Celebrare un nuovo vero Concilio?
Contributo della Comunità cristiana di base di san Paolo al IV convegno ecclesiale italiano di ottobre a Verona. Di Luigi Sandri (Fonte: Tempi di Fraternità, n° 7 – agosto-settembre 2006)
. Reds - Settembre 2006


L' avvio di un percorso conciliare della Chiesa cattolica italiana che sfoci infine nella celebrazione di un vero Concilio che, sulla scia del Vaticano II, apra una stagione di riforme evangeliche che permettano di annunciare in modo credibile che «Cristo è veramente risorto».

E’ quanto propone la Comunità cristiana di base di san Paolo in un suo contributo in vista del IV Convegno ecclesiale italiano che si terrà dal 16 al 20 ottobre a Verona, sul tema Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo. Del testo diamo qui una sintesi (la versione integrale si trova in Adista n. 42 del 3 giugno e all’indirizzo web: http://www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=21290).

Il primo capitoletto del documento affronta i difficili problemi teologici legati al come della risurrezione di Cristo: «Il capitolo 20 di Giovanni [l'apparizione di Gesù a Maria Maddalena] non è la narrazione di un'esperienza sensibile, di un incontro con gli occhi del corpo; perciò non va letto come l'accurata descrizione di un fatto di cronaca. Il Risuscitato, infatti, rifulge di luce ultramondana e inesprimibile: quando mai Maria Maddalena sarebbe potuta cadere in un equivoco, e confondere il Vivente con un comune mortale?

Perché il racconto, proprio per come è costruito, vuole farci intravedere qualche cosa di diverso da quello che emerge a prima vista; e, cioè, ripeterci con immagini poetiche il leit-motiv dominante: Gesù, dopo essere stato ucciso (come tutti avevano constatato), ora vive di una nuova vita. Il Dio della vita così ha voluto per Lui, come ha voluto e vuole per tutte e tutti i "giusti" venuti su questa terra prima di Lui, e per quelle e quelli che verranno dopo di Lui, fino alla fine del mondo. Ma questa volontà divina non è dimostrabile: perciò la Risurrezione non si può provare storicamente, mentre si può provare storicamente la fede delle discepole e dei discepoli nella Risurrezione di Gesù?» [n. 5].

II documento, distinguendo tra fede e sua formulazione, rileva: «Anche se cadono i racconti mitici, o i rivestimenti culturali e paradigmatici con cui le Scritture hanno cercato di spiegare il mistero della risurrezione e di descrivere l'incontro con il Vivente, non cade assolutamente il cardine e l'archetipo di tale annuncio, e cioè che Dio talmente ha amato Gesù da farlo vivere per sempre oltre la morte, così come il Padre ha fatto e farà con tutti i suoi amati figli e figlie di tutti i popoli, di tutte le religioni e di tutti i tempi, che in questa terra avranno, secondo la loro coscienza, operato con amore e aperti alla solidarietà» [n. 12].

Il secondo capitoletto osserva: «Proprio ad una donna, Maria Maddalena, il Risuscitato affida il compito di annunciare ai "fratelli" e ai "discepoli" la sua risurrezione... Se le donne sono le prime a credere nella risurrezione, e ad annunciarla a Pietro e agli altri, vi saranno mai, nella comunità cristiana, ministeri per volontà di Dio negati ad esse? Molte sono le ragioni - culturali, cultuali, antropologiche, storiche, teologiche - che hanno portato le Chiese, nei secoli, ad escludere progressiva-mente la donna dai ministeri, riservando questi al maschio.

Ma oggi - risvegliati dal femminismo, dal progredire della società, oltre che da una rinnovata riflessione biblica e da un accurato ripensamento teologico - riteniamo non più possibile continuare a sostenere, e attribuendo questo NO alla volontà permanente di Cristo, che le testimoni della risurrezione di Gesù non possono presiedere la Cena del Signore, che è appunto il memoriale della morte e risurrezione di Lui [n. 28].

Domandandosi «a quale Italia e come» la Chiesa cattolica sia chiamata a testimoniare la risurrezione, il testo afferma: «Oggi forte incombe una tentazione sulla gerarchia cattolica italiana: quella di una sorta di volontà di “rivincita". Sconfitta nei referendum sulle leggi sul divorzio nel 1974 e sull'aborto nel 1981 (quando essa, salvo eccezioni, si spese per far prevalere il SI all'abolizione delle rispettive leggi), ma galvanizzata dalla "vittoria” del referendum sulla procreazione medicalmente assistita, nel giugno 2005 (quando essa esortò cattolici e non cattolici a disertare le urne, per far mancare il quorurn e quindi rendere nulla la consultazione), cerca in ogni modo di dimostrare quanto la Chiesa cattolica conti nella formazione della coscienza, anche civile, del paese.

Si sostiene, nei fatti, una specie di religione civile degli italiani, che sarebbe appunto il riferimento al Cristianesimo così come interpretato dai vertici ecclesiastici, e come applaudito dai teocon nostrani che, privi di altri ancoraggi culturali, si aggrappano - pur professandosi arditamente non credenti - alle mitrie papali ed episcopali. Un Cristianesimo visto come l’unica religione che abbia un'etica degna di questo nome, e perciò considerato dirimente per orientare le decisioni di coscienza della gente, cristiana e non, cattolica e non, partendo dal principio che le indicazioni etiche proposte dalla Conferenza episcopale italiana non sono postulati legati alla professione di fede cattolica, ma esplicitazioni dell'etica umana universalmente valida, un'etica la cui chiave di interpretazione Dio avrebbe affidato solo al magistero ecclesiastico cattolico. Né questa presunzione è scossa dal fatto che altre Chiese cristiane - pur esse gelosissime della Parola del Signore - ritengono eticamente fondate delle scelte che per la Cei sono, invece, inammissibili. Quasi che l'etica proposta da tali Chiese, come del resto dalle varie Religioni, fosse inesistente o irrilevante» [38].

Infine, nel quarto capitoletto il testo constata come molti input del Vaticano Il - soprattutto quelli legati alla partecipazione del popolo di Dio e alla collegialità - siano rimasti, nella Chiesa italiana, inattuali. Che fare, allora? Ecco l'ardita proposta della CdB di san Paolo: «Mentre di cuore auspichiamo che anche a Verona emergano voci e testimonianze che innervino la piattaforma ufficiale davvero povera di proposte innovative. abbiamo l'impressione che la stagione dei Convegni ecclesiali, come finora celebrati, sia esaurita. Bisognerebbe voltare pagina, finalmente, e volare alto. Dopo Verona non sarebbe dunque il caso di cominciare ad ipotizzare un percorso conciliare che sbocchi poi effettivamente in un Concilio della Chiesa cattolica italiana?

Questo cammino, e poi questo evento sarebbero il luogo e lo strumento opportuno ove affrontare problemi nodali e incombenti: la laicità dello Stato; il Concordato e le Intese applicative; il rapporto tra normative ecclesiastiche e leggi civili; la connessione tra il ministero del vescovo di Roma, "primate d'Italia”, e la Chiesa italiana; lo statuto della donna nella Chiesa (senza eludere il problema dei ministeri ordinati); lo statuto del presbitero e la sua formazione alla sessualità; il rapporto clero/laicato: la questione dei divorziati risposati e delle coppie di fatto, etero e gay; il pluralismo teologico; l'ecumenismo; il dialogo interreligioso; la profezia della pace, con un appello solenne contro gli armamenti nucleari e la minaccia del loro uso come first strike "dissuasivo"; la povertà della e nella Chiesa.

Ciascuno di tali (e altri!) problemi dovrebbe essere affrontato - invitando i battezzati, uomini e donne, a parteciparvi responsabilmente - a livello parrocchiale, di “unità pastorale", e poi a livello diocesano; e, quindi, con delegate e delegati eletti, o comunque scelti con ampia rappresentatività, dal Concilio vero e proprio» [55].

Un brano di una poesia di padre David Maria Turoldo quasi condensa, a conclusione, il senso del documento della CdB di san Paolo: Io voglio sapere / se Cristo è veramente risorto / se la Chiesa ha mai creduto / che sia veramente risorto. / Perché allora è una potenza / schiava come ogni potenza? / Perché non batter le strade / come una follia di sole, / a dire: Cristo è risorto, è risorto? / Perché non si libera dalla ragione / e non rinuncia alle ricchezze / per questa sola ricchezza di gioia?