CAMPAGNA ABITI PULITI
marzo 2003, dalla Clean
Clothes Campaign, a cura di Ersilia Monti
Nel 1990, alcuni gruppi olandesi hanno avviato una campagna, denominata Clean Clothes Campaign (Campagna abiti puliti), che si propone di migliorare le condizioni di lavoro nel settore dell'abbigliamento e delle calzature sportive in tutto il mondo. La Campagna ha ormai assunto una dimensione internazionale e consiste in una rete di gruppi di solidarietà, sindacati, associazioni dei consumatori, ricercatori, botteghe del commercio equo e solidale, organizzazioni non governative. E' attiva in Olanda, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Germania, Svizzera, Svezia, Spagna, Austria. Gruppi analoghi sono presenti negli Stati Uniti e in Australia. Benché in Italia si concentri buona parte delle grande firme della moda e delle grandi imprese produttrici di abbigliamento (si pensi solo a Benetton, Stefanel, Diesel, Max Mara ecc.). Referente per l'Italia è il Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Pisa.
La Clean Clothes Campaign si prefigge essenzialmente tre obiettivi:
_ Informare e sensibilizzare i consumatori e l'opinione pubblica sulle condizioni di lavoro nel settore dell'abbigliamento e delle calzature sportive con particolare riguardo ai paesi del Sud del mondo e dell'Est europeo.
_ Svolgere indagini sul campo nei paesi e nelle fabbriche che producono per le grandi imprese (l'ultima indagine in ordine di tempo riguarda i paesi dell'Est europeo).
_ Organizzare campagne di pressione nei confronti delle imprese committenti e della grande distribuzione.
_ Elaborare un codice di condotta che preveda un sistema di monitoraggio indipendente collegato a un marchio di qualità sociale.Organizzazione
Ogni campagna nazionale lavora in modo autonomo. Il coordinamento europeo delle campagne fa capo all'ufficio centrale di Amsterdam (The Clean Clothes Campaign, P.O.BOX 11584, 1001 GN Amsterdam; fax 0031-20-4122786; email: ccc@xs4all.nl). Punti di incontro delle campagne sono il bollettino periodico "Clean clothes newsletter" (da richiedere all'ufficio di Amsterdam), i gruppi di lavoro internazionali (gruppi di lavoro su singole imprese, gruppo di studio sul monitoraggio, gruppo di studio sulle questioni legali, gruppo di lavoro "azioni urgenti" di cui leggerete più avanti), seminari itineranti con la partecipazione di lavoratori del sud del mondo. La CCC ha un sito web ben fatto da cui è possibile scaricare documenti e informazioni utili: www.cleanclothes.org).
Iniziative
Alcune campagne, che hanno lavorato molto bene negli ultimi anni facendo crescere l'informazione e la consapevolezza fra i consumatori, hanno acquisito un ruolo sociale e una visibilità tali da consentire loro di dialogare con le imprese aprendo spazi di confronto. La CCC olandese, per esempio, è stata promotrice della nascita di una Fondazione a cui aderiscono, per ora a livello locale, ong, sindacati, rappresentanti di produttori e dettaglianti, con lo scopo di mettere a punto un meccanismo di monitoraggio indipendente per l'effettiva applicazione del codice di condotta approvato dalle parti. Le CCC svedese, francese, inglese e svizzera siedono in apposite commissioni o hanno avviato tavoli di trattative con grandi catene di distribuzione (H&M, Auchan, Migros fra le più note) per elaborare codici di condotta, sistemi di monitoraggio e studi di fattibilità (progetti pilota sono in fase di realizzazione in Bangladesh, India e Cina). La Fairwear Campaign australiana, in collaborazione con il sindacato di categoria, ha messo a punto un codice di condotta sul lavoro a domicilio che il sindacato stesso si impegna a monitorare. Su richiesta della CCC europea, nel maggio 1998 il Tribunale permanente dei popoli ha tenuto una sessione sul tema della globalizzazione del lavoro con riferimento ad alcune multinazionali dell'abbigliamento e dello sport (Nike, Adidas, Levi's, Walt Disney) e a catene di distribuzione (C&A, H&M, Otto Versand). Davanti al tribunale sono sfilati 15 testimoni (lavoratori dall'Asia, Africa, Europa dell'Est, ricercatori, sindacalisti); delle aziende citate solo H&M ha ritenuto di dover presenziare. Il tribunale ha concluso i lavori accertando e condannando la violazione dei diritti dei lavoratori e l'uso a fini di immagine dei codici di condotta volontari.
Codice di condotta della Clean Clothes Campaign
Nel 1998 esce la versione definitiva del codice di condotta della CCC alla cui stesura hanno partecipato, accanto alle campagne europee, organizzazioni di base del Sud del mondo (filippine, cinesi, indonesiane, indiane) e il sindacato internazionale dei lavoratori tessili. Il codice è molto simile agli standard previsti dal sistema di certificazione sociale SA8000. I suoi punti fondamentali:
_ Le imprese produttrici e distributrici aderenti sottoscrivono il codice di condotta che contiene le 5 convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (libertà di associazione sindacale, diritto di contrattazione collettiva, divieto del lavoro forzato, divieto del lavoro minorile (15 anni è l'età minima), pari opportunità di trattamento) più le 3 convenzioni complementari (tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro; salari equi e in linea con i bisogni vitali; orario di lavoro non superiore a 48 ore settimanali, non più di 12 ore di lavoro straordinario settimanale, almeno 1 giorno di riposo settimanale)
_ La verifica del rispetto del codice di condotta è demandata a una Fondazione (per ora operativa in via sperimentale in Olanda, presieduta dall'ex ministro dell'ambiente olandese) in cui siedono ong, sindacati, imprese produttrici e del dettaglio.
_ Le imprese produttrici e distributrici si assumono per intero la responsabilità delle condizioni di lavoro in tutta la catena produttiva.
_ Un marchio di qualità sociale da esporre accanto al proprio nome o nel punto di vendita attesta l'impegno assunto con l'adozione del codice.La Clean Clothes Campaign italiana: primi passi e un appello
Benetton ha 7mila punti vendita nel mondo, Diesel 11 mila. Lo sapevate? Diadora, Fila, Lotto detengono circa il 30% del mercato italiano delle scarpe sportive. Che cosa sappiamo di questi nostri colossi? Sarebbe auspicabile che anche in Italia prendesse avvio una Campagna abiti puliti. Un gruppo di lavoro su questo tema si è formato all'interno del Laboratorio sul lavoro del Nodo di Milano della Rete di Lilliput. L'invito a chiunque abbia o possa raccogliere informazioni nel settore tessile-abbigliamento italiano, ma non solo, è di mettersi in contatto con Ersilia Monti del Coordinamento lombardo Nord/Sud del mondo (indirizzo più sotto) che è referente per l'Italia del gruppo di lavoro "Azioni urgenti" della CCC europea.
Il gruppo di lavoro Azioni Urgenti
Uno degli obiettivi della Clean Clothes Campaign è quello di sostenere le lotte sindacali nelle fabbriche che nel Sud del mondo producono per i nostri mercati attraverso azioni di pressione nei confronti delle imprese committenti, con invio di lettere, azioni pubbliche, controinformazione ecc. Per meglio coordinare queste iniziative, nel mese di marzo 1999 è nato il gruppo di lavoro "Azioni urgenti" a cui fa capo un referente per ognuno dei 10 paesi europei che aderiscono alla rete. L'ufficio centrale di Amsterdam riceve normalmente richieste di solidarietà o di pressione pubblica da parte di ong, sindacati, consigli di fabbrica. I casi più urgenti, che richiedono l'invio immediato di lettere/fax/email di protesta/solidarietà, vengono trasmessi ai referenti nazionali che provvedono a tradurre e a diffondere le informazioni a una propria mailing list elettronica. Iscriversi alla lista consente non solo di fornire un contributo attivo alle campagne di pressione, ma anche di ricevere notizie di prima mano attraverso cui è possibile ricostruire la geografia minuta dei processi di delocalizzazione in questo settore.
Per iscriversi alla mailing list italiana
"Azioni urgenti" della Clean Clothes Campain contattate:
Ersilia Monti : ermont@tin.it
(Nodo di Milano della Rete di Lilliput e Coordinamento Lombardo Nord/Sud del mondo)
Documentazione prodotta dalla Clean Clothes Campaign europea
_ Of rags and riches: opuscolo informativo sull'industria dell'abbigliamento e sulle condizioni di lavoro degli addetti, con esempi concreti tratti da fabbriche asiatiche (gennaio 1997)
_ Jeans: opuscolo informativo sulla produzione dei jeans, rivolto ai giovani, con esempi concreti tratti da fabbriche dell'Europa orientale (settembre 1998)
_ Made in Eastern Europe: edizione speciale del bollettino della Clean Clothes Campaign contenente i risultati delle indagini condotte dalla CCC in Polonia, Romania e Bulgaria in fabbriche di abbigliamento per l'esportazione (settembre 1998)
_ Keeping the workfloor clean: confronto fra i diversi modelli esistenti di codici di condotta e di monitoraggio nel settore dell'abbigliamento (dicembre 1998)
_ Clean Clothes Campaign : introduction and code of conduct: presentazione della CCC e testo integrale del suo codice di condotta (febbraio 1998)
(copie della documentazione in carta possono essere richieste a: Clean Clothes Campaign P.O.Box 11584 1001 GN Amsterdam, fax 0031-20-4122786 email: ccc@xs4all.nl; o scaricate dal sito web: www.cleanclothes.org. Copie in carta dell'opuscolo Clean Clothes Campaign : introduction and code of conduct possono essere richieste a Ersilia Monti)Documentazione prodotta da gruppi italiani nell'ambito della Clean Clothes Campaign europea
_ United dolors of Benetton: retroscena di un'impresa al di sopra di ogni sospetto: dossier a cura dell'Osservatorio Benetton-coordinamento per il consumo critico (supplemento al n.4, 1998 di: Equonomia: la rivista del consumatore critico)
(copie del dossier in formato elettronico possono essere richieste a: Ersilia Monti. Copie del dossier in carta possono essere richieste, con un contributo per le spese di riproduzione e spedizione, a: Centro Nuovo Modello di Sviluppo Via della Barra 32 56019 Vecchiano (PI), fax 050-827165 email: coord@cnms.it)