ELINOR RIGBY "UN'AMERICANA A PARIGI"
RECENSIONE DELL'ORMAI CLASSICO TESTO DI MARGHERITA GIACOBINO, EDITO DA BALDINI E CASTOLDI


gennaio 2001

 

 

Della stessa autrice del più recente "Le pioniere del sesso", recensiamo un testo ormai classico edito nel '93.
Si tratta anche questa volta di una raccolta di racconti, il primo dei quali, lungo quasi come un romanzo, da' il titolo al volume. Di americane a Parigi nel corso della vicenda se ne trovano a dire il vero non una ma parecchie: la giovane corrispondente di un gazzetta femminista americana anni '20 viene infatti raggiunta dalla redazione al completo, allarmata e affascinata dai racconti che lei puntualmente invia. Le signore, piuttosto demodè, con la loro morale apparentemente puritana e una sotterranea vitalità e disponibilità alle nuove avventure sentimentali, scampano ad un naufragio ed approdano nella vecchia Europa, intrecciando i propri destini con quelli di una coppia di ricchissimi americani che andavano a sposarsi a Parigi.
La sposina risulta fin dalle prime battute poco incline al matrimonio, mentre lui, uno dei pochissimi personaggi maschili in cui ci imbattiamo, continua a interpretare come preferisce i messaggi affatto ambigui che lei gli invia:
"Non si parlavano dalla festa di fidanzamento, avvenuta due mesi prima nella principesca villa dei Flims a Cape Cod. La sera stessa, Olivia aveva venduto l'anello di fidanzamento per comprare un cavallo da corsa. Dapprima, lo ammetteva, il gesto gli era parso poco riguardoso, ma l'aveva ben preso ridimensionato, tanto più che Olivia, in segno di pentimento, si era immediatamente disfatta della stupida bestia regalandola alla sua migliore amica."
Durante "il romantico litigio da innamorati" sul ponte della nave, Olivia ha un bel dire "non ho intenzione di sposarti neanche morta" e altre simili dichiarazioni, ma niente da fare: "Ci sarebbe stato di che preoccuparsi di una certa freddezza di lei, se lui non avesse avuto la consolante certezza che nella vita di Olivia non c'era mai stata traccia di altri uomini. Olivia detestava gli uomini, era chiaro da come cercava, perlopiù con successo, di batterli nei vari sport che praticava." Tutta la scena viene filtrata dal punto di vista, miope e deformante, del fidanzato assolutamente incapace di sospettare la natura del rapporto che aveva legato Olivia alla sua migliore amica, e proteso invece a misurare la propria posizione nei confronti degli altri uomini, rispetto ai quali "non aveva motivi di gelosia" e si sentiva perciò "un privilegiato".
"Olivia volse le spalle a Lymon. Non che lo odiasse davvero: provava verso di lui quel complesso sentimento che si prova verso una persona che non si sopporta ma che, per un motivo o per l'altro, si finisce con l'incontrare spessissimo. Un sentimento molto più diffuso di quanto non si creda, soprattutto all'interno delle coppie e delle famiglie, e che può somigliare all'affetto, se osservato da un miope a una certa distanza."
Come nelle favole, l'assurda speranza di Olivia che una catastrofe venisse a salvarla dal matrimonio si avvera: la nave naufraga, lei risulta dispersa, lui mezzo impazzito si trova a sorpresa un'altra moglie. Ma anche quest'ultima si sveglia ben presto dall'abbaglio e cerca di trarre profitto (economico) dal matrimonio limitandone i danni, e cercando la cooperazione da parte delle amiche: "Oh, senti, solo perché l'ho sposato io non è giusto che tocchi sempre a me, non trovi? E' troppo comodo scaricare su una sola tutti i doveri delle donne verso la società. Se è vero, come dice sempre mia madre, che il matrimonio è il prezzo che bisogna pagare per la vedovanza, beh, allora credo che ognuna di noi debba contribuire a pagare questo prezzo, e in quanto a me dividerò gli utili, quando sarà il momento." Sono queste relazioni tra le donne il vero intreccio della storia, viste con occhio ironico e divertito nei loro piccoli inganni, nelle gelosie, nei tradimenti, negli eccessi di ambienti esclusivi che mettono a nudo in modo caricaturale il dominio di classe. Padrone e serve, grandi artiste e apprendiste in bolletta, signore affermate e giovani desiderose di indipendenza, intrecciano i propri destini con paradossali colpi di scena.
Le vicende di Olivia si incroceranno, finalmente, con quelli della giovane corrispondente a Parigi, e il lieto fine del racconto sarà ancora una volta filtrato da uno sguardo che si inganna di fronte all'evidenza, rovesciando il senso di ciò che ha sotto gli occhi.
Anche gli altri racconti della raccolta, più brevi, meriterebbero qualche commento. In particolare l'ultimo, in cui appare la compianta Elinor Rigby in persona, narrata dal suo medico curante e intima amica Meredith. Delle due donne, ormai molto anziane, viene messo a fuoco con esilarante ironia il rapporto in cui, anche questa volta!, l'una interpreta come preferisce e può i messaggi dell'altra:
"Elinor non mi ascoltava, come suo solitoSorrisi fra me. La nostra amicizia, che durava ormai da circa cinquantadue anni ed era sopravvissuta ai primi tempestosi periodi del nostro rapporto duale medico-paziente - ricordo che negli anni Trenta Elinor si diede per un certo tempo alla medicina apache, dopo essere stata da me curata per un'otite perniciosa, rivelatasi in realtà una forma di allergia al parmigiano; il dolore che ne provai fu grande anche se Elinor sostenne sempre che il suo era stato maggiore; ma tutto fra noi si risanò dopo dieci o undici anni, quando ci rivedemmo a un bridge da comuni amiche, e ci abbracciammo commosse, piangendo dalla gioia di rincontrarci; Elinor mi confesso più tardi di avermi, in quella circostanza, scambiata per un'altra, ma ormai la nostra rappacificazione era cosa fatta, e il nostro rapporto ne usciva rafforzato - la profonda amicizia, dicevo, che era sopravvissuta agli alti e bassi della vita, come noi due eravamo sopravvissute l'una all'altra, cosa non sempre facile come sa chi ci conosce entrambe, mi aveva abituato a riconoscere la profonda bontà e simpatia nascosta sotto i suoi gesti più rudi. Perciò non mi offendevo mai, cosa che talvolta la mandava in bestia: sapevo che la sua rudezza era solo una patina, sotto la quale si nascondevano sentimenti delicati che non avrebbe osato esprimere altrimenti che con quelle parole scarne, quei semplici insulti pronunciati con amore al momento giusto."
Forse in questo esempio come in tutti i racconti, i momenti migliori della narrazione risultano i rapidi flashback, le microstorie inserite come un inciso all'interno della vicenda principale, e che la illuminano tutta con la forza del rovesciamento delle attese e con la fine analisi psicologica che sottende le sorprendenti battute infilate una dietro l'altra senza lasciare il tempo alla lettrice di tirare il fiato.
Bisogna riconoscere all'amica Meredith un'arguzia non inferiore alla stessa Elinor, per cui ci piacerebbe che Margherita Giacobino provvedesse a dare alle stampe anche i due saggi "seri ed equilibrati" che la suddetta Meredith dichiara di avere scritto e consiglia senz'altro alle lettrici di Elinor, come antidoto all'eccesso di ilarità: "Delitto sull'aia" e "Il pollo nudo". A quando?