Veleni ecclesiatici
e morte del sacro
Il
compito dei cattolici nei movimenti non può limitarsi ad essere una
voce in più. Hanno un compito specifico specialmente nell'era dei fondamentalismi:
sradicare la violenza dall'intimo degli apparati religiosi ed ecclesiali.
Di Enzo Mazzi. Reds - Febbraio 2010
I velenosi intrighi ecclesiastici che stanno emergendo in relazione al caso
Boffo chiamano in causa responsabilità personali di altissimi prelati.
Non è escluso che prima o poi venga tirata dentro la persona stessa del
pontefice. Anzi c'è già chi parla di un suo coinvolgimento personale
nella vicenda. C'è pane in abbondanza per i media che si nutrono di scandali.
Ma è molto riduttivo e secondo me fuorviante questo ridurre tutto all'orizzonte
scandalistico della colpa personale. Gli intrighi vaticani che stanno emergendo
dovrebbero essere visti e analizzati come segnali potenti del fatto che è
marcio nella radice il sistema ecclesiastico e più ampiamente il sistema
del sacro.
Non elaborare una tale analisi ci fa perdere ancora una volta un'occasione storica
per la crescita culturale globale. Porre l'attenzione e forse la scure alla
radice del sistema ecclesiastico vuol dire detronizzare non solo il papa ma
il Dio stesso dell'onnipotenza e il Gesù divinizzato dal mito e reso
il perno della cultura sacrificale.
Uno dei più noti testimoni della necessità di una tale crescita
culturale è Dietrich Bonhoeffer. Rampollo dell'alta borghesia tedesca
fonda insieme ad altri pastori la «chiesa confessante» in alternativa
e opposizione all'ufficialità della Chiesa evangelica che si era compromessa
con il nazismo e finisce in vari lager fra cui Buchenwald e Flossemburg dove
viene impiccato il 9 aprile 1945. Nei due anni di internamento scopre l'assenza
del Dio delle religioni. E in una serie di «lettere dal lager» scritte
a un amico delinea una sorta di teologia della fede non-religiosa che consiste
nel vivere nel mondo «come se Dio non ci fosse». Il fare a meno
dell'ipotesi Dio nelle relazioni sociali e nella politica è finalmente
il raggiungimento della maturità dell'esistenza umana e la condizione
per l'assunzione piena della responsabilità. Lo stesso cristianesimo
dovrà diventare una non-religione, come del resto era all'inizio. È
complesso il pensiero del teologo dell'assenza di Dio ben oltre la mia semplificazione.
E non è affatto nuovo. La novità sta nella sua contestualità
storica legata all'assunzione della laicità come valore e nella sua diffusione
planetaria.
Il messaggio di padre Ernesto Balducci mi sembra che si ispiri con forza a Bonhoeffer
e anzi lo approfondisca: «Dio è la cifra assoluta dell'aggressività
umana (...) Le religioni, nate come sono in questa cultura di guerra, sono sempre
religioni di guerra, nonostante che esse magari esortino alla pace, invochino
la pace. Esse legittimano il costume di guerra, le categorie mentali della guerra
(...)Per vivere, esse devono morire». Sono affermazioni forti. E soprattutto
sono centrali nell'elaborazione dello scolopio, figlio di un minatore dell'Amiata,
rimasto fedele alla cultura popolare delle proprie origini.
Con altri accenti dice le stesse cose un grande maestro buddista zen, vietnamita,
cresciuto nella solidarietà con la lotta anticolonialista del suo popolo,Thic
Nhat Han: il buddismo deve morire come dottrina della «Pura terra senza
sofferenza». Nella Pura terra il canto degli uccelli celesti è
la voce del Dharma. Ma il canto di un uccello è il terrore dei vermi
e degli insetti. Lo stesso suono che evoca bellezza può anche ispirare
paura e dolore. La pratica buddista muta il samsara nella Pura terra ma può
impedirci di vedere il dolore, l'angoscia, la sofferenza, le bombe, la fame,
la corsa alla ricchezza e al potere. E la Pura terra può diventare anch'essa
oppio.
Bonhoeffer, Balducci, Thic Nhat Hanh, testimoni esemplari fra tanti, danno voce
e forma a un'inquietudine e a un impulso che sentiamo scaturire in noi dal profondo.
I cattolici progressisti, quelli del «disagio», dell'accoglienza,
dell'ambientalismo e della pace dovranno prima o poi incominciare a porre la
scure alla radice della violenza nell'intimo dei sistemi religiosi. I cattolici
dell'associazionismo progressista fanno propri i temi dei movimenti dal basso
portando talvolta la radicalità e la forza dell'ispirazione evangelica.
Questo è positivo. Ma il compito dei cattolici nei movimenti non può
limitarsi ad essere una voce in più. Hanno un compito specifico specialmente
nell'era dei fondamentalismi: sradicare la violenza dall'intimo degli apparati
religiosi ed ecclesiali. Mentre anche loro di fronte al sacro si bloccano.
È il caso ad esempio dell'incontro di cattolici che si svolge oggi a
Firenze per il secondo anno chiamato appunto «Firenze 2».
Un settore significativo del cattolicesimo fiorentino aperto rivolge una critica
agli organizzatori dell'evento: vi state adattando ai soliti «convegni
di dottrina teologica calati un po' dall'alto ...pensiamo infatti che anche
la stessa impostazione della giornata, pur su un tema così attuale e
con momenti di preghiera, risenta della volontà di prescindere dalla
contingenza che quei temi portano quando invece noi crediamo che la contingenza
del tempo presente necessiti in certi momenti storici della forza dello svelamento,
della traduzione di quei principi, di quelle linee nella nostra vita ecclesiale,
senza silenzi che non sarebbero compresi». Ma aiutare le religioni a morire,
con tutta l'incertezza e il rischio che comporta, e con tutta la saggezza che
richiede, non può essere ancora una volta un impegno per soli religiosi.
Ha ragione il sociologo Franco Ferrarotti nel sostenere che la fame di sacro
e il bisogno di religione vanno sottratti all'abbraccio mortifero della religione-di-chiesa,
burocratica e gerarchicamente autoritaria, ma aggiunge che ciò va fatto
con una lotta su più fronti, «dentro ma anche fuori della chiesa».
Insomma i laici non possono più continuare a chiamarsi fuori dai problemi
religiosi, ecclesiali e perfino teologici. Le frontiere della laicità
non si possono più disegnare in base al muffito metro del credere/non
credere. C'è bisogno di consapevolezze nuove e di percorsi inediti. Val
la pena di tentare?