FESTIVAL INTERNAZIONALE DI FILM DI DONNE
RECENSIONE DEL FILM "BUT I'M A CHEERLEADER" PREMIATO AL FESTIVAL ED INTERVISTA ALLA REGISTA JAMIE BABBIT


aprile 2000 a cura di Sandra Rieunier da Rouge

 

Barbie lesbica à Créteil.

Jamie Babbit ha 29 anni e ha studiato cinema a New York. "
But I'm a Cheerleader ", il suo primo lungometraggio, è appena stato scelto e premiato al 22° Festival internazionale di film di donne di Créteil.

Intervista.

Da qualche anno ormai, al cinema si iniziano a vedere personaggi gay reali, non più solo delle caricature, le lesbiche invece sono ancora piuttosto rare...
Jamie Babbit.
E' vero! Penso però che questo sia dovuto semplicemente al fatto che i registi sono per la maggior parte uomini. Il mio sceneggiatore è un mio amico omosessuale, ma ha scritto la sceneggiatura del film a partire da una storia di una trentina di pagine che io stessa gli avevo scritto. La storia di Megan non è la mia storia, anche se vi ho aggiunto alcuni elementi autobiografici. Ad esempio, dopo avere detto a mia madre di essere lesbica, lei mi ha risposto che non era possibile visto che ero una frana nello sport! Il mio personaggio vive la situazione inversa.

A che punto è la rivendicazione dei diritti civili per gli omosessuali negli Stati Uniti? Questi luoghi di rieducazione esistono davvero?
J. Babbit.
Certo! Ce ne sono quasi in ogni grande città! Sono soprattutto organizzazioni cristiane che li dirigono, ma non sempre. Il movimento gay e lesbico è molto forte, ma nessuna delle due parti riesce a prevalere definitivamente sull'altra. Ad esempio, il matrimonio omosessuale è stato recentemente vietato in California, mentre altri stati l'hanno invece autorizzato.

I suoi personaggi sono spesso costruiti su alcuni stereotipi: la lesbica brutta et mascolina, il gay muscoloso o effeminato, clichés che sono stati spesso sfruttati in maniera negativa. Non ha paura che si crei una certa confusione ?
J. Babbit.
Ho voluto riprendere questi stereotipi, ma i miei personaggi non sono tutti così, a cominciare dalla protagonista che, con il suo aspetto da "Barbie", non assomiglia certo all'idea che possiamo farci della lesbica. Inoltre, questi stereotipi poggiano su una realtà della comunità e io penso che sia importante evocarli dall'interno.

L'estetica del suo film, con caricature et ambienti molto kitsch, è forse tipica di un certo cinema gay tipicamente americano ?
J. Babbit.
Sì, assolutamente, mi sono ispirata all'estetica " camp " che è stata utilizzata dagli artisti gay negli anni sessanta: colori vistosi, musica da supermercato, stereotipi all'inverso... Ma era uno stile soprattutto maschile, credo d'essere la sola donna ad avere ripreso questo stile. Del resto, ho cercato di interpretarlo a partire da un punto di vista femminile, inserendo scene più tenere, tese a suscitare emozioni.

I momenti in cui i personaggi sono costretti a cercare le ragioni che li hanno spinti ad essere omosessuali sono molto buffe. Per caso lei ha un conto in sospeso con la psicoanalisi ?
J. Babbit.
Io penso che la psicoanalisi sia incapace di capire l'omosessualità e che dia delle false spiegazioni: non è affatto vero che ogni donna maltrattata o stuprata diventi necessariamente lesbica! Per me, l'attrazione per una persona è fisiologica. Originariamente noi siamo tutti bisessuali. Molti bambini sono effeminati perché a loro piace essere così. Nascono in quel modo.

Una delle ragazze ad un certo punto dice di essere diventata lesbica perché è stata in Francia.
J. Babbit.
Oh! Sì, da noi negli Stati Uniti, s'immaginano tutte le francesi con i capelli corti, gli occhiali, un'aria intelligente, a tal punto da non riuscire a distinguere tra etero e lesbiche! E' solo un modo di dire americano! Forse le francesi non l'apprezzerebbero.

La ricchezza di un festival

Il 22° Festival internazionale di film di donne si è appena concluso a Créteil. In mezzo ad una selezione varia e brillante di 10 lungometraggi, è il film dell'americana Jamie Babbit (vedi sopra) ad essere stato premiato. But I'm a Cheerleader (Ma io sono una ragazza pom-pom) ha ricevuto il Premio del pubblico oltre a quello di una giuria composta da studentesse. Questa commedia ci racconta la storia di Megan, giovane e carina ragazza pom-pom, che la sua famiglia sospetta di lesbismo dal momento che non apprezza affatto i baci ingordi del suo amichetto, ha foto di ragazze nel suo armadietto e, soprattutto, è vegetariana! Viene perciò spedita in un campo di rieducazione per giovani lesbiche al fine di farne una "etero" modello, pronta per il matrimonio. Il programma prevede: lavori domestici, cucito e simulazione sessuale, il tutto in uno scenario degno di Barbie. L'irresistibile ironia del film fa leva su questo immaginario comune, come anche sul riutilizzo di stereotipi legati ai gay e alle lesbiche, a volte esasperandoli, a volte superandoli. Ma la commedia non trascura il lato più drammatico della storia e sottolinea la pressione morale insostenibile che devono subire delle giovani in questi campi che esistono realmente oltreoceano. Probabilmente avremo il piacere di vedere questo film distribuito nelle sale francesi fra qualche mese.
Agli antipodi di quest'ultimo, la scelta della giuria si è concentrata su un film finlandese Sette Canti della tundra d'Anastasia Lapsui, che rievoca 70 anni di storia della popolazione dei Nenet, ai confini della Siberia. In un suggestivo bianco et nero, gli uomini, gli alberi ghiacciati, le renne si distaccano come gracili sagome sul candore infinito della tundra. Nel corso degli anni, i Nenet vedono arrivare gli emissari della Rivoluzione russa, e il paesaggio si arricchirà di una statua di Lenin e di un gulag... Una delle ultime scene racconta di come una ragazzina, Nenet, viene strappata ai genitori e obbligata dai sovietici ad andare a scuola. "Tuttavia - ci dice la regista - io non voglio esprimere alcun giudizio, poiché questa ragazzina, ero io, e senza scuola non avrei mai potuto fare cinema".
Segnaliamo anche un bel corto spagnolo, El infanticida de Pilar Ruiz Gutierrez, che ha ottenuto il Premio Canal + e sarà trasmesso da questa emittente.
L'edizione 2000 del festival ci ha presentato molti altri bellissimi film, ricchi di punti di vista originali sulle donne, sulla sessualità, la filiation, la maternità, la vita, il mondo in generale, e delle registe di talento di cui speriamo di avere in futuro l'occasione di parlare ancora.
S. R.