BELLEZZA: REALTÀ O MITO SESSISTA?


novembre 1999 tratto da un articolo di Zanny Begg da Green Left Review

 

Nella nostra società le donne sono giudicate da come appaiono. Nell'industria pubblicitaria, la "bellezza" delle donne è usata per dire qualsiasi cosa, dalle assicurazioni sulla vita ai tamponi.
Nel 1990 Naomi Wolf ha pubblicato "Il mito della bellezza", che è diventato un classico del femminismo anni '90. Il libro è diventato popolare perché ha spiegato come il concetto di "bellezza" sia stato usato per opprimere le donne.
Cercando di apparire come le immagini di Cosmopolitan, Cleo e Vogue, le donne hanno affamato, tirato, incerato, rasato, abbronzato, sbiancato, tagliato i loro corpi. Secondo Wolf, ciò non è accaduto perché le donne sono stupide o vanitose, ma perché chi non si è conformata, malgrado i propri talenti o intelligenza, veniva punita dalla società.
Quest'anno Nancy Etcoff ha pubblicato una risposta al "Mito della bellezza", intitolata "Sopravvivenza del più bello: la scienza della bellezza". Etcoff sostiene: "L'idea che la bellezza sia non importante o costruita socialmente, è il vero mito della bellezza."
Il libro di Etcoff non ha ricevuto la pubblicità o la vasta accoglienza da parte dei lettori come "Il mito della bellezza", ma i suoi argomenti hanno meritato considerazione da parte delle femministe perché si tratta di una giustificazione ideologica della teoria sessista intorno alla "bellezza" che è ancora dominante.

Biologicamente o ideologicamente?

Etcoff sostiene che ogni persona possegga un "radar della bellezza" che esamina ogni faccia che incontriamo e può giudicare le sue attrattive in 150 millesimi di secondo. Secondo Etcoff, questo radar di bellezza non viene creato dalle teorie sociali ma è innato ed oggettivo. Per giustificare questo, Etcoff presenta una quantità di studi di atteggiamenti di adulti, bambini e animali verso la "bellezza".
I suoi metodi di analisi però sono tutt'altro che scientifici. Studi che provano che la femmina del pavone si accoppia con i pavoni che hanno le penne più smaglianti non rivelano molto della complessità dell'amore e dell'attrazione umana. Diversamente dagli animali, gli esseri umani sono coscienti, cioè il nostro intelletto, la personalità e l'immaginazione sono parte di come noi ci relazioniamo gli uni con gli altri.
L'attrazione fisica è reale, ma il tentativo di Etcoff di ridurla semplicemente al desiderio di produrre una discendenza sana è oltremodo semplicistico. Solo al terzo capitolo Etcoff finalmente riconosce l'esistenza delle relazioni gay e lesbiche e che l'attrazione non ha come unico fine la procreazione.
Gli studi di Etcoff sugli adulti sono persino meno rivelatori. Dal momento in cui nasciamo siamo socializzati a giudicare le donne dalle apparenze. In una società razzista e sessista, la bambola Barbie ideale ­ magra, gambe lunghe, seno ampio, capelli biondi, occhi blu ­ è universale. Miliardi di dollari vengono spesi nel mondo per convincere tutti noi che è così che le donne dovrebbero apparire.
Invece di ridimensionare il mito della bellezza, gli studi sugli esseri umani provano il suo potere.

La "bellezza" è un mito sessista. Le donne sono state giudicate dalla loro apparenza attraverso tempi e culture, perché esse sono oppresse.
Oggi, secondo l'Humphrey Institute of Public Affairs, le donne sono il 50% della popolazione mondiale, fanno quasi i due terzi delle ore di lavoro, ricevono un decimo del reddito e posseggono meno di un centesimo della proprietà mondiale. Le donne vengono costrette a dipendere economicamente dagli uomini, relegate nell'unità familiare con la responsabilità di allevare bambini e prendersi cura di malati e anziani. La bellezza delle donne è oggetto di molta più attenzione di quella degli uomini, perché le donne sono ridotte a "beni" valutabili in termini della loro salute e abilità nel procreare.

Ciò che "Il mito della bellezza" mette in evidenza è che la bellezza è anche un grande business.Il fatto che le donne siano giudicate dalla loro apparenza, aiuta a mantenere le donne "al loro posto". C'è anche un gigantesco giro d'affari che fa guadagnare alle compagnie farmaceutiche e cosmetiche miliardi di dollari.
L'unica vera scienza associata alla bellezza è la ricerca scientifica volta a trovare nuove tecniche di bellezza destinate alle donne.

Sotto il coltello

Ironicamente, Etcoff ci procura un'interessante ricerca sui danni che l'inseguimento della bellezza procura alla salute della gente. Nel 1996, almeno 696.904 persone negli Stati Uniti si sono sottomesse a interventi di chirurgia plastica che comportavano lacerazione della pelle, liposuzione o l'inserimento di materiali estranei nel loro corpo; il 74% di questi pazienti erano donne e il 20% erano persone di colore.
La chirurgia plastica è generalmente un fenomeno del Primo Mondo; oltre metà degli interventi hanno luogo negli USA e due terzi di questi in California. Ma entro i Paesi del Primo mondo la chirurgia plastica sta diventando in modo crescente la moda dominante; il 70% dei pazienti di chirurgia cosmetica guadagnano meno di 50.000 dollari all'anno, il 30% meno di 20.000.
Anche gli uomini sono condizionati a dover sembrare "attraenti" (sebbene molto meno che le donne). Un numero crescente di uomini, si rivolgono alla chirurgia plastica per sembrare più giovani e migliorare le proprie prospettive di lavoro, come rivela uno studio della Griffith University dell'Australia.
Molti lavoratori stanno pagando perché la chirurgia alteri il loro aspetto.

Razzismo

L'assunto culturale dominante è che la bellezza è bianca. Uno studio degli Stati Uniti del 1991 ha mostrato che il 96% delle modelle delle riviste di moda erano bianche.
Tra le donne nere avere la pelle chiara è considerato più attraente che essere scure. Etcoff riferisce che in Sud Africa nel 1970 ci fu un'epidemia di un disturbo della pelle chiamato ochronosis, causato dallo sbiancamento della pelle per apparire più bianchi.
L'ideale della bellezza bianca è imposto alle altre culture come uno standard internazionale. Le donne di colore sono considerate meno belle, a meno che non siano una eccezione "esotica".
Nel 1994, la NSW Lands Council lanciò una campagna antirazzista che mostrava una donna aborigena con l'infelice slogan "Dicono che sono troppo carina per essere un'aborigena". Questo tentativo male indirizzato di opporsi al razzismo, ha solo rafforzato le idee razziste e sessiste. La donna ritratta nella fotografia, Waita Tefler, ha protestato con me, "Questa non è un'immagine che conferisce potere alle donne".

Il movimento di liberazione delle donne ha chiesto che le donne siano considerate esseri umani e non oggetti sessuali. Il movimento di liberazione delle donne ha bisogno di diventare più forte, e di esercitare un maggiore potere di definire come le donne sono percepite dalla società. Le immagini stereotipate di donna vanno consciamente rifiutate.
Le donne saranno liberate dalla tirannia della "bellezza" solo attraverso le lotte per l'indipendenza economica e sociale.