INTERVISTA A MARGHERITA GIACOBINO ED ELINOR RIGBY
IN ESCLUSIVA PER NOI L'AUTRICE DI "UN'AMERICANA A PARIGI", "SVEGLIATEVI BAMBINE"E "LE PIONIERE DEL SESSO"


febbraio 2001, a cura della redazione di Iemanja'

 

1) Come e quando hai cominciato a scrivere e perché storie quasi solo di donne?

Ho cominciato a scrivere tanti anni fa. In principio era la necessità di mettere giù sentimenti e sensazioni, come più o meno per tutti gli adolescenti, poi è diventata la passione di capire cos'è la scrittura, leggendo moltissimo e traducendo le mie autrici preferite. La letteratura inglese e americana è stata il mio rifugio, la mia scoperta, perché ha molto da offrire alle lettrici e alle scrittrici: molte presenze femminili, aderenza a un pragmatismo che non perde mai di vista la storia a favore della deriva linguistica o della letteratura 'pura' ­ come invece succede, e soprattutto succedeva negli anni '60 e '70, in Italia e in Francia ­ e una dote per me vitale, lo humor. La capacità di raccontare cose serie senza prendersi troppo sul serio. Per una decina di anni, dai venti ai trenta, ho esplorato la scrittura delle donne, in lingua inglese; a quell'epoca si cominciava appena a tradurre, molti testi non erano ancora leggibili in italiano. Nel frattempo, ho scritto un certo numero di poesie.
Poi, verso i 30, sono nati i racconti di Elinor Rigby e da lì ho proseguito con la prosa.
Perché storie di donne? Perché sono quelle che più mi interessano e che conosco meglio. Come diceva Virginia Woolf, 'solo le donne muovono la mia immaginazione'. E, come mi ha detto Margaret Atwood, 'scrivo della realtà che conosco, e sicuramente conosco meglio le donne che non gli uomini.' Inoltre, credo che ci sia un gran bisogno di raccontare personaggi femminili diversi. Diversi da quelli che ci hanno raccontato per secoli gli autori uomini. Io mi sono spesso arrabbiata con le donne descritte dagli uomini, donne che non mi interessano e non mi somigliano. Donne che a volte sono soltanto prodotto dell'immaginario maschile, senza relazione con le donne reali.

2) Chi è Elinor Rigby?

La mia madre spirituale. La mia ispirazione. Quello che vorrei diventare. La sua storia l'ho raccontata in appendice all'edizione tascabile di 'Un'americana a Parigi'. Per chi non l'ha letta, riporto qui l'inizio della 'Nota della Traduttrice':
Elinor Rigby non è uno pseudonimo. E' un'entità con una sua esistenza autonoma ­ anche se non in carne e ossa ­ e come tutti gli scrittori è nata prima delle sue opere, anche se non molto tempo prima.
Da oltre vent'anni frequento la narrativa americana e inglese in cerca di parentele, di amicizie, di territori. Ho trovato donne forti, intelligenti, spiritose; ho trovato voci ed esistenze eccentriche, adorabili, ribelli, autorevoli. Ma mi mancava ancora qualcosa: volevo una donna che non si fosse mai (e intendo dire proprio mai) arresa ai luoghi comuni e che avesse fatto della cifra comica il suo stile per affrontare la vita e la scrittura.
Così un giorno ho pensato alla biografia ideale diquesta donna, e l'ho scritta. Un breve cenno biografico su Elinor Rigby è stato pubblicato sul Bollettino delle Donne di Torino, un giornale che raccoglieva riflessioni, politiche e non, insieme a produzioni letterarie e poetiche. Mi aspettavo una reazione divertita, forse un complimento per lo scherzo. Invece tutte le redattrici del giornale, e le lettrici, hanno cercato di saperne di più su Elinor Rigby, sono andate a chiedere dei suoi libri in qualche libreria, purtroppo invano. 'E' un peccato che una scrittrice così interessante non sia mai stata tradotta', mi hanno detto, 'perché non la traduci tu?'
Ho sentito che non potevo deluderle.

3) In che modo decidi di firmarti Margherita Giacobino piuttosto che Elinor Rigby?

Chissà, forse dipende dal tipo di storia che voglio raccontare. Ci sono storie che sono tipiche di Elinor, che solo lei sa raccontare. Altre che voglio raccontare io.
Elinor ha la fantasia più sbrigliata, spazia più lontano. Io guardo alla realtà che mi circonda. Elinor è più ottimista, o forse ottimista non è la parola giusta, è più positiva, più allegra, più eccessiva. Elinor parla di donne eccezionali come lei, ritenendole l'unica realtà esistente al mondo. Io sono affascinata dall'incredibile universo della gente cosiddetta 'normale', dai suoi drammi, misteri, rituali, dal suo strano linguaggio.

4) Nel primo libro che abbiamo letto, "Svegliatevi bambine" c'era anche un'altra autrice, Pat Carra, che ha magistralmente corredato il testo con vignette umoristiche; puoi dirci qualcosa di lei e come è nata questa idea a quattro mani?

Pat Carra è una vignettista milanese attiva e conosciuta da anni, anche dal grande pubblico, perché le sue vignette compaiono ogni settimana su 'Donna Moderna'. E' stata animatrice e fulcro di Aspirina, la rivista satirica edita dalla Libreria delle Donne di via Dogana, alla quale ho contribuito anch'io. Da lì è nato un rapporto di collaborazione con Pat che è durato diversi anni. 'Svegliatevi Bambine' è nato come libro a quattro mani, testo e vignette sono stati pensati insieme. L'idea ­ una storia sul tema dolorosissimo della violenza sulle bambini e i bambini, una storia che ridicolizzasse i bruti, i mostri, svelandone la debolezza, e vedesse le vittime capaci di riscattarsi dalla 'vergogna' a cui il mondo le condanna ­ è stata di Pat, e si è trattato di una scommessa certamente non facile.

5) Hai mai avuto difficoltà con alcune case editrici per far pubblicare i tuoi libri?

Continuamente. Gli editori italiani vogliono, in ordine sparso, ma non troppo: 1) best seller (cioè libri che seguono schemi precisi, anche se il successo di vendite non è riducibile a schema), 2) gialli o libri di azione, 3) più sesso, 4) argomenti che interessino anche gli uomini (delitti, armi, guerra, sesso, motoseghe, affari e finanza ecc.) 5) meno personaggi, che così il lettore non si confonde 6) più personaggi maschili, che così il lettore non si spaventa, 7 best seller, 8) libri che si rivolgano a un pubblico più vasto (interplanetario, immagino, perché il più vasto pubblico italiano è costituito dalle lettrici dai 30 anni in su, essendo noto che gli uomini leggono poca narrativa), 9) più sentimento, magari con un bel finale che faccia sognare, 10) un autore uomo, che comunque è più autore di una donna, 11) best seller
Le sole che non mi hanno rivolto queste obiezioni e richieste sono la mia editrice tedesca, Antjie Kunstmann, e Francesca Polo de Il dito e la Luna.

6) Nell'assistere alla presentazione del tuo ultimo libro a Milano, siamo rimaste sorprese dal modo con cui hai letto alcuni brani e li hai commentati, con un effetto di humor ancora maggiore di quello che se ne può trarre in una lettura privata personale e silenziosa. Non pensi che i tuoi racconti siano particolarmente adatti a una fruizione collettiva e complice? Come ti senti nelle vesti di lettrice-interprete dei tuoi stessi testi? Saresti disposta a ripresentarli in questo modo in una sala di teatro?

Le parole vanno interpretate, come la musica. Forse oggi i lettori sono un po' troppo passivi, leggono come si guarda la televisione, senza aprire alle parole uno spazio mentale di risonanza, senza curarsi di 'eseguirle' nella mente. Tramite il mio lavoro con Smemoranda, su cui curo una rubrica di scrittura, ricevo molte lettere, racconti e poesie di adolescenti e di giovani, e ho notato che pochissimi 'sanno' leggere, gustare il ritmo della frase, coglierne tutte le sfumature, renderne il tempo interno.
Quindi forse non sono i miei libri che necessitano di una fruizione collettiva, ma tutti i libri che reclamano un rapporto più attivo da parte di chi legge.
Ciò detto, certo che sarei disposta.

7) Sappiamo che hai organizzato un sito internet con una specie di posta del cuore. Ci racconti qualcosa di questa tua iniziativa?

Non sono io ad aver organizzato il sito ­ indirizzo: www.getout.it ­ ma un simpatico gruppo di napoletani, che mi hanno invitato a collaborare. Ho accettato perché l'idea mi divertiva. All'inizio c'è stato qualche rallentamento dovuto a problemi tecnici, ma ora il sito dovrebbe essere completo e sempre aggiornato. La mia rubrica appare nella sezione Personal e si chiama CUORI AL VENTO. E' una vera e propria posta del cuore, anche se ammetto che ci vuole anche un po'di fegato da parte di chi scrive per sottoporre i suoi problemi a Elinor Rigby, che è notoriamente caustica. Ma conto sul tasso di esibizionismo della gente, che mi sembra in crescita costante, negli ultimi tempi.
Ovviamente, il problema n.1 è: non trovo il / la fidanzato/a , e che altro ci si poteva aspettare, in una società di single? Rispondere è impegnativo, bisogna esaminare con attenzione le parole per capire anche quello che lo scrivente non dice apertamente. L'esperienza comunque è iniziata da poco, e spero che molte donne abbiano voglia di contribuire scrivendomi.

8) Ora una domanda un po' impegnativa. Nei tuoi racconti le donne, il "secondo" genere che già deve fare i conti con questa specifica ingombrante oppressione, si trovano a vivere condizioni e scelte come quella di una vita di coppia non eterosessuale, che le pongono sul filo di un rasoio; a tutto questo si intrecciano contraddizioni di classe e generazionali, relazioni di potere messe allegramente a nudo senza alcun riguardo per il politically correct. Questo argomento, l'intreccio tra i diversi piani di oppressione e la conseguente ricerca di percorsi di liberazione, è un punto su cui si gioca l'identità del nostro collettivo. Per questo ci piacerebbe raccogliere qualche tua considerazione in proposito.

Che dire? L'avete già detto voi. Che gusto c'è nelle cose semplici e nelle 'menti sferiche', come diceva Dickinson? la vita è complessa, la mente è complessa, le contraddizioni, come le disgrazie, difficilmente arrivano da sole.
Angela Davis, a un incontro di donne americane nere e asiatiche, ha detto: io non sono minoranza, io sono parte di una grande maggioranza. Ecco, pur non essendo né nera né asiatica, mi sento anch'io così. Elinor, per conto suo, è fermamente convinta di essere il parametro di ogni normalità, e che i 'diversi' semmai sono gli altri.
Elinor non ha mai capito bene la questione del politically correct, e se non l'ha capita lei, che è vecchia e saggia, volete che la capisca io? Mi sembra tuttavia di aver intuito che si è politicamente corretti quando si chiamano 'non udenti' i sordi e 'normoudenti' tutti gli altri. Io ho un padre che, oltre ad altre cose, è anche diventato sordo; mio padre è una delle mie grandi muse ispiratrici, ma non credo che potrei mai scrivere un racconto in cui una figlia normoudente si rivolge a un padre non udente. Preferirei darmi alla resistenza armata, piuttosto.
L'identità di quale collettivo si gioca sull'intreccio eccetera (v. domanda)? Il vostro, in quanto redattrici di questa rivista on line, o quello delle donne? nel primo caso, mi interesserebbe conoscere i dettagli della diatriba (noi scrittrici siamo sempre curiose).

9) Ci farebbe molto piacere avere una bibliografia completa dei tuoi scritti pensando di fare cosa gradita anche alle persone che si collegano al nostro sito.

Eccola.
Elinor Rigby: 'Un'americana a Parigi', Zelig 1993, ed. tascabile Baldini & Castoldi 1997
'Le pioniere del sesso', Il dito e la Luna, 2000
Margherita Giacobino: 'Casalinghe all'inferno', Baldini & Castoldi, 1996
'Svegliatevi bambine', in collab. con Pat Carra, Zelig, 1996
'Marina, Marina, Marina', Piemme, 2000

Il mio ultimo romanzo è in uscita in Germania, presso l'editrice Kunstmann di Monaco; il titolo (tedesco, ovviamente) è 'Götter, Gatten und Geliebte', marzo 2001. In italiano non ha ancora un editore. Misteri dell'editoria. Se non stessi così bene nella mia città, che è Torino, mi trasferirei in Germania, perché sono ormai diventata un'autrice tedesca.