Spe
salvi
Dico la mia sull'Enciclica del Papa.
Di don Giorgio De Capitani. Reds - Dicembre 2007
La seconda enciclica di Benedetto XVI, “Spe salvi”, non penso che
passerà inosservata. Prevedo numerose critiche nei riguardi dello stile,
del linguaggio, di alcune prese di posizione. Lo spero.
Già dalle prime pagine ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte
ad una tesi puramente accademica, tirata fuori dal cassetto, dove era rimasta
chiusa per tanti anni. Una tesi del resto datata, che non rispecchia la realtà
moderna.
Una tesi, dunque, che allontana il lettore medio, mentre il colto, che non è
abituato a trattare di teologia, crede di capire, ma in realtà non capisce
nulla.
Mi chiedo: se la Chiesa inizialmente scriveva queste lettere o encicliche agli
addetti ai lavori e ai vescovi, i quali poi erano costretti a tradurre il messaggio
al popolo di Dio, che se ne fregava altamente, oggi non è possibile fare
un salto, cioè far sì che il Papa si rivolga direttamente ai suoi
fedeli, i quali non chiedono intermediari, ma la voce diretta del loro supremo
Pastore? Ma perché ciò sia possibile, occorre cambiare il linguaggio.
Chi avrà il coraggio di leggere l’enciclica “Spe salvi”
fino alla fine? Promessa: vita eterna! Un’enciclica veramente scoraggiante,
per non dire, almeno nella sua prima parte, incomprensibile.
Da tempo sto dicendo che, mentre i nostri politici sanno comunicare bene le
loro stronzate, che arrivano così dirette al cuore del popolo di Dio
tanto da farsi stronzo perfetto, perché noi credenti nella Parola eterna
siamo così accademici, freddi, tanto da non incidere per nulla sul cuore
della gente? Abbiamo la Parola, e la lasciamo incartata. Abbiamo la Parola,
e non sappiamo comunicarla. Abbiamo la Parola fattasi carne, e la rendiamo tesi
di laurea che va bene per prendersi un titolo onorifico o per far carriera nella
gerarchia ecclesiastica. Quando capiremo che abbiamo perso l’uomo d’oggi
proprio perché rimaniamo chiusi in un mondo dottrinale per addetti ai
lavori? Il popolo di Dio ha bisogno di una parola, calda, semplice, “sine
glossa” come ha scritto nel suo testamento Francesco d’Assisi. Come
si può parlare di speranza, e lasciare in chi legge il cuore freddo?
Guardando e ascoltando Roberto Benigni mentre spiegava il V canto dell’Inferno
di Dante, pensavo: perché il Papa non prende Benigni come suo portavoce?
Immaginate Benigni che comunica col suo stile la parola del Papa? Avremmo milioni
di persone che lo ascolterebbero. E la Chiesa ne guadagnerebbe.
Basta con i documenti ufficiali della Chiesa che rimangono lettera morta. Basta
con le omelie dotte ma aride, asettiche, disincarnate dalla realtà.
La Chiesa deve trovare un linguaggio, pur suo, ma che sia comunicativo al massimo.
Ma non abbiamo ancora capito che, ad esempio, le stronzate di Berlusconi valgono
più della parola del Papa? Perché Berlusconi trascina milioni
di coglioni, mentre il Papa non riesce a parlare neppure all’unica pecora
rimasta nell’ovile?
Cambiamo rotta. Se vogliamo riconquistare il mondo moderno, parliamo al cuore
della gente, come sapeva fare Giovanni XXIII. Meno teologhese! Ne abbiamo piene
le palle! Per questo Berlusconi ce le ha prese e ci ha messo sopra il suo preservativo!
A parte il linguaggio scoraggiante, l’ultima enciclica del Papa lascia
perplessi per alcune affermazioni sul marxismo, sull’ateismo, sulla scienza
moderna. A dire il vero qui si rivela una chiusura per me spaventosa, pericolosa.
Non entro nell’analisi dei termini usati - siamo al solito gioco accademico
che lascia ancor più disorientato il popolo di Dio -, ma vorrei solo
dire alcune cose, che sono mie opinioni personali.
Quando parla di marxismo, la Chiesa, prima di accusare, dovrebbe fare il mea
culpa, e chiedersi il perché è sorto il marxismo. Aspetto che
la Chiesa, dopo aver chiesto il perdono per tanti errori del passato, lo chieda
anche per come ha trattato i comunisti, condannandoli alle pene dell’inferno.
Solo una domanda: in quel secolo in cui il marxismo dava speranza a milioni
di operai, la Chiesa dov’era? È vero o no che milioni di sfruttati
hanno sperato in un avvenire nuovo con l‘avvento del comunismo? Non mi
si venga a dire che poi, poi, poi è successo quello che è successo.
E allora, se dovessi giudicare il cristianesimo dal comportamento della Chiesa
in certi periodi storici, che dobbiamo dire?
E lì addosso al marxismo per il fatto che era una filosofia atea. Già
l’ho detto che si può negare dire Dio per esasperazione, vedendo
una religione che tradisce Dio stesso. Qual è la cosa peggiore: una filosofia
atea o una religione atea?
Ancora: a che serve ribattere il chiodo del marxismo, quando il vero colpevole
delle tragedie del mondo non è l’ateismo in sé (dicono che
Cristo sulla croce abbia toccato anche lui i brividi dell’ateismo), ma
il capitalismo, quel mostro che fa uso del nome di Dio per oliare meglio gli
ingranaggi del mercato?
Nell’enciclica non ho trovato una parola di condanna di questo mostro
infernale. Ma - sento dire - il capitalismo non è una filosofia atea.
Che bestemmie stai dicendo? Anche il demonio non è ateo: è il
più grande credente nell’esistenza di Dio! Se non credesse, perché
lo combatterebbe? Il capitalismo non è ateo, ma in nome di Dio distrugge
i Valori di Dio.
Carlo Marx credeva nell’Uomo. Non è vero che lo vedeva solo nel
suo aspetto materiale. Non è vero. È una bugia. Un falso storico.
E se riteneva che la società cambiasse cambiando le regole del mercato,
il capitalismo le regole del mercato ce le ha nel sangue, e se le tiene governando
il mondo fin da Adamo e Eva. C’è differenza abissale tra marxismo
e capitalismo. Il marxismo è nato con la buona intenzione di cambiare
il mondo sull’Uomo, il capitalismo vuole governare il mondo sul dio denaro.
Sei così cieco da non vederlo?
Consiglierei al Papa di leggere qualche pagina di don Primo Mazzolari quando
mette a confronto il marxismo e il cristianesimo, soprattutto lo inviterei a
leggere il libro “Rivoluzione cristiana”. Cito solo queste parole:
«Quantunque la nostra rivoluzione sia un fatto prevalentemente spirituale,
non può né vuole dimenticare che il Regno di Dio abbraccia anche
il temporale e che la giustizia economica, pur essendo di grado meno eminente,
precede quasi sempre la giustizia spirituale. Il materialismo storico è
giustificato da uno spiritualismo disincarnato o antistorico. Benché
siano superiori i beni dello spirito, e tali rimangano in qualsiasi circostanza,
urge subito provvedere ai bisogni del corpo se vogliamo salvaguardare e provvedere
i beni spirituali. Il guscio vale assai meno del seme: però, senza di
esso, il seme può perdersi e non germinare.
La Chiesa deve condannare il capitalismo, ancor di più di quanto ha fatto
nei riguardi del comunismo. Ma... capisco: noi degli uomini ce ne freghiamo,
ci interessa salvare Dio dall’ateismo! Però dei soldi dei capitalisti
non ce ne freghiamo, ci interessano per salvare Dio dall’ateismo!
Sulle affermazioni del Papa sulla scienza, vorrei che qualche scienziato dicesse
la sua. Dico solo che la Scienza merita rispetto, accoglienza, fiducia. La Scienza
non è al servizio della fede, mentre è la fede che non può
fare a meno della Scienza. In certi campi - salute, ambiente, i prodotti della
terra (Ogm, ad esempio) - è la Scienza che deve precedere la Fede, non
viceversa. Anche sulla vita, è la Scienza che deve dare risposte sicure.
Non vado oltre. Entrerei in un campo minato.