbenismo "piccolo borghese". "Requiem
per il Sogno Americano" (Ciak), "la famiglia americana spietatamente
messa a nudo" (Corriere della Sera), "ritratto di un'american
way of life impastata di risibile caducità" (Duel). Tutte
le recensioni, sempre positive ne magnificano il "sovversivismo".
In questa nostra recensione metteremo in discussione questo approccio. Ripetiamo
che il nostro non è un giudizio sui pregi estetici dell'opera e a scanso
di equivoci dichiariamo che la recitazione degli attori (tutti) è assolutamente
impeccabile, quasi da manuale, la regia non banale, il montaggio denso e con
qualche sprazzo di originalità, la sceneggiatura calzante e incisiva.
A noi però interessa altro.
Il conflitto di classe secondo American Beauty
Da American Beauty possiamo dedurre alcune interessanti notazioni sullo stato della classe lavoratrice americana. Il film si occupa di una sua frazione privilegiata (che negli USA viene chiamata "middle class") che riesce a permettersi una villa (anche se pagata con il mutuo, come veniamo a sapere nel film), un gran macchinone (ma non troppo grande, perché quello potrà permetterselo Lester solo dopo aver intascato la liquidazione), un sobborgo tranquillo e senza... troppi neri intorno (nel film non se ne vedrà nemmeno uno). Eppure anche questo settore di classe media vede pendere sulla propria testa lo spadone della precarietà e della retrocessione sociale. Rispetto all'Italia dove la classe media gode di una stabilità sociale maggiore (secolare, oseremmo dire), là il capitalismo non risparmia nessuno, a parte i capitalisti stessi. La scena della preparazione al licenziamento (Lester viene chiamato a stendere un rapporto su ciò che sta effettivamente facendo al lavoro) è molto conosciuta negli USA. Una scena simile in Italia non si sarebbe potuta girare. In una grossa ditta (qual è quella dove Lester lavora) il licenziato avrebbe subito "messo di mezzo i sindacati". Grazie ad un riflusso più grave e prolungato di quella della classe lavoratrice europea invece, negli USA il dipendente è da solo nel confronto con lo strapotere padronale.
La prima scena è dunque realistica. La seconda molto meno. Ci viene mostrato Lester che torna da Brad, il superiore, e invece di presentare un rapporto, sapendo che comunque lo avrebbero licenziato, consegna uno scritto provocatorio e per ottenere una liquidazione molto profumata fa ricatti assai poco credibili, ma che hanno un immediato successo. Lester esce trionfante dal confronto con Brad. Il problema non è la scarsa credibilità del ricatto (nei film è accettabile anche di peggio), ma la via d'uscita con cui ci si mostra un Lester vincente: una via d'uscita individualista, fondata sulla "furbizia" e in fin dei conti sull'illegalità: la minaccia di ricatto. Lester troverà presto un impiego in un fast food. Cosa questa invece molto realistica, dato che negli USA tramite una serie successivi di licenziamenti gran parte delle persone è costretta ad una carriera al contrario, retrocedendo la posizione sociale all'avanzare dell'età. Il film dunque dà un quadro esatto della situazione di precarietà sociale della classe media americana, ma ne delinea una via d'uscita totalmente astratta ed individualista.
Ci si dirà: "e cosa pretendevate, che Lester si mettesse a organizzare uno sciopero?". Noi non pretendiamo nulla, ci limitiamo a constatare che tra le migliaia di scene possibili (Lester ad esempio non viene mai visto confidarsi o consigliarsi con nessuno dei suoi colleghi, né lamentarsi dell'ingiustizia della situazione) il film ci mostra un Lester vincente nel momento in cui sceglie una via individualista. E permetteteci di dire che è una strada che nella realtà è inverosimile almeno quanto quella di uno sciopero.
Altra scena
dello stesso tenore è quella in cui Ricky e Lester parlano fuori dal
bar dove Ricky lavora: esce il padrone e dice: "non ti sto pagando per
fare... qualsiasi cosa tu stia facendo"; e Ricky: "Quindi non mi paghi!";
padrone: "Scusa?"; Ricky: "Me ne vado. Così non deve pagarmi.
E adesso mi lasci solo". Lester commenta ammirato: "penso che tu diventerai
il mio eroe personale". La scena ci mostra la crudezza del lavoro dipendente,
e poi un episodio di ribellione individualistica, che Ricky tra l'altro si può
permettere perché il lavoro è per lui solo una copertura agli
occhi del padre dei guadagni che si procura con l'attività di spacciatore.
Il piccolo problema è che nella realtà nessuno può permettersi
ribellioni individuali, vederle sullo schermo consola chi le vede, ma non gli
fornisce nessuna indicazione realistica. È implicito inoltre il messaggio
che sono più tollerabili scelte "delinquenziali" ma individualiste
(presentate simpaticamente nel film), che scelte di impegno collettivo (neppure
ventilate). Del resto gli USA sono un Paese dove gli scioperi sono pochissimi,
ma dove ogni anno vengono uccisi dai propri dipendenti (di solito a causa di
licenziamenti) una media di 200 manager o padroni.
Il film comunque dà una visione molto critica di una serie di conseguenze
del capitalimo sfrenato. Ad esempio la "brama di successo" che si
impone ovunque con la sua carica di alienazione ed infelicità nel film
è impersonata da Carolyn e da Buddy Kane, due personaggi animati dalla
voglia di riuscire e dall'aggressività sociale (per "sfogarsi"
vanno a sparare). Anche se con molte contraddizioni: alla fin dei conti il sogno
di Lester è comprarsi un gran macchinone, cosa assolutamente verosimile
(gran parte dei lavoratori ha lo stesso sogno), ma che il film ci mostra come
segnale "positivo" di ribellione.
L'omosessualità secondo American Beauty
Il film ha un punto di vista progressista sulla questione omosessuale. Ci mostra una coppia di omosessuali in giacca e cravatta, davvero molto gentili (offrono un dono alla famiglia appena arrivata): Jim1 (Sam Robards) e Jim 2 (Barry Del Sherman). Inoltre ridicolizza l'omofobia del Colonnello Fitts; anzi, di più: ci fa supporre che proprio l'omosessualità repressa sia la causa della sua inaudita aggressività. Il film si sforza di dirci: "qualsiasi discriminazione verso gli omosessuali non solo è sbagliata, ma è anche ridicola, e forse pericolosa". Per far questo i suoi autori ci mostrano gli omosessuali dichiarati come persone tranquille, simpatiche, integrate, borghesi, "gente come noi". Insomma: personaggi assolutamente inoffensivi. Certo non ci aspettavamo che un film americano ci indicasse gli omosessuali come un nuovo soggetto rivoluzionario; se un film di Hollywood ce li mostra così vuol dire che la situazione degli omosessuali USA è un po' meglio di quella italiana, dove gli omosessuali vengono solitamente dipinti nei nostri film come esseri ridicoli, macchiette.
Il conflitto
generazionale secondo American Beauty
Ben descritto,
a nostro avviso, nel film. I meccanismi conflittuali tra Jane e i genitori sono
riportati con una esattezza ed una verosimiglianza che pensiamo molti adolescenti
saranno portati a riconoscersi. Così le strazianti scene dei pranzi in
famiglia, i patetici tentativi da parte dei genitori di fare gli "amici"
dei figli, l'attrazione adolescenziale per gli "strambi" ed in generale
l'eversivo, l'aria imbronciata, insoddisfatta e sostanzialmente depressa, il
rapporto un po' masochista e un po' falso delle due amiche, l'orrore delle serate
in famiglia davanti al televisore, il culto per i propri angoli casalinghi incontaminati
dalla presenza degli adulti, ecc.
Anche qui però ad una visione realista dell'oppressione generazionale si unisce un'offerta di vie di uscita davvero parziale e a tratti ambigua. Ad esempio nella scena in cui la madre Carolyn dà uno schiaffo alla figlia si intuisce che di schiaffi la ragazza ne deve aver ricevuti pochi. Seguono alcune inquadrature dove il volto di Carolyn non mostra indignazione o senso di umiliazione, ma stupore e con la stessa espressione si guarda allo specchio. Come dire: forse era questo quel che mancava, un po' di autorità. Lo deduciamo mettendo insieme questa scena insieme ad un'altra dove Jane racconta a Ricky della rabbia che gli fa il padre: lei avrebbe voluto avere un padre che le "facesse da modello", che la "strutturasse" di più. Lo spettatore è portato a dedurre che avrebbe avuto bisogno di un padre più autorevole; il film in pratica sembra dirci: "genitori, non dovete essere come il Colonnello Fitts che massacra il figlio di botte, ma del resto siate un po' più autoritari e forti, siate dei 'modelli'". Il messaggio cioè è rivolto ai genitori e non ai figli.
Alla
fine lo stesso Ricky è costretto ad andarsene di casa perché lo
manda via il padre, ma non riusciamo a capire come mai non ci avesse pensato
prima da solo. Non troviamo mai i figli a contestare i modelli di vita dei genitori.
Viene cioè ben descritta l'insoddisfazione adolescenziale, ma ci si guarda
bene dal indagarne sul serio le ragioni.
Il film poi, molto furbescamente, si mette in sintonia con la particolare spiritualità tipicamente giovanile: mistica, senza dogmi, esistenziale, panteista; quella che ha prodotto la fortuna attuale della new age. E in realtà sembra questa l'unica uscita proposta ai giovani, una soluzione totalmente astratta (dice Ricky: "a volte scopro tanta bellezza nel mondo che mi sento come se non potessi contenerla", mentre mostra a una Jane commossa il filmato di un sacchetto di plastica mosso dal vento).
Il conflitto uomo/donna secondo American Beauty
Se la nostra analisi finisse qui diremmo: bene, l'ideologia di American Beaty non è certo rivoluzionaria, ma, visti i tempi, abbiamo imparato ad accontentarci anche di molto meno. Memori tra l'altro di un lontano passato dove film assai comunisti ci facevano assai stramazzare dalla noia sotto poltrone di cinema deserti. Quindi diciamo che quando troviamo un film con un implicito messaggio anche blandamente progressista, in generale siamo contenti e soddisfatti, pur con tutte le riserve del caso. Ma c'è un piano, un po' nascosto, quello del rapporto uomo/donna, dove invece il film esprime un messaggio implicitamente reazionario. Non è un messaggio maschilista, ma semplicemente misogino.
Il film mostra un luogo tipico della mentalità maschile: la moglie rompicoglioni. I maschi, come tutti i soggetti sociali oppressori, sono portati a pensare che la ragione delle proprie insoddisfazioni risieda nell'esistenza degli oppressi, cioé nelle donne. Il colpevole non è il capoufficio prepotente, il caporeparto arrogante, il governo che protegge i ricchi: i maschi "non arrivati" (perché quelli "arrivati" hanno l'amante) addossano le colpe delle loro insoddisfazioni e frustrazioni sulle mogli. Pare loro che, se non ci fossero quelle rompiscatole, avrebbero potuto vivere indicibili avventure, e, dopo essersi consolati con questo rassicurante pensiero, si ficcano nei piedi le pantofole e s'addormentano russando di fronte al televisore. Qualche mese fa, all'epoca del boom del Lotto, il Corriere della Sera aveva promosso un sondaggio in cui aveva chiesto che cosa gli intervistati avrebbero fatto se avessero vinto sessanta miliardi. La gran parte delle donne rispondeva: una casa nuova, oppure risparmio per i figli, un viaggio con la famiglia, ecc. La stragrande maggioranza degli uomini rispondeva invece: mi troverei una moglie giovane e bella e me ne andrei a vivere in terre lontane. L'immaginario dei maschi, nonostante secoli di pretesa civilizzazione, è ancora quello della caverna, o, nel migliore dei casi, dell'harem.
Mentre nella prima parte il film ci mostra il padre alle prese col licenziamento, vi è uno slittamento progressivo in cui il suo conflitto evidente non è più contro "il sistema" (nel nuovo posto di lavoro sembra trovarsi benissimo ed è in confidenza con la capa), ma con la moglie. È la moglie che non ha più interessi sessuali nei suoi riguardi e lo "costringe" ad una frenetica attività onanistica oltre che a correre dietro alle ragazzine; è la moglie che proprio quando lui cerca di sedurla ricordandole quanto era "diversa" in gioventù lo interrompe intimandogli di non versare la birra sul sofà che è costato un mucchio di soldi; è la moglie che impone la musica durante il pranzo, che gli impediva di comprare l'auto dei suoi sogni; è lei che tradisce per prima, ecc. È in buona sostanza lei che, dopo che Lester si è liberato dalla costrizione del lavoro dipendente, si frappone tra lui e la libertà. Il personaggio di Carolyn è l'unico che è visto senza pietà, senza attenuanti. Vi è solo un passaggio nel primo tempo dove lei si schiaffeggia per smettere di piangere e che apre un piccolo momento di comprensione, ma subito viene chiuso. Il suo personaggio è caricaturale, senza speranza, è collocata in una serie di situazioni che servono a renderla ridicola, antipatica, a sottolineare il suo devastante conformismo. Si dirà: anche Lester è visto in maniera ridicola: certo, ma Lester è salvato sempre dalla sua bruciante autoironia che serve a rendercelo simpatico. Inoltre Lester è presentato come il ribelle del film, quello che si rivolta contro tutte le convenzioni. Carolyn invece non si ribella mai, non cambia, non ci stupisce. Ci è concesso persino di "comprendere" il fascista colonnello Fitts (intuiamo che l'origine della sua aggressività sta nell'omosessualità repressa), ma nessuno spiraglio di comprensione è aperto su Carolyn.
E la figlia Jane, non è forse un personaggio positivo? Non decide forse di andarsene? Sì, ma solo dopo che ha trovato il principe azzurro, un po' strampalato, ma pur sempre maschio salvatore. La cosa, sia ben chiaro, è del tutto verosimile. Abbiamo sufficiente pratica nel lavoro di base con le adolescenti per sapere che in effetti la gran parte delle ragazze vede come via di uscita alla propria condizione di doppia oppressione (generazionale e di genere) il trovare il "ragazzo giusto". Naturalmente il ragazzo non è mai giusto, dato che la specie dei "ragazzi giusti" non ha avuto per ora molta fortuna sulla nostra terra, per cui il tutto si trasforma in una nuova schiavitù. Il film ci mostra Ricky così dolce e romantico, così mistico, certo, un po' spacciatore, ma del resto ha avuto una vita così dura... Il film insomma rafforza nelle adolescenti (cioè il grosso del pubblico di questo film, come di tutti i film, negli USA), la convinzione che l'unica salvezza è l'arrivo di una qualche specie di principe azzurro, e che forse conviene pure accontentarsi. Viene mostrato invece in maniera totalmente negativo il rapporto di amicizia tra Jane e Angela. Angela si serve di Jane come specchio narcisistico, e la relazione pur essendo evidente che non la entusiasma, non è mai messa esplicitamente in discussione da Jane; è Ricky a "compiere giustizia" e a denunciare il rapporto falso che c'è tra loro due, umiliando Angela e dicendole a voce alta ciò che gli spettatori sono stati indotti a pensare per tutto il corso del film ("Non sei bella, sei noiosa, sei una donna qualunque. E tu lo sai"). Anche Angela è una figura caricaturale, senza brecce, senza giustificazioni, senza sorprese, senza cambiamenti.
Lester rischia di cadere in basso nella considerazione del pubblico solo nel momento in cui cerca di portarsi a letto l'amica della figlia. Ma un film americano di Hollywood può permettersi tutto, ma non di far crollare la figura del "padre". Così, siamo costretti a subire la ridicola scena del padre che, dopo un intero film pieno di sogni erotici e concrete avance nei riguardi di Angela, quando sta per arrivare al dunque, alla notizia che questa è vergine, lascia perdere e la stringe paternamente a sé, dopo essersi preoccupato di metterle un panno addosso perché non prendesse freddo. Una scena per lanciare il messaggio: "lo vedete che questo Lester è proprio simpatico, certo stava per fare una cosa disgustosa, ma si è accorto in tempo e si è fermato". Quanto sia verosimile quella scena lasciamo giudicare ai lettori, a noi pare che il suo intento ideologico sia evidente.
Per essere certi che il giudizio del pubblico sul "padre" sia alla fine assolutorio lo si mostra chiedere nei due minuti finali ad Angela se la figlia è felice, dato che a lui (chissà perché, verrebbe da dire...!) Jane non dice più nulla. Dulcis in fundo: cosa sta facendo Lester nel momento in cui viene ucciso? Sta guardando con aria nostalgica la foto di famiglia quando questa era unita e felice. Muore col sorriso sulle labbra. Povero Lester: che t'hanno fatto fare! Lo sentiamo in voce fuori campo che ci racconta, dall'aldilà, come la vita sia così bella che il suo cuore si sente scoppiare. Qual era l'idea di felicità di Lester però, a parte comprarsi un macchinone e portarsi a letto le amiche della figlia, non ci è dato sapere.
Non siamo mai contenti, si dirà. Siamo schiavi del politically correct, sentiamo mormorare. Noi diciamo: dateci un film americano destinato al pubblico di massa che ci mostri un "padre" integralmente insopportabile, senza padri buoni nei paraggi in cui i maschi adulti possano identificarsi per non essere turbati, e vi promettiamo una recensione soffice soffice.
links:
http://www.americanbeauty-thefilm.com/index_main.html
http://us.imdb.com/Title?0169547
http://www.amazon.com/exec/obidos/subst/video/misc/dreamworks/american-beauty/ab-home.html