TINA MODOTTI NELLA STORIA
NOTE CRITICHE SU UN'ARTISTA E UNA RIVOLUZIONARIA CONTROVERSA CHE NON FU SOLO LA "DONNA" DI QUALCUNO

Febbraio 2006. Di Cristina Carpinelli




Ricostruire in sintesi l’itinerario esistenziale e artistico di Tina Modotti, ricollegandolo all’ambiente storico e culturale entro il quale esso si è svolto per mezzo secolo, significa offrire al lettore una di-mensione biografica della protagonista, tale da riscattare la Modotti dalla marginalità artistica, dislocarla dal centro della sua leggenda e collocare sia la sua arte che la sua esperienza entro un dato contesto.
Nata a Udine il 16 agosto del 1896, Tina approda giovanissima a San Francisco e, dopo un breve periodo passato al telaio di un’immensa fabbrica che funzionava soprattutto grazie all’apporto di emi-grati europei, fra cui molti italiani, può soddisfare la sua innata ansia di sapere entrando negli ambienti della cultura e dell’arte della metropoli californiana e della vicina Los Angeles. Negli Stati Uniti, la Modotti sperimenta la sua prima emancipazione sessuale e intellettuale. Va poi in Messico dove il ce-lebre fotografo Edward Weston la inizia alla sua stessa arte. Presto il suo obiettivo supera quello del maestro. A contatto con la realtà sociale del paese, la sua fotografia si trasforma in strumento d’indagine e di denuncia. Nel clima politico e culturale del Messico post-rivoluzionario, che in quel momento è al massimo della sua fioritura, matura man mano la coscienza sociale di Tina, che l’avvierà verso quella che sarà la sua scelta definitiva: essere rivoluzionaria a pieno tempo e concretamente.
Purtroppo, la vita della Modotti è diventata per certa letteratura, mito o leggenda, ispirando poeti e romanzieri che hanno usato la sua biografia in senso agiografico. E, tuttavia, proprio gli elementi che si prestano alla leggenda e troppo facilmente alla caricatura (la femme fatale, l’ardente stalinista, la “Mata Hari del Komintern”), sono anche quelli che ne distorcono la percezione, tanto da perdere di vista la reale soggettività storica della rivoluzionaria. Ecco perché è necessario, per porre rimedio a quest’inadeguatezza, ricomporre organicamente la sua vita e la sua opera, allo scopo di restituire alla gente un patrimonio culturale, al di fuori di ogni speculazione sull’arte e la militanza di Tina.
E’ questo l’obiettivo cui punta questo breve saggio, fornendo solo alcuni elementi centrali per una riflessione storica critica, pur a grandi linee, sulla biografia della protagonista, così da “normalizzarne” sia la vita che l’opera. Certamente la vita della Modotti si è prestata oltre che alla costruzione di un’immagine retorica, che ne esalta l’avventura esistenziale tumultuosa accanto a personaggi di spicco, anche a un certo genere di mistificazioni dove i giochi dei servizi segreti e le campagne stampa montate ad arte dai governi controrivoluzionari hanno tentato di creare una contro immagine di Tina, malefica spia o malefica amante (fu ingiustamente accusata dell’assassinio compiuto nel 1929 nei confronti del rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella) o, al contrario, vittima di oscuri complotti. Sulla sua stessa morte (Città del Messico, 1942) la stampa si scatenò: assassinio politico o morte naturale? Tutto ciò ha naturalmente contribuito a creare la leggenda Tina Modotti, in cui un personaggio come il suo poteva servire a questa o a quella ragione di Stato, a questa o a quell’ideologia.
E’ importante, invece, recuperare l’esemplarità della vita artistica e rivoluzionaria della protagonista, cogliendone soprattutto quei momenti paradigmatici in cui Tina fu non solo la “donna” di qualcuno: da Weston, maestro e guida sulla via dell’arte, a Rivera, che la raffigurò nei suoi murales, a Guerrero e Mella, combattenti ed eroi rivoluzionari che la iniziarono all’attivismo politico, per finire a Contreras (Vidali), suo conterraneo e membro dell’Internazionale comunista. Sottolineando i risultati attivi in campo artistico e nell’attività politica, il ruolo passivo di musa e modella della Modotti, attribuitole da chi tende a rappresentarla prevalentemente come ispiratrice e sostenitrice dei suoi amanti, artisti o rivo-luzionari, passa in second’ordine.
La passione per la fotografia è per lei più che una scelta professionale: le sue foto di operaie e con-tadine, di bambini del popolo, del tutto prive dei deteriori caratteri folcloristici, hanno una loro autenti-cità e partecipazione umana. Realizzando un’inchiesta fotografica sulle condizioni dei quartieri poveri di Città del Messico, Tina indaga tra le pieghe della realtà, ricerca il volto nascosto degli emarginati e dei poveri. Entra in contatto con il mondo delle classi oppresse, che la spinge ad avvicinarsi ai gruppi democratici e progressisti, fortemente presenti tra gli intellettuali messicani. Costoro le accendono un interesse vivo per la militanza politica. Grande influenza ha su di lei l’opera pittorica dei grandi murali-sti Siqueiros, Orozco, Rivera, tesa a rinnovare i modi della produzione artistica nazionale in sintonia con il processo rivoluzionario che infiamma il paese, teatro di un’effervescente apertura al rinnova-mento artistico e al protagonismo femminile.
Come la maggioranza degli artisti ed intellettuali degli anni Venti e Trenta, la Modotti mette sempre più la propria arte, il suo impegno politico, la sua stessa vita, al servizio delle classi sfruttate e dell’ideale rivoluzionario, che per lei, come per gli intellettuali d’avanguardia di quell’epoca, ha come punto costante di riferimento la rivoluzione russa d’Ottobre.
Dunque, nella vita di questa straordinaria donna, l’arte, la passione per la politica e la libertà inevita-bilmente s’intrecciano e sono inscindibili. A ragion veduta, possiamo definire il suo impegno di foto-grafa, poetessa, artista e rivoluzionaria come un percorso complesso, non privo di contraddizioni, ma organicamente compatto.
Dal 1926, Tina diventa una militante del movimento rivoluzionario internazionale e del partito co-munista messicano. S’intensificano i suoi contatti con la classe dei lavoratori, da cui trae forza e ispira-zione:
[…] Tina viveva in un turbine, condividendo con i comunisti pericolo, segretezza e lotte. Prima, gli amici di Tina erano stati intellettuali; adesso, erano militanti, falegnami, ferrovieri. In casa loro, in via Abraham Gonzáles, Tina e Julio accoglievano i leader in esilio degli operai e contadini di ogni parte dell’America meridionale, dei Carabi, del Centroamerica, e lei si sentiva ispirata dalle loro passioni, dal pericolo in cui vivevano, dalla forza dei loro ideali…. (da: E. Poniatowska, Tinissima, Frassinelli, 1997).
Il suo lavoro politico trova poi sbocco definitivo nel Mopr (Mezhdunarodnaja organizacija pomo-scich borcam revoljucii), meglio noto come Soccorso Rosso Internazionale (organo ausiliario del Ko-mintern, il cui scopo era quello di fornire appoggio morale e materiale alle vittime dell’oppressione po-litica), a cui si dedica a tempo pieno. L’impegno rivoluzionario di Tina è totale, sino alla rinuncia di quell’arte-mestiere, la fotografia, che pure lei amava molto e che le assicurava la sopravvivenza. La sua vita è, infatti, una sempre maggiore presa di coscienza di sé come donna e come militante: volontà di perfezionamento, ostinazione nell’impegno, presenza nei luoghi più difficili e caldi della lotta rivolu-zionaria che si concretizza nell’epilogo della sua carriera politica a fianco dei repubblicani nella guerra civile di Spagna del ’36, durante la quale svolgerà anche funzioni di infermiera. Nel 1939, Tina, o Ti-nissima come la chiamava sua madre, rientra in Messico dopo l’esperienza spagnola. E’ stanca e molto malata. Vivrà solo altri tre anni.
Attraverso l’impegno rivoluzionario, Tina scopre la vita. C’è un’epoca, in cui tutta una generazione di rivoluzionari di professione fa la rivoluzione proprio come mestiere di vita. Anche Tina Modotti fa parte di questa generazione. Per lei, la militanza è, infatti, una scelta di vita convinta e appassionata, una scelta sua, autonoma, che se da un lato la immergerà per un certo periodo nello stalinismo più rigido, dall’altro non la priverà in seguito di aderire ad un’analisi della realtà che non sia acritica, fideistica o immune da antagonismi.
Queste sono, a mio parere, le premesse da cui partire se si vuole davvero ricostruire la ricca e com-plessa personalità della Modotti, sullo sfondo di un’accurata indagine biografica che ne colga con ine-guagliabile acutezza e sensibilità i vari intrecci, scartando tutto quanto di romanzesco c’è nella sua vita e tutto quanto di fuorviante c’è ancora oggi nella sua immagine amata o odiata, osannata o perseguitata.
Per concludere, di recente si è affermata una rappresentazione negativa della storia dell’idea, delle lotte e dei movimenti comunisti condannati ad una damnatio memoriae. Ebbene una tale rappresenta-zione non permette di comprendere come mai il movimento comunista abbia incarnato in tutto il mon-do i sogni più generosi di milioni di uomini e donne e, dunque, perché figure come Tina Modotti ab-biano con coraggio, coerenza e forza di volontà, sacrificato la propria vita all’affermazione dell’ideale del comunismo, che per grandi masse di oppressi e sofferenti è stato il sale del Novecento.